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Storia di Monica e Laura (L'incontro).


di Candido1967
30.08.2017    |    15.466    |    6 9.4
"Esitai un attimo e dissi “Pronto Laura, sono Monica..."
Mio marito morì in una piovosa mattina di aprile a poco più di sessant’anni. Rimasi vedova a 56 anni, avendo trascorso gli ultimi due anni della mia vita ad accudire e curare Antonio gravemente malato. Troppo giovane per chiudermi nel lutto; con ancora troppa voglia di vivere e scoprire per dire “è finita”. Gli ultimi due difficili anni avevano, se non altro, permesso di riallacciare un dialogo ed un rapporto con mio marito, ormai per me poco più che un estraneo con il quale convivevo per pura convenienza. La malattia lo aveva reso più vulnerabile, più fragile ed indifeso, impaurito della morte e, dunque, più umano. Ma anche questo riavvicinamento non era bastato per ricucire quel rapporto ormai gravemente lacerato da anni. Non provai alcun dolore alla sua morte; non piansi. Mi sentii invece all’improvviso libera. Libera di disporre del mio tempo e della mia vita come non mi era mai accaduto prima di allora. Mio figlio, Marco, ormai da cinque anni non viveva più con noi; non aveva mai sopportato suo padre ed alla prima occasione se ne andò di casa a convivere con la fidanzata. Anche per Marco la morte del padre non fu un grande dolore.
Ed ora che facevo di tutta quell’improvvisa libertà? Da dove partivo a vivere la mia nuova vita? Accesi il computer e mi dissi “partirò dal mio principale interesse ed amore: la letteratura”. Ben presto trovai un ciclo di incontri che si teneva il martedì sera presso la biblioteca della mia città, Rimini. Lettura e commento di brani di alcuni dei più importanti narratori italiani del Novecento. Quello di martedì venturo era già il quarto incontro, su Alberto Moravia autore che io avevo amato fin da ragazza. Ecco, la mia vita sarebbe ripartita da lì, da quel ciclo di incontri.
Per quella sera mi preparai un vecchio vestitino scuro di lino; erano ormai più di cinque anni che non lo indossavo ma, in quegl’anni, il mio fisico non era molto cambiato e mi andava ancora alla perfezione: lungo poco sotto alle ginocchia e con una scollatura non troppo provocante ma sufficiente a mostrare l’attacco del mio seno ancora florido e piacente. Lo avrei abbinato a collant neri e a scarpe con un tacco medio. Infine avrei completato con un girocollo ed orecchini di perle, una borsetta di velluto porpora ed un sottile velo di trucco che esaltasse il nero dei miei occhi ed il contorno delle mie labbra sottili.
Arrivai con venti minuti di anticipo e quando entrai nella sala vi erano solo poche persone. Mi scelsi un posto in seconda fila, ancora completamente vuota. Nell’attesa che l’incontro avesse inizio tirai fuori dalla mia borsetta “L’uomo che guarda”, uno dei romanzi di Moravia fra i miei preferiti, e mi accomodai sulla sedia leggendo qualche pagina a caso.
Ben presto si sedette accanto a me una giovane donna, sulla trentina. Notai subito la sua figura slanciata e snella, lunghe gambe fasciate da jeans stretti che ne risaltavano la perfezione, un maglioncino leggero che faceva intuire piccoli seni che quasi, con il capezzolo, volevo sbucare fuori. Un viso armonioso e nell’insieme molto gradevole: bionda con capelli corti, occhi brillanti di un casto chiaro, naso piccolo e labbra morbide. Ma quello che più mi colpì di lei, a prima vista, fu il sorriso che mi rivolse quando mi chiese se il posto era libero. Si accomodò ed iniziò a frugare nella sua borsa. Ne estrasse una penna ed un taccuino per prendere appunti. Poco dopo mi rivolse la parola: “E’ la prima volta che partecipa a questi incontri? Non l’avevo mai notata prima?”. Risposi che si, era la prima volta. Lei mi informò che prima dell’incontro su Moravia ve ne erano già stati tre: il primo su Pirandello, poi ne era seguito uno su Svevo ed infine un incontro su Italo Calvino.
Per tutto il tempo della conferenza prese appunti sul suo taccuino rivolgendomi, di tanto in tanto, uno sguardo ed un sorriso. Alla fine dell’incontro, prima di uscire dalla sala, mi salutò e mi chiese: “Ci sarà anche martedì prossimo?” Le risposi: “Si, penso proprio di si”. Lei esitò un istante poi proseguì “Piacere, il mio nome è Laura”. “Io mi chiamo Monica” risposi. “Bene Monica allora a martedì prossimo” ed uscì dalla sala senza nemmeno darmi il tempo di replicare.
Dopo quella serata mi ritrovai spesso a pensare a Laura; qualcosa in lei mi aveva affascinato e smaniavo per poterla nuovamente vedere. Non mi interessai nemmeno più di tanto di conoscere quale fosse l’autore di cui si parlava nel prossimo incontro. Sarei comunque tornata e, più che per ascoltare la conferenza, per rivedere Laura.
Mi preparai con ancora più cura della settimana precedente con la consapevolezza che lo stavo facendo, principalmente, per piacere a Laura. Arrivai, come mio solito, con notevole anticipo: la sala era quasi deserta. Mi guardai intorno; Laura ancora non c’era. Presi posto in seconda fila, nello stessa esatta poltrona in cui mi ero seduta la settimana precedente. Occupai con la borsa il posto accanto al mio. Era per Laura e non volevo che vi si sedesse nessun altro. Attesi impaziente il suo arrivo. La conferenza stava per iniziare quando la vidi spuntare dalla porta che dava ingresso sulla sala. Si diresse sicura verso me e come mi fu vicina mi rivolse il suo prezioso sorriso e mi disse” Buonasera Monica, credevo di non arrivare in tempo. Posso sedermi accanto a te?” Le risposi, felice di poterla rivedere “Certo ho tenuto il posto per te”. Aveva un vestito a fantasia con i colori verde e rosso predominanti e calze velate di un verde chiaro. Quando si sedette non potei fare a meno di guardarle nuovamente le gambe, così perfette. Tirò fuori dalla borsa un taccuino ed una penna per prendere appunti. Poi si voltò nuovamente verso me rivolgendomi uno dei suoi splendidi sorrisi. In ogni suo gesto vi era eleganza istintiva.
Alla fine dell’incontro Laura, diversamente dalla settimana scorsa, non se ne andò subito bensì si fermò a parlare con me: “Piacevole vero l’incontro di questa sera?”. “Molto, Laura” risposi. “Ma ancora più dovrebbe essere interessante l’incontro del prossimo martedì. Pier Paolo Pasolini è uno dei miei autori preferiti”. Confessai a Laura che avevo letto ben poco di Pasolini e che non conoscevo le sue opere. Mi guardò con un misto di stupore e di incredulità. Poi mi disse: “vieni uno di questi giorni a casa mia; ho molti libri di Pasolini. Posso prestartene qualcuno da leggere, se vuoi”. Quell’invito provocò un improvvisa accelerazione del mio battito cardiaco. Non capivo bene cosa mi stesse succedendo ma Laura aveva il potere di farmi sentire come una liceale che riceve il suo primo invito per uscire insieme ad un compagno di classe. Le risposi “Si certo, ci verrò volentieri”. “Ti lascio il mio numero di cellulare Monica. Chiamami quando vuoi e ci accorderemo per vederci”. Annotai quel numero nella rubrica del mio telefono. Laura continuò “Fammi uno squillo così mi rimarrà il tuo numero in memoria e lo registrerò fra i miei contatti”. Poi subito dopo aggiunse “Devo andare Monica. Chiamami, ok?”. La salutai rispondendole “Certo Laura, ti chiamerò”.
Per tutto il giorno seguente fui combattuta se richiamare subito Laura o meno. Avevo una gran desiderio di rivedere i suoi occhi, di sentire la sua presenza accanto a me. Ma ero titubante: davvero sarei andata a casa sua? E non era meglio aspettare qualche giorno per non farle capire la mia ansia e la mia impazienza di incontrarla nuovamente? A sera provai a comporre il numero di Laura più volte ma mi fermavo ogni volta a metà numero: che le avrei detto? Che non vedevo l’ora di rivederla? Alla fine rinunciai a chiamarla ed andai a letto. Ma non riuscivo a prendere sonno; mi rigirai per molto tempo sotto le lenzuola pensando a Laura prima che, finalmente, il sonno vincesse sui miei pensieri.
Il giorno dopo mi feci coraggio: composi senza stare troppo a pensarci il numero di cellulare di Laura ed attesi la risposta. Quando sentii rispondermi “Pronto” quasi mi mancò il fiato ed il coraggio di rispondere. Esitai un attimo e dissi “Pronto Laura, sono Monica. Come stai? Ti chiamavo per quei libri di Pasolini”. “Bene - disse Laura – perché non vieni questa sera da me così te li mostrerò e ti offrirò un caffè”. Mi spiegò dove abitava e mi diede appuntamento per il dopo cena.
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