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Desy: Il profumo di Silvia


03.05.2025 |
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"Noi, invece, eravamo un’isola, un segreto che apparteneva solo a noi..."
Eccomi, sono Desy, 45 anni, una donna che ha imparato a vivere il desiderio senza filtri, a lasciarsi andare al fuoco che brucia dentro, senza paura di ciò che gli altri potrebbero pensare. Vivo a Bologna, lavoro come grafica freelance, un mestiere che mi permette di giocare con i colori e le forme, ma è la mia vita trasgressiva, vissuta con il mio compagno Luca, 47 anni, che dà davvero sfumature alla mia esistenza. Abbiamo passato anni a esplorare i nostri desideri più profondi, frequentando club privé, ville isolate nelle campagne emiliane, feste dove i corpi si intrecciano e i confini si dissolvono. Ma c’è stato un periodo, lungo e pesante, in cui tutto si è fermato: il lavoro che mi soffocava, la pandemia che ci ha rinchiusi, la vita che sembrava schiacciarci con il suo peso. Quando finalmente ho ripreso a vivere, a sentire il battito del desiderio, è arrivata lei, Silvia, e con lei un incontro che ha segnato un prima e un dopo, il momento più eccitante della mia storia trasgressiva.Luca mi ha chiesto di raccontarglielo, di scavare nei ricordi e trovare quel frammento di lussuria che ancora mi fa tremare. Ci ho pensato a lungo, e anche se Marina, la mia prima musa, occupa un posto speciale nel mio cuore, è stata Silvia a portarmi in un vortice che non dimenticherò mai. Ma lasciami partire dall’inizio, perché ogni storia ha bisogno di una premessa, di radici che spiegano il fuoco.
Marina è stata la mia iniziatrice, la donna che mi ha insegnato a esplorare il corpo di un’altra donna, a perdermi nel piacere di una fica, a sentire il clitoride pulsare sotto la lingua, a muovere le dita al ritmo dei sospiri. Era alta, con capelli biondi che le cadevano sulle spalle, occhi azzurri che brillavano di malizia, un corpo snello ma con seni pieni che adoravo succhiare. Con lei, negli anni della nostra giovinezza, ci appartavamo durante le feste nelle ville della pianura bolognese, casolari circondati da campi di grano, dove l’odore di terra umida si mescolava a quello di incenso e sudore. Le chiamavano “feste”, ma erano orge, grovigli di corpi, coppie che si scambiavano, singoli che cercavano un angolo di piacere. Eppure, io e Marina riuscivamo sempre a defilarci, come se fossimo invisibili. Forse i maschi lo sentivano, a pelle, che non avremmo concesso nulla a loro: il nostro era un mondo a parte, fatto di dolcezza e sintonia.
Ci chiudevamo in una stanza, lontano dagli occhi indiscreti, e ci perdevamo l’una nell’altra. Le sue mani accarezzavano il mio seno, le dita pizzicavano i capezzoli con una delicatezza che mi faceva tremare. La sua lingua scivolava sulla mia fica, succhiando il clitoride con una lentezza che sembrava fermare il tempo. Io ricambiavo, leccandola piano, imparando ogni curva delle sue grandi labbra, il sapore dolce e muschiato che mi riempiva la bocca. I nostri orgasmi erano lenti, profondi, come onde che si infrangevano piano, lasciandoci in uno stato di languida soddisfazione, abbracciate, la pelle calda, l’odore di sesso che ci avvolgeva come un velo. Luca e il suo uomo, giovani e pieni di testosterone, a volte ci guardavano, ma erano facilmente distraibili, pronti a buttarsi nel caos della festa. Noi, invece, eravamo un’isola, un segreto che apparteneva solo a noi.
Marina mi ha insegnato che il piacere tra due donne è un dialogo senza parole, un’arte fatta di sospiri, di movimenti appena accennati, di sguardi che dicono tutto. Ogni gesto che ho imparato da lei è diventato parte di me, un bagaglio che porto ancora oggi, come un tesoro che non sbiadisce. Ma nulla, nulla può paragonarsi a quella sera con Silvia, un incontro che ha riscritto ogni regola del mio desiderio.
Dopo anni di esplorazioni, la vita ci aveva costretti a una pausa. La pandemia ci aveva rinchiusi in casa, il lavoro mi aveva travolta, e il desiderio, quella fiamma che mi aveva sempre guidata, si era ridotto a un tizzone sotto la cenere. Passavo le giornate davanti al computer, creando loghi e illustrazioni, mentre la mia mente vagava altrove, persa in ricordi di notti in cui il mondo sembrava nostro. Io e Luca ci amavamo ancora, ma il fuoco che ci aveva spinti a cercare il piacere ovunque sembrava essersi affievolito. Poi, un giorno, qualcosa è cambiato. È stato un impulso, una scintilla che si è riaccesa senza preavviso. Ho guardato Luca, seduto sul divano con un libro in mano, e ho sentito il bisogno di tornare a vivere, di riprendere in mano il nostro mondo trasgressivo.
Abbiamo iniziato a parlare, a fantasticare, a ricordare. “Cosa sogni, che faresti se..., cosa vorresti vedere?” mi chiedeva lui, come facevamo sempre dopo l’amore. Una sera, mentre eravamo sdraiati, mi ha confessato un’immagine che lo ossessionava: lingue guizzanti in bocche femminili, donne che si perdevano l’una nell’altra, un intreccio di corpi e desideri. Ho sorriso, perché sapevo che quel desiderio non era solo suo. Era anche mio. Abbiamo deciso di tornare in pista. Abbiamo contattato vecchi amici, cercato nuovi eventi, e alla fine siamo stati invitati a una serata in una villa appena fuori Bologna, un luogo che sembrava uscito da un sogno: un casolare restaurato, con grandi vetrate che si affacciavano su un giardino illuminato da lanterne, candele sparse ovunque, e un’atmosfera che prometteva magia.
Ero nervosa, eccitata, come se stessi tornando a casa dopo un lungo esilio. La villa era piena di gente: coppie, singoli, corpi che si sfioravano, risate che si mescolavano alla musica. Io e Luca ci siamo guardati, sorridendo, sapendo che quella serata sarebbe stata speciale. Abbiamo iniziato a chiacchierare con altre coppie, a scambiare sguardi, a lasciarci trasportare dall’atmosfera. Ma poi l’ho vista: Silvia. Era al centro della stanza, con un bicchiere di vino in mano, i capelli castani che le cadevano in onde morbide sulle spalle, gli occhi verdi che brillavano come gioielli sotto le lunghe ciglia. Indossava un vestito nero, aderente, che metteva in risalto le sue curve senza essere volgare. C’era qualcosa in lei, un’energia magnetica, una sicurezza che attirava ogni sguardo.
Quando i nostri occhi si sono incontrati, ho sentito un brivido corrermi lungo la schiena. Non era solo attrazione. Era qualcosa di più profondo, come se il mio corpo sapesse, ancora prima della mia mente, che lei sarebbe stata diversa. Luca ha notato il mio sguardo e ha sorriso. “Vai,” mi ha sussurrato, dandomi una leggera spinta. Non ho avuto bisogno di altre conferme. Mi sono avvicinata a lei, il cuore che batteva forte, e abbiamo iniziato a parlare. Silvia aveva 38 anni, era un’insegnante di yoga, e la sua voce aveva un timbro caldo, avvolgente, che sembrava accarezzarmi la pelle. Abbiamo riso, ci siamo raccontate frammenti delle nostre vite, ma c’era una tensione sottostante, un’elettricità che cresceva a ogni parola.
A un certo punto, lei mi ha preso la mano e mi ha guidata verso una stanza al piano superiore. La villa era un labirinto di corridoi e stanze, ognuna illuminata da candele che proiettavano ombre danzanti sulle pareti. La stanza in cui siamo entrate era ampia, con un grande letto al centro, coperto da un copriletto di seta rossa. C’erano candele ovunque, e l’aria era impregnata di un profumo di vaniglia e muschio. Luca e il compagno di Silvia, un uomo di nome Marco, ci hanno seguite, ma si sono tenuti in disparte, come se sapessero che quella serata apparteneva a noi.
Silvia mi ha guardata negli occhi, e in quel momento il mondo è scomparso. C’era solo lei, il suo sguardo che sembrava scavarmi dentro, la sua presenza che mi avvolgeva come una coperta calda. “Vieni qui,” ha detto, la voce bassa, autoritaria ma dolce. Mi sono avvicinata, e lei mi ha preso il viso tra le mani, accarezzandomi le guance con i pollici. Poi mi ha baciata. Il suo bacio era diverso da qualsiasi altro avessi mai provato. Era lento, profondo, un’esplorazione che sembrava voler scoprire ogni parte di me. La sua lingua danzava con la mia, e il suo sapore – un misto di vino e qualcosa di più selvaggio, più primordiale – mi faceva girare la testa.
Ho sentito le sue mani scivolare sul mio corpo, accarezzarmi i fianchi, sfiorarmi il seno attraverso il tessuto leggero del mio vestito. Ogni tocco era un invito, una promessa. Ci siamo sdraiate sul letto, io sotto di lei, i nostri corpi che si incastravano alla perfezione. Silvia era sopra di me, i suoi capelli che mi sfioravano il viso, il suo profumo che mi avvolgeva. Era un profumo complesso, un mix di fiori bianchi, muschio e qualcosa di più personale, qualcosa che era solo suo. Ogni respiro mi portava più vicina a lei, come se stessi inalando la sua essenza.
“Chiedimelo,” ha sussurrato, i suoi occhi fissi nei miei. Non capivo. “Chiedimi di leccartela,” ha detto, la voce che non ammetteva repliche. Era un comando, ma pronunciato con una dolcezza che mi ha disarmata. La mia volontà si è dissolta, e ho obbedito. “Leccamela,” ho detto, la voce tremante di desiderio. Silvia ha sorriso, un sorriso che era allo stesso tempo tenero e predatorio. Si è abbassata, e ho sentito la sua bocca sulla mia fica. La sua lingua era una magia, un vortice di movimenti precisi e delicati che mi facevano tremare. Succhiava il clitoride, lo leccava, lo accarezzava con una lentezza che sembrava voler prolungare ogni istante. Le sue mani si sono alzate verso il mio seno, pizzicando i capezzoli, poi sono scese di nuovo, le dita che mimavano un ritmo che mi faceva impazzire.
L’eccitazione era alle stelle. Luca e Marco, seduti in due angoli del letto, ci guardavano con occhi pieni di desiderio, le mani che si muovevano sui loro corpi come se non potessero resistere. Ma per me, in quel momento, esistevano solo Silvia e il piacere che mi stava donando. Poi lei è risalita, il suo corpo che scivolava sul mio, la sua pelle calda contro la mia. Mi ha baciata di nuovo, e ho sentito il sapore della mia fica sulla sua lingua. “Senti il tuo sapore,” ha sussurrato. “Adesso assaggia il mio.” Mi ha guidata con dolcezza, posizionandosi sopra di me, la sua fica a pochi centimetri dalla mia bocca. Era bellissima, profumata, invitante. Sapevo cosa dovevo fare, e volevo farlo. Per lei, per me, per Marina, che mi aveva insegnato ogni gesto.
Ho iniziato a leccarla piano, esplorando ogni piega, ogni curva. Il suo sapore era dolce, muschiato, e ogni movimento della mia lingua sembrava accendere una scintilla in lei. Gemeva piano, i suoi sospiri che mi guidavano, mi dicevano cosa le piaceva. Ho succhiato il suo clitoride, l’ho accarezzato con la lingua, ho sfiorato le sue labbra più piccole con una delicatezza che sembrava farla tremare. Le sue mani erano nei miei capelli, non per guidarmi, ma per tenersi a me, come se fossi l’unica cosa che la ancorava al mondo. Il suo orgasmo è arrivato lento, profondo, come un’onda che si infrange sulla riva. Ho sentito il suo corpo tremare, i suoi gemiti che si trasformavano in un grido soffocato. E in quel momento, ho provato una sensazione che non dimenticherò mai: il suo piacere sembrava scorrere dentro di me, come se fosse il mio.
Silvia si è abbassata, tornando a baciarmi. Le nostre bocche si sono unite, i nostri sapori che si mescolavano, i nostri corpi che si cercavano ancora. Ho strofinato la mia fica sulla sua coscia, cercando il mio piacere, e lei mi ha aiutata, muovendosi con me, guidandomi verso l’orgasmo. È arrivato come una liberazione, un’esplosione di calore che mi ha travolta, lasciandomi senza fiato. Ci siamo abbracciate, le nostre pelli calde, i nostri respiri che si mescolavano, il profumo di Silvia che mi avvolgeva come una coperta.
Quella sera, Luca mi ha presa con un impeto che non mostrava da tempo. Era come se la scena con Silvia lo avesse trasformato, come se avesse visto una nuova versione di me, una Desy che non conosceva. Mi ha strappata dalle braccia di Silvia, dal suo profumo, e mi ha fatta sua, con una passione che sembrava voler reclamare ogni parte di me. Ma anche mentre ero con lui, una parte di me era ancora con lei, persa nel ricordo di quel piacere condiviso.
La mattina dopo, sono tornata in quella stanza. Le candele erano ancora accese, il copriletto stropicciato, l’aria impregnata di un profumo che non era solo sesso, ma qualcosa di più: era il profumo di Silvia. Era fiori bianchi, muschio, pelle calda, desiderio. Ho chiuso la porta e non ho aperto le finestre per giorni, entrando di nascosto solo per annusare, per ricordare. Ogni volta che inspiravo, chiudevo gli occhi e rivivevo ogni istante: il suo sguardo, la sua voce, la sua lingua, il suo orgasmo che sembrava fondersi con il mio.
Silvia è stata delicata, ma la sua voglia improvvisa di me mi ha preso la testa. È stata lei a guidare, a prendere il controllo, ma lo ha fatto con una dolcezza che mi ha fatto sentire amata, desiderata, venerata. Io sono bisex, o forse sono tutto: mi piace il sesso fatto con chi è sensuale, con chi mi dimostra di volermi, con chi mi dice che mi apprezza. È un dono della maturità, una consapevolezza che mi permette di vivere il desiderio senza filtri, senza paura.
Il profumo di Silvia è ancora con me, anche a mesi di distanza. Non è solo un ricordo olfattivo: è una sensazione, un’emozione, una parte di me che si è risvegliata quella notte. Silvia non è stata solo un incontro, ma un viaggio, un’esplorazione che mi ha mostrato quanto possa essere potente il desiderio quando è condiviso con qualcuno che sa accenderlo. Ogni tanto, quando io e Luca torniamo nei club o nelle ville invitiamo Silvia, chiudo gli occhi e assaporo gli attimi che verranno con lei, e sento già il suo profumo mi avvolge ancora. Silvia è stata unica, come Marina, ma in un modo diverso. Marina mi ha insegnato l’arte del piacere; Silvia mi ha mostrato la sua forza, la sua dolcezza, la sua capacità di travolgere.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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