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Due racconti brevi.


di Easytolove
13.04.2021    |    1.875    |    7 9.4
"Sento subito un odore di sapone sconosciuto, fresco, di chi si è lavato da poco, che mal cela, l’inconfondibile odore di fica, quell’odore che resta sotto..."

SALCICCE E FAGIOLI

Mattinata invernale.
Il vento da sud ha portato pioggia, grosse pozze di acqua hanno allagato il giardino, sotto agli olivi, i cani corrono esaltati spruzzando docce fangose, oggi resteranno sotto al porticato.
Mia è uscita,
“vado dal fornaio”.
Da qualche giorno la vedo distratta, traffica con il cellulare, o l’ha già combinata, o è in procinto di
mettere in atto qualche marachella.
Ho sistemato la legna, nel focolare arde un grosso fuoco, mi sono accomodata su di una delle poltrone, Johnny Cash in sottofondo, leggiucchio distratta un manuale di statistica, la gatta mi si è sdraiata addosso.
Mi sto quasi per assopire, quando la sento entrare, sgrida i cani,
”conciati così non entrate, Adelina vi bastona”.
La parte della cattiva di casa è toccata a me.
Ha un grosso sacchetto di carta marrone, con dentro una forma di pane rotondo, fuoriescono anche un bel po’ di grissini al pomodoro.
In un altro sacchetto, di plastica riciclabile, si intravedono una dozzina di salcicce fresche.
“e queste”?
“Ah Relu e i rumeni hanno ammazzato il maiale, dal fornaio ho incontrato sua moglie, sono passata da casa sua, me le ha regalate”.
Mentre me la racconta, si avvicina e mi sfiora la bocca con le labbra.
Sento subito un odore di sapone sconosciuto, fresco, di chi si è lavato da poco, che mal cela, l’inconfondibile odore di fica, quell’odore che resta sotto al naso, dopo che l’hai leccata.
Penso subito a quella puttanella di Dorotea, la moglie di Relu, lesbica non dichiarata, su cui Mia ha messo gli occhi da mesi, e che probabilmente è riuscita a far capitolare.
Faccio finta di nulla, non più di un mese fa l’ho tradita con una che nemmeno conoscevo, voglio soltanto sapere i particolari, più tardi troverò il modo, per farmeli raccontare.
La conosco, si sente in colpa,
“vado a cambiarmi, oggi cucino io, resta in poltrona”.
Torna dopo qualche minuto, probabilmente ha fatto una mezza doccia rapida, si è lavata per bene, ha indossato un lungo caffetano che abbiamo comprato in Marocco, si fionda in cucina.
“che fai di buono”?
“salciccia e fagioli, uso quelli che abbiamo incaraffato ad Agosto”.
Traffica per una ventina di minuti, i fagioli sono stati messi via già cotti, le salcicce fanno presto, dall’odore so che ha usato aglio e rosmarino, li sa cucinare come si deve.
“resta lì mangiamo davanti al camino”.
Arriva con un vassoio, sopra ci sono due piatti fumanti ricolmi, una bottiglia di Morellino biologico, i grissini al pomodoro.
Mangiamo in silenzio, ogni tanto la osservo, ha le guancie rosse, ancora non ha smaltito l’eccitazione del sesso con la rumena.
La faccio bere, finiamo la bottiglia, le salcicce sono spettacolari, i rumeni con il maiale ci sanno davvero fare.
Mi alzo e porto via le stoviglie,
“il caffè lo faccio io”
Dalla cucina la osservo, si è stravaccata sulla poltrona, si gode rilassata il momento, arrivo con due tazzoni pieni di caffè e grappa.
Lascio passare qualche minuto, è arrivato il mio momento.
Mi alzo e vado ad inginocchiarmi di fronte a lei.
Le infilo le mani sotto al caffetano, salgo lungo le cosce, lo sollevo, sotto lo so è nuda.
Apre le gambe e appare la sua topolina, quel pelo riccio e rossiccio, fa capolino.
Con le dita le scosto un pochino la fessura, è già tutta bagnata, sento le sue mani sulla mia nuca, accosto la bocca, con la punta della lingua le sfioro il grillettino.
“te la lecco a sangue, ma voglio sapere cosa hai fatto a Dorotea”.
“te lo racconto mentre lo fai”.
Incollo la bocca, e scavo dentro con la lingua, mentre inizia a parlare.
“Ci siamo viste dal fornaio, le avevo mandato un messaggio, poi mi ha detto del maiale, se volevo le salcicce”
“Siamo entrate nel garage dove i rumeni hanno sistemato la carne, c’era un odore forte di macelleria, di frattaglie, per terra macchie di sangue, su di un tavolo un mucchio di salcicce fresche.”
“Dorotea aveva la minigonna, si è appoggiata al tavolo, mi guardava, quell’odore mi ha dato un po’ alla testa, mi sono avvicinata, e le ho toccato le cosce, con la mano nel mezzo, lei me l’ha presa con una delle sue, e invece di toglierla da lì , se l’è schiacciata contro la patata.”
“ Ho sentito che aveva i collant, senza mutande, se li è sfilati da una gamba, ha allargato le cosce, e l’ho leccata li’ sul tavolo, vicino alle salcicce, e al secchio con le frattaglie”.
La sua voce si è fatta ansimante, mentre racconta, della sua amica, sento che tra non molto si lascerà andare all’orgasmo, le chiedo se l’ha fatta venire.
“Si è venuta, ha anche gridato, poi voleva rifarlo a me, stava quasi per iniziare, mi ero già tolta le mutande, quando abbiamo sentito l’auto di Relu nel cortile, abbiamo dovuto smettere, mi sono lavata alla belle meglio nel bagno del garage, e sono corsa via con le salcicce”.
Mentre me lo dice, mi stringe forte la testa con le mani, mi preme la bocca sulla vagina, la sento sussultare, gode l’orgasmo represso, quello che le avrebbe dovuto procurare Dorotea.

IL FOCOLARE.

Mia mi sta aspettando da mezz’ora.
Ho fatto tardi, ho flirtato con la proprietaria del vivaio, dove compro le piante officinali.
E’ una bella signora, sulla cinquantina, è la moglie del titolare, ma deve aver compreso che io e Mia non siamo due amiche, ma una coppia che sta insieme.
La cosa la deve stuzzicare, spesso parla per metafore, tra le righe dei suoi discorsi traspare la voglia di provare qualcosa di trasgressivo.
Le osservo i grossi seni, che rendono tesa la stoffa della camicia un po’ maschile che indossa, le chiappe ancora sode strizzate dai jeans elasticizzati.
Probabilmente si accorge che la guardo con occhio poco femminile, forse come la scrutano gli uomini che vengono per comprare i pomodori e le melanzane da trapiantare.
Mia mi osserva mentre sistemo i vasi sullo scaffale sotto al porticato,
“Adelina la signora del vivaio era in forma questa sera”?
Si accorge sempre quando c’è qualcuna che mi piace, è un po’ gelosa, non posso dirle che nel rimirare quelle poppe e quel culo ho sentito uno sfrigolio nella vagina, che forse mi si è anche un po’ bagnata.
“Dai vieni che sto cuocendo le castagne”
Ha acceso il focolare, e in una padella bucherellata ha messo a cuocere delle castagne.
“Dai Mia stasera ceniamo con le castagne, e ci beviamo quella bottiglia di vino novello che ti hanno regalato”.
Salgo e mi spoglio nuda, mi sento appiccicosa, ma non ho voglia di lavarmela, infilo dei leggins blu scuro, sono attillati, li metto senza mutande. Sopra un felpone colorato.
Mia quando siamo in casa, veste come una hippie degli anni settanta.
Gonnellona a fiori lunga fino a i piedi, e camicione di jeans con le maniche arrotolate.
So che sotto è nuda, come sempre farà di tutto per farmi eccitare.

Ci sediamo sulle nostre poltrone di fronte al fuoco, ci osserviamo, entrambe abbiamo voglia, si sente dall’odore che emaniamo.
Il grosso pezzo di legno che Mia ha buttato sul fuoco, emana un calore strano,
“questa padellata è pronta, Adelina mettile nello straccio di lana”
Mia la riempie con delle altre, con un coltellino nel frattempo ha fatto un taglio nella buccia, poi le scuote e tira sotto alla padella un altro pò di brace incandescente.
“mmmm sono buonissime , le ha portate Nazario, le prende dal suo bosco”.
“I porcini ci dovrebbe portare, non le castagne”
Ce la ridiamo.
“Adelina che pretendi, alla moglie di Pepi, che ogni tanto gliela fa annusare, i porcini li porta”.
Beviamo il vino novello, con le castagne è un abbinamento micidiale.
Mia intanto ha rannicchiato le ginocchia sulla poltrona, la lunga gonna si è sollevata, da sotto in mezzo alle cosce intravedo la sua patata, con quella leggera peluria rossa che finita l’estate ha ricominciato a lasciar crescere.
L’eccitazione che mi porto dietro dal vivaio ricomincia a montare, decido anche io di fare un po’ la puttana,
allargo le cosce, so che con i leggins super aderenti apparirà la forma della mia topa.
Mia sghignazza e mi indica una macchia scura tra le cosce, il liquido che mi cola ha bagnato la stoffa.
Con un salto mi si piazza tra le gambe e senza abbassarmi i leggins, inzia a mordermi la topa, attraverso la stoffa , con i denti mi strizza il grilletto, mi sdraio sulla poltrona appoggio un piede sulla grossa pietra che fa da base al camino, inarco la schiena, penso alle poppe della vivaista, tra qualche istante inizierò a godere.

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