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Racconti di gioventù (5)


di Erfantino
23.06.2022    |    489    |    0 8.0
"Paola si affacciò alla porta del bagno e cercò i miei occhi per capire se aveva colto nel segno, e si beò della mia espressione estasiata..."
Trascorremmo tutto il pomeriggio al mare quasi senza scambiare una parola, con gli altri eravamo normali ma fra noi tre mantenevamo una specie di distanza. Ogni tanto incrociavo Mina, un bacio veloce poi ognuno tornava a starsene per conto proprio; quando la sera ritornammo a casa, durante il tragitto, insieme decidemmo di non vederci la mattina seguente, era meglio far depositare le emozioni sia per essere sicuri di aver voglia di stare insieme sia per evitare il chiacchiericcio degli amici. Un giorno divenne due, due una settimana finché una mattina mia madre venne a svegliarmi verso le 9: “C’è Mina al telefono”.
“Pronto?” dissi, la voce assonnata.
“Dormivi? Ma tu non studi? Dai, vieni a casa mia che facciamo colazione. Ah, portati i libri per i test d’ammissione all’università!” mi disse con quel tono che non ammetteva repliche.
Doccia veloce, barba, salto al bar per prendere due cornetti, tempo 15 minuti ero sotto casa sua. Mina abitava in un palazzotto antico elegantemente ristrutturato, suo padre e suo zio avevano ricavato da un antico palazzo nobiliare due appartamenti molto grandi e li avevano arredati con molto buon gusto.
Suonai al citofono e il portone d’ingresso scattò, entrai e salii la scalinata che portava agli appartamenti. Quando stavo per svoltare a sinistra verso la porta di Mina vidi aprirsi la porta a destra e lei sbucare fuori.
“Ciao” mi disse venendomi incontro e baciandomi in bocca, “hai fatto presto. Vieni, voglio farti conoscere una persona”. Mi prese per mano e mi condusse nell’appartamento degli zii.
“Cazzo” pensai, “è tornata la Madonna del maggiolone!!”
Mina aveva una cugina di tre anni più grande, Paola, bellissima quanto lei ma molto più spregiudicata ad usare la propria bellezza per arrivare dove voleva. Mentre Mina manteneva un profilo basso nel vestire, tendendo a nascondere le proprie forme e usando colori poco appariscente, Paola usava tutte le armi che aveva per far girare la testa ai maschietti che incrociava. Anche lei era alta, un bel seno, ventre piatto e culetto sodo, o almeno così la ricordavo al liceo, prima che lei partisse per fare l’università nella capitale. Il viso era perfetto, con due occhi di un azzurro intenso, che con i capelli neri ed un incarnato scuro le conferivano un’aria esotica che attirava gli sguardi e li catturava per sempre. Molto spesso era capitato, nei locali, che quando entrava lei tutti gli uomini si girassero per guardarla, scatenando le ire delle rispettive. Ma lei aveva altro per la testa, era cosciente della propria bellezza e della propria intelligenza, e sapeva che non le conveniva legarsi nel paesello, meglio puntare su un cavallo di razza di Roma. Noi amici la chiamavamo “la madonna del maggiolone” perché, appena compiuti i 18 anni, si fece regalare dal padre un vecchio Volkswagen maggiolone cabrio nero con gli interni bianchi col quale scorrazzava per il paese. Adesso era tornata a casa per le vacanze estive, allora!!
Mina mi prese per mano e mi condusse in cucina, dove una ragazza di schiena armeggiava con la macchinetta del caffè.
“Paola, lui è Erminio” disse.
Paola si girò, mi sorrise e si avvicinò per salutarmi.
“Pia.. piacere” balbettai, la salivazione azzera da tanta visione: anche se si era appena svegliata Paola era una strafiga, forse più bella di come la ricordavo, pur senza un filo di trucco, i capelli ravvivati con le mani, indossava una camicia maschile corta che non riusciva a nascondere un perizoma nero di pizzo, i due bottoni in alto sbottonati celavano un seno rotondo che sfidava la gravità, la pelle nuda delle gambe già abbronzate era liscia con un accenno di pelle d’oca, forse dovuta al fatto che non indossava le scarpe e i piedi nudi erano a contatto col marmo freddo del pavimento.
Anche lei mi squadrò e, rivolgendosi a Mina, fece un gesto di approvazione che fece strabordare il mio ego.
“Accomodati, preparo il caffè” disse tornando ad armeggiare con la macchinetta espresso. Ci sistemammo al tavolo alto della cucina, io a capotavola e le due ragazze ai lati. Durante la colazione parlammo del più e del meno, dell’università, del paese sempre uguale, del caldo di quei giorni finché, alzandosi per sparecchiare, mi passò alle spalle strusciando le tette sulla mia nuca.
“Mina mi ha raccontato molto di te, sei uno che si impegna per farla godere!”, disse, facendomi andare di traverso il caffè che stavo bevendo. Non sapevo quanto sapesse di me, Mina e Luca, per cui restai zitto aspettando che continuasse. La mia ragazza sorrise ma non si intromise.
“Sai, da piccola era ancora più monacale di adesso, se non l’avessi sbloccata io adesso avrebbe preso i voti” disse ridendo.
“Tu l’hai sbloccata?” chiesi divertito
“Si, una mattina, avrà avuto 15 anni, entrò in camera mia mentre mi masturbavo con un vibratore. Diventò rossa rossa, si scusò e scappò via. Io la rincorsi e la bloccai sulla porta, ti ricordi?” chiese.
“Si, un imbarazzo!!” confermò Mina.
“La riportai in camera mia, era imbarazzata ma era anche eccitata, non smetteva di guardarmi e di guardare il vibratore, finché le dissi “tieni, prova”. Lei aveva già toccato la sua patatina per darsi piacere, ma mai con un attrezzo così. Mi allagò il letto, sai?” mi disse.
“Come no, lo fa tutt’ora!” risposi ridendo.
“Ehi, la smettete di parlare come se non ci fossi?” si intromise Mina, ma si vedeva che non era arrabbiata.
“E sapessi come urlò quando le tolsi il vibratore e misi la lingua!!” confessò Paola. Ormai era senza freni, si divertiva a provocarmi, contando anche sulla complicità di Mina. Non sapevo se fosse seria o se stesse prendendomi in giro, ma il discorso mi aveva eccitato, un potente erezione rigonfiava l’interno del pantaloncino, e Paola se ne accorse.
“Scema” si difese Mina.
“E sapessi come fatico per convincerla a vestirsi da signorina e non da maschiaccio, ma non c’è verso…” continuò la cugina.
“Sono abiti comodi, questo è l’importante” confessò Mina, ma Paola era scatenata.
“Si, comodi per andare a scuola o stare in casa, ma se devi uscire col tuo ragazzo devi essere sexy, non deve vedere l’ora che finisca la serata per poterti togliere tutto e godere di quello che fino a quel momento ha desiderato” continuò Paola.
“Io la desidero anche con lo scafandro” la difesi, ma Paola continuò: “vedi, lo hai invitato a casa tua e ti sei fatta trovare con una maglietta larga e intimo normale, pur sapendo che in casa non ci sarebbe stato nessuno”
“Ma dovevamo studiare…” tentò di ribattere lei
“Studiare va bene, ma prima bisogna scaricare la pistola, sennò il maschietto, qua, non si concentra, continuerà a pensare alla patatina” disse, ridendo e ammiccandomi, Paola.
“Adesso” continuò “lesson n.1 di tecniche di seduzione for dummies. Andiamo in camera mia e ti provi qualcosa di carino”.
Ci trasferimmo tutti e tre nella stanza da letto di Paola, che era più grande del salone di casa mia, e aveva un bagno privato con doccia e vasca idromassaggio. Tirò fuori dalla cabina armadio un gran numero di completini intimi, vestiti, scarpe e si chiuse nel bagno con Mina. Mi accomodai su una poltrona in attesa che cominciasse lo spettacolo.
Dopo 5 minuti ne uscirono. Mina indossava un baby doll nero molto trasparente, i capezzoli a punta sembravano voler bucare la stoffa, e sotto si intravedeva un perizoma di pizzo nero, ai piedi delle scarpe aperte con un tacco medio. Fu emozionante, per me, vedere la mia ragazza per la prima volta come l’avevo sempre sognata. Paola si affacciò alla porta del bagno e cercò i miei occhi per capire se aveva colto nel segno, e si beò della mia espressione estasiata.
Richiamò Mina in bagno e la fece uscire con indosso un reggiseno a balconcino di pizzo azzurro e una mutandina molto sexy sempre azzurra. Il mio cazzo fece un balzo in avanti! Nonostante non usasse mai scarpe col tacco Mina era a proprio agio, camminava ancheggiando, le spalle dritte e la testa alta.
“Una fotomodella” dissi, e Paola annuì compiaciuta. Mina aveva una sensualità innata che questi accessori facevano esplodere.
“Non è della misura giusta, vedi che si vede un po’ l’aureola?” disse Paola toccandole il seno; e poi mettendo una mano sulla fica “e anche qui bisognerebbe fare una ceretta”. Mina non si scompose, evidentemente era abituata al contatto con le mani della cugina.
Rientrarono nel bagno e io ne approfittai per dare sollievo al mio uccello, da troppo ormai compresso nelle mutande, mettendolo nella gamba dei pantaloncini. Il rigonfiamento, adesso, era ben visibile. Le due cugine uscirono ancora in stanza con una nuova mise: Mina indossava un tubino nero molto corto, con una profonda scollatura resa ancora più conturbante dalla mancanza di reggiseno; come intimo si intuiva un tanga ed ai piedi aveva indossato delle scarpette con tacco basso e allacciatura alla schiava. Paola notò che un laccio della scarpa sinistra non era ben messo, per cui si piegò per aggiustarlo e mi mostrò il suo meraviglioso culetto. Lo so, avrei dovuto a quel punto uscire il cazzo davanti alle due cugine e ordinare “ADESSO SUCCHIATEMELO!” ma ero troppo innamorato di Mina per poter fare una cosa del genere. Altro piccolo defilé e rientrarono in bagno, quando ne uscirono Mina indossava un ampio vestito bianco a fiori con uno spacco vertiginoso e le spalle scoperte, sempre senza reggiseno e con un intimo di pizzo bianco che intravidi mentre faceva una piroetta.
“Mi porti a cena sabato? Come vuoi che mi vesta?” mi chiese Mina.
“Tu sei bellissima qualsiasi cosa indossi” ribattei
“Allora metto qualcosa di comodo per il dopocena” disse facendomi l’occhiolino, mandandomi ancora più in confusione.
“Dai, domani pomeriggio non prendere impegni ché ti porto dalla mia estetista” disse Paola rivolgendosi a Mina, “hai un appuntamento con un bel ragazzo e devi essere al top”.
Rientrarono in bagno per cambiarsi ed io ne approfittai per sgranchirmi le gambe, tutte e tre, e quando le due donne ne uscirono era giunta l’ora di andare a studiare. Paola ci accompagnò alla porta e, quando mi ricordai dello zaino, andai in cucina per prenderlo; Mina andò in casa sua mentre Paola mi attese alla porta. Stavo per andare quando lei mi si avvicinò per salutarmi con un bacio, strusciando le tette sul mio petto e sfiorando, non so quanto volontariamente, il mio uccello con la mano.
Entrai in casa di Mina e andai nella sua stanza, lei mi aspettava con un’aria accigliata.
“Ti piace Paola, eh?” mi chiese di botto
“Si, è una bella ragazza, ma tu sei meglio” risi tentando di difendermi
“Si, si, intanto non le toglievi gli occhi di dosso. Ho visto che ti sei eccitato, maiale”
“Scusa, che colpa ne ho se lo spettacolo era eccitante! Siete state voi a fare tutto!”
“Guarda che ho visto che le guardavi il seno e il culo”
“Si ma il tuo seno è più bello” tentai di dribblare.
“E scommetto che neanche le mutandine che indossava erano degne della tua attenzione”
“No” ammisi, “quelle erano bellissime”
“Stanno meglio a lei o a me?” chiese Mina togliendo la maglietta e mostrandomi il perizoma di pizzo che prima era indossato da Paola.
“Minchia che spettacolo!!” esclamai, prendendole una mano per farle fare una piroetta. Ammirai estasiato il suo culetto ben disegnato dall’intimo e dalla sapiente postura sulle punte che Mina aveva assunto. Anche il davanti, col vedo non vedo del pizzo, era eccitante.
Sbottonai la patta dei pantaloni e tirai fuori il cazzo.
“Adesso me lo succhi!” le ordinai.
Mina si inginocchiò ubbidiente e con un unico affondo ingoiò tutta la verga, umettandola di saliva; la manovra era stata eccessiva, la tirò fuori con un colpo di tosse e cominciò a massaggiarmi l’asta con brevi bacetti sulla punta; poi ingoiò di nuovo, questa volta senza soffocarsi, la tirò fuori e la riprese tutta in bocca, si allontanò e si riavvicinò. Le presi la testa fra le mani per guidare il movimento sul ritmo che più mi piaceva e lei approfittò delle mani libere per toccarsi la fica senza togliere le mutandine, che ben presto divennero fradicie.
Mi allontanai dalla sua bocca, continuando a masturbarmi vedendo lei che si masturbava, la sua espressione facciale quando stava per godere era uno spettacolo e finalmente venne, bagnando il pavimento di umori. Aspettai che finisse di gocciolare, la feci alzare, la gira e le feci appoggiare i gomiti sulla scrivania, le spostai le mutandine zuppe e con unico colpo di reni la penetrai. Allo “sciaff” del mio corpo contro le sue natiche lei reagì venendo ancora, un orgasmo diverso, questo, più intenso e anche più duraturo. Se si toccava la clitoride Mina veniva presto, squassandosi di umori, ma poi provava fastidio, quasi una corrente elettrica, per cui smetteva; se invece provava l’orgasmo vaginale il fastidio non arrivava mai, poteva continuare a godere per molto tempo, almeno finché resistevo io. La vista delle sue natiche aperte per accogliermi, con il filo della mutandina messa di lato, era il massimo dello spettacolo, le sganciai il reggiseno e lo buttai via, le sue tette erano sul piano della scrivania, le mie mani ai suoi fianchi davano il ritmo al dentro – fuori, il suo buchetto del culo era troppo invitante e, nonostante i suoi divieti, mi bagnai il pollice e glielo appoggiai lì. Lei, stranamente, non ebbe nessuna reazione, per cui glielo infilai delicatamente. Mina si prese le chiappe in mano e se le allargò, si aggiustò col bacino per far entrare meglio il dito e cominciò, lei!, a muoversi sulla scrivania, facendomi rimanere fermo. Il mio cazzo entrava ed usciva dalla fichetta fradicia, il mio pollice le allargava il buco e tutto ciò le stava piacendo!! Un altro orgasmo era in arrivo, cominciò a tremare ed a irrigidirsi e finalmente venne urlando di piacere. Cercai di trattenermi ma anche io ero sul punto di venire per cui mi sfilai e, con due colpi di mano, le venni sulla schiena. Mina cercò il mio cazzo pulsante con la mano e tentò di infilarselo su per il culo; le sollevai una gamba e presi a titillarle il clitoride; purtroppo il mio membro non aveva più la consistenza per allargare il buchetto ma quei pochi centimetri di cappella, uniti alle mie dita, le procurarono un altro orgasmo. Mi buttai sul suo letto, sudato e felice, mentre lei ripoggiò la gamba per terra ma rimase ansimante sulla scrivania. Quando entrambi fummo in grado di muoverci andammo in bagno per fare la doccia e Mina mi chiese “che dici, le mutandine di Paola le sciacquo o gliele ridò sporche dei miei e tuoi umori?”. Scoppiammo a ridere e facemmo una lunga doccia baciandoci e carezzandoci teneramente.
Le dissi “grazie per il bel regalo” e lei mi rispose: “Ma non era mica questa la ricompensa per ciò che hai fatto con Luca, quella la avrai sabato!”.
Cazzo, eravamo solo al mercoledì…
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