Prime Esperienze
I "sì" ed i "no" delle donne

07.06.2025 |
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""Ragazzino" a me, dopo avermi detto che non l'avevo delusa, che ero stato all'altezza delle sue aspettative..."
C'era una ragione se io, quarantenne con una discreta collezione di esperienze alle spalle, mi stessi estraniando dall'ambiente circostante per tornare con la mente all'ormai remoto tempo del mio primo vero rapporto sessuale completo.Non è che prima di allora avessi appagato i miei istinti con il solo uso della mia mano, in fondo ero arrivato già ai vent'anni d'età o poco meno e avevo già apprezzato anche le mani di altre persone, di ragazze ovviamente, magari lasciandomi "lavorare" mentre io palpeggiavo la lei di turno con delle pomiciate anche spinte, tipo lo scorrere del mio attributo tra le cosce di lei, anzi, tra le labbra della sua figa, o succhiarle le tette ed altri giochetti vari che da giovani tutti abbiamo fatto quando ci è stato possibile.
Poi era arrivata lei, la prima donna - davvero donna- e non una semplice ragazzina. Letteralmente è arrivata, perché io non l'avevo cercata .
Quella sera, quando l'ho incontrata in discoteca, lei era già lì. Io c'ero arrivato a tarda ora, neanche per libera scelta ma perché letteralmente portatoci da alcuni amici che mi avevano dato un passaggio. Io non ero abituato alle ore piccole ed avrei preferito andarmene a casa a dormire ma ero stato portato lì con coercizione.
I miei amici si erano subito lanciati in pista più per cercare di rimorchiare che per ballare. Io, un poco a disagio, mi ero fermato da qualche parte ad osservare l'ambiente, anche un poco contrariato dal fatto di dover dipendere dai miei amici per il passaggio e con la voglia di andarmene al più presto da quel locale. Era stato allora che Nora mi si era avvicinata, aveva messo una sua mano sotto il mio mento come a voler tener sollevato il mio volto e, fissandomi negli occhi, dopo avermi scrutato mettendomi in grande imbarazzo, mi aveva detto "Sei carino!". Poi aveva aggiunto: "Devi essere nuovo di qui, altrimenti ti avrei notato già".
Era troppo bella, oserei dire anche "troppo femmina" per uno sbarbatello come me. Mi aveva messo in imbarazzo eppure ero riuscito a dirle qualcosa. Non ricordo esattamente cosa ma più o meno sul tipo "Sì, è la prima volta che vengo altrimenti avrei già fatto io qualcosa per farmi notare da una tipa come te. Tu sei molto più che carina".
Non era andata molto per lunghe e dopo un brevissimo scambio di frasi prevalentemente di circostanza, era stata lei a dirmi. che si stava annoiando e che voleva andare via da quel posto.
Le avevo detto che purtroppo non potevo portarla via io perché ero senza macchina e stavo con altri, indicandogli anche qualcuno dei miei amici ormai presi da altri interessi a centro pista.
"Il problema non è la macchina- mi aveva detto- quella ce l'ho io, ma come rendere interessante questa serata di merda, scusa il termine ma è così. Vedi quel tipo laggiù? E' uno stronzo. Cioè in realtà fino a poco tempo fa era il mio ragazzo, poi mi ha lasciata. Ha detto di aver bisogno di una pausa di riflessione. Guardalo, lo vedi come riflette? Facendo il cascamorto con quella sciapetta. Tra me e lei, tu chi preferiresti?"
Sinceramente non ero ancora riuscito ad identificare il tipo di cui parlava come suo ragazzo o ex ragazzo e di riflesso neppure la ragazza alla quale il tipo forse si stava dedicando, ma a caso, quasi a farle un complimento avevo risposto "Senza dubbio te. Sei proprio una che mi piace"
Chiese "Andiamo via?"
"Io e te?"
"E chi se no?"
"Sono con quelli la, te l'ho detto. Poi che fai? Mi riporti qui? Mi porti in piazza della stazione dove posso trovare un taxi? Mi porti tu a casa mia?"
"Quante storie. Se ti va ora ti porto a casa mia. Poi...vedremo".
Mi era sembrata già pentita della proposta che mi aveva fatto quando io mi ero preso uno o due secondi per fare un segno ad uno dei miei amici per segnalare gestualmente che io andavo via.
Il mio amico aveva captato a volo il messaggio e quindi andai con lei sperando sì di poterci divertire un poco insieme, ma io pensavo a carezze, baci, un poco di pomiciamento, magari anche spinto, ma non proprio un vero e proprio amplesso.
Uno? Un amplesso?
Ma che cavoli dico?
Eleonora o Nora, come a me disse di chiamarsi, mi ha regalato l'esperienza più bella e completa della mia vita, mi ha inebriato, ubriacato di piacere, mi ha fatto letteralmente perdere la testa. Già in auto, subito aveva preso una mia mano per portarla tra le sue cosce, prima ancora di fare le manovre per uscire dal parcheggio. Poi aveva guidato, piano ma pericolosamente, quasi sempre con una mano sola perché con l'altra aveva armeggiato sulla zip dei miei calzoni, aveva palpeggiato, aperto, introdotto la mano, cercato, trovato, estratto, afferrato il mio cazzo che velocemente si induriva e lievitava.
Non ebbi alcun problema a chiederle "Vogliamo fare all'amore come va fatto?"
Mi aveva risposto "SI. non l'hai ancora capito?"
Badate: non aveva detto solo "Che non l'hai ancora capito?" ma, prima aveva detto "SI",
Se una cosa avevo già imparato a vent'anni era che una donna raramente dice "si" in modo esplicito. ma se lo dice è un "sì"vero, totale, dice un "si" che vale proprio un SI. Infatti...
...infatti non andammo lontano, né proprio a casa sua, ma in un monolocale, una specie di cantina-ritrovo, al piano seminterrato di una palazzina a meno di un chilometro dalla discoteca, addobbata più che arredata in maniera bizzarra.
Alle due estremità della parete di fronte alla porta di accesso c'erano da un lato un mobile strano, forse realizzato da un amante del "fai da te" assemblando due vecchi comodini, verniciato a pennello con un colore blu cobalto (doveva essere una specie di mobile bar visto che sul ripiano c'erano pile di bicchieri di carta e all'interno bevande varie, prevalentemente alcoliche), dal lato opposto un tavolinetto sul quale erano appoggiate varie cose "strane"a vedersi (escluso un posacenere) ma probabilmente utili a diffondere musica viste le due casse acustiche e un aggeggio simile ad una consolle (forse, mica ne sono sicuro). A centro parete, in alto, quasi attaccata al soffitto, più una fessura bassa e lunga che una vera finestra e sotto questa un letto singolo con sopra molti cuscini di varia foggia e colore, nel vano tentativo di farlo sembrare un divano. Più o meno simile era il letto con cuscini sulla parete a sinistra. Su quella di destra troneggiava, appesa a chiodi infilati a caso nel muro, una rete da pescatori che aveva il solo scopo di ornamento, e sull'angolo vicino allo pseudo "mobile bar" una porta (scoprii dopo essere quella di un bagno).
Chiesi a Nora se lei abitasse lì. Era scoppiata a ridere prima di dirmi "Ma sei matto? Qui ci ritroviamo ogni tanto io ed altri amici ed amiche per qualche festicciola. Mettiti comodo se vuoi e stai tranquillo, non verrà nessuno di quelli che hanno la chiave come me". Veramente mi disse anche qualcosa sul perché ne fosse così sicura ma non prestai alcuna attenzione alle sue parole, datosi che ero già "rapito" dal suo spogliarsi disinvoltamente.
Era bella, cribbio se era bella, anzi bellissima.
Mi spogliai anche io, in fretta, visto che veloce era stata anche lei e già spostava i cuscini da uno dei due lettini e ci si stava sdraiando sopra.
La raggiunsi in gran fretta. Mi chiese se avevo freddo. Le dissi di no. Mi chiese "Perché tremi allora?". Le dissi "perché sono eccitato". In realtà avrei voluto dire "emozionato", "agitato", non so cosa di preciso ma non "eccitato". Eppure la parola aveva sortito il suo effetto, Nora aveva voluto. verificare con mano e constata la realtà dei fatti, oso dire che "approfittò della mia goffa inesperienza e della mia famelica voglia di fare sesso" non solo appagandomi ma stordendomi fino a farmi delirare di piacere.
Non chiedetemi cosa fece e come lo fece, cosa si lasciò fare e come, perché neanche me lo ricordo. Di quella sera mi è rimasto impresso una specie di intontimento da piacere immenso e sublime. Capitemi: avevo si e no vent'anni. Non avevo mai fatto sesso in modo completo con una donna e quella notte "venni usato" più volte, in più modi dalla mia prima donna.
C'era una ragione se la mia mente stava riportando a galla quel piacevole ma ormai lontano ricordo, nonostante fossi seduto al tavolo di un bar con altri tre amici
Apparentemente bevevamo tutti la stessa cosa: un caffè. In realtà ognuno sorseggiava un caffè diverso. Aldo lo beveva senza zucchero, Dante corretto al fernet, Emilio corretto alla grappa ed io come secondo me va bevuto il caffè: molto caldo e con poco zucchero.
Veniva diffuso nel locale nel locale, come sottofondo sonoro a volume medio basso, un programma radiofonico di canzoni a richiesta . In quel momento veniva trasmesso il vecchissimo brano di Gino Paoli "Quattro amici al bar".
Nessuno di noi era attento al testo. Stranamente però eravamo anche noi eravamo "quattro amici al bar" e parlavamo, anzi gli altri tre parlavano del più e del meno....!
Che cazzata! Non è vero!
Parlavano dell'articolo in prima pagina sul quotidiano locale di oggi, ovvero del ventesimo anniversario dell'unico omicidio avvenuto nel nostro piccolo paese a memoria d'uomo: quello di Eleonora Lardinelli.
Nessuno mai aveva saputo chi e perché l'avesse uccisa, anzi in molti ancora sussisteva il dubbio che si fosse trattato di una disgrazia accidentale e non di un omicidio.
L'articolo di oggi ricorda l'evento. Riassume le varie ipotesi fatte da più parti, nel corso degli anni, dalle labili prove che supportavano l'ipotesi dell'omicidio, ai contrastanti elementi che avrebbero potuto far supporre una morte accidentale.
Gli altri tre parlavano di questo. Io no. Usando un eufemismo potrei dire che io "ero distratto".
Perché? Da cosa?
Perché nessuno lo aveva mai saputo, a nessuno lo avevo mai detto e, dato gli eventi, da vent'anni mi guardavo bene dal dirlo o farlo intuire ma..., ma..., ma...,
.. ma per me Eleonora Lardinelli non è quella della foto in bianco e nero che ogni anno tornano a pubblicare sul quotidiano locale, la stessa foto che era stata affissa su tutti i muri del paese quando della ragazza non si era ancora trovato il corpo e tutti la davano per dispersa. Per me Eleonora era ed è ancora la ragazza con la quale sono stato veramente felice, una sola sera della mia vita.
Veramente a me aveva detto di chiamarsi Nora la sera in cui mi aveva reso felice, la sera in cui mi ero invaghito di lei.
Avevo circa vent'anni, allora. Quando lei, la donna con la quale ho vissuto l'esperienza che vi ho raccontato. All'alba che aveva messo fine a quella notte era stata lei a riportarmi a casa mia.
Quando le avevo chiesto dove e quando poterci rivedere mi aveva detto "Lasciamo perdere. Diciamo che tra noi due c'è una bella differenza di età e non solo di quella. Stammi alla larga. Ti conviene"
Mi venne il dubbio che, forse per la mia inesperienza, avessi deluso le sue aspettative e glie lo chiesi apertamente, confessandole che ero alla mia prima esperienza.
Mi aveva sorriso, dato un puffetto sulla guancia e mi aveva detto: "Sta tranquillo, sono stata bene con te, molto bene"
Rincuorato le avevo proposto: "Allora ci possiamo rivedere! Dammi un tuo recapito"
" Se capiterà ci rivedremo. Il sabato di solito io vado in quella discoteca. Se sono in compagnia fa finta di non vedermi"
Non ero riuscito ad ottenere di più.
Non mi bastava. L'ho cercata presso l'edificio dove mi aveva fatto vivere una esperienza paradisiaca. Avrei voluto chiedere delle informazioni alle persone che vedevo entrare od uscire da quello stabile, ma non sapevo cosa chiedere, di chi chiedere. Ci ho provato una volta con uno: "Sa dove posso trovare una ragazza che si chiama Nora? Ha tra i venticinque ed i trent'anni, alta, mora, molto bella. Mi hanno detto che potevo trovarla da queste parti...". In risposta avevo ricevuto un "non abito qui, non lo so". Ad un altro avevo chiesto: "Mi hanno detto che al piano seminterrato di questo palazzo c'è un ritrovo per ragazzi giovani. Sa dove poter trovare qualcuno che lo gestisce?". L'interpellato mi aveva risposto solo corrugando le arcate sopraccigliari). Poi mi ero scoraggiato. Forse per anche per questo durante le indagini, nessuno ha mai collegato me a Nora: in pratica io e lei eravamo come due sconosciuti l'uno all'altra.
Tornando ancora a quel tempo: io, poi, il sabato, da solo e non con il mio gruppetto di amici, ero tornato in discoteca solo per rivedere lei, sperando di poter rivivere ancora una serata paradisiaca con lei.
Lei era arrivata piuttosto tardi, non da sola. Mi aveva detto che se fosse stata in compagnia dovevo far finta di non conoscerla, ma me ne ero scordato e subito le ero corso incontro, con un sorriso ad oltre centottanta gradi, braccia tese per dirle "Ciao" con tutto il calore e l'entusiasmo di cui ero capace.
Lei, con molta freddezza, aveva detto "Oh, anche tu qui? Ciao. Beh, sono in compagnia, caso mai ci si vede uno di questi giorni al solito posto"
"Quale posto?" le avevo chiesto
E lei, pronta "In mensa no? Solo li io e te ci vediamo. Ciao"
In mensa?
Quale mensa?
Mi aveva liquidato così?
Mi aveva forse confuso con un altro?
Avevo aspettato tutta la sera che lei arrivasse. Avevo cercato solo lei per un'intera settimana. Non poteva finire così. L'ho avvicinata di nuovo, ho cercato di parlarle sottovoce dicendole "E' da sabato scorso che aspetto di stare con te"
I suoi occhi brillarono di una energia strana, da spaventarmi e con un tono fermo e gelido perentoriamente mi disse "Quando dico no è no. Fissatelo in testa ragazzino"
Capite? Mi aveva chiamato "ragazzino" dopo la "notte brava " che avevamo vissuto. "Ragazzino" a me, dopo avermi detto che non l'avevo delusa, che ero stato all'altezza delle sue aspettative.
Non potevo arrendermi, non potevo accettare quel "Ragazzino".
Non lo ero affatto, tanto che per non rendermi ridicolo facendo scenate, la lasciai apparentemente in pace. Semplicemente mi sono informato su di lei, chiedendo informazioni sul suo conto al ragazzo del bar, alla ragazza che serviva drink e ad altri habitué del locale. Raccolsi abbastanza elementi da potermi ragguagliare il giorno dopo ed andare ad attenderla all'uscita dal negozio dove lei lavorava come cassiera. Ero con lo scooter, la invitai a salire. Mi disse di nuovo "NO"
Non lo accettai quel no, non con quel tono. non così secco. Almeno mi doveva dare qualche spiegazione.
Non potevo accettare un "no" secco, dopo quello che avevamo vissuto insieme quella notte.
Le cose poi, sono andate come sono andate, nel modo che nessuno ha ancora saputo ricostruire, ma che ogni notte da vent'anni io rivivo come un incubo che mi tormenta nel più profondo del mio intimo.
Nessuno mai ha collegato il mio nome ad Eleonora Lardinelli, detta Nora, ma io non ce la faccio più. Lascio i miei amici al bar, vado al vicino commissariato ed alla polizia (non a voi) racconterò io ciò che in vent'anni loro non hanno scoperto.
Non è che voglio privare voi dei particolari. Sono sicuro che TV, radio e giornali vi diranno fin troppe volte tutti i dettagli che ora io andrò a dire. Saprete tutto da tutti.
Una cosa ve la dico; ed è quello che Nora disse a me quella sera in cui mi definì "ragazzino": "Quando una donna dice no è NO". Questo a vent'anni non l'avevo ancora capito.
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Dedicato soprattutto alle troppe "Nora" che dopo aver detto una sola volta un "sì", hanno osato dire anche un NO a chi ancora non capisce la differenza tra il si ed il no, ritenendo che il "sì" di una volta sia valido per sempre e che il "no" sia tramutatile in "sì" con l'insistenza.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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