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LA LISTA DEI DESIDERI


di Candido1967
22.11.2019    |    19.117    |    9 9.6
"Appena vi è riuscito fa passare il cappio nei polsi di Barbara e dopo averlo leggermente stretto, lo ferma con un paio di nodi..."
Nessuno a casa. Trovo un post-it attaccato allo sportello del frigo: “C’è dell’insalata di riso pronta. Io sono a cena con le ragazze del corso di Zumba”. Apro il frigorifero e scruto ma non ho fame. Decido di miscelare del gin con dell’angostura, qualche goccia di limone e ghiaccio fino all’orlo del tumbler; un drink old fashioned, fuori moda, fuori schema come me; qualcosa per dissetarmi in questa calda serata di fine estate. Barbara, mia moglie, non tornerà prima di mezzanotte. I bimbi, invece, sono al mare a casa di mio fratello a divertirsi con i cuginetti. Una serata tutta per me, solo in casa come raramente accade. Scelgo della musica, opto per il jazz contemporaneo di Flying Lotus, e mi siedo sul divano perdendomi nei miei pensieri. Mentre sorseggio il mio cocktail ghiacciato immagino El Floridita dell’Avana e mi raffiguro Hemingway seduto al bancone di questo storico locale a bere il suo daiquiri. Ecco un mio desiderio: poter assaporare un autentico daiquiri nel locale di Cuba in cui era solito andare uno dei mostri sacri della letteratura. Sentirmi per un’ora Hemingway e respirare l’atmosfera magica di quel bar e di quei tempi. Già, chissà se lo realizzerò mai questo mio desiderio! E quali altri vorrei concretizzare? Ho cinquantadue anni e spesso mi capita di pensare a quali cose vorrei fare almeno una volta nella vita prima che sia troppo tardi. Allora confusamente mi si affollano in mente una serie di voglie e di smanie, le più disparate e le più diverse, che io provo a rimettere in ordine stilando col pensiero una sorta di lista. Una lista dei desideri. Ma questa sera, a differenza di tutte le altre volte, ho tempo e possibilità di dare una forma scritta a questo elenco. E’ un gioco, un modo per passare il mio tempo, le mie ore di rara libertà. Ed allora prendo un foglio bianco, una penna e mi siedo al tavolo pronto a riempirlo di sogni e fantasie che vorrei realizzare. Dunque… vediamo un po’. E di getto scribacchio “vedere i grattacieli di New York”. Ho molto viaggiato nella mia vita, per lavoro o per diletto, ma mai ho messo piede nella Grande Mela. Una lacuna da colmare sicuramente. Un desiderio che vorrei realizzare al più presto. Ed al numero due della lista, cosa ci metto? Dato il mio amore per gli spettacoli con stupende donne non posso che favoleggiare una serata al Cabaret Tropicana de L’Avana od uno show a Parigi al Moulin Rouge od al Lido o, perché no, al Crazy Horse. Mentre traccio su carta questo secondo desiderio ho già in mente il terzo: cenare in un ristorante tre stelle Michelin. Per un gourmet quale sono, direi è un sogno più che legittimo voler realizzare. Poi un quarto ed un quinto desiderio si accavallano nella mia mente ma il mio immaginario, perennemente osceno e licenzioso, tira fuori un qualcosa che va scritto subito, prima di tutti gli altri che continuano a traversarmi per la testa. Così al quarto posto di quell’elenco scrivo con tratto deciso “Vorrei guardare mia moglie mentre scopa con un altro uomo”. Mi fermo un attimo. Dovrei riscrivere tutto e mettere questa mia fantasia al primo posto della lista? Squilla il cellulare. E’ Barbara che si premura abbia trovato tutto quel che mi occorre per la cena in frigo. Sentire la sua voce al telefono accende ancor di più la mia immaginazione. La rassicuro che non morirò di fame o di sete per quella sera. Ora, in effetti, il drink mi ha messo un poco di appetito. Decido di abbandonare il mio passatempo e di prepararmi qualcosa da mangiare. Continuerò la lista dopo cena od in un altro giorno. Ora meglio nasconderla. La infilo nel cassetto della mia scrivania personale, fra documenti della banca o bollette di utenze pagate o da pagare. Un cassetto dove nessuno ci deve mettere mai naso, né mia moglie né i miei figli, perché tutti sanno l’importanza che do a quegli incartamenti e che mi arrabbierei moltissimo se qualcuno me li toccasse o me li perdesse.
Sono passati circa un paio di mesi e della lista me ne sono completamente dimenticato. Un evento me l’ha fatta prepotentemente ricordare.
E’ venerdì sera, fine di una settimana lavorativa. Decido di tornarmene a casa un po’ prima per farmi una doccia. Barbara mi comunica che si tratterrà in ufficio ancora un’oretta per sbrigare un paio di incombenze. La avverto che giù, nello stabilimento, è rimasto Giancarlo. Gli altri operai hanno finito il loro turno e lui, capo turno, sta spegnendo i macchinari e pulendo il banco lavoro prima di andarsene, a sua volta, a casa. Sono circa vent’anni che ho avviato questa mia azienda di stampaggio di materie plastiche. Sono partito solo ed oggi ho oltre venti dipendenti che lavorano per me. Anche Barbara, dopo il nostro matrimonio, è venuta ad aiutarmi nella mia attività: le ho affidato la contabilità ed il suo ufficio è proprio di fronte al mio in una struttura metallica che sovrasta lo stabilimento di produzione e le cui finestre in vetro permettono di controllare tutto quello che accade lì sotto.
Quando sono nel piazzale dell’azienda non trovo le chiavi della mia auto. Eppure ero convinto di averle, come sempre, nello scomparto anteriore del mio borsello. Controllo anche nelle tasche dei pantaloni, ma niente. Devo averle per forza lasciate in ufficio, forse sopra la scrivania. Ritorno sui miei passi. Rientro in azienda, monto le scale, apro la porta e sono dentro. Ma non vi sono neppure sulla mia scrivania. Chiamo ad alta voce mia moglie. Non risponde. “Barbara” riprovo. Nulla. Controllo nel suo ufficio. Non c’è. Forse è in bagno? Non può essere uscita, l’avrei incrociata sulle scale o nel piazzale esterno. Ma noto che le chiavi della mia auto sono sulla scrivania di Barbara. Come possono essere arrivate fin lì? Le prendo e me le infilo in tasca. Ritorno nella mia stanza e mi affaccio alla finestra che guarda sullo stabilimento. Barbara è lì. La vedo di sotto, in piedi di fronte a Giancarlo.
La loro statura è pressoché identica ma le calzature che indossa Barbara, con qualche centimetro di tacco, la fanno sovrastare di mezza testa rispetto a Giancarlo. L’avevo trovata decisamente attraente poco prima seduta in ufficio alla sua scrivania. Indossava un maglioncino grigio di cashmere che seguiva affabilmente la curva dei seni; lo scollo a V lasciava intravedere l’attaccatura facendo intuire la morbida rotondità di quelle collinette. Portava pantaloni in cotone, verde oliva, abbastanza aderenti da far immaginare la perfezione delle sue lunghe gambe e da modellare graziosamente il suo sedere. Ai piedi calzava un paio di stivaletti non troppo alti e con quel giusto tacco per slanciare tutta la sua esile figura.
Stanno scambiando in modo scherzoso qualche parola. Barbara ride alle battute che Giancarlo le rivolge e piega la testa in modo civettuolo. Il vetro spesso che divide gli uffici dallo stabilimento non mi permette di sentire quello che si stanno dicendo. Ma all’improvviso li vedo abbracciarsi stretti. Mia moglie piega la testa in avanti avvicinando le sue labbra a quelle del capo turno. Le loro bocche dapprima si sfiorano in una danza di risate e stuzzicamenti poi si uniscono saldamente in un bacio profondo e lungo. Mentre le loro lingue si intrecciano i loro corpi sono sempre più saldati insieme e le loro mani cercano i punti più sensibili per una carezza che moltiplichi le sensazioni di per sé già sufficientemente vibranti di quel bacio. Barbara con una mano inizia a carezzare da sopra i pantaloni il pacco del mio operaio mentre lui ha infilato una delle sue nella scollatura del maglioncino e l’ha fatta scendere fino ai seni. Quando le loro bocche si staccano l’una dall’altra, anche l’abbraccio si allenta. Giancarlo contempla per un attimo Barbara, poi le sfila il maglione e prende a baciarle e mordicchiarle i seni. La sua lingua passa e ripassa su quelle collinette morbide ancora in parte coperte da un reggiseno turchese in pizzo. Solo dopo averglielo slacciato e lasciato cadere a terra, lui inizia a succhiarle avidamente i capezzoli provocando a Barbara un evidente piacere che io riesco a percepire dal suo corpo sussultante e dalla bocca semi aperta in gemito d’estasi. Sta godendo con il mio operaio, la troia!
Dovrei essere furioso. Scendere immediatamente giù nello stabilimento prendere a schiaffi il mio dipendente e licenziarlo immediatamente. Ed invece sono come ipnotizzato e terribilmente turbato da quello che sto vedendo. Sono in uno stato di assoluta eccitazione e, man mano che continuo a guardare, quella situazione stuzzica sempre più la mia immaginazione fino a provocarmi un’erezione ed un senso di calore fra le cosce. Avverto un forte formicolio alle palle, le mutande ed i pantaloni sono diventati in pochi secondi strettissimi. Mi sbottono.
Riprendono a baciarsi quando io ho già il mio cazzo gonfio in mano ed inizio a farlo scorrere avanti ed indietro, stringendolo forte, e giusto dopo un attimo di distrazione, quando riguardando nuovamente giù quel che accade nello stabilimento, vedo che Barbara si è accovacciata di fronte a Giancarlo e, calati pantaloni e slip, ha già il suo cazzo turgido in bocca. Spompina con foga ed ardore la zoccola e lui gradisce quelle sapienti labbra scorrere sul suo membro. Io continuo a segarmi eccitato e confuso. Lui le ha afferrato la testa fra le mani e la spinge contro il suo cazzo per farglielo inghiottire tutto fino in gola, dandole tregua e mollando la presa solo di tanto in tanto per farla respirare.
Non riesco a staccare gli occhi da quella scena stupito del fatto che sto provando veri e propri brividi di piacere nel guardare mia moglie spompinare il capo turno. E’ come se non riuscissi più a gestire le mie emozioni: avverto un misto di irritazione e inquietudine fusi con esaltazione pornografica e impulso a gridare a Giancarlo di scoparsi immediatamente quella troia di mia moglie. Ma non è l’ennesimo film porno che sto guardando. E’ una scena reale ed i protagonisti che stanno sconvolgendo ed eccitando a tal punto i miei sensi sono mia moglie ed il mio miglior operaio.
Ora ha completamente spogliato Barbara ed adagiata su di un banco da lavoro. Le chiappe di lei poggiano sul duro piano d’acciaio e le gambe posate sulle spalle di Giancarlo che si appresta ad entrarle dentro. Ha un tatuaggio colorato sopra il sesso, accuratamente depilato: rappresenta un rubino a forma di cuore. Dal modo in cui lui lo nota stupito e continua ad ammirarlo deduco che è la prima volta che vede mia moglie completamente nuda e che i suoi occhi si posano su quella parte così segreta ed intima del suo corpo.
Si scambiano parole ma il vetro spesso che separa gli uffici dallo stabilimento non mi permette di udire nulla di quello che si dicono. Non mi rimane che guardare e quello che vedo è un cazzo duro e massiccio sparire completamente dentro la fica di mia moglie e due mani rozze e vogliose tastare i seni morbidi e sensibili di Barbara. Inizia a sferrare colpi avanti ed indietro, sempre più forte, sempre più velocemente tanto che il corpo di lei è scosso completamente da quelle impressionanti bastonate di verga. La sua bocca semi aperta ed il suo viso in estasi mi fanno capire che apprezza moltissimo quale cazzo che entra per la prima volta dentro di lei. E’ decisamente di dimensioni maggiori del mio.
Mi rammarico solo del fatto di non poterli sentire godere. Gli stimoli uditivi amplificherebbe quelli visivi e porterebbero il mio stato di eccitazione a livelli parossistici. Mi accontenterò di poter continuare a spiare quell’amplesso muto.
Nel frattempo Giancarlo ha fatto inginocchiare Barbara su di uno sgabello davanti al banco da lavoro. Ora vedo mia moglie di spalle che mostra il suo splendido culo rotondo e sodo mentre il busto è le tette sono appoggiate sul piano d’acciaio. Le ha portato le braccia dietro la schiena con i palmi delle mani che si toccano. La tiene bloccata in questa posizione mentre prepara un cappio con una corda. Appena vi è riuscito fa passare il cappio nei polsi di Barbara e dopo averlo leggermente stretto, lo ferma con un paio di nodi. Mia moglie si ritrova immobilizzata in quella posizione, in completa balia del mio operaio che si piazza alle sue spalle e con un colpo deciso le entra in fica. Inizia a muoversi avanti ed indietro ritmicamente, sempre più rapidamente afferrando con una mano i polsi legati di Barbara e costringendola ad alzare il busto e la testa. Con l’altra mano ora le tira indietro la testa stringendole i cappelli ed ora le stringe le tette con forza. Lo vedo eccitatissimo dal fatto di potersi sbattere in quel modo la moglie del suo capo. Pronuncia qualche parola rivolta a lei. Non riesco ad udirla ma immagino le stia dando della troia dall’espressione rabbiosa con cui le inveisce contro.
Mi devo trattenere dall’impulso di non scendere immediatamente giù nello stabilimento per staccare Giancarlo da mia moglie e picchiarlo. O, arrivato lì accanto loro, lo inciterei, invece, a montarsi ancora più rudemente quella vacca di mia moglie. Sono sconvolto ed irritato ma al tempo stesso esaltato e stuzzicato. Sentimenti e sensazioni contrastanti si mischiano nella mia testa, mentre continuo a segarmi apprezzando quello spettacolo oscenamente reale.
Il capo turno ora sembra un animale fuori controllo: è tutto rosso in viso, ansima e mena colpi di verga nella passera di mia moglie con una foga tale che immagino Barbara sia sconquassata da quell’assalto. La costringe a tenere le gambe ben divaricate in modo da avere il sesso completamente aperto ed oscenamente esposto al suo cazzo e la testa sollevata afferrandola rozzamente per i capelli e continua a versarle addosso parole che immagino siano di una durezza pari a quella del suo modo di scopare. Lei è totalmente in sua balia: la vedo gridare e non so se di piacere o di dolore dato che i polsi mi sembra siano legati sempre più stretti. Mi pare quasi stia supplicando di smettere, di lasciarla andare, come pentita di essersi lasciata trascinare fino a quel punto e sorpresa dall’inaspettata brutalità e aggressività con cui lui la sta sbattendo e trattando. E’ una signora ed io l’ho sempre trattata da signora, anche quando si scopa forte; penso sia la prima volta che venga maltrattata da un uomo con tanta furia e durezza e, per di più, immagino insultata con epiteti offensivi quali “troia” o “puttana”.
La bestia ora sta per raggiungere il suo orgasmo; sfila il cazzo dalla fica di mia moglie, la afferra e la gira prepotentemente costringendola ad inchinarsi sul pavimento davanti a lui. Il volto di lei proprio davanti a quel membro arrogante e che sta per esplodere fino a quando schizzi e fluidi si espandono su tutto il bel viso di Barbara e lo riempiono di sborra calda ed appiccicosa. Contemporaneamente anch’io vengo in un fazzolettino di carta ma è soprattutto in testa che ho un orgasmo per tutto quello che ho visto e provato, per i sentimenti e le sensazione che tutto ciò mi ha provocato: ho un orgasmo celebrale ben più potente e dirompente di quello raggiunto nella zona pelvica del mio corpo.
L’animale ora soddisfatto sembra ormai privo di forze ed energie. Non parla e non si muove. Vedo mia moglie in lacrime fuggire via raccogliendo i suoi vestiti.
Io mi ricompongo in fretta, scendo le scale ed esco dalla porta posteriore prima di essere scoperto. Mi ritrovo nel piazzale. Accendo velocemente l’auto e mi allontano.
A casa sono ancora scombussolato e ripenso a Barbara provando ora solo tenerezza e compassione per lei. Immagino che sia stata lei a fare avances a quell’animale di Giancarlo e che questi abbia pensato di avere pieno potere e controllo su di lei e che una troia del genere che ha l’ardore di farsi scopare nella fabbrica del marito non appena questo alza i tacchi, non si meriti altro che essere sbattuta a quel modo senza alcuna pietà o tenerezza.
Quando lei rientra in casa le corro incontro e l’abbraccio forte, baciandola leggermente sulle labbra. Mi accorgo che è ancora sconvolta per quanto le è appena accaduto. “Hai tardato molto ad arrivare, avevi tanto arretrato da smaltire in ufficio?”. Mi accenna un sì con un leggero movimento del capo. Poi si libera dal mio abbraccio. “Scusami, sono stanca, ho bisogno di farmi una doccia”. Mentre lei si lava le preparo un drink e ne verso un po’ anche per me. Esce dal bagno con indosso l’accappatoio. Noto i polsi ancora segnati dalla corda ma non accenno a nulla. La faccio sedere in poltrona e le offro da bere. Mi sorride “E’ stata una giornata difficilissima, sai?” Mi avvicino a lei, le tendo le mani. Lei le afferra. La faccio alzare in piedi, le sfilo l’accappatoio e la bacio stringendola nuda a me. La vedo imbarazzata per via di quei segni sui polsi ma faccio finta di nulla. “Vieni andiamo in camera” le dico. Lei mi segue anche se forse controvoglia. Dopo quell’assalto subito da Giancarlo non credo abbia ancora desiderio di scopare. Ma io sì. Ho una brama irresistibile di lei. Sarò dolcissimo e la tratterò da vera signora qual è. La sdraio sul letto, mi spoglio, monto sopra di lei ed in poco sono dentro. Inizio a muovermi delicatamente, a baciarla ed a sussurrarle “Dimmi che mi ami, che ami solo me”. L’avverto rilassarsi e lasciarsi andare; mi risponde ansimando “Certo tesoro, amo solo te, tu sei il mio unico uomo”. Aumento il ritmo, la penetro a fondo ma l’eccitazione è tanta e le vengo dentro dopo pochi minuti. Lei non ha avuto alcun orgasmo ma sembra sollevata per quella mia rapida venuta. Mi abbraccia forte in silenzio. Quando mi lascio cadere al suo fianco, lei allunga un braccio ed apre il cassetto del suo comodino. Cerca un po’ e sfila una busta che mi consegna. “Cos’è, amore mio?” Mi sorride e mi risponde “Aprila”. Dentro ci trovo due biglietti aerei per New York. La guardo con fare interrogativo. Lei mi sorride e mi dice “Così oggi anche un tuo secondo desiderio l’ho soddisfatto, amore mio”.
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