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Lui & Lei

L'anonima vicina.


di Membro VIP di Annunci69.it Sophos
18.05.2025    |    1.315    |    3 9.0
"“Prego Davide, accomodati, mi scuso per la confusione ma ci siamo trasferiti da poco e, come puoi ben vedere, tutto è ancora da organizzare, ma siamo..."
È l'alba di una mattina di primavera inoltrata e come spesso accade in questo periodo, sono comodamente seduto su una poltrona in vimini sulla veranda del mio appartamento al quinto piano e sorseggio il mio caffè ammirando l'infinita distesa di mare che riflette l'ancora pallido sole, indossando un paio di pantaloncini ed una t-shirt.
Una tapparella che si apre nella palazzina accanto attira la mia attenzione e, voltando lo sguardo in quella direzione, noto una donna intenta a stendere dei panni; non l’avevo mai vista prima, ma sapevo che quell' appartamento era stato acquistato da dei nuovi proprietari.
“Buongiorno” saluto quasi sottovoce data l'ora, sorridente.
“Buongiorno” risponde anch'ella a bassa voce, mostrando una espressione stranamente imbarazzata e scrutandomi attentamente.
Capelli ricci di un biondo scuro tirati su da una molletta, alta forse 1,70 m., probabilmente 50enne; indossa una vestaglia bianca di pesante cotone che le arriva alle caviglie e copre un pigiama rosa di pile con un disegno stilizzato di gatto sul petto, pantaloni neri e ciabatte rosse ai piedi.
Una donna, ai miei occhi, sicuramente anonima.
Dopo pochi minuti rientra in casa, facendomi un gesto di saluto con la testa, mentre io, con la mia sigaretta in mano, le auguro “buona giornata”, sempre col sorriso.
Il mattino seguente, alle prime scintillanti luci dell'alba e poco dopo essermi accomodato sulla mia poltrona col caffè in mano, l'anonima vicina esce sul balcone e si appresta a stendere sul filo d'acciaio un unico indumento: un elegante reggiseno di pizzo nero.
Oggi ha i capelli sciolti che le cadono sulle spalle, lunghi ricci che le incorniciano un viso evidentemente e sinceramente sorridente, con un filo di trucco ad abbellirlo. Indossa una vestaglia di seta nera semitrasparente che lascia ben intravedere una camicia da notte bianca, con pizzi ricamati nei punti giusti, che le arriva a metà coscia e delle eleganti ciabatte da camera, anch'esse bianche, con un po' di tacco.
“Buongiorno”, le dico sottovoce, “anche Lei abituata a svegliarsi presto?”.
“Buongiorno, si purtroppo. Mi piacerebbe molto sonnecchiare più a lungo, ma andando a dormire molto presto, a quest'ora sono già sveglia” mi risponde e aggiunge, con un malcelato imbarazzo, “mio marito è uscito di casa per lavoro già da un'oretta, rientrando solo a pranzo, e mio figlio, che frequenta l'università, torna a casa solo nei weekend”.
Le sorrido maliziosamente “quindi è tutta sola soletta per gran parte della giornata ad occuparsi della casa e di tutto ciò che serve alla famiglia”.
“Si è così. In verità ho anche lavorato come impiegata part-time fino all'anno scorso, ma poi la ditta è fallita; e adesso eccomi qui” dice, mentre appoggia le braccia sulla ringhiera sporgendosi in avanti quel tanto che basta perché la forma dei seni diventi ben visibile sotto la camicia da notte; i suoi turgidi capezzoli ne spingono con decisione il tessuto leggero “sola soletta come Lei ha detto”.
“Le auguro una lieta giornata, il lavoro chiama anche me, adesso” le dico guardandola intensamente “se Le è cosa gradita, potremmo continuare questa piacevole conversazione seduti davanti ad un caffè, un giorno di questi”, alzando la mia tazzina più in alto.
I nostri sguardi si legano, si abbracciano strettamente rivelando le più intime voglie.
Sorrisi silenziosi che rivelano tutto il nostro desiderio.
“Spero accada presto, buon lavoro a Lei e buona giornata”.
Si gira con grande lentezza, continuando ad osservarmi di sottecchi, e rientra in casa.
Durante la mattinata, intorno alle 10:00 circa, rientro a casa perché avevo dimenticato dei documenti sul tavolo della cucina. L'età comincia forse a farsi sentire tutta? Non trovando parcheggio in strada, decido di lasciare l'auto in garage per il tempo necessario. Nella corsia di manovra trovo una utilitaria con il cofano aperto e pieno di buste della spesa, ma nessuno nelle vicinanze; immaginando sia qualcuno dei condomini che sta facendo la spola tra l'auto e il vano ascensori per scaricare la spesa fatta, parcheggio la mia auto nel box.
Con la mano già sulla maniglia della porta antipanico che mi concede l'accesso all'ascensore della mia palazzina, scorgo di schiena la mia non più tanto anonima vicina intenta a prendere le buste dal cofano e avvicinandomi sorridente: “Buongiorno e ben ritrovata, posso darLe una mano? Sembrano pesanti, non vorrei che si affaticasse troppo”. Lei, forse sovrappensiero e distratta, dapprima trasale impaurita e poi, riconoscendomi: “Buongiorno, mi scusi per la reazione, ma non l'ho sentita arrivare. Comunque no grazie, non voglio disturbarLa. Pian pianino farò il trasbordo dal cofano all'ascensore con le sole mie forze, come sempre faccio”.
“Nessun disturbo, anzi insisto! Ma ad una condizione però, che da questo preciso istante” mi interrompo qualche istante guardandola con severità dritta negli occhi quasi a volerla intimorire “iniziamo a darci del tu, mi chiamo Davide” aprendomi in un sorriso che le regala subito sollievo. “Mi chiamo Anna, piacere!. E si, a questo punto accetto la tua insistenza nel volermi aiutare, grazie”, il suo viso si colora all'improvviso.
Mentre si muove per porgermi le sporte, a testa china e senza mai degnarmi di uno sguardo, la osservo con più attenzione; indossa larghi jeans sbiaditi, scarpe da tennis non più alla moda, un maglioncino nero sotto un piumino color giallo canarino e, per mio ancora più sommo dispiacere, una molletta enorme a tenerle sollevati i capelli. Perché? mi chiedo. Perché questa donna ha scelto di mostrarsi sciatta e anonima, pur possedendo il guizzo della seduzione come mi ha dimostrato stamattina?.
Avvicinate tutte le buste all'ascensore, le suggerisco: “Parcheggia l'auto nel box, ti aspetto qui, così ti aiuto a mettere tutto in ascensore per poi darti una mano anche a portarle in casa”. “Non è necessario, sei stato molto gentile Davide, ma davvero riesco a farlo da sola”. Il suo sguardo non dice le stesse parole, ne sono sicuro; c'è in lei una costante contraddizione che non comprendo, quasi abbia il timore che qualcuno possa scoprire i suoi più reconditi pensieri o, forse più esattamente, i suoi più nascosti desideri.
“Insisto ancora mia cara Anna, anche perché sei in debito con me di un buon caffè e voglio riscuotere questo debito” le dico con espressione decisa e sorriso malizioso.
La sua risposta è immediata, quasi non aspettasse altro che questa occasione: “D'accordo, parcheggio e andiamo su. Faccio presto” mi risponde sorridente; sembra che determinati miei atteggiamenti ed il mio basso timbro di voce facciano effetto su di lei.
Arrivati al piano, in attesa che Anna trovi le chiavi di casa nei meandri oscuri della sua borsa, svuoto l'ascensore e, dopo qualche secondo trascorso a lottare con la serratura, entriamo in casa lasciando la spesa all'ingresso.
“Prego Davide, accomodati, mi scuso per la confusione ma ci siamo trasferiti da poco e, come puoi ben vedere, tutto è ancora da organizzare, ma siamo riusciti a sistemare per intero la cucina, il bagno e la camera da letto, grazie anche all'aiuto di mio figlio nei fine settimana”.
“Non ti preoccupare, comprendo appieno le difficoltà di un trasloco. Ci si sente a casa propria soltanto dopo tanto tempo, quando sei riuscito veramente ad arredarla ed organizzarla”.
Mi conduce in cucina, si avvicina alla macchinetta del caffè e, con gesto volutamente lento, preme il tasto di accensione. Si volta e, cercando di reggere il mio sguardo, “siediti pure Davide, fai come fossi a casa tua” marcando con voce più limpida queste ultime parole, ”io, in attesa che la macchinetta del caffè si scaldi, vado un attimo di là” pronunciando queste ultime parole con una malcelata maliziosa espressione di gioia.
Fatto giusto qualche passo verso l'altra stanza, la mia mano afferra il suo polso e, con voce ferma e decisa, le dico: “Anna, se la tua intenzione è quella di metterti più comoda, come io credo e voglio che sia, gradirei indossassi la vestaglia nera di stamattina, un bel décolleté nero con tacco alto e null'altro. Ma, soprattutto, pretendo tu tolga quella molletta, lasciando liberi e fluenti i tuoi bellissimi capelli ricci”.
Mi guarda meravigliosamente stupita, sembra che i suoi occhi si siano accesi di una luce nuova, sento distintamente il suo battito cardiaco accelerato. Avvicino le mie labbra alla sua mano, sfiorandola appena: “ti aspetto qui, vai pure!”.
Tolgo la giacca, appoggiandola su un divanetto vicino al tavolo. Con lentezza mi spoglio di ogni indumento; pantaloni, scarpe, camicia, boxer e calzini finiscono a fare compagnia alla giacca. Solo la cravatta rimane slacciata sul mio petto nudo. Mi appoggio sul bordo del tavolo e rimango in attesa del suo ritorno in cucina, iniziando a massaggiare con cura e delicatezza il mio cazzo con la mano destra.
Trascorrono solo pochi minuti ed eccola rientrare. Capelli sciolti ad adonarle il viso, vestaglia nera semitrasparente a coprirle il corpo nudo, décolleté ad abbellirle caviglie sottili; donna sensuale ed intrigante.
Non si aspettava di trovarmi nudo o forse lo sperava, ma il suo viso si colora di un rossore vivo appena mi vede.
“Avvicinati a me Anna, lentamente”.
Si muove con passo sinuoso e felino colmando la poca distanza tra di noi fino a fermarsi dinanzi a me. La osservo e, finalmente, mi osserva senza imbarazzo e con grande desiderio, le si legge bene in viso.
Le mie mani sciolgono il fiocco della cintura aprendole la vestaglia, lei sorride.
Seni sodi di una abbondante 3^ misura, areole brune sormontate da capezzoli già svettanti, ventre leggermente sporgente con fianchi da femmina vera, una deliziosa striscia di peli sul monte di venere.
Con un gesto volutamente lento e guardando dritto nei suoi occhi, uso la mia cravatta per bendarla.
Le mie mani iniziano a cingerle i fianchi, attirandola a me. Le nostre labbra si incontrano, le nostre lingue iniziano a conoscersi in un bacio lungo, profondo e carico di desideri.
“Sentiti completamente libera, Anna. Fai pure come se fossi a casa mia”, ironizzo io.
La mia mano sulla spalla la spinge verso il basso; lei comprende e, dimostrandomi la sua profonda voglia, con piccoli baci umidi inizia un percorso sfiorando il collo, il petto, il ventre fino ad arrivare, accucciandosi sulle gambe, al cazzo.
“Profumo di maschio” mentre lo annusa a piene narici, “Duro e grosso” dopo averlo afferrato alla base ed iniziato a muoverlo con mano ferma e decisa.
“Prendilo Anna, sazia tutta la fame arretrata che hai” le dico mentre la sua guancia accarezza la cappella.
“Ne ho tanta di fame purtroppo e la trattengo da molto tempo ormai” mentre la sua bocca si spalanca, la lingua fuoriesce e metà del mio cazzo sparisce.
La mia vicina non è affatto nuova al pompino ben fatto; quello passionale, bagnato e profondo, lo vedo e soprattutto lo sento.
La ammiro dall'alto mentre la sua testa si muove avanti e indietro; la ascolto respirare con affanno mentre tenta di fagocitarlo tutto stringendolo ancora alla base con mano calda.
Le appoggio la mano destra sulla nuca, dita ben affondate tra i suoi meravigliosi ricci, e la spingo a me: “Tira fuori tutta la lingua e fatti scopare fino in gola, Anna”.
Lei allenta la morsa della sua mano, mi afferra i glutei con entrambe e si fa guidare dalla mia spinta; la sua saliva diventa sempre più densa, filamenti di essa fuoriescono dai lati della sua bocca spalancata.
Trascorsi alcuni minuti, libero il mio cazzo dalle sue fauci e l'aiuto a sollevarsi; sul pavimento scintillanti gocce di umori fuoriusciti dalla sua fica.
La posiziono a pecorina sul tavolo da pranzo, le sollevo la vestaglia sulla schiena; piego le mie ginocchia, afferro le sue chiappe dilatandole con decisione e inizio a leccarla dalla clitoride al buco del culo, suggendo e gustandomi ogni sua secrezione: “Profumo e sapore di femmina in calore, di troia che vuole farsi scopare per bene”.
Gemiti di piacere quasi urlati e piccoli brividi lungo tutto il suo corpo; vedo l'interno della sua vagina contrarsi, un meraviglioso spettacolo.
Allungando una mano, prendo il preservativo dalla tasca interna della giacca e vesto il mio cazzo. Lo punto tra le sue grandi labbra già ampiamente dilatate ed entro, tutto, fino in fondo.
“Si, scopami Davide, voglio essere la tua troia oggi, fammi godere, ne ho bisogno, sfondami”.
Calda, aperta, bagnata. La sua fica mi accoglie eccitandomi all'inverosimile; i suoi gemiti sempre più intensi mi esaltano.
Afferro con decisione le sue invitanti maniglie dell'amore e spingo più a fondo possibile a ritmo alternato, dapprima lento e profondo, immediatamente dopo veloce e diretto, per poi rallentare ancora.
Secerne una quantità di umori vaginali tale da poter dire che mi sta squirtando sul cazzo; me lo bagna così tanto da rendere scivoloso ogni affondo dentro di lei.
Vedo le sue mani afferrare i bordi del tavolo serrandosi sempre di più; il suo ventre ed i suoi seni scivolano leggermente su di esso, aiutati da un leggero sudore che le imperla anche parte della schiena.
“Sto venendo Davide, spingi, non fermarti, prendimi, voglio godere. Si, così, ancora! La tua troia ha la fica in fiamme, sento il calore in tutto il corpo fino ad invadermi il cervello. È bellissimo, mi piace”.
Dentro e fuori senza sosta, la voglio sentire urlare nel suo orgasmo più profondo.
“Si. Si. Si. Vengo! Godo. Godoo. Godooo”.
Un fiume di umori mi investe, bagna il mio inguine, si riversa sul pavimento creando un piccolo lago profumato.
Sono al limite anch'io. Uno, due, tre colpi ben assestati dentro di lei. Mi ritraggo, tiro via il preservativo e inizio a masturbarmi velocemente fino a schizzare il mio sperma sul suo culo e parte della schiena.
“Si, sporca la tua troia. Innaffia la tua vacca da monta col tuo piacere; calda e densa sborra di maschio dominante sul mio corpo nudo”.
La mia mano la sparge come fosse crema emolliente. Mi piego su di lei e le infilo due dita nella bocca ancora ansimante: “Assaggiami, gustami, nutriti di me!”.
Lei lecca, sugge, deglutisce e sorride felice.
Le tolgo la benda abbandonandola sul tavolo, la sollevo con delicatezza e, facendola ruotare verso di me, la bacio con lingua invadente e profonda.
Lunghi ed estasiati minuti di profondo piacere e passione in quel bacio.
“Sono quasi le 13:00 Anna, credo io debba andare via, giusto?”.
“Si purtroppo, mio marito rientra tra meno di un'ora. Mi rammarica soltanto una cosa”.
“Dimmi, cosa?”.
“Che non abbiamo bevuto il caffè”, col sorriso malizioso di una donna soddisfatta.
“Non rammaricarti di nulla, verrò a prenderlo nel pomeriggio, quando tuo marito tornerà a lavorare”.
Una risata in contemporanea ed un abbraccio appassionato.
Nei giorni seguenti numerosi sono stati i caffè non bevuti.
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