Lui & Lei
La piscina


20.06.2025 |
2.959 |
6
"Rinfrescata e impigrita ritorno alla mia sdraio..."
Caldo.Le voglie crescono e la gente va in ferie.
Ci si spoglia a bordo piscina e volenti o nolenti si studia la concorrenza.
Ormai ho quell’età per cui non mi alzo dalla sdraio se non ho ha portata di mano il mio pareo per coprirmi.
Di fianco a me quintali di carne ad abbrustolirsi al sole.
Metri quadrati di pelle su cui fantasticare.
Che sia benedetto l’inventore degli occhiali da sole che permette di soffermarsi non visti sui dettagli più interessanti.
Faccio il solito gioco fra me e me.
Di quel padre di famiglia alle mie spalle prenderei la voce. Sta dicendo alla bambina “Se non la smetti di fare i capricci, ti sculaccio!” Subito parte la fantasia di me che pesto i piedi indispettita per avere la mia piccola e gradevole punizione, però dalle mani di quel ragazzo che sta tre ombrelloni più in là.
Ho visto come spalmava la crema sui fianchi della sua ragazza a mano aperta e piatta, un movimento regolare e sicuro, come il padrone che attraversa le sue proprietà e sosta brevemente per ricordarsi cosa avrebbe fatto di lì a poco proprio in quel punto.
E questa voce sexy l’avrei fatta uscire dalla bocca di quel tizio che era andato a prendersi un caffè al baracchino. Labbra carnose, ben disegnate, circondate da quel tipo di barbetta che se la metti nel posto giusto fa godere come non mai, rimanendo impregnata di quel profumo così appagante di fica felice. Il tizio in questione aveva soffiato per raffreddare il caffè, poi appoggiato le labbra al bordo e finito tutto in un sorso, si era passato la lingua sulle labbra. Molto sexy! Sperando ovviamente che non fosse uno di quelli che la lingua la usa come il cazzo, invadendo la bocca con una specie di bistecca salivosa secondo il principio “più entro, più gode”. Bisognerebbe mandarli a scuola di bacio e spiegare che se il cazzo serve per sfondare e approfittare di qualsiasi minimo attrito per portarti in paradiso, la lingua, invece, titilla, seduce, invita, provoca, bagna anche dove non passa. Con quel filo di saliva che si lascia dietro, la lingua è il pifferaio magico di tutti i sensi.
Non riesco a finire la mia riflessione che si materializza davanti a me il culo perfetto, rivestito da un costume boxer aderente il giusto. Il punto è che a sorreggere le chiappe ci vogliono le giuste cosce, muscolose ma non gonfie. Un altro dettaglio da non sottovalutare sono le natiche sode e tondeggianti che introducono dei bei fianchi solidi che si sfilano in una vita più stretta. Per un momento me lo immagino in piedi, chinato avanti di poco che si lascia calare il costume. Una mano sul pacco teso e l’altra mia mano che con delicatezza gli spinge un plug nel sedere sussurrandogli “Così hai un’idea più precisa del piacere che provo quando me lo sbatti nel culo.”
Ho quasi completato l’uomo perfetto, mi manca solo il busto che trovo qualche metro più in là. Appartiene ad un ragazzo. Ha i pettorali evidenti il giusto, sottolineati dal rilievo degli addominali. Per una volta sono grata della moda a vita bassa che mi permette di godere della vista di quella fantastica V che converge sul cazzo che pare notevole.
Sarà il caso che mi faccia un tuffo ora, tutti questi pensieri mi fanno sentire accaldata.
Arrivata al bordo della piscina, passo ad invidiare tutte queste donne figlie del pilates, con il trucco idrorepellente, sembra che i costumi glieli abbiano dipinti addosso: non stringono, non fanno pieghe, rivestono solo le curve vicine alla perfezione. E si sanno pure tuffare di testa, le stronze. Che invidia!
Intanto mi siedo con i piedi a mollo nell’acqua fresca, il seno abbondante si appoggia sulla pancia che nasconde la fica compressa fra le cosce, e faccio finta che non me ne importi. Cerco di captare un momento di distrazione di massa per scivolare in acqua.
Appena emergo vengo agganciata da uno sguardo attento, nero come la pece. Cerco di darmi un contegno, ben sapendo che i capelli bagnati attaccati disordinatamente al cranio fanno un effetto alga morta che certo non ispira torridi aperitivi.
Pazienza.
Rinfrescata e impigrita ritorno alla mia sdraio.
L’uomo perfetto l’ho già creato, scorro qualche messaggio, controllo i miei post su fb e ig, sempre le solite risposte e proposte corredate di santino con il cazzo in resta e decido che è meglio dedicarsi a una buona lettura, che tanto dal vivo, fra l’agguerrita concorrenza e gli uomini che non si mettono più in gioco, qui non succederà nulla.
Tre pagine e mi addormento con il libro in faccia sopraffatta dal caldo e dalla noia. Sono proprio il massimo dell’eleganza!
Spero di non avere le pieghe sul volto, questo è il mio unico pensiero mentre ordino un affogato al bar: che non mi si afflosci nemmeno un rotolino!
“Permette!” Una mano munita di bancomat mi doppia e paga. “Avrei puntato su uno spritz, ma con questo caldo la capisco, Eulalia.”
Sono agghiacciata, mi da del lei e conosce la mia seconda vita.
“Grazie.” La buona educazione prende il sopravvento mentre cerco di pensare a come cavarmela. Non l’ho ancora guardato in viso, ma appena lo faccio mi rendo conto che è l’uomo con gli occhi di brace.
“Non sono uno stalker, ma si dà il caso che ho sbirciato il suo telefono al momento giusto. E in un certo senso ci conosciamo già.”
“In che senso?” butto lì.
Sono fritta! Ma allo stesso tempo niente mi impedisce di rilevare che è un bel cinquantenne tonico, qualche tatuaggio sparso qua e là, mani curate e un accenno di erezione nel costume: molto interessante.
“Nel senso che sono uno di quei singoli ospitali, accanito lettore dei suoi racconti, meritevole di uno spazio nella sua agenda.” Si china e mi sussurra in un orecchio “Sono Sventrapapere70.” E scoppia in una risata contagiosa.
Cavolo, è quello che voleva fare lo spiritoso citando Benigni ma ammettiamolo, gli era venuto proprio male, mi ricordo però che nella chat era simpatico e educato e che lo avrei visto volentieri.
Sto ancora digerendo l’idea di incontro fortuito e non mi viene niente di meglio che: „Ma non ci davamo del tu?” senza contare il fatto che avevamo già una certa confidenza su alcuni temi specifici legati al mi piace/non mi piace.
“Si, è vero.” Risponde Renzo, mi è pure tornato in mente il nome. “Ci mettiamo un momento qui ai tavolini?”
Anche dal vivo è simpatico, ridendo e scherzando passa almeno un’ora e sono stata benissimo.
“Un bagno?” propone.
Acconsento subito, mi pare di stare con un vecchio amico.
Appena in ammollo i nostri corpi si toccano e in una frazione di secondo cambia qualcosa.
“Sto cercando di capire cosa ti renda così sensuale e tremendamente attraente rispetto alle altre donne. È vero che so cosa ti passa per la testa, ma credo che dipenda dal fatto che non vuoi piacere a tutti i costi, sei una donna da prendere o lasciare. E io voglio prendere.”
Le parole scivolano sulle increspature dell’acqua, affondano nei miei pressi e raggiungono il centro del desiderio.
Bel problema.
Piscina pubblica, ci sono anche conoscenti, senza tralasciare il fatto che mi scoccia un po’ ammettere che mi è salita una certa voglia.
Quindi glisso senza proferire parola e mi aspetto un invito per la serata a casa sua.
Ci rimettiamo al sole.
“Hai la schiena un po’ rossa. Ti metto la crema?”
Ma sì, perché no.
No, perché ha una presa sicura mentre spalma la crema, sale e scende lungo i miei fianchi come se non avesse fatto altro nella sua vita, non tralascia le braccia e nemmeno le gambe. Tutto molto professionale, tranne l’ultimo passaggio: una mano per gamba, parte da sotto a mano piatta, si infila sotto al costume direttamente sulle chiappe. Dura un istante, ma i suoi pollici sicuri come due missili telecomandati si infilano nella mia fica, per uscirne alla velocità della luce.
“Scusa, me l’hai servita su un piatto d’argento.” Dice con un sorriso finto innocente. Mi passa un pollice sotto al naso “È bagnato, ma non sa di cloro.”
Commento con un laconico: „Sei sveglio.” E mi rimetto a prendere il sole a pancia in giù per riflettere meglio sulla voglia di cazzo che mi divora, la voglia di quel cazzo a una spanna da me, ma in quel momento irraggiungibile come se fosse sulla luna.
Niente, non riesco a stare sdraiata, vado negli spogliatoi a fare una doccia, magari riesco a darmi un po’ di sollievo.
Mi infilo nell’ultima, quella che mi sembra più riservata, apro l’acqua, appoggio la schiena alle piastrelle, un piede sullo sgabello, e così mi accarezzo.
“E no, così non va, cara mia.”
Non posso rispondere, perché mi bacia e allo stesso tempo sostituisce le mie dita con il suo cazzo che affonda deciso.
“Non sono uno da sveltine, ma riconosco una signora in difficoltà.”
Rispondo una serie di si al ritmo delle sue stoccate, l’ultimo si prolunga in un soffio sull’onda di un orgasmo terapeutico assolutamente necessario.
Si sfila con calma a cazzo duro.
Devo avere gli occhi a cuoricino mentre lo guardo: l’uomo giusto al momento giusto.
Con le dita avvolgo quel palo di carne puntato ancora contro di me, è uno scettro solido e scivoloso sotto all’acqua tiepida.
Niente da fare, non mi lascia l’iniziativa.
Abbassa il mio costume dopo avermi girata faccia al muro, posiziona la mia gamba sullo sgabello e la sua mano piatta si fa un giro sulla mia fica piena di aspettativa: adoro la pecorina selvaggia.
Renzo però mi sorprende e con un colpo deciso mi sbatte la cappella in culo. Dolore e piacere si mischiano sotto l’acqua che scroscia e niente ferma più questo uccello di fuoco che a fine corsa sembra raggiunga il mio cervello.
Io non sono così, non posso godere come una pazza a farmi sodomizzare a ritmo costante in una doccia pubblica mentre è chiaro che c’è qualcuno nella doccia di fianco. Sono un animale da letto, da materasso morbido e intanto sono anche grata che mi abbia ficcato due dita nella bocca spalancata, almeno non posso gridare che mi sfondi di più.
Ci circondano effluvi di patchouli, per un attimo sono terrorizzata all’idea che la signora al di là del muro possa sentire e forse vedere cosa succede qui, che possa bearsi della visione di una donna a novanta montata senza riguardo, carne posseduta, aperta, carne da far da godere.
Sarà una di quelle stronze perfette che davanti a un cazzo si preoccupano del rossetto che sbava e magari per l’invidia si sgrilletta.
Fantasticherie, pensieri, tutto viene spazzato via dall’ultima stoccata che mi porta in paradiso andata e ritorno. Lo sento come viene spingendo dentro di me, come un palo che affonda senza ostacoli nella terra.
Immobili e sfiatati aspettiamo che finisca il tramestio nella doccia di fianco. Appena si sentono le ciabattine allontanarsi, Renzo si sfila, mi tira su il costume e mi guarda tutto sodisfatto.
Avrei ancora voglia di farmi inchiodare a un letto da lui; non subito, ma fra un quarto d’ora senza ombra di dubbio.
Mi porge la mano per farmi uscire dalla doccia.
“Devo trovare un pretesto per farti venire a casa mia oppure ti mando la posizione e ci vediamo lì fra mezz’ora?”
Divertita e arrogante dico solo: “Pretesto.”
“Ho un cavaturaccioli nuovo e non ho capito come funziona. Mi serve aiuto.”
Non so come, ma io ho capito “Ti piego sul banco della cucina e ti sbatto come se non ci fosse un domani.”
“Dammi la posizione.” Sono le uniche parole che posso dire e mi vedo già in posizione a gambe divaricate sul tavolo della cucina che premo la sua testa fra le mie cosce.
E adesso scusate, ma vado di fretta…
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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