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Margherita


di unodeidue
29.08.2022    |    2.590    |    0 8.0
"Che diamine, sono stata la ragazza di uno di vent'anni, figuriamoci se posso andare in giro con un ragazzino più piccolo di me! Lui, Ciccio voglio dire, ..."
Ancora due settimane, stavo pensando quel giorno, ancora due e saremmo tornate a casa.
Ero in spiaggia, a Bellaria, sotto l’ombrellone, e stavo pensando proprio a questo: ancora due settimane e sarei ritornata a Udine.

Avevo passato un mese, lì, un mese, tra metà luglio e metà agosto, schifosamente noioso, e schifosamente schifoso, pensavo. E dire che erano state bellissime, fino a metà agosto, le mie vacanze estive di quell’anno, con Marco, il ragazzo dell'altro bagno che veniva a prendermi e stavamo sempre insieme: andavamo alla spiaggia libera e facevamo il bagno lì, e poi tra le dune a fare l'amore.
Mi aveva portata anche a casa sua, quando i suoi non c'erano; mi aveva detto che sarei stata la sua ragazza per tutta l'estate e anche dopo, e io, stupida, gli avevo creduto.

Un bel ragazzo, molto più grande di me, più di vent'anni, io ne ho solo quindici, figuriamoci, e lui sembrava uno dei figaccioni che piacciono molto alle donne, e alle ragazzine ingenue e cretine come me: era stato il mio ragazzo per un mese intero e io mi sentivo invidiata da tutte le ragazze della compagnia e invece ... invece, da un giorno all'altro, senza dirmi niente, era scomparso.

“Come, non lo sai?”, mi dicevano quegli stronzi dei suoi amici. “Se n'è andato in Costa Azzurra, per tutto agosto resterà lì con la sua fidanzata; non ti ha detto che è fidanzato in casa, da un paio d’anni? ma non t'ha detto niente?
Proprio un bastardo, Marco!” e lo dicevano con un sorrisetto, non capivo se di commiserazione per la ragazzina cretina che gli aveva creduto, oppure di invidia per il bastardo, capace di mentire senza pudore, e di spupacchiarsi la quindicenne bona e cretina, o per tutt'e due le cose, insieme.

Gli avevo dato tutto, a Marco, ma proprio tutto, a quel bastardo: mi aveva goduto da tutte le parti, di sopra e di sotto, davanti e di dietro, senza ritegno: “sei la mia ragazza”, diceva, “quindi possiamo fare tutto quello che ci piace, e piace anche a te, vero?”

Certo che mi piace, brutto porco bastardo che non sei altro, ma c'è modo e modo di approfittare di una più giovane di te, e il tuo è stato davvero un modo porco; per non parlare della figura di emme che ho fatto con mia madre:
“Come mai non viene più Marco? Non vi vedete più? Già finito, il vostro grande amore?”

Per un po' avevo risposto alzando le spalle, facendo finta di niente, poi alla fine gliel'ho detto:
“Ci siamo lasciati e basta, non voglio più vederlo; e comunque lui è andato via”.

Ed è vero, proprio vero, non voglio più vederlo, quel porco maledetto e bastardo.

E intanto ero lì, a contare i giorni che mancavano alle mie cose, ci mancava solo quello.

E a contare i giorni che mancavano al ritorno a casa: a questo stavo pensando anche quel mattino di metà agosto.

Ciccio, dall'ombrellone a fianco, continuava a guardarmi e a fissare le mie tette: invece degli occhi, mi sembrava che avesse due raggi laser.
Ti bucano il reggiseno, quegli occhi, e ti entrano nel corpo, i suoi sguardi: sempre a guardare, sempre a guardare lì, le tette, ma non si stanca mai di guardarle? Forse le vuole imparare a memoria, per eccitarsi quando si fa le seghe la sera a casa, così pensavo io.

Quel mattino c'era con lui anche Vittorio, un bel ragazzo, della mia età, serio, riservato, parla sempre pochissimo, anche al bar di pomeriggio, quando ci vediamo con tutti i ragazzi e le ragazze che passano l'estate, come me, a Bellaria.

Ad un tratto Ciccio mi chiamò:
“Margherita, ti va di fare una passeggiata lungo la spiaggia con me e Vittorio? Poi facciamo anche il bagno, lì sulla spiaggia libera; se ti va, vieni con noi, e ci facciamo compagnia”.
“Sì, vai Margherita”, intervenne mia madre, “vai, che ti fa bene camminare e chiacchierare, invece di startene qui tutta sola, in silenzio, a intristire”.

“Va bene” risposi io, alzandomi; ci andavo perché c'era Vittorio, che mi piace proprio come ragazzo; Ciccio non è brutto, ma è davvero troppo piccolo, per me. Che diamine, sono stata la ragazza di uno di vent'anni, figuriamoci se posso andare in giro con un ragazzino più piccolo di me!

Lui, Ciccio voglio dire, era tutto gasato; fingeva di prendermi per mano, poi la toglieva, saltava sul bagnasciuga schizzandomi, poi mi chiedeva scusa e mi asciugava le caviglie e i polpacci che aveva bagnato; poi mi sporcava con la sabbia asciutta e di nuovo mi ripuliva le gambe e me le asciugava e per asciugarle me le risporcava; insomma Ciccio era proprio divertente, dai.
Ad un tratto mi chiese: “ma non ti vedi più con Marco? Meno male“ aggiunse poi, prima che io rispondessi, “così almeno puoi stare con noi”.
“No, è andato via, quel porco bastardo”.
“Che parole!” intervenne Vittorio “ma se eravate sempre insieme, prima!”.
“Lascia perdere, Vittorio; forse sono stata io una stupida a credere che uno così grande potesse perder tempo con una ragazzina come me; mi ha solo ingannata ed usata, nient'altro. Meno male davvero, come dice Ciccio, meno male che se n'è andato via, così almeno ho capito che non mi devo fidare di certa gente”.

Intanto ci eravamo avvicinati alla zona dove andavano le coppiette, tra le dune, a fare l'amore, e dove ero andata anche io con Marco.
“Non ci pensare, Margherita. Tu sei carina, piaci moltissimo a me e a Vittorio; è da tanto che ti vediamo, non ti perdiamo mai di vista, qui sulla spiaggia e al bar del centro, perché ci piaci molto, vero Vittorio?” e poco dopo aggiunse “è qui che ti abbiamo vista con lui” e additava esattamente il punto dove ci nascondevamo io e Marco.

“Qui una volta avete fatto di quelle robe, tu e lui! Dei numeri tremendi, vero, Vittorio?”
“Zitto, dai, mica siamo dei guardoni, noi!”, aggiungeva Vittorio.
Ma intanto mi sorridevano con simpatia; Ciccio mi stava accarezzando un braccio, mi diventava sempre più simpatico.

“Scusa, sai, se siamo così sinceri e spontanei, se ti diciamo tutto, ma siamo fatti così; di noi ti puoi fidare, stai tranquilla”.
“Insomma, mi avete visto qui, mentre limonavo con Marco? Mi avete vista qui, dimmelo tu, Vittorio, che mi sembri un ragazzo più serio, Ciccio si prende troppe confidenze con me”, ma intanto che parlavo così, fingevo di dargli uno schiaffetto, che poi diventava una carezza sul suo volto.
Ciccio mi prese la mano e me la baciò teneramente: “Scusa se mi permetto di dire certe cose, Margheritina bella, prometto che non lo faccio più” e ridevamo tutti e tre.

“Forse limonare non è il termine giusto” disse serio serio Vittorio; sembrava un'altra cosa, diciamo un altro numero”.
“Ah sì! E cosa ti sembrava, brutto spione?”.
“Ma che spione e spione! Passavamo di qui, perché di qua si va al nostro rifugio segreto” rispose per lui, Ciccio, e poi aggiunse: “Comunque non sembrava proprio limonare”.
“Ah no! E cosa ti sembrava, ragazzino scostumato e guardone? Cosa ne sai, tu?”.
“Boh, io sono troppo piccolo, per queste cose, ma a me sembrava piuttosto un'altra roba, non limonare, ma una cosa che si chiama .. aspetta, .. aspetta, che non mi viene in mente il nome giusto, ah .. ecco, ecco, sì, ci sono, è una parola che comincia con 'pom' e finisce con 'giuseppino', credo che si chiami così, no, 'pomgiuseppino' no, 'giuseppino' e basta, oppure comincia con pom ... mi sbaglio, sai sono piccolo io; ma non era giuseppino e basta e neanche pino” così rispondeva lui, finto serio, e scoppiavamo tutti e tre a ridere, come scemi.
“Sei proprio un ragazzaccio e non capisco, Vittorio, come fai ad andare in giro con uno così, tu che sei un ragazzo serio!”.
“Insomma, ci caschi sempre, Margherita! Vittorio si dà arie da persona seria, tutto per bene, ma quel giorno lui aveva in mano il telefonino, e sapessi che servizio fotografico t'ha fatto, il ragazzo serio che dici tu: roba hard, sai, mica storie, le ha anche stampate, quelle foto”, così mi diceva Ciccio.
“Non è vero, non gli credere” aggiunse Vittorio.

“Ecco, vedi questo è il nostro rifugio segreto” Ciccio mi stava indicando un capanno.
Eravamo arrivati al centro della palude, dietro la spiaggia, dove una siepe alta e gruppi di cespugli e di canne nascondevano un capanno da caccia.
Vittorio ha aperto, e siamo entrati nel capanno; Ciccio mi ha fatto sedere al tavolino, ha acceso una radiolina, ha cercato una musica gradevole, poi mi ha offerto un bicchiere di coca o una minerale, ma non avevo sete, insomma era tutto cerimonioso, come il maggiordomo di una casa signorile.
“Bello, qui” dissi io, stavo bene, con quei due ragazzi, mi davano gioia, e glielo dissi “siete proprio simpatici e carini, tutti e due”.
Intanto Ciccio aveva tirato fuori un registratore e un cd, un mix di successi americani e italiani, i pezzi più in voga quell’estate.

“Allora, mi fai vedere le foto che hai fatto?” chiesi a Vittorio.
“Non le ho più sul telefonino, ne ho stampata una, o forse due; magari le ho anche stracciate, non pensarci; è una storia brutta, la tua, e ormai è anche una storia finita, con quello lì, inutile stare a pensarci ancora, meglio pensare a noi, adesso” e si avvicinava con la sua faccia alla mia e accennava a voler ballare cheeck-to-cheeck con me.

“Meno male che è finita” diceva Ciccio, che intanto mi stava accarezzando dolcemente le spalle; non so cosa mi stesse succedendo, ma l'atmosfera, la musica, le carezze di Ciccio, il fatto che Vittorio mi piacesse proprio, insomma dopo un poco ci stavamo baciando sulla bocca, io e Vittorio, e intanto Ciccio non finiva di accarezzarmi; due mani fatate, calde ma non sudate, dolci, affettuose, intense, quel ragazzino, insomma era una gioia per la pelle e anche un piacere per il corpo; quando mi passava le sue mani sulla pelle mi sentivo bene, sentivo che gli piacevo, sentivo che a me piaceva quel tocco, mi sentivo bene.

Vittorio si era un attimo staccato, mi offriva una sigaretta, ma io non fumo, e intanto Ciccio mi chiese, dolcemente “posso baciarti anch'io?”
“Certo, Ciccio” gli risposi io, “certo che puoi”.
Un bacio bellissimo, che mi lasciò senza fiato, non mi accorsi nemmeno che mi stava toccando le tette, prima da sopra, poi da sotto il costume; d'un tratto mi staccai da lui, perché le bretelle del reggiseno stringevano troppo e mi facevano male, e lui, premuroso: “Scusa, forse non dovevo toccarti lì, ti ho fatto male?”.
“No, non è quello, è che mi stringe il costume e mi fa male”.
“Non preoccuparti, adesso te lo tolgo io” e me lo sfilava e intanto toccava stringeva baciava pizzicava i capezzoli, insomma un'autentica tempesta di dolcezza e di sensualità.

“Accipicchia, ma quante mani hai, Ciccio?”.
“Tante, ma è per abbracciarti meglio, disse la nonnina di cappuccetto rosso” e intanto mi baciava e mi leccava il seno.
“E che lingua lunga hai”?
“E' per leccarti meglio, disse la nonnina; ma adesso ti faccio una cosina che la nonnina non sapeva fare e comunque non c'è nella favola di cappuccetto rosso”.

Si abbassò e cominciò a leccarmi la pancia e poi, scostando il costume, anche più sotto, sempre più sotto, e – devo confessarlo – mi piaceva molto, era proprio bravo con la lingua.
“Oh Vittorio” sospiravo “ma dove sei? Non vedi cosa mi sta facendo”?
“Mi sembra che se la cavi benissimo, non ha bisogno di aiuto e forse nemmeno tu”; si era avvicinato e mi stava toccando il sedere, con le mani nel costume.

Insomma, dopo nemmeno dieci minuti che eravamo lì, mi ritrovai in una tempesta di sensualità, desideravo davvero fare l’amore, e loro più di me; allora Ciccio uscì fuori dal capanno e ritornò con in mano un fiorellino giallo,
“Ecco – mi disse – ecco Margheritina bella, fingi che questa sia una margherita, una margherita come te, è gialla, lo so, ma fa lo stesso, e sfogliala un petalo alla volta, e ogni petalo devi dire “amo Ciccio” e quello dopo “amo Vittorio”, e così decidi con chi fai l’amore adesso”.

“Ma dai, Ciccio..” provai a resistere, senza troppa convinzione, e intanto staccavo i petali “e adesso non mi ricordo più chi era l’ultimo petalo”.
“Va bene” disse Vittorio “è chiaro che ci vuoi tutti e due”.

Insomma, ho fatto l'amore con tutti e due, uno alla volta e poi insieme, e poi ancora uno alla volta e poi ancora insieme, e poi ancora, e poi ancora; insomma quei due ragazzini ci sapevano fare molto di più di Marco, che pensava solo a godere lui; quei due si preoccupavano molto di più di me e del mio piacere, che del loro.

“Oh, perché te ne vai?” dicevo a Vittorio, mentre lui usciva ed ero in pieno orgasmo.
“Aspetta, scusami, ma sto venendo” rispondeva lui.
“Oh, scusami tu, peccato però” dicevo io, allora Ciccio staccava le mani dal mio sedere e mi prendeva lui, più piccolo di Vittorio, ma sempre affettuoso, sensuale ed eccitato.

“Ragazzi, siete favolosi”.
“Anche tu, Margherita”, mi diceva Ciccio, mentre mi prendeva, sempre dolce, sempre scatenato, con le mani e la bocca ed il resto, mai fermo, un autentico vulcano in eruzione e in erezione.

“Stai attento, non venire dentro”, gli dicevo.
“Ma certo, ma per chi mi hai preso?” ed anche con lui ci fu un orgasmo.

Quando ci siamo stancati, venne il momento della tenerezza, tutti e tre abbracciati sul pagliericcio, ansimanti, bagnati di sudore, ed anche un po’ sporchi, ma felici, e con le continue carezze di Ciccio e i baci e abbracci di tutti e due, così appassionati ed appassionanti; non mi vergogno a dirlo, mi avevano fatto provare tre orgasmi in meno di un'ora, e ne avevo ancora voglia.

“Margherita, ti amiamo” mi disse ad un tratto Ciccio “questa è una dichiarazione ufficiale: io e Vittorio ti amiamo, vero Vittorio?” e lui annuiva “e ti chiediamo di diventare la nostra ragazza fissa, per il resto dell'estate, se tu ci stai”.

“Vostra ragazza? E cosa vuol dire? Siete in due, non uno solo!”.
“Certo” rispondeva lui serio serio, ma intanto i suoi occhi, come fessure, mi sorridevano di felicità, “vuol dire che usciamo insieme, stiamo sulla spiaggia insieme, facciamo il bagno insieme, andiamo al bar insieme e la sera, quando i nostri ci lasciano, andiamo al cinema insieme, mangiamo la pizza insieme e, quando lo vuoi anche tu, facciamo l'amore insieme. Non vogliamo più stare con nessun'altra ragazza, vogliamo solo te, solo la nostra dolce Margherita”.

“Caspita” dissi io “ma è proprio una dichiarazione in piena regola!”.
“Sì” aggiunse Vittorio che si era alzato e aveva preso delle carte dal tavolo “e comunque, quale che sia la tua risposta, noi queste due foto qui le stracciamo, perché ci dà fastidio vederle”.
Non potevo vederle bene, data la distanza e la poca luce, ma mi sembrò di capire che erano le foto che mi aveva fatto mentre facevo quelle cose con Marco.

“Allora, cosa ne pensi?” chiedeva Ciccio.
Ed io gli risposi: ”Sul serio, ragazzi, è una pazzia, è una pazzia e lo sapete anche voi, ma come si fa a essere la ragazza fissa di due ragazzi e non di uno solo? È una pazzia, davvero, ma come fate a pensare che una possa mettersi insieme con due ragazzi contemporaneamente?”

”E però devo dirvi un’altra cosa, devo dirvi che mi dispiace molto, mi dispiace davvero molto: ma perché questa pazzia me la proponete solo adesso, perché così tardi, perché non me l’avete proposta prima? Io tra quindici giorni tornerò a casa, e mi dispiace che questa pazzia non me l'abbiate chiesta prima, peccato che non me l’abbiate chiesta un mese fa, questa pazzia”.
“Insomma, questa pazzia io la accetto con gioia, sarò la vostra ragazza, la fidanzatina di Ciccio” lo baciai sulla bocca e gli diedi una carezzina sul pisello “e la fidanzatina di Vittorio.” e diedi a lui lo stesso bacio e la stessa carezzina.

I giorni di quelle vacanze, tra ferragosto e i primi di settembre, io li ricorderò finché campo: mi hanno ricompensato di tutte le tristezze e le delusioni dei giorni prima.

D’accordo, facevamo sesso, ma non solo quello; facevamo coppia fissa tutto il giorno, all'ombrellone, in giro per la spiaggia, al bar nel pomeriggio, in giro per il paese, noi tre soli oppure in compagnia con gli altri della nostra banda; facevamo coppia fissa (ma si può dire coppia, quando si è in tre?) sempre a parlare, a ridere, a scherzare ma anche a raccontarci le cose; facevamo coppia fissa, solo che non eravamo una coppia, eravamo un terzetto.

E poi i giochi di sesso, sesso stupendo con quei due, come non avevo mai provato prima, come non ho mai più provato dopo; avevo già fatto sesso con Marco, più di una volta, e da tutte le prati, ma quel porco non era capace e quando mi aveva preso di dietro mi aveva fatto solo un gran male, e basta e dopo, non solo a me, anche a lui, il coso gli bruciava, stupido porco incapace.
Invece con Ciccio e Vittorio non ho sentito dolore nemmeno lì, perché loro due, ma soprattutto Ciccio, bravissimo come sempre, mi avevano toccato baciato leccato bagnato di saliva ed eccitato, tanto che alla fine desideravo farlo io più di loro.

Ed era solo e sempre un grande piacere, mai dolore, un piacere intenso, che mi partiva dal ventre, saliva allo stomaco, la schiena, le spalle, la nuca, la testa.
Vittorio e Ciccio, infaticabili, toccavano lisciavano stringevano pizzicavano dolcemente, accarezzavano e ancora e ancora e ancora, un piacere che cominciava davanti e continuava dietro, sopra, sotto, tutto il corpo e il cuore: ogni volta, orgasmi a ripetizione.

Comunque non solo sesso; ci furono anche i giorni in cui ero indisposta (per fortuna, aggiungo) e nonostante l'astinenza, anche in quei giorni furono carini, affettuosi, intimamente solidali con il mio mal di pancia; le carezze di Ciccio, i baci di Vittorio, le loro bonarie prese in giro furono il mio conforto e consolazione.

È da tanto che non li vedo più, né Ciccio, né Vittorio; c'eravamo scritti qualche mail, i primi tempi, poi le cose di tutti i giorni, la scuola, le nuove storie, non solo le mie, anche Vittorio mi aveva detto che si era fatto la ragazza, ci avevano distratto.
Per di più, l'anno successivo i miei decisero di andare in Sicilia e quindi niente più Bellaria, niente più Ciccio, l'amatore, niente più Vittorio, il trapano Black & Decker, come lo chiamavamo, nulla.
Però li ricordo ancora, nonostante siano passati diversi anni.

Ora ho un ragazzo, mio coetaneo, di venti anni, che non sa nulla di quell'estate e di quella storia di tanti anni fa, però le cose che mi ha insegnato Ciccio le sta apprezzando anche lui.
Non posso fare a meno di pensare che il merito delle soddisfazioni delle gioie e del piacere che sono capace di provare io e di dare, adesso a lui, forse per sempre, oppure un domani chissà a chi, il merito di tutto questo è di un bel ragazzo, mio coetaneo, di nome Vittorio, e di un ragazzino, più giovane di me, di nome Francesco, che noi chiamavamo Ciccio.
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