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Lui & Lei

Una partita a scacchi con mia suocera


di Faber77
11.03.2024    |    12.230    |    5 10.0
"Sorrise, iniziò ad accarezzarmi l'uccello; mi rilassai per godere il momento..."
Maria era una donna triste. Aveva avuto una vita piena: tre figli, un marito, i genitori da accudire. Poi i figli se n'erano andati, ognuno per la sua strada, i genitori erano morti ed il marito si era ammalato... Una malattia devastante: da uomo bello, colto, intelligente e attivo, il maledetto morbo lo stava trasformando in un'ameba, incapace di nulla.
Maria per certi versi era ancora bella, nonostante l'età.
Non avevo mai fatto caso a lei, l'avevo sempre vista come la fastidiosa madre di mia moglie, niente di più.
Un giorno, mentre tutta la famiglia era riunita a pranzo a casa mia, qualcosa cambiò in me: lei era li, seduta al tavolo, sola irrimediabilmente sola, il sole le illuminava il viso, e quel sorriso forzato, che nascondeva un dolore profondo, aveva acceso in me un desiderio, improvviso e profondo: la voglia di doverla consolare.
Avevo deciso che in qualche modo sarei riuscito nel mio scopo: volevo fare le cose con calma, non avevo fretta, un passo alla volta, un gesto ogni tanto, volevo giocare la partita a scacchi che alla fine l'avrebbe portata a me.
Di lei mi avevano sempre rapito gli occhi, azzurri e profondi: certe volte sembravano dire quello che dalla bocca non sarebbe mai uscito, per pudore e correttezza morale.
Un giorno, su invito di mia moglie, andai a casa dei miei suoceri, Maria era particolarmente giù di morale, feci quello che dovevo fare, una consegna di qualcosa o un ritiro di cibo, non ricordo... prima di uscire le feci una carezza e la salutai. Alla mio gesto rimase leggermente interdetta.
Dopo qualche settimana la trovai per strada ci mettemmo a chiacchierare del più e del meno, ricambió la carezza...
Passarono i giorni nella normalità più totale, Ester (mia moglie) mi chiese di andare con una certa urgenza da sua madre, dato che aveva bisogno di un lavoretto in casa.
Maria venne ad aprirmi la porta, il marito era in soggiorno a sonnecchiare, ci guardammo a lungo negli occhi, i suoi erano carichi di tristezza e di desiderio; la baciai e ricambió. Furono pochi secondi, intensi e liberatori.
Ci ricomponemmo subito; entrambi portammo il nostro indice alla bocca, come per fissare il patto di segretezza su quanto appena avvenuto.
Mentre fissavo la mensola al muro Maria veniva a controllare i lavori, facendo la spola tra il soggiorno ed il corridoio, dove stavo lavorando. Tra un discorso ed un altro trovai il modo di farle sapere che il mercoledì ero spesso a casa in smart working; le suggerii di passare per il caffè di metà mattina.
Nonostante ce ne facessi un conto, il primo mercoledì passò senza ricevere alcuna visita.
Così pure il secondo.
Avevo ormai perso le speranze quando alle 10:30 del terzo mercoledì suonò il campanello. Pensando fosse il corriere, andai ad aprire, con mio stupore era invece Maria, mia suocera.
La invitai a sedere al tavolo, mentre preparavo il caffè. Era un po' imbarazzata, mi raccontava della salute del marito e delle visite che stava facendo; in realtà ci stavamo mangiando con gli occhi. Parlammo del bacio, concordando, ma solo a voce, che si era trattato di un incidente di percorso, nulla piú.
Le toccai la mano, la ritrasse.
Poi lei toccò la mia, la lasciai dov'era e cominciò ad accarezzarla, dapprima distrattamente poi sempre più lascivamente.
Mi avvicinai e la guardai negli occhi, lei guardó me.
Il desiderio di entrambi era palpabile.
"Vieni" le dissi e la portai in camera da letto.
Fece inizialmente finta di non voler venire ma la sua ritrosia durò una frazione di secondo.
Ci biaciammo e cominciai a spogliarla. Fremeva.
Il suo corpo si era ormai disabituato a quel tipo di attività.
Nonostante l'età la sua pelle era ancora fresca, aveva qualche ruga qua e là, ma era ancora avvenente.
Apprezzavo il piacere che le stavo dando, anche semplicemente stringendola a me.
Le baciai il collo.
Contrasse le spalle e le venne la pelle d'oca.
Mi tolsi la maglietta, lei mi accarezzò le spalle, passando poi le dita sulla schiena.
Si distaccó un attimo e mi guardó: "come sei bello" mi disse e mi bació sui pettorali.
Le slacciai il reggiseno; il suo seno era ancora piuttosto pieno, nonostante l'età, i capezzoli erano turgidi per l'eccitazione.
Le afferrai le mammelle baciandole e succhiandole voluttuosamente.
Poi mi tolsi i pantaloni.
Maria fece un verso di ammirata sorpresa.
"Oh caro!" Esclamò, nel mentre mi afferrava il membro eretto con la mano.
Ricomiciammo a baciarci; lei prese a masturbarmi.
Mi distaccai un attimo, le tolsi la gonna e la ammirai in tutta la su bellezza: portava delle mutandine nere di pizzo, si era leggermente coperta il seno per la vergogna, ma questo le dava ancora più sensualità. È vero, non era più fresca, la tonicità dei vent'anni era un lontano ricordo, ma le sue rughe, le sue forme un po' abbondanti completavano un quadro che in quel momento mi parve perfetto.
La feci stendere sul letto e le sfilai le mutandine; tremava dall'eccitazione. Le baciai l'interno coscia, mi afferrò la testa e la portò in mezzo alle gambe.
Mi diedi da fare con la sua passera, leccandola per bene... Maria emetteva intensi gridolini di piacere. Poi con la bocca salii, piano piano; prima le baciai il pube, poi il ventre, poi il seno, il collo e infine la bocca, che mi stava aspettando con ansia.
Ora i nostri due organi erano quasi in posizione, sentivo che lei mi voleva dentro di sé.
Con molta delicatezza la penetrai; lei trattenne il fiato.
"Oh Fabri, ti prego scopami!" Mi chiese.
Non esitai.
Dopo qualche minuto dovetti fermarmi, volevo durasse un po' di più, ma ero al colmo dell'eccitazione.
"Mi devo fermare un attimo" le dissi e mi sdraiai al suo fianco.
Lei si girò verso di me e mi afferrò il cazzo.
"Non ti piaccio?" Mi chiese.
"Al contrario" le risposi: "mi piaci troppo".
Sorrise, iniziò ad accarezzarmi l'uccello; mi rilassai per godere il momento.
Poi, con mio stupore, chinò la testa e cominciò a succhiarmelo.
Era veramente fantastico. Non potevo resistere oltre.
"Vieni sopra di me" le dissi.
Maria si mise a cavalcioni e iniziò a cavalcarmi; dapprima lentamente poi più selvaggiamente.
Venne.
La feci sdraiare di fianco a me e la scopai in modo animale, con il solo desiderio di possederla, di svuotarmi le palle.
Venni a mia volta.
Ci sdraiammo uno vicino all'altra, storditi dal momento, stupiti per quello che avevamo fatto, ma soddisfatti per aver completato la partita!
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