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Quel vecchio porco del nostro padrone di casa


di lacavalla
16.04.2009    |    169.247    |    50 9.7
"Quando mio marito si fece coraggio e si presentò nella macelleria di Mario con circa 800 euro..."
Finita ormai la nostra breve convivenza con Ciro, abbiamo cambiato città e quindi costretti a cercare una nuova casa. Mio marito nel frattempo aveva perso anche il lavoro e tirava avanti con piccoli lavoretti saltuari che un’agenzia gli procurava.
Il nostro padrone di casa, un certo Mario noto in paese come: “o’ pazz”, perché quando le cose non andavano come voleva, nonostante i sui 65 anni di età, era sempre pronto a far valere i muscoli e a usare le maniere forti. Madre natura non era stata molto generosa con lui, a parte l’altezza un metro e novanta circa, era brutto, obeso e quasi calvo. Ciò che gli mancava in bellezza, veniva compensato dalla sua crudeltà e avidità.
Anche Bruno sapeva tutto questo di Mario, eppure siccome stavamo in difficoltà economiche dovute alla sua precarietà nel lavoro, aveva preferito non pagare l’affitto piuttosto che privarci di altre cose. Erano passati 6 mesi, il debito era salito a 2400 euro. Quando mio marito si fece coraggio e si presentò nella macelleria di Mario con circa 800 euro.
Mario lo guardò e gli disse: “Bruno, Bruno, tu sei una grande delusione per questo povero vecchio, tu avevi bisogno di un tetto e Mario te l’ha offerto. Ha aiutato il suo amico Bruno, perché Mario è un buono e tu come lo ripaghi? Offrendogli degli spiccioli? I patti erano chiari, potevi saltare al massimo un mese e poi pagavi insieme le due mensilità allo scadere della rata successiva e questo lo dovevi fare quattro mesi fa”.
Bruno sapeva che era terribile far arrabbiare Mario, con la voce tremolante gli disse: “… ancora qualche mese e ti darò tutto, promesso…”.
Mario sgranò gli occhi e urlandogli in faccia: “ancora qualche mese? Domani alla chiusura per il pranzo del negozio passo da casa tua e se non trovo tutti i soldi sai quello che ti aspetta”.
Quando Bruno tornò a casa e mi raccontò tutto ero disperato, memore anche del fatto che sapevamo benissimo di cosa era capace il nostro padrone di casa.
L’indomani, quando bussò e andai ad aprire la porta, mi trovai davanti quell’energumeno di Mario che vedendomi esclamò: “mamma mia… che bel bocconcino…”, indossavo un abitino di quelli che si usano in casa corti e che si chiudono incrociandosi sul seno e allacciandosi in vita. Mentre continuava a fissarmi la scollatura, mi chiese dove fosse mio marito, lo feci entrare e poi gli comunicai che Bruno era stato chiamato per un lavoro. In realtà avevamo deciso che lui rimanesse nascosto e avrei parlato io con Mario, pensando che non si sarebbe azzardato a picchiare una donna. Gli chiesi il favore di pazientare ancora qualche giorno per l’affitto e gli arretrati, ma lui mi guardò e aggiunse: “piccola… gli affari sono affari… manco un bocconcino come te mi farebbe cambiare idea…”. Cominciai a piangere dicendo: “signor Mario la prego sia buono farò qualunque cosa, ma non faccia del male a mio marito, gli dia più tempo”.
Il vecchio fece un sorriso che aveva del malefico e disse: “qualunque cosa?” e nel dirlo mi sfiorò all’altezza del seno sinistro con il dorso della mano. Rabbrividii capendo dove voleva arrivare, abbassai lo sguardo e dissi: “si, qualunque cosa”. A quel punto il vecchio cominciò a stringermi il seno e disse: “e… sentiamo… cosa vuoi che faccia per tuo marito?”, distrutta e umiliata dissi: “che gli cancelli il debito”. Mario prese anche l’altro seno nell’altra mano e disse: “pensi di valere più di 2400 euro… piccola?”. Mi feci coraggio e gli risposi: “quanto vale per te questo bocconcino?”. Sorrise, si abbassò i pantaloni facendo uscire quel suo cazzo molliccio e puzzolente di urina e disse: “succhiamelo!!!”. Mi accovacciai, davanti avevo quel pezzo di carne molliccio, mi feci coraggio e lo presi in bocca. Mentre lo ciucciavo, di tanto in tanto mi strizzava i capezzoli che aveva fatto uscire dall’abitino. Il vecchio li teneva tra le dita mentre con il bacino si spingeva in avanti scopandomi in bocca e mi diceva: “siii… brava troiaaa… mmm… che brava puttanella… siii succhiami tutto il cazzo… vacca” e io continuavo a succhiare facendo entrare e uscire quel cazzo che era diventato durissimo dalla mia bocca. Mio marito intanto da nascosto assisteva a quella scena. Ad un certo momento il vecchio si fermò, mi fece appoggiare al tavolo della cucina, si piazzò alle mie spalle e mi sollevò il vestitino scoprendomi il culo. Come vide il perizoma lo tirò come se avesse voluto strapparlo, procurandomi un gran dolore nelle parti intime, poi si fiondò tra le mie natiche con la sua faccia viscida e bavosa. Mi leccò l’ano mentre con le dita mi penetrava la figa. Si era eccitato come un animale. Dopo quel trattamento si alzò e sentii il calore del suo cazzo che si appoggiava alla mia figa e mi penetrava. Le lacrime cominciarono a rigarmi il viso, quel verme mi stava scopando come una puttana e mi sbatteva con una violenza inaudita. “Ti apro tutta questa figa puttana…, fammi tirare queste tette vacca…”. I colpi di Mario erano violentissimi, le sue palle sbattevano contro la figa, ma non piangevo per il dolore bensì per l’umiliazione e per lo strano piacere che stranamente cominciavo a provare nel subire quel trattamento. D’improvviso i colpi aumentarono e sentii gli spruzzi di sperma caldo di Mario che mi riempivano l’utero. Mentre sborrava, rantolava come una bestia agonizzante. Quand’ebbe finito di svuotare le sue palle flaccide, si accasciò su di me e mi disse ad un orecchio: “li vali tutti, quei soldi… puttanella”.
Si rivestì e mentre stava uscendo lo salutai dicendogli: “addio per sempre”, ma lui con un ghigno malvagio dei suoi rispose: “ci rivedremo presto”. Rabbrividii nuovamente a quella sua affermazione, questa volta però i brividi non erano solo di paura e di disgusto, ma anche dovuti ad un’improvvisa eccitazione che mi aveva pervasa tutto il corpo facendomi accapponare la pelle, la stessa che avevo provato poco prima. Quello strano contrasto tra disgusto, disprezzo e eccitazione che mi aveva portata a godere dell’umiliazione e della violenza procuratemi da quel vecchio bastardo.
Rimasti soli, mio marito uscì dal suo nascondiglio con il volto segnato dalle lacrime, non disse nulla, ci baciammo con passione e finimmo a letto dove lo costrinsi a leccarmi la figa ancora piena della sborra di quel vecchio porco, mi feci ripulire tutta avendo diversi orgasmi, sentendo la lingua di mio marito che passava li dove ero stata violentata da quel vecchio schifoso. Bruno volle anche prendermi ma era talmente eccitato che eiaculò nel giro di qualche secondo.
Restammo abbracciati e ci addormentammo fino a sera, sfiniti dallo sforzo fisico e mentale a cui erano stati sottoposti i nostri corpi e le nostre menti in quell’incredibile mattina.
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