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PadroneAnziano 6

27.04.2025 |
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"Era diventata un corpo puro, un recettore di sensazioni, che anelava disperatamente il permesso di abbandonarsi al piacere..."
La notte aveva steso il suo manto silenzioso sulla città addormentata, avvolgendo ogni cosa in un'atmosfera ovattata e carica di mistero. Nella penombra soffusa di una stanza illuminata unicamente dallo schermo di un computer, la figura di Elisa si stagliava, fragile eppure carica di una tensione palpabile. Era inginocchiata di fronte al freddo vetro, la sua pelle nuda interrotta unicamente dalla severa eleganza di un collare di pelle nera che le cingeva il collo, quasi a sigillare un patto invisibile.I suoi capezzoli, piccoli e turgidi, si ergevano come sentinelle silenziose, testimoni di un'eccitazione latente. Più in basso, un plug liscio e scuro era inserito con decisione, un punto focale che attirava lo sguardo e suggeriva una realtà nascosta. Un vibratore acceso giaceva immobile sul pavimento, pronto a scatenare onde di piacere, in attesa di essere ripreso e posizionato strategicamente tra le sue gambe.
Lo schermo del computer emanava una luce fredda, illuminando il suo volto contratto da un'attesa febbrile. Una finestra di chat lampeggiava insistentemente, catturando la sua attenzione. Le parole che comparivano sembravano gravide di un potere ineluttabile:
PadroneAnziano: "Questa sera non sarai più una ragazza libera. Questa sera giurerai che il tuo corpo, la tua mente, il tuo piacere... appartengono solo a me."
Un fremito percorse il corpo di Elisa. Era un misto di ansia sottile e di un desiderio oscuro che le serrava la gola. Le sue mani stringevano l'aria, le dita contratte.
PadroneAnziano: "Alzati. Allarga le gambe. Mostrami la mia proprietà."
L'ordine, secco e imperioso, la scosse. Con un movimento lento e quasi rituale, obbedì.
Si sollevò sulle ginocchia, poi si raddrizzò, le gambe che si divaricavano con una timida esitazione, offrendo una visione completa di sé alla fredda lente della webcam. Il plug, incastonato tra le natiche leggermente separate, brillava umido nella fioca luce, un sigillo visibile della sua sottomissione. La sua fessura, già umida per l'attesa, palpitava leggermente sopra il vibratore silente, come un fiore in procinto di sbocciare.
PadroneAnziano: "Sei perfetta. Ora, ripeti dopo di me."
La gola di Elisa si strinse, la deglutizione fu un atto quasi doloroso.
PadroneAnziano: "Io, Elisa, consegno la mia volontà al mio Padrone."
"Io, Elisa," sussurrò, la voce appena un alito tremante, "consegno la mia volontà al mio Padrone."
PadroneAnziano: "Il mio corpo, la mia bocca, la mia anima gli appartengono."
Ripeté le parole, il suono della propria voce che le giungeva ovattato, mentre una marea di emozioni contrastanti le montava agli occhi, minacciando di trasformarsi in lacrime.
PadroneAnziano: "Desidero essere plasmata, addestrata e usata a suo piacimento."
Le parole le uscirono spezzate, quasi un lamento, ma ogni sillaba pronunciata sembrava avvolgerla in una spirale sempre più stretta, spingendola più profondamente nel ruolo che stava accettando.
PadroneAnziano: "Da oggi io non esisto più come persona libera. Sono proprietà. Sono schiava. Sono sua."
Quando l'ultima parola si spense nell'aria, il vibratore tra le sue gambe parve vibrare all'unisono con il battito accelerato del suo cuore.
PadroneAnziano: "Bene, troietta. Ora masturba il tuo sesso davanti a me, ma solo fino a un passo dall'orgasmo. Fermati ogni volta che stai per venire. Voglio che impari a vivere nell'attesa. Nel desiderio. Nella fame."
Con la mano che tremava visibilmente, Elisa scese lentamente tra le gambe. Il contatto con la propria carne umida e sensibile, sotto lo sguardo giudicante e carico di aspettativa del suo Padrone, la spinse immediatamente sull'orlo del piacere. L'umiliazione si mescolava indissolubilmente con l'eccitazione, creando un vortice di sensazioni intense.
Ma obbedì.
Si fermò di colpo, il respiro affannoso, il corpo scosso da piccoli spasmi. Le dita erano sporche del suo stesso desiderio inespresso. E poi, al comando, ricominciava. Ancora e ancora, per minuti che sembravano dilatarsi all'infinito, ogni tocco un supplizio e una promessa.
La sua mente stessa sembrava frantumarsi sotto il peso di quell'attesa forzata. Non era più Elisa, la ragazza di prima. Era diventata un corpo puro, un recettore di sensazioni, che anelava disperatamente il permesso di abbandonarsi al piacere.
Solo quando il messaggio finalmente comparve sullo schermo, conciso e definitivo:
PadroneAnziano: "Vieni ora, schiava."
Lei esplose. Un urlo potente e liberatorio le squarciò la gola, accompagnando un orgasmo violento e devastante che la fece crollare sul pavimento, il corpo scosso da singhiozzi incontrollabili. La cerimonia era compiuta. Il patto era sigillato.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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