trans
Era matto, mica scemo.
di Beaudenuit
30.10.2024 |
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"“Sei sereno qui con me? Puoi toccarmi se vuoi non succede niente di brutto”
Le sue grandi mani restavano immobili e calde sulle mie cosce
“Puoi carezzarle se..."
Non avevo ancora 17 anni, la mia storia con Fulvio era finita (vedi L’ex lavatoio, Il garage e Ancora nel garage) e la mia sessualità, sempre più passiva, veniva liberata in un quasi quotidiano battuage serale (vedi Battuage), tuttavia mi mancava l’essere vestita da troietta come mi aveva abituato Fulvio.Avevo però trovato una mezza soluzione in una casa abbandonata che c’era nel mio quartiere. Si passava agevolmente attraverso la recinzione, divelta in più punti, e si poteva entrare da una porta sul retro chiusa con una vecchia serratura che manomettevo facilmente con un ferro.
Quando ero dentro potevo indossare la mia lingerie, le mie minigonne, le t-shirt, scarpe col tacco, addirittura stivali con tacchi a spillo (Fulvio mi aveva ben fornito di tutto) e potevo truccarmi. Così, sculettando per la casa, mi sentivo femmina e potevo anche allenarmi a camminare sui tacchi.
Un giorno, mentre ero in perfetta tenuta da puttanella, sentii armeggiare con la porta, che avevo lasciato socchiusa, e mi venne quasi un colpo.
Non ebbi il tempo di pensare a cosa fare quando mi trovai di fronte il corpaccione imponente e massiccio di Leandro.
Chi era Leandro? Era conosciuto in tutto il quartiere come “Leandro il matto”, un ragazzo sui trent’anni di buona educazione, ma completamente fuori di testa. Non uno da manicomio (anche se non ce n’erano più dopo la legge Basaglia dell’anno prima).Del tutto innocuo, se ne andava in giro per il quartiere parlando con se stesso e gesticolando (cosa che oggi sarebbe del tutto normale pensando che stia discutendo con qualcuno per mezzo degli auricolari). Anzi, in realtà non parlava proprio con se stesso, ma con i filosofi greci; discuteva animatamente con loro e raccontava episodi del tutto inventati a quanto pare, ma che lo isolavano dal resto del mondo. Viveva a casa con la madre che lo accudiva con una cura quasi esagerata ed era perciò sempre lindo e pinto.
Ora me lo trovavo davanti ed ero imbarazzatissima, non seppi dire altro che
“Ciao, che ci fai qui?”
“Sono entrato” rispose, più imbarazzato di me.
“Sì, lo vedo, anch’io sono entrata” sorridevo, ma non sapevo proprio come comportarmi
Lui era lì immobile e gigantesco rispetto a me, agghindata e truccata come una zoccoletta da bordello.
“Se ti va puoi farmi compagnia” gli dissi dopo quel minuto d’imbarazzo
Annuì timidamente e andò a sedersi sul divano che io regolarmente spolveravo per potermici masturbare comodamente senza insudiciarmi.
Mi accomodai vicino a lui e accavallai le gambe inguainate fin sopra il ginocchio da parigine bianche.
“Ti chiami Leandro vero?”
Annuì. Faticava a spiccicare una parola dato che in quel momento non si trovava davanti Platone o Anassagora, ma una troietta in minigonna e tacchi a spillo.
“Tu puoi chiamarmi Daniela, ti piace questo nome?”
Annuì ancora.
Notai che guardava insistentemente le mie cosce e che le sue mani tremavano. Avevo sentimenti in subbuglio, non sapevo nulla della malattia mentale, di come può reagire uno disturbato mentalmente ad una situazione del genere, già mi leggevo sul giornale del giorno dopo nei fatti di cronaca nera.
Ma il fatto è che quel ragazzo mi inteneriva perciò decisi di abbandonare le paure e seguire l’istinto, presi le sue mani con le mie e le portai lentamente sulle mie gambe.
“Sei sereno qui con me? Puoi toccarmi se vuoi non succede niente di brutto”
Le sue grandi mani restavano immobili e calde sulle mie cosce
“Puoi carezzarle se ti fa piacere, a me piace sicuramente” gli sorrisi, ma forse neanche se ne accorse perché teneva gli occhi bassi.
Le mani cominciarono a esplorare timidamente le mie cosce. Non le allargai per paura che si trovasse di colpo ad accarezzare quello che non avrebbe dovuto esserci. Ma forse, se aveva studiato bene la Grecia antica, sapeva del valore iniziatico che aveva l’omosessualità in quella civiltà.
“Posso chiederti che scuole hai fatto?” chiesi cercando di avviare una chiacchierata informale.
“Liceo classico” disse finalmente sottovoce alzando un po’ la testa e permettendomi di vedere da vicino i suoi occhi molto belli, nerissimi, con sopracciglia folte, solo che li sbatteva in continuazione.
“E non hai continuato?”
“No”
Cercai di sapere qualcosa di più di lui ma era una mia conversazione più che un dialogo, lui rispondeva solo a monosillabi. Chissà quale evento gli aveva stravolto così tanto la mente?
Nel frattempo, mentre lui carezzava in maniera impacciata le mie gambe io avevo poggiato la mia mano sulla sua gamba, carezzandola delicatamente.
“Ti dà fastidio se ti tocco così?”
“No, no, per niente”
“Senti Leandro, voglio chiederti una cosa importante, tu hai capito che non sono una ragazza vero?” il cuore mi batteva forte nell’incertezza della sua risposta e soprattutto di quella che poteva essere la sua reazione.
“Sì” rispose e, cosa più importante, non ritrasse la mano.
Pensai perciò di potermi addentrare di più nell’incognita assoluta della sua sessualità. Strusciai con la mano il suo sesso attraverso i pantaloni, lo carezzai con decisione, sentii che era in erezione
“Leandro se non ti piace quello che stiamo facendo fermami pure”
“No, mi piace”
“Lo hai mai fatto con qualcun altro?”
“No, mai” stava ansimando
“Rilassati, vedrai che sarà bello” così dicendo gli slacciai la cintura e gli sbottonai i pantaloni. La mia mano continuò a carezzare il suo sesso attraverso i boxer. Intanto cercavo di capire le sue reazioni. Era irrigidito e aveva socchiuso gli occhi. Mi avvicinai con la bocca e tirai giù lentamente i boxer. Il suo cazzo era in completa erezione, incappellato, non grandissimo, ma nodoso e odorava di buono.
Con movimenti leggeri della mano lentamente lo scappellai mentre con la lingua esploravo il suo prepuzio e poi la cappella. Infine lo avvolsi con le labbra e cominciai a succhiarlo e leccarlo. Sentivo il suo ansimare sempre più forte e dopo nemmeno trenta secondi sentii un fiotto poderoso di sperma inondarmi la bocca. Lo assaporai e lo inghiottii avidamente. Era dolciastro.
Immediatamente dopo si alzò e cominciò ad andare avanti e indietro nervosamente per la stanza blaterando cose incomprensibili (forse raccontava tutto ad Aristotele per chiedergli consiglio). Mi fece un po’ paura.
“Vieni qui Leandro, calmati, non è successo niente di brutto. E’ stato bello no?”
Si diresse verso di me velocemente e disse a raffica
“Voglio rifarlo, voglio rifarlo, voglio, sì voglio” o qualcosa di simile
(Hai capito che consigli Aristotele!)
“Certo tesoro, domani possiamo rifarlo”
“No, adesso voglio”
Cazzo aveva appena sborrato e già voleva rifarlo. Beh, pensai, ne capitano pochi così.
“Certo Leandro, anche io lo voglio”
Stavolta era in piedi davanti a me, maestoso, e io seduta sul divano accolsi di nuovo il suo cazzo nella mia bocca.
Durò di più, ma alla fine scaricò di nuovo tutto il suo sesso, represso per anni, sotto forma di calda e dolce sborra.
Subito dopo si ricompose in fretta e furia dicendo
“Devo andare via, devo andare via, devo andare via” e scappò di corsa
“Puoi tornare domani se vuoi” feci appena in tempo a dirgli mentre usciva.
Confesso che il giorno dopo mi aspettavo che venisse, ma non venne.
Me lo ritrovai davanti invece due giorni dopo.
“Facciamo di nuovo quella cosa con la bocca?” disse, quasi balbettando
“Si chiamano pompini quelli che ti ho fatto, Leandro, sì rifacciamolo, ti è piaciuto molto vero?”
Annuì, come al solito.
“Poi però posso insegnarti anche altre cose perfino più piacevoli, se ti va. Più piacevoli per te, ma anche per me”
Continuò ad annuire a testa bassa. Capivo che un po’ si vergognava di quello che facevamo ma che la sua voglia di farlo era più forte.
“Sai mi piacerebbe vederti nudo, ti va di spogliarti?”
Questa volta scosse la testa nervosamente in segno di negazione.
“Ok, non fa niente, non lo fare, apriti solo i pantaloni”. Io invece ero quasi nuda, avevo solo una guepière reggicalze e calze velate trasparenti.
Il pompino fu veloce e… dissetante. Poi gli chiesi di restare e sedersi sul divano con me. Si sedette e mi poggiò una mano su una coscia.
“Leandro hai mai baciato una donna? O comunque qualcuno? Intendo dire baciato sulla bocca”
Fece cenno di no, quasi sdegnosamente.
“Eppure è piacevole sai, dovresti provare, scommetto che ti piacerebbe. Puoi provare con me, posso insegnarti come si fa”
Mi avvicinai lentamente con la bocca verso la sua per vedere la reazione. Non si ritraeva. Poggiai le mie labbra sulle sue. Lui era immobile e irrigidito.
“Sai Leandro, se apri un po’ la bocca le nostre lingue possono toccarsi, ti piacerebbe?”
“Non lo so”
“Proviamo, dai”
Mi avvicinai di nuovo e con la lingua cercai di entrare nella sua bocca. Questa volta il contatto ci fu. Muovevo la lingua molto dolcemente per non spaventarlo e, poco a poco, si sciolse e rispose timidamente con la sua lingua. Decisi di non andare oltre.
Attraverso i pantaloni aperti intravidi, però, che la cosa lo aveva eccitato di nuovo. Infilai la mano e gli afferrai il cazzo segandolo lentamente. Era di marmo.
“Dai Leandro, adesso proviamo una cosa molto più piacevole del pompino, tirati giù i pantaloni, vieni dietro di me e poggiami il tuo membro fra le cosce”. Mi misi a cagnolina sul divano per lasciarglielo fare.
“Su poggialo, fammelo sentire fra le gambe”
Sentii finalmente il suo cazzo fra le gambe, le strinsi e cominciai a muovermi in un certo senso masturbandolo con le cosce. Sentii che ansimava.
“Ti piace?” gli chiesi
“Sì, molto”
“Adesso prova a fare questo” presi il suo membro da sotto e lo avvicinai al mio buchino “prova a spingere”.
Sentii che cercava di farlo ma in modo maldestro.
“Aspetta, ci metto una cremina per lubrificarlo” spalmai il lubrificante dentro di me e un po’ sulla sua cappella. Ero eccitatissima per quello che stavo facendo: lo stavo iniziando al sesso.
“Dai riprova” cercai di nuovo di guidarlo con la mano, ma niente, non ci riusciva proprio. Provai ancora per un paio di volte, una storia frustrante che durò minuti eterni. Stavo per rinunciare quando, quasi per magia, sentii che aveva preso la direzione giusta
“Oh sì, Leandro così, ora spingi forte”
Mi prese alla lettera. Entrò dentro tutto in un colpo. Urlai dal dolore.. Lui si fermò immediatamente.
“Ti ho fatto male?” mi chiese preoccupato
“No, no, non ti fermare, ora muoviti, mi piace molto, dai scopami, inculami” chissà se aveva mai sentito e capito quelle parole. Poco a poco gli stavo insegnando tutto il vocabolario del sesso.
“Forte Leandro, puoi farlo con forza, non avere paura di farmi male”
La sua intensità aumentò sempre più, fino a diventare quasi uno stupro, sentivo i suoi grugniti, sempre più intensi, fino a che esplose dentro di me con un fiume di sborra.
Mi si accasciò sopra con il suo corpo ingombrante carezzandomi il corpo; la sensazione era molto bella, mi aveva scopato come scopa uno che scopre di colpo il sesso, cioè furiosamente, ed ora mi regalava un momento di dolcezza.
Ero contenta di avergli fatto dimenticare, in quei momenti, tutti i filosofi greci che lo ossessionavano.
Sfilò da me il suo cazzo, incredibilmente ancora in semi-erezione, dopo circa dieci minuti, si alzò, e io con lui.
“Vuoi andare via? Puoi restare ancora se vuoi” gli dissi
“No, devo andare, devo andare a casa mia”
“Ok, ci rivediamo domani?”
“Sì, sì, domani”
Mi avvicinai a lui e lo baciai a lungo, ricambiata stavolta, mentre sentivo lo sperma colarmi fra le cosce.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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