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Prime Esperienze

Quando tutto ebbe inizio


di theclash
31.10.2018    |    12.884    |    8 9.3
"Guardai entrambi in attesa di qualcosa, lei nel frattempo aveva preso un pezzetto di carta e una penna dal cassettino, scrisse qualcosa e mi passo il..."
Mancava poco al Natale, tornavo a casa dal lavoro e le strade della metropoli in cui vivo erano congestionate dalle auto dei clienti delle 18,00 che andavano per regali. In una giornata normale avrei accettato questa cosa, con passività, viaggiando lento nel traffico, magari ascoltando la radio e parlando al cellulare, ma non quella sera, ero insofferente.
Decisi di fare una strada insolita, almeno avrei viaggiato tranquillamente anche mettendoci più tempo; imboccai la strada della collina. Avrei attraversato la città dall' alto e mi sarei goduto il panorama del centro illuminato, per le imminenti festività.
Iniziai a salire, le curve in mezzo ai boschi, alberi altissimi e null' altro, qualche villona a rischiarare la notte imminente e la basilica, lassù a segnare l’ ingresso della strada pianeggiante che dopo 10 km mi avrebbe portato alla discesa verso l’ altro capo della città.
Black Eyed Peas. I gotta feeling alto nelle casse, mi sentivo bene, un ragazzo al top, bella macchina, buon lavoro, le notti passate a mettere musica nelle discoteche, single, insomma un fortunato.
Curva dopo curva arrivai e sorpassai la basilica. Imboccando la strada pianeggiante pensai "questa è la strada degli scambisti, ci manca solo che ne incontro un paio e siamo a posto...", ci risi su tra me e me e con la mente passai oltre.
Sapevo delle voci su quella strada, ma per me erano tutte dicerie, ero passato molte volte da lì, ma di scambisti non ne avevo mai visti.
Sempre al buio sorpassai un paio di parcheggi dove solitamente stazionavano le auto dei passeggiatori domenicali, a quell' ora deserti. In prossimità della discesa mi squillò il cellulare, accostai in un piazzale molto grande e completamente buio.
Il solito amico che aveva voglia di raccontarmi cose, che in quel momento non mi andava di sentire, per cui lo liquidai piuttosto in fretta.
Nel risalire in macchina ebbi la strana sensazione che ci fosse qualcuno, di non essere solo, chiusi la porta e iniziai a scrutare dal finestrino, quando mi fu chiaro che al fondo del parcheggio, proprio sotto ad un terrapieno c'era un auto, mentre cercavo di mettere a fuoco si accesero gli stop per una frazione di secondo.
Un misto di adrenalina e ansia mi pervase, forse non era una diceria, erano loro, gli scambisti, oppure era solo uno che aveva premuto accidentalmente il freno, oppure era una visione, oppure era qualcosa di pericoloso.
Spostai la macchina per vedere meglio e senza scendere rimasi in attesa.
Stop. Buio. Stop. Buio.
Allora c' era davvero qualcosa e qualcuno. Pur sentendomi a disagio scesi dalla macchina, rimanendo con la porta aperta e la luce interna accesa, pronto a schizzare via al minimo pericolo. Mi accesi una sigaretta e attesi qualche istante.
Nell' auto al fondo si accese la luce interna, ma una luce strana, come fosse un neon, molto intensa.
Cercai di capire come fare ad avvicinarmi, senza essere visto, per comprendere meglio, ormai la curiosità era troppa e troppo forte.
Il terrapieno sotto il quale era ferma la macchina faceva al caso mio, aveva dei gradini e da sopra avrei potuto guardare direttamente dentro l' auto.
Mi sentivo male a fare quella cosa, ma ero pervaso da una strana sensazione. Percorsi quanto mi separava dagli scalini. Era la prima volta che mi capitava una cosa del genere e nella mia testa turbinavano mille pensieri, cercavo di dare una motivazione all' accendere e spegnere gli stop e attirare la mia attenzione con la luce interna accesa. Si, perché certamente mi avevano visto, sapevano che ero lì.
Salii cercando di non fare troppo rumore. Quando fui a metà iniziai a sentire musica e vedere del fumo di sigaretta, avevano la radio accesa, il finestrino abbassato, chiacchieravano e fumavano.
Cazzo, pensai, ho beccato gli unici due stronzi che si stanno facendo una canna, a quest' ora, qui, in mezzo al nulla.
Volevo sbagliarmi e contestualmente volevo avere la conferma che loro, gli scambisti, lì non esistevano.
Enya. Orinoco flow. Era una canzone in stile gaelico quella che ascoltavano. Dovevo andare avanti. Vedevo già il chiarore della luce interna, una sorta di neon, accesa. Due gradini e fui in cima. Dalla mia posizione potevo vedere dentro la macchina, attraverso il parabrezza. Quello che vidi fu il mio primo contatto con il mondo del carsex.
La luce che vedevo era davvero un neon, un piccolo neon che rischiarava in maniera molto fredda tutto l' abitacolo; un tizio alla guida con i pantaloni abbassati e una mano femminile ad impugnargli l' arnese non completamente duro. Del passeggero invece vedevo un paio di stivali, alti, a punta, di pelle nera e parte di gambe da donna coperte da calze velate.
Avevo il cuore fuori giri, per la paura e l' eccitazione, parte di me diceva di tornare indietro, ma un sentimento nuovo mi spingeva ad andare oltre a cercare di avvicinarmi all' auto.
Un rapido sguardo e capii che potevo scendere dalla parte opposta del terrapieno, passare davanti all' auto e girare dalla parte del passeggero. Drizzai le spalle e cercai di assumere una postura imponente, se c' era qualche malintenzionato speravo di spaventarlo col fisico, scesi e passai di fronte alla macchina, ad una distanza di un paio di metri, senza guardare dentro. Volevo sembrare lì per caso. Continuai a camminare e mentalmente pensavo che se si metteva male, dovevo solo correre via, aprire la mia macchina e partire a razzo.
Arrivai all' altezza dello sportello del passeggero, era aperto, il finestrino abbassato, L' abitacolo era rischiarato dalla luce al neon, azzurro violacea, dentro aleggiava una nube di fumo. Seduta sul sedile del passeggero una lei, bella, capelli lunghi e scuri, aveva i piedi appoggiati al cruscotto, calzati da stivali in pelle nera, alti fino al ginocchio, lungo capotto di pelle nera, che penzolava lasciando aperta la visuale su una minigonna anch' essa di pelle nera, chiusa sul davanti con bottoni in ferro. Dal bordo della gonna spuntava il pizzo scuro delle autoreggenti, con balza finemente lavorata. Fumava. La sigaretta nella mano destra e la sinistra allungata sul guidatore, il membro di lui semieretto, impugnato e lo scorrere lento quasi annoiato, della mano.
Era voltata verso di me e mi guardava.
"Ci hai messo un bel po' ad arrivare!".
Mi sentii un coglione, avevo fatto il giro del globo e mille attenzioni e loro già sapevano di me, mi aspettavano.
La mia risposta non fu da meno della figura che avevo appena fatto. Bofonchiai qualcosa di incomprensibile. Mi maledissi per quella faccia che certamente avevo su, la faccia del perfetto idiota.
"Ti piace guardare?".
Mentre elaboravo la risposta, cercandone una migliore rispetto alla prima, guardai oltre per vedere il guidatore. Un uomo grosso, anzi grasso, mollemente sprofondato nel sedile, i pantaloni abbassati, unitamente ai boxer, la camicia scomposta, il cazzo di fuori, stretto nella mano di lei. Li per li mi ricordó Jabba the Hutt, di guerre stellari.
Lui non disse una parola.
Sfoderai il mio miglior sorriso, e dissi: "Se a voi piace essere guardati...", lasciai volutamente la frase in sospeso, perché in realtà non sapevo come concluderla.
Sorrise. Un sorriso tagliente, gelido.
Lanciò via la sigaretta pizzicandola tra il pollice e L' indice e senza mai lasciare il membro di lui, in quel monotono su e giù, schiacciò un tasto della radio.
La musica tacque. Sentii il lievissimo ronzio del Cd che cambiava traccia.
Si mise in piedi di scatto, con un movimento rapido si sfilò il cappotto gettandolo sul sedile dietro e si sedette di nuovo, questa volta perpendicolare al sedile, con i tacchi degli stivali appoggiati al longherone dell' auto.
AC/DC. Hells Bells. Il primo rintocco della campana fu come un colpo di cannone, sembrò riecheggiare per tutta la valle. Al secondo lei si sdraiò sul sedile, con la nuca appoggiata sulle gambe del lui e le braccia oltre le spalle, con la sinistra riprese il membro di lui e con l' altra, uno strappo secco al davanti della gonna, i bottoni si aprirono all' unisono e i lembi caddero sul sedile.
Era senza intimo, completamente depilata, la pelle bianca, resa ancor più chiara dal neon, le gambe tenute alte dai tacchi appoggiati al longherone e volutamente divaricate per offrire la miglior visuale possibile. Era lì aperta, offerta, per farsi ammirare.
Non ero completamente tranquillo, avevo ancora timore che di colpo accadesse qualcosa, ma nei miei jeans l' eccitazione si faceva sentire e cresceva ad ogni istante.
Mi avvicinai cautamente e mi appoggiai allo spigolo della portiera, lei era a meno di un metro da me.
Sul reef della chitarra iniziò a toccarsi, partendo dal monte di Venere faceva scorrere la mano tra le gambe, su e giù, lentamente, alternando dei movimenti circolari con l’ indice sul clitoride. Continuò così per qualche minuto. Io ero immobile, bloccato, essendo la prima volta non sapevo come muovermi e non volevo spezzare quella sorta di ipnosi.
Il suo respiro cominciò a farsi sentire, stava iniziando a godere. Sempre senza lasciare il membro di lui, che la guardava con occhi lascivi, si mise un dito dentro, passando quasi subito a due e dopo poco a tre. Li infilava, trattenendosi un attimo e poi sfilava tornado su a sfregarsi il clitoride col palmo.
Continuò ancora un po', intanto il suo lui le alzò la maglia fish net, scoprendo i seni e iniziando a palparli, soffermandosi sui capezzoli, come punte di spade, strizzandoli e pizzicandogli con energia.
Dopo poco iniziò a sentirsi il classico rumore di fluidi, si stava bagnando e si sentiva nettamente. Iniziò a gemere. I suoi gemiti e il rumore della sua fica bagnata era tutto ciò che si distingueva.
Allungò una gamba e pose la suola dello stivale sulla mia patta, iniziando al premere e a muovere il piede, come a tastare quanto fosse riuscita a farmelo diventare duro. Probabilmente soddisfatta del risultato si sporse ancora un po', mise la gamba tra le mie e mi trascinò più vicino.
Dovevo muovermi, fare qualcosa, non potevo stare lì come un palo e poi non c'è la facevo veramente più.
Sempre stando dritto iniziai a massaggiarle le cosce verso l’attaccatura dell' inguine, divaricando appena quando lei portava le dita dentro di se. Mi bagnai le dita e le portai alla mia bocca per assaggiarla.
Si mise a sedere sul sedile, senza guardarmi, senza espressione, quasi in trance. Mi slacciò la cintura e i jeans, abbassandoli ed estraendo il mio cazzo, che era ormai diventato marmoreo. Con un colpo secco, fece saltar fuori il glande e si avventò sopra con la bocca.
Il suo lui aveva preso a menarsi da solo il suo membro, che nonostante tutte le attenzioni che lei le avesse dedicato, pareva non voler raggiungere l' apice.
Il mio arnese scompariva e riappariva dalla sua bocca, lo teneva con una mano e con l'altra continuava a toccarsi. Succhiava, alternando la lingua alle labbra e talvolta alzava gli occhi per scorgere la mia espressione.
Mi trattenevo a forza per non riempirle la bocca, in primo luogo per non interrompere quella magnifica situazione e in secondo perché non sapevo cosa mi aspettava oltre.
Lui si avvicinò all' orecchio di lei e le disse qualcosa, lei annuì, quindi si sporse verso il cruscotto, prese un preservativo, che mi passò.
Si staccò da me prendendo un istante di fiato e io ne approfittai per calzare il preservativo.
Si mise carponi sul sedile, mostrandomi per la prima volta il culo, tondo, sodo, bello.
"Scopami". Imbocco il cazzo del suo lui è divaricò leggermente le gambe, sistemandosi meglio, pronta a ricevere il mio.
Lo infilai tentennando poiché l' ansia mi pervadeva e non capivo bene cosa stesse succedendo. La presi per i fianchi e inizia a penetrarla seguendo il suo respiro. Cercavo di regolarmi con la testa di lei, che nel frattempo continuava a succhiare il suo lui.
Alternavo ritmi lenti ad affondi più vigorosi, sempre cercando di trattenermi dall' esploderle dentro. Lei di tanto in tanto si toccava, probabilmente per aumentare il godimento. Anche il suo lui prese ad ansimare , prossimo a venire.
Voltò la testa, mi guardò e disse: "Vienimi sul culo, adesso!".
Lo sfilai velocemente, gettai il condom e non ci volle molto. Le schizzai sul culo e sulla schiena, abbondantemente, godendo per la scopata, per la situazione estremamente eccitante e per i suoi gemiti.
Frugò nuovamente nel cruscotto e mi passo delle salviette. Cercai di ripulire la schiena e mi pulii a mia volta, lei intanto si era seduta nuovamente e attendeva una salvietta per pulirsi le mani dallo sperma del suo lui.
Mi ricomposi senza sapere bene cosa dire. Guardai entrambi in attesa di qualcosa, lei nel frattempo aveva preso un pezzetto di carta e una penna dal cassettino, scrisse qualcosa e mi passo il biglietto.
“Ciao.” disse, chiuse la portiera della macchina di scatto, come a mettere un punto fermo, il lui spense il neon ed avviò il motore iniziando a fare retromarcia.
Tornai alla macchina frastornato, incredulo per l' accaduto, mi accesi una sigaretta e alla luce interna lessi il biglietto. Vika e Frank 339...
Avviai il motore, frugai nella tasca del cappotto e presi l' iPod, lo collegai allo stereo e scorsi velocemente la play list.
The Clash. London Calling. La musica mi riportò subito alla realtà, avevo fatto una nuova esperienza e la sensazione che avevo provato era indescrivibile, qualcosa che avrei ricercato ancora per molti anni.
Guidando composi il numero del mio migliore amico , rispose al terzo squillo, i soliti convenevoli e poi gli dissi:"Non sai cosa mi è successo...", iniziai ad accennargli l' accaduto, ma lui mi stoppò con un “Va bè. Va bè”, " Senti a capodanno probabilmente lavoriamo a una festa a Venezia, suoniamo due ore, poi rimaniamo lì".
Capii subito che, nonostante ci conoscessimo da sempre e fossi come fratelli, lui non avrebbe mai capito, non sarei mai riuscito a trasferirgli le mie sensazioni.
Scalai una marcia e accelerai verso casa.

E’ il mio primo racconto, spero possa piacere. Ci tengo solo a dire è completamente vero, l’accaduto e l’ambientazione sono reali, ho solo aggiunto qualche sfumatura letteraria per dare più spessore alla narrazione e alla trama.

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