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Lui & Lei

Nel Nome del Piacere (capitolo 2)


di Candido1967
23.06.2017    |    4.585    |    0 9.4
"Con la totale consapevolezza che niente di più era possibile al di fuori di questo nostro spazio bisettimanale; ma già il solo fatto di poter conservare questo..."
Dopo quel primo incontro continuò con Alessandro un fitto scambio di scritti. E-mail quotidiane e messaggi sulla chat del Social sul quale ci eravamo conosciuti; ogni tanto, qualche telefonata per sentire le nostre voci. Alessandro mi diceva di avere impegni famigliari e quindi di potersi liberare di rado. Inoltre i circa settanta chilometri di distanza che ci separavano non favorivano il poterci incontrare frequentemente. Ma con il tempo incontrare Alessandro diventò una piacevole abitudine a cadenza bisettimanale. In quei mesi, contemporaneamente, frequentavo altri due uomini: Gabriele un quarantenne dolce ed educato ma che quando arrivava il momento di scopare amava il turpiloquio (cosa che, peraltro, a me eccitava molto): “fatti scopare cagna” o “troia ti piace farti sfondare la fica dal mio cazzo” erano la norma durante i nostri incontri ma, a parte questo particolare e la passione che ci metteva nel farmi godere, preferivo di gran lunga il cazzo di Alessandro. Vi era poi un professore universitario con venticinque anni in più dei miei. Lo avevo conosciuto a lezione quando frequentavano la facoltà di Farmacia a Bologna e si era diventati amanti. Ora, dopo diversi anni, si era nuovamente fatto vivo con richieste perverse e bizzarre che fui felicissima di potergli esaudire: amava farsi pisciare sulla sua testa calva per poi leccare avidamente tutto il liquido che colava sul suo viso; mi chiedeva di sculacciarlo con la mia spazzola per capelli od ancora di sedergli con le mie chiappe sul suo viso o di calpestarlo per poi finire ad infilargli i piedi in bocca che succhiava avidamente. Mi divertivo ma erano solo due o tre ore di delizia perversamente erotica; niente a che vedere con il rapporto che avevo instaurato con Alessandro. L’incontro con Alessandro era per me ogni volta un momento gradito con il sapore di un vero e proprio appuntamento che mi faceva piacere aspettare e per il quale mi preparavo meticolosamente pensando a cosa indossare, come truccarmi od acconciarmi i capelli per lui. Mi chiedo perché, a differenza degli altri due amanti di quel periodo con i quali mi ci divertivo a fare sesso e basta, lo aspettavo con tanto desiderio quel pomeriggio ogni due settimane con Alessandro. Che tipo di aspettativa mi ero creata? Perché ci mettevo tanta cura nel preparami ad ogni appuntamento con lui? Beh, sinceramente non ci vedevo altra aspettativa se non quella di stare piacevolmente in sua compagnia; non solo sesso ma la voglia di abbracciarlo e rincuorarlo ogni volta che i suoi rimorsi di coscienza od i suoi sensi di colpa si manifestavano dopo un orgasmo, la necessità di confrontarmi e di parlare con lui; la voglia di ballare nuda solo per lui o di sorprenderlo con ciò che ogni volta gli presentavo per ristorarlo dalle fatiche di una scopata (cioccolato fondente e rhum, succo di mirtillo e torta margherita, ed ogni altra combinazione inusuale potesse venirmi in mente per sorprenderlo). Con la totale consapevolezza che niente di più era possibile al di fuori di questo nostro spazio bisettimanale; ma già il solo fatto di poter conservare questo nostro momento di piacere era per me un qualcosa di nuovo e di diverso da tutti i rapporti avuti fino a prima di conoscerlo, dove era il sesso a farla da padrone. A differenza di tutti gli altri miei amanti Alessandro doveva essere provocato, stimolato e quasi invogliato a saltarmi addosso quando, completamente nuda, mi offrivo a lui. Ma, una volta riuscita a farlo cavalcare a briglia sciolta, mi scopava una, due, tre volte senza tregua lasciandomi, quando se ne andava, la fica in fiamme da quanto me l’aveva trivellata. Nelle soste, fra una chiavata e l’altra, i momenti che io definivo romantici ed ai quali, per la prima volta, mi ci ero affezionato quanto a quelli di passione pura.
Era un ottimo amante ma il suo appetito sessuale era meno vorace di quello che avevo sperimentato negli altri miei amanti. Pensai “se la fame non c’è od è poca va stuzzicata con qualcosa che riesca ad ingolosire il mio amante”. Avevo una “ricetta” per raffinati intenditori che avrebbe sicuramente stuzzicato anche il palato sessuale di Alessandro. Sarei stata la sua cagnetta perversa. Avevo giusto acquistato pochi giorni prima in un sexy shop di Milano un kit nel quale i pezzi forti erano un anal plug con attaccata una coda di cane in materiale acrilico di colore nero ed un colare in pelle rossa con un anello in ferro a cui agganciare un guinzaglio abbinato sempre in pelle rossa.
Gli avevo preannunciato qualcosa di speciale per quel pomeriggio ma quando Alessandro aprì la porta, che avevo lasciato socchiusa, e fu dento il mio appartamento restò stupito ed incredulo: indossavo calze autoreggenti nere, un reggiseno in pizzo lavorato che risaltava ancora più la voluttà dei miei seni già di per sé formosi, il tutto con una vestaglia trasparente in pizzo che mostrava ciò che serviva e nascondeva solo poche parti del mio corpo. Da dietro la vestaglia spuntava una lunga coda di pelo sintetico nero. Ad Alessandro non ci volle molto ad intuire come la coda fosse unita al mio corpo. Prima che pronunciasse una sola parola mi gettai su di lui e gli ficcai la lingua in bocca per iniziare con un bacio tutto sommato casto quale antipasto a quel pomeriggio particolare e pieno di portate peccaminose. “La tua cagnetta ha voglia di giocare con te Amore” gli dissi. Continuava a rimanere come paralizzato e senza dire parola. “Levami la vestaglia” gli suggerii “e fammi mettere a quattro zampe. Ammira il culo della tua cagnetta e gioca, se ti va, con la sua bella coda”. Alessandro ubbidii. “Lasciati andare, Alessandro, gioca con me; usa la fantasia e prenditi questo momento di piacere” lo esortai “In fondo anche i latini dicevano semel in anno licet insanire” e questa è la nostra pazzia, il nostro gioco una volta tanto. Sembrò più rilassato ed iniziò a prendere il gioco sul serio! Mi misi a quattro zampe. Gli indicai il collare sul mobile e gli dissi di allacciarmelo al collo. Poi prese il guinzaglio, lo allacciò all’anello di ferro del collare. “Porta a passeggio la tua cagna in calore e se incontrerà un bel cazzo si farà montare”. Andai dal soggiorno alla camera, lungo il corridoio, a quattro zampe con Alessandro che mi portava a passeggio con il guinzaglio. Poi dalla camera andai in cucina, percorrendo nuovamente la stretta stanza che separava la zona giorno da quella notte del mio appartamento. Una grande finestra si apriva a metà di quel passaggio; mi ero preoccupata di non chiudere e di non oscurare in modo che qualche vicino avrebbe potuto assistere a quella mia performance. In cucina avevo posizionato sul pavimento una ciottola con dell’acqua ed un’altra vuota. Pregai Alessandro di aprire la dispensa e di aprire una vaschetta con del cibo per cani. Lo avevo appositamente acquistato in un supermercato scegliendo quello di mio maggior gradimento: ve ne sono alcuni molto più gustosi di tante carne in scatola che a volte in estate mangiamo con dell’insalata! Versò il contenuto della vaschetta nella ciottola vuota ed io, sempre a quattro zampe al guinzaglio del mio padrone, inizia ad addentare quel cibo per cani. Dopo un paio di morsi lo sputai sul pavimento e con la lingua bevvi un paio di sorsate d’acqua. “La tua cagnetta è stata cattiva. Non ha mangiato il cibo che le hai dato. Devi punirla”. Gli indicai un frustino in pelle che avevo posizionato strategicamente sul ripiano della cucina. Alessandro lo prese e mi sferrò un paio di colpi sulla schiena. Ma la pressione dei colpi fu poco più di una carezza. “Con più forza, Alessandro! Colpisci con più forza sul culo o la tua cagnetta non ti ubbidirà”. Dopo un istante di esitazione assestò, finalmente, un paio di frustate che mi fecero gridare di dolore. Avevo la fica bagnata fradicia per l’eccitazione. “Spogliati Alessandro e continuiamo il gioco” gli ordinai. Mi slacciai il reggiseno e restai solo con le calze autoreggenti e la mia coda. “Ed ora porta ancora un po’ a passeggio la tua cagnetta indisciplinata in calore”. Mentre percorrevo nuovamente il corridoio a quattro zampe sentivo ora le mie mammelle penzolare ad ogni movimento ed il mio giocattolo sessuale che sosteneva la coda stimolare il mio orifizio anale procurandomi piacere. Alessandro mi camminava a fianco reggendo il guinzaglio; il suo cazzo, non ancora completamente duro, era enorme ed a pochi centimetri dal mio viso: che voglia di prenderlo in bocca e succhiarlo. Lo avvertii più determinato e meno nervoso ed impacciato non so se per una rassegnata decisione a recitare il ruolo che gli avevo assegnato o per un’accettazione serena a sperimentare il gioco erotico. Ritenni fosse giunto il momento di osare ancora di più e di mettere in scena il pezzo forte dell’intera farsa che mi ero inventata. A metà corridoio mi fermai, allargai le cosce il più possibile ed urinai sul pavimento bianco in marmo. “Che cagnetta disobbediente hai Alessandro. Sai come vanno punite le cagnette ribelli come me?” Alessandro mi guardò stupito senza rispondere. “Metti il muso di questa cagnetta nel suo piscio; poi picchiala dicendole di non farlo più”. Sentii la mano del mio amante padrone spingere sulla mia nuca. Il mio viso venne premuto sulla pozza di urina che bagnava il pavimento. Alessandro continuava a premere con decisione tanto che dovetti fargli un cenno per convincerlo a lasciare la presa e per non soffocare nella mia pipì! “Ora colpiscimi!” Prese il frustino e mi sferrò un paio di colpi decisi sulle natiche e sulla schiena. Gridai dal dolore ed avvertii che questa volta i colpi avevano lasciato il segno. Infatti Alessandro, con tono di voce preoccupato, mi disse “Scusa Lorenza, mi sono lasciato prendere la mano. Ti ho ferita” e subito allarmato mi chiese “Dove hai del disinfettante” Risi fra me di quella sua preoccupazione e realizzai di avergli assegnato una parte che non era assolutamente la sua. “Non preoccuparti delle mie ferite” gli dissi “e scopami non ne posso più. Ho la fica allagata dalla voglia di farmi sbattere dal tuo cazzone. Monta la tua cagnetta in calore Alessandro”. Mi inginocchiai e gli presi il cazzo in bocca per farglielo diventare duro. Appena lo sentii pronto mi rimisi a quattro zampe e gli porsi un morso in gomma. Alessandro mi mise la pallina in bocca ed allacciò il morso dietro la mia nuca. Poi lo sentii alle mie spalle. Spostò di lato la coda che mi penzolava fra le gambe, passò un dito sulla mia fica sentendola bagnatissima. Avvicinò il cazzo e lo fece scivolare dentro. Si fece strada fino a toccare con la punta l’utero. Poi iniziò a spingere ed a menare colpi senza pietà. Mi sentii spaccare la fica. Senza il morso avrei gridato per il piacere. Invece guaii gemiti soffocati e rantoli schiumando saliva come una cagna rabbiosa. Alessandro mi stappò con un movimento secco la coda lasciando il buco del mio culo dilatato. Continuò a scoparmi in fica senza sosta mentre io speravo, pur temendo la cosa, che sfilasse il suo mastodontico uccello dalla mia fessura anteriore per infilarlo nella mia apertura posteriore dilatata dal dildo che avevo tenuto in culo fino a quel momento. Ma lui continuò a montarmi in modo rabbioso, senza mai fermarsi un istante ed appoggiandosi interamente con il corpo sulla mia schiena, palpandomi le tette con entrambe le mani eccitatissimo. Ben presto l’estasi si fuse al tormento dovuto ai colpi ricevuti poco prima; Il corpo di Alessandro, incollato al mio, con la sua pressione riusciva a mitigare il dolore di quelle ferite. Il suo ciclopico cazzo che trivellava senza sosta la mia passera leniva ulteriormente la pena. Venni un paio di volte prima di sentire il mio amante emettere un grugnito ed il suo seme caldo colare nel profondo del mio ventre.
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