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IN OSPEDALE: CHE PORCO L’ATTEMPATO INFERMIERE


di LaCavalla
11.07.2020    |    41.416    |    112 9.9
"Ero in estasi quando lui si infilò nuovamente con la testa tra le mie cosce e cominciò a leccare la mia pucchiacca, come la chiamava lui, mettendosela tutta..."
La vita di una coppia si compone di tanti momenti e secondo me, una coppia anche se è molto unita e innamorata, ha bisogno sempre di continui stimoli per avere una sessualità soddisfacente. Per il nostro modo di intendere il sesso, che è sicuramente diverso dalla gran parte delle coppie, cosiddette normali, è fondamentale viverlo quotidianamente sfruttando le occasioni che possono capitare nella vita di tutti i giorni.
Ho un corpo giunonico, curvy, come si dice adesso, che da sempre ha attratto i maschi maturi, quelli molto maturi e quelli di colore che mi hanno da sempre fatta sentire apprezzata, desiderata e tanto femmina accrescendo la mia autostima e la voglia di sentirmi sempre più ben disposta a soddisfare questo genere di maschi, per la mia gioia e quella del mio caro maritino che, da sempre cuckold, si eccita a vedermi rimorchiata e posseduta da maschioni così, soprattutto se sono possenti fisicamente, rudi e molto autoritari.
Abbiamo stabilito dei paletti, non ci interessano per esempio i tanti bulls che ci interpellano per appuntamenti, né accetterei di simulare la casualità di un incontro, non mi interessa recitare una parte. Deve accadere perché c'è un interesse, in una situazione che mi deve intrigare. Una di queste situazioni si è verificata un po’ di tempo fa.
Era un giorno in cui dovevo recarmi in ospedale per una visita di controllo, visto il caos che si trova nelle grandi città la mattina, decisi di utilizzare i mezzi pubblici. Erano verso le 12,40, avevo lasciato già partire due autobus perché molto affollati, ma ora si stava facendo tardi e così mi vidi costretta a prenderne uno anche se affollatissimo, feci i salti mortali per riuscire a entrare e come spesso accade in queste situazioni, non mancò il solito porco che, sfruttando la situazione, si appoggio al mio fondoschiena per farmi sentire il suo uccello duro. Non ci fu verso di liberarmi da quel vecchio depravato, troppo uno sull'altro - di questi tempi, sarebbe stato impossibile, visto il distanziamento sociale, come faranno quelli che vanno appositamente sui mezzi pubblici per fare questo? Chi lo sa.
Ma, fortunatamente, di lì a poco, arrivò la fermata e scesi. Mentre percorrevo il tratto di strada che mi portava all’ospedale, inciampai in una buca sul marciapiede e rovinai a terra sbucciandomi il ginocchio e provocando uno strappo ai leggings, sempre all’altezza del ginocchio. Avvertii dolore e vidi che usciva sangue dalla ferita, il tempo per pulirmi un po’ e proseguii verso l’ambulatorio, si stava facendo veramente molto tardi.
Quando arrivai in ospedale, durante la visita, il dottore notò il leggings rotto e il sangue che usciva dal ginocchio e mi chiese cosa mi fosse capitato. Dopo aver ascoltato il mio racconto sull’accaduto, mentre completava la visita, disse che mi avrebbe fatto medicare la ferita.
Finito il controllo, chiamò l’infermiere di turno per la medicazione. Entrò un bell’uomo un po’ più che cinquantenne, molto scocciato, dicendo al dottore che era tardi. Evidentemente doveva smontare oppure aveva la pausa pranzo, ormai l'orario delle visite era finito. Il dottore un po’ mortificato per l’increscioso episodio gli chiese la cortesia di medicarmi la ferita. Dopo avermi scrutata ben bene, il tizio cambiò atteggiamento e mi invitò a seguirlo. Durante il tragitto mi disse che ormai l'ospedale si era svuotato e che poteva dedicarmi il tempo necessario a pulire la ferita. Imboccammo un corridoio dove effettivamente le porte delle stanze erano tutte chiuse e non c’era traccia di personale in giro, entrammo in una di queste e il tizio chiuse la porta alle mie spalle rimanendo per un attimo a fissarmi. Cominciai ad avvertire un non so che allo stomaco quando, con voce ferma e decisa, mi chiese di togliermi i leggings. Rimasi con il solo perizoma e, il maglioncino che indossavo, copriva a malapena il mio culetto, tipo minigonna molto audace.
L’infermiere, che mi stava mangiando con gli occhi, mi disse di non stare a piedi nudi per non prendere freddo, così ubbidiente lo accontentai calzando le mie scarpe che, con il tacco da dodici, slanciarono di più la mia figura, il mio culetto salì ancora più su e questo dovette rendermi ancora più appetibile agli occhi di quel vecchio volpone.
Così abbigliata mi sentivo come un cerbiatto al cospetto di un grosso leone famelico, mentre le fitte allo stomaco divenivano sempre più frequenti.
Mi fece stendere sul lettino, preso un batuffolo di ovatta imbevuto d'alcool e cominciò a pulire la ferita. Bruciava ed emisi un mugolio di dolore, mi fissò negli occhi e con un sorriso continuò a disinfettare la ferita e poi prese a massaggiare con movimenti lenti e circolari il ginocchio. Avevo le braccia lungo il corpo e la mano sul bordo del lettino che stringevo quando provavo dolore, non so se per caso o volutamente, cominciò a sfiorarmi con il suo uccello un po' sul braccio e un po’ sulla mano, lo sentivo sempre più a contatto con la mia pelle. Istintivamente avrei dovuto scostare la mano, ma non lo feci, avvertii attraverso il pantalone leggero della divisa che era in evidente stato di eccitazione. Capii allora che non era per caso, lo faceva di proposito, sentivo un bel cazzone duro sulla mano, quando, senza dire una parola, si allontanò da me per andare a chiudere la porta a chiave. Si avvicinò di nuovo al lettino, si abbassò il pantalone, tirando fuori un fascio di carne dura, nodosa e con un capocchione di dimensioni notevoli.
Mi disse: mi hai fatto arrapare con quel fisico da vacca che ti ritrovi e con quel filo nel culone coperto a malapena dal maglioncino e su quei trampoli da gran zoccola. Poi proseguì: qualcosa mi dice che hai voglia di cazzo. Ero ancora distesa mi mise una mano tra le cosce e cominciò a palparle in maniera decisa mentre io tentavo di difendermi stringendole, riuscì lo stesso ad arrivare alla fica e a penetrarla con le dita, con l’altra mano mi sollevò il maglione scoprendo le tette cominciò a impastarle e a strizzare con forza i capezzoli che nel frattempo erano diventati duri come chiodi, cominciai a mugolare, mi piaceva, stavo godendo.
Avevo il volto rivolto dal lato apposto all’uomo e stavo con gli occhi chiusi subendo quel trattamento, poi mi chiese: ti piace vero puttana? Mi voltai verso di lui e mi ritrovai il suo cazzo davanti alla bocca, mi ordinò di prenderlo e ingoiai quella capocchia senza usare le mani, la slinguai tutta, lasciai scivolare in gola tutta l'asta, fino alle palle, diventava sempre più duro. Mi apostrofò in tutti i modi più volgari e scurrili possibili mentre continuava a scoparmi in bocca.
Stanco di quel bocchino mi girò mettendomi a pecorina, mi diede un paio di schiaffoni sul culo perché, secondo lui, non avevo allargato le cosce a sufficienza, poi con forza bruta allargò le mie natiche e si mise a leccarmi la fica come un dannato, ebbi degli orgasmi violentissimi che lo fecero eccitare ancora di più, si sollevò cominciò prima a colpirmi la fica con schiaffi a mano piena, colpi secchi e ritmati e poi presa a masturbarla furiosamente, mi tremavano le gambe, lo imploravo di smettere, ma più io lo supplicavo più lui mi masturbava. Ad un certo punto squirtai facendo emettere un verso molto simile a un grugnito a quel vecchio porco. Ero in estasi quando lui si infilò nuovamente con la testa tra le mie cosce e cominciò a leccare la mia pucchiacca, come la chiamava lui, mettendosela tutta in bocca, la lingua mi penetrava e leccava tutto, anche il culo.
In un attimo poi si alzò, mise il cazzo tra le labbra della fica facendosi strada, lo strusciò per un po’ accrescendo in me la voglia di essere penetrata, posseduta da quel maschio che mi stava facendo impazzire dal desiderio di sentirmi piena di lui. Quando meno me lo aspettavo, mi penetrò, sentii la cappella che mi apriva la fica, mi entrò tutto, mi chiavava con veemenza, lo sentivo che mi arriva alle ovaie, spingeva dentro e tirava fuori e rientrava, le sue grosse palle gonfie sbattevano contro il mio culo schioccando sotto i suoi possenti colpi, poi lo sentii pulsare, le penetrazioni divennero sempre più profonde fino a quando si inarcò completamente dentro di me e sentii un fiume di sperma riempirmi l’utero, sborrò nello stesso istante in cui stavo avendo l’ennesimo orgasmo, fu l’apoteosi.
I nostri corpi erano abbandonati uno sull’altra ansimanti e sfiniti da quell’amplesso cosi furioso, io volevo sentirlo ancora dentro di me e cercavo di stringere le cosce per non lasciarlo uscire, la cosa funzionò solo per poco, poi i nostri tanti umori e la perdita di erezione di quel grosso uccello, fecero sì che scivolasse fuori dalla mia vagina. Quando si staccò da me mi mollo un altro ceffone sul culo e mi disse: vacca mi hai fatto godere da pazzi, ora vestiti e vattene fuori dai coglioni.
Umiliata da quel trattamento mi pulii alla buona e dopo essermi rivestita velocemente lasciai l’ospedale per fare ritorno a casa dove non vedevo l’ora di raccontare tutto a mio marito e godere con lui di questa incredibile avventura.
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