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Galeotta fu la palestra: primo appuntamento (parte 2)


di Lupen77
08.04.2019    |    10.822    |    13 9.7
"Quel parco cittadino non lo conoscevo, pareva deserto ed era anche poco illuminato..."
Visto l’inatteso accoglimento favorevole per il mio primo racconto, eccovi il proseguo: i fatti narrati d’ora in poi ahimè sono di pura fantasia, conditi da qualche esperienza mia di vissuto, mentre la caratterizzazione dei personaggi corrisponde alla realtà.
Ringrazio tutti voi per i commenti che avete lasciato nel mio precedente racconto.



Mi svegliai nel tardo pomeriggio con l’aria frastornata, non ero abituato al riposo pomeridiano, inoltre avevo pure saltato il pranzo. Le emozioni di quella giornata erano state troppo intense. Andai subito a farmi una doccia rigenerante per sciacquarmi di dosso i residui della mia precedente venuta. Mentre ero sotto il getto del soffione, ripensai a quanto era successo la mattina e come Michele fosse stato capace di cancellare dalla mia mente con un solo gesto altri tre ragazzi della palestra sui quali avevo a lungo fantasticato da tempo.

Al terzo posto c’era “Rosso Belpelo”: era l’unico dei tre a non appartenere alle forze dell’ordine, era una statua, alto poco più di 180 cm, fisico palestrato massiccio e perfettamente proporzionato, buona dotazione, occhi grigi, bel viso, capelli e barba entrambi rossicci, e ovviamente tanto pelo rosso liscio distribuito su tutto il corpo ma, fortuna sua, solo dove ci vuole; non era solito depilarsi, e ciò gli conferiva una carica erotica notevole, maschio in tutta la sua naturale virilità. Penso superasse i 30 anni, era anche sposato, credo originario di Torino perché non sentivo particolari cadenze nella sua parlata; abbiamo iniziato a salutarci da quella volta in cui lo incontrai casualmente in piscina, mi riconobbe e si mise nella mia stessa corsia. Se era una bestia in palestra, nel senso che sollevava pesi immani rispetto a me, ebbi un motto di soddisfazione nel constatare che in acqua aveva l’agilità di un pachiderma! Modestamente in acqua ero un abile pesciolino snodato, e lui osservava con piacere le mie evoluzioni acquatiche, tanto da chiedermi consigli per perfezionare la sua nuotata, ma ci sarebbe voluto un miracolo! In piscina lo incontrai solo quella volta, e ne ebbi conferma quando lo vidi giorni dopo in palestra e, scherzando, mi disse che ne era uscito distrutto da quel allenamento e che il nuoto non faceva per lui. Mi disse anche che ora aveva capito come mai io avessi i pettorali così piatti e sviluppati in larghezza, dato tutto il dorso che praticavo: in effetti quel particolare della forma dei miei pettorali era molto apprezzata dai miei partner sessuali ed era stata pure notata da alcuni istruttori della palestra che mi chiesero appunto se praticassi nuoto. Comunque, “Rosso Belpelo” continuava sempre a salutarmi e aveva modi garbati, ma pur considerandolo il più gnocco dei tre, non ebbi mai mire verso di lui in quanto sposato e non è mai stata mia prerogativa quella di fare il rovina famiglie.

Al secondo posto c’era “Spartacus”: era il più giovane dei tre, non credo arrivasse ai 30 anni, alto 180 cm, palestrato (anche troppo secondo i miei canoni estetici), depilatissimo, pelle olivastra, discretamente dotato, capelli corti mossi corvini, barba nera, occhi neri, lineamenti marcati, naso dal profilo greco, mi ricordava nell’immaginario un gladiatore dell’antica Roma. Lui apparteneva all’esercito, lo riconobbi dalla scritta sul borsone che usava in palestra. Oltre all’aspetto fisico, ciò che più faceva vibrare i pensieri più sconci dentro di me era la sua voce… la sua voce era da orgasmo puro… cupa, profonda, cavernosa, maschia… mi ricordava molto quella dell’attore Gigi Proietti… non sono mai riuscito ad individuare la sua provenienza, lo avevo sentito parlare più volte in dialetto con alcuni suoi commilitoni con i quali era solito allenarsi: non era siculo, né campano, né pugliese… quindi per esclusione pensai potesse essere calabro, lucano o ciociaro. Più volte lo sorpresi ad indugiare un po’ troppo con lo sguardo sul mio basso ventre sotto le docce, ma non mi creai false aspettative per questo fatto: in palestra era molto corteggiato dalle poche ragazze, istruttrici e signore presenti, e credo che un manzo del genere facesse girare la testa anche a parecchi uomini là dentro, me compreso!

Al primo posto c’era il “Napoletano”: di provenienza lampante, poliziotto di professione, di viso non era bello, ma aveva il suo fascino. Tra i tre era quello meno grosso, ma era muscoloso e piuttosto definito. La presenza di alcuni tatuaggi parecchio estesi e vistosi sul suo corpo a parer mio rovinavano la sua bellezza, ma era compensato da una notevole peluria che cercava di tenere a bada con una sommaria depilazione (così avrete capito che non amo gli uomini coperti di tatuaggi e che ho una predilezione per il maschio villoso al naturale). Ciò che faceva guadagnare al “Napoletano” il primo posto nelle mie fantasie erotiche era il suo cazzo: un signor Cazzo… lunghissimo, da moscio superava abbondantemente i 15 cm, dal diametro fino e con abbondante prepuzio, sotto due belle palle molto penzolanti facevano mostra di sé. Mi salutava sempre, e faceva spesso il cascamorto con le tipe in palestra, ma credo con scarsi risultati dato che mi parevano disinteressate alle sue avance… se avessero potuto solo immaginare quale abbondanza si celasse sotto i suoi pantaloncini, non so se avrebbero fatto ancora così le fighe di legno con lui!!! Molto spesso mi ero soffermato ad osservarlo sotto le docce, lui mi aveva anche sgamato, ma non si era scomposto minimamente: ho sempre pensato potesse essere di larghe vedute, tuttavia non ho mai cercato di provarci con lui.

Ed ora Michele aveva preso il posto di questi tre personaggi con sapiente maestria ed anche una certa dose di sfacciataggine, mai mi sarei permesso di osare come aveva fatto lui! Si era fatta l’ora di cena e presi in mano il biglietto che mi aveva lasciato nel borsone della palestra: annotai il numero e cercai subito se avesse il profilo su Whatsapp: bingo!!! C’era una bel primo piano di lui sorridente coi capelli neri bagnati scompigliati ed appiccicati sulla sua fronte… per un attimo lo immaginai al mare in estate in vacanza in Calabria, felice come un bambino, intento a sbattere sugli scogli un polpo gigante che aveva appena pescato… ho sempre avuto una fantasia molto galoppante come potete constatare!!!

Poi ripresi in mano il suo biglietto: si era firmato “tuo Michele”, quel “tuo” mi fece ancora di più fantasticare… che fosse la volta buona? Che fosse l’uomo giusto per me? Preferii pensare piuttosto che fosse un’espressione solitamente usata in Calabria: è noto che al sud sono più caldi e passionali, e da buon piemontese, per giunta originario delle vallate alpine, mi sono sempre reputato piuttosto un diesel nei rapporti interpersonali, spesso diffidente e guardingo… le poche volte nelle quali avevo agito ingenuamente d’istinto, me l’ero quasi sempre presa nel culo, ma in senso metaforico!
“Ciao Michele, tuo Alessio”
Gli scrissi solo questo.

Due ore più tardi ricevetti la sua risposta: si trovava in servizio, avrebbe staccato a mezzanotte, e mi scrisse che proprio in quel momento il suo collega di pattuglia era sceso dall’auto per ordinare un panino dal “lurido” (ndr: se preferite, “porcaro”, ma a Torino vengono chiamati in gergo così). Scambiammo poche battute, evidentemente il collega era rientrato in auto. A mezzanotte spaccata mi scrisse se fossi stato ancora sveglio, lui stava andando a casa e che gli avrebbe fatto piacere conoscerci meglio, tramite Whatsapp. Così seppi qualcosa in più di lui, aveva 34 anni, era single, condivideva un alloggio con un altro suo collega più grande, neanche troppo lontano da casa mia, mi scrisse anche che avrebbe voluto darmi la buona notte telefonandomi, ma il suo collega dormiva già e non voleva svegliarlo, dato che si sarebbe dovuto alzare all’alba per il primo turno di servizio. Da quei pochi scambi di messaggi si dimostrò più arguto e sensibile di quanto sperassi.

Quella notte presi sonno immediatamente e mi svegliai con un sorriso radioso, erano le 8:30 del lunedì e come al solito presi in mano il cellulare sul comodino:”Sveglia dormiglione!”, questo era il buongiorno di Michele! Andai a lavoro e fra un momento di pausa e l’altro, continuammo a conversare: era in palestra dalle 8, in quanto mi aveva pensato tutta la notte e aveva dormito male. Poco a poco ci sciogliemmo e iniziammo a prendere confidenza: era simpatico, scherzoso, autoironico, cosa che apprezzo molto in un uomo, mi trasmetteva serenità e spensieratezza, non parlammo mai di sesso: era semplicemente la perfezione. Appresi però con tristezza il fatto che quella settimana lui avrebbe svolto sempre il turno serale dalle 16/18 fino a mezzanotte e che poi quel sabato stesso sarebbe partito per andare in Calabria dalla famiglia, aveva preso 15 gg di ferie per le vacanze pasquali, e al suo ritorno avrebbe dovuto svolgere nuovamente il turno serale per tutta la settimana. Lavorando io durante il giorno, sarebbe stato impossibile vedersi prima della sua partenza, e, soprattutto, non prima di un mese. I giorni a seguire continuammo sempre a scriverci e ci sentimmo anche a voce per telefono, nulla era cambiato, anzi, scoprimmo le nostre reciproche passioni e che lui era donatore Avis, io avevo fatto gli esami del caso due settimane prima, ed eravamo entrambi sani. Gli manifestai apertamente il mio dispiacere per l’impossibilità di vedersi a breve termine. Lui mi propose di vederci per salutarci il venerdì dopo la mezzanotte ed io accettai con immenso piacere.

A mezzanotte di quel venerdì ero parcheggiato nella via in cui mi aveva detto di abitare: era la prima volta che arrivavo con largo anticipo ad un appuntamento, nell’attesa mi accesi una sigaretta in auto. L’aria che entrava dal finestrino abbassato era frizzante, verso le montagne il cielo era illuminato da fulmini, insomma, era la classica notte buia e tempestosa che non promette nulla di buono, meteorologicamente parlando, anche se i temporali mi avevano affascinato da sempre sin da bambino. Mi ero preparato a dovere per l’appuntamento, abbigliamento ginnico ed informale, proprio come piace a me. Per fortuna riuscivo a controllare l’ansia nell’attesa del suo arrivo. Alzai il finestrino,e proprio in quel mentre sopraggiunse frontalmente un’auto nella via, si fermò sotto il suo portone e quando la portiera si aprì, la luce dell’abitacolo illuminò gli occupanti: il passeggero era Michele, in divisa, e il guidatore era… “Ma cazzo, è il Napoletano!”, almeno così sembrava lui, poiché il montante dell’auto copriva parzialmente il profilo del suo viso ed il cappello di ordinanza sulla testa celava la sua incipiente calvizie… si salutarono amichevolmente e nell’atto di Michele di scendere dall’auto, l’altro gli diede una pacca sul posteriore, in modo goliardico, pensai. Sprofondai nel mio sedile per non farmi vedere, prima che l’auto del presunto Napoletano sfrecciasse a fianco della mia. Michele era salito un attimo in casa.

“Sono appena rientrato a casa, dammi qualche minuto e scendo”.
“Arrivo tra 5 minuti, fai con comodo” risposi al suo sms.
Intanto spostai la mia auto davanti all’androne del suo palazzo, controllai nello specchietto interno retrovisore se fossi stato in ordine e scesi dall’auto: la luce del vano scala si accese, attraverso i finestroni percepii una sagoma fare i gradini due alla volta nello scendere e la prima cosa che vidi furono degli stivali aderenti neri, dei pantaloni morbidi color carta da zucchero ed un giubbotto blu scuro… e lo splendido sorriso di Michele!
“La parte di sotto è la divisa di ordinanza, quella di sopra no, uno spezzato insomma!” pensai.

“Ciao Alessio!” mi disse appena aprì il portone, sfoggiando una dentatura bianca e perfetta aprendosi in un’espressione di gioia incontenibile.
“Ciao bonazzo!” gli risposi, per rompere subito il ghiaccio. E Michele mi strinse in un abbraccio breve ma forte ed avvolgente, per poi dirigersi verso il lato passeggero della mia auto. Una volta saliti, Michele si strofinò le mani, “Freschetto stasera, eh?”
“Direi proprio di sì, ed è in arrivo anche il primo temporale primaverile a quanto pare”.
“Allora,dove andiamo?” mi chiese.
“Sei tu quello che mi ha invitato ad uscire con te stasera!”.
“Ti ho invitato solo perché temevo ti saresti buttato giù dal balcone se non ci fossimo visti!”.
Scoppiammo entrambi a ridere: era davvero simpatico e scoppiettante.
“Possiamo fare due passi in un parco qui vicino, se per te va bene” mi propose.
“Allora indicami la strada”, con poche manovre arrivammo a destinazione e scendemmo dall’auto.
Quel parco cittadino non lo conoscevo, pareva deserto ed era anche poco illuminato. Seguii Michele che si era incamminato lungo un vialetto pedonale, si accese una sigaretta ed io lo imitai subitamente al suo fianco.

Silenzio.
Silenzio da parte di entrambi.
L’emozione ci stava attanagliando.
L’aria muoveva le chiome ancora poco frondose degli alberi, il susseguirsi di bagliori intermittenti alle nostre spalle suggeriva l’incedere del temporale verso la pianura.
Anche le palpitazioni del mio cuore rumoreggiavano dentro di me come i tuoni in lontananza

Fu ancora una volta Michele a toglierci dalla tangibile morsa della tensione.
“Mi è venuta sete, seguimi che là c’è un torello (ndr: le fontanelle con un toro in altorilievo che si trovano sparse per tutta la città di Torino)” mi disse, indicandomi una direzione. Mi prese per mano e si addentrò frettolosamente in un’area boscosa buia poco distante, si fermò di colpo e mi spinse di schiena quasi con violenza contro il tronco di un grosso platano.
Il cuore mi batteva furiosamente, ero pietrificato, mi prese il viso tra le mani piantando i suoi occhioni neri nei miei, lui avvertì la mia visibile apprensione e si allargò in un ampio sorriso e a quel punto capii… socchiudemmo istantaneamente gli occhi e le nostre labbra si sfiorarono dapprima timidamente, per poi aprirsi in un bacio profondo, intenso, liberatorio…

Non so quanto sia durato quel bacio, ma avrei voluto non finisse mai… Michele baciava divinamente, e ancora una volta i nostri corpi avevano parlato per noi… mi sciolsi letteralmente, lo arpionai stretto a me, le dita di una mia mano tra i suoi capelli e l’altra sul suo possente gluteo…

“Wooow” mi disse appena si staccò da me, “Baci da dio!”.
“Tu non sei da meno… mi hai sorpreso sbattendomi contro la pianta a quel modo… hai agito di Sturm Und Drang, di impeto e tempesta!”.
“Sì, quella che sta per arrivare!” disse e scoppiammo finalmente a ridere.
“Non ti facevo così romantico” ribattei.
E riprendemmo a baciarci con la stessa intensità di prima.
Michele ad un tratto si fece audace: avvinghiato a me, fece scivolare la sua mano tra le nostre due figure all’altezza del cavallo dei miei pantaloni e con presa virile mi strinse il pacco, soffocando il mio gemito nella sua bocca: mi aveva afferrato per i coglioni, e questa è una cosa che mi manda letteralmente fuori! Lo intuì anche lui, perché solo dopo interminabili attimi allentò la morsa e iniziò col massaggiarmi il cazzo che prontamente rispose alla stimolazione estendendosi lungo la mia coscia verso il basso, avendo io indossato dei boxer larghi che agevolavano la sua crescente ed incontrollata erezione… mi stava esplodendo il cazzo nei pantaloni al suo sapiente tocco.

Michele si inginocchiò ai miei piedi: con una mano continuava a massaggiarmi, mentre con l’altra mi slacciò la cintura e dopo aver sbottonato i pantaloni, in un solo energico colpo mi abbassò tutto fino a metà coscia: il mio cazzo scappellato in completa erezione si parò oscillando davanti al suo viso. Dopo qualche istante in adorazione, lui sollevò gli occhi in alto verso di me che lo stavo guardando e con espressione incredula ed estasiata mi disse: “E’ stupendo… sembra un obelisco!”.
Gli risposi con un sorriso di ammirata riconoscenza.
Mi appoggiai al tronco con la schiena e agevolai il mio bacino in avanti, allargando un poco anche le gambe… le mani di Michele mi afferrarono saldamente i glutei e a quel punto chiusi gli occhi: l’aria fredda del temporale si era intensificata, i tuoni rimbombavano sempre più vicino, un calore inspiegabile avvolgeva la mia cappella, era la bocca di Michele che si prodigava a procurarmi piacere ed a sollazzarsi con un gran pompino. Lo incoraggiai ponendogli dolcemente una mano sul capo, lui capì e si sforzo per ingoiarlo fino alla base, ma sentii il tipico gorgoglìo gutturale di chi sta per avere i conati, e allora allentai la presa sulla sua testa per fargli riprendere fiato e andammo avanti così fin tanto che le mie gambe iniziarono a cedere.. Michele si staccò e iniziò a menarmi forsennatamente l’uccello durissimo verso l’alto, mi leccò l’asta per poi prodigarsi a lapparmi i coglioni pelosi, i quali per il freddo e l’eccitazione stavano già incordati, ma la reazione della saliva con l’aria pungente esterna fece sì che salirono repentinamente su attraverso il canale inguinale, Michele allora passò le dita dell'altra mano libera tra i folti peli del mio pube… per me era troppo… le mie gambe cedettero, e avvertii sopraggiungere un orgasmo devastante, cacciai un urlo strozzato, Michele capì e diresse il mio cazzo verso di sé: la cappella si gonfiò ancora di più ed esplose il primo potente schizzo, gli altri sette furono accolti dalla bocca di Michele che nel passare la lingua sul frenulo mi fece emettere dei gemiti incontrollati che si fusero con un tuono roboante vicino a noi.

Aprii gli occhi solo quando mi ripresi dagli spasmi del mio corpo, e mi ritrovai il volto di Michele davanti, stralunato, con gli occhioni bagnati, non so se a causa dei soffoconi o per la felicità procuratagli, e con un sorriso appena accennato: si avvicinò con aria da cucciolo e le nostre labbra si unirono in un bacio lento, passionale, con il sapore del mio seme che aveva trattenuto nella sua bocca. Ci staccammo solamente quando sentimmo i primi goccioloni cadere su di noi e ci mettemmo a ridere, una risata liberatoria…ci stavamo tenendo anche per mano, uno di fronte all’altro e solo in quel momento me ne accorsi, non so chi dei due avesse preso l’iniziativa, ma poco importava… era magia allo stato puro.
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