Racconti Erotici > Gay & Bisex > Claudio e K
Gay & Bisex

Claudio e K


di Holling
11.11.2013    |    8.325    |    2 9.4
"Finché di nuovo i nostri corpi aderirono perfettamente..."
Io sono Claudio. K ha ricordato quel nostro anno felice, di scoperta. Fu lui a prendere l’iniziativa, avevamo 11 anni ed eravamo compagni di scuola. Si sa come funzionavano queste cose, anni fa: oggi una coetanea te lo tira fuori e se prende in bocca (dentro, è più difficile), ma allora la coetanee erano sconosciute e irragiungibili, si conviveva con un desiderio oscuro, un’inquietudine, finché un compagno più grande ti metteva al corrente, qualche volta ti faceva provare qualcosa, altre volte ti faceva provare molto. Poi stava a te continuare o no, e in quale direzione.
A me e a K successe nella stessa estate. Mi raccontò che un suo cugino che glielo aveva strofinato addosso, senza infilarglielo. Io gli raccontai del figlio dell’albergatore, due anni più grande di me, durante le vacanze al mare. Gli raccontai tutto, a K: prima gli sfioramenti, come per caso, poi i suoi più espliciti toccamenti, poi i cambi di costume in cabina, poi la sua mano che prendeva la mia e se la portava sull’erezione: grande, mi sembrava e dunque invidiata.
Finché, un giorno, in cabina il ragazzo mi accostò al muro, mi fece voltare, mi spalmò con la crema nivea che stava lì come doposole dei grandi, e me lo infilò. Mi fece male, ma io desiderai farlo ancora, nei giorni successivi e ogni volta che si poteva. In genere in campagna, durante qualche giro in bicicletta.
Non mi faceva più male. Ed io avevo sempre più desiderio.
K non ne sapeva niente, quando quell’autunno mi raccontò delle sue esperienze, e mi propose di ripeterle con me. Io non chiedevo di meglio, ma non fu semplice: il suo affare era ancora corto, e non arrivava. Provammo e riprovammo, finché fui proprio io a suggerire la posizione giusta. Me ne stavo supino, con le gambe un po’ allargate. Poi con le mani mi afferravo dietro le ginocchia e tiravo verso di me, facendo aderire bene le mie cosce al mio petto. Allora K si sistemava tra le mie gambe, e poteva finalmente penetrare il mio buco: offerto, del tutto indifeso, ansioso e pronto.
Queste cose K le ha raccontate, qui, tempo fa. Ma non ha potuto raccontare quel che io sentivo tutte le altre volte che lo facemmo. Fino a quella volta che – sei mesi dopo, e in sei mesi l’uccello gli si era allungato, forse anche per l’esercizio continuo – riuscì a prendermi mettendomi a pancia sotto, e stendendosi sopra di me. Nessuno, nemmeno K, può capire che cosa ho provato.
Il figlio dell’albergatore già mi aveva preso mettendomi bocconi, in cabina o sui prati, e già me lo aveva infilato. Ma era tutta un’altra cosa. Non si stendeva, restava con le braccia tese, e il nostro conttato era solo tra il suo inguine e il mio culo. Perché voleva guardare, io credo. Altre volte, per guardare meglio, mi faceva mettere a quattro zampe, e lui si inginocchiava dietro di me. Dava dei gran colpi in avanti per infilarmelo, e con le mani sulle mie spalle mi tirava verso di sé, per evitare che sotto i colpi io rovinassi giù.
Mi piaceva, volevo sentire quella forza che mi apriva, che si impadroniva di me, che mi possedeva. Mi piaceva quel duro, che io facevo entrare nel mio corpo. Mi piaceva sentirlo mugolare quando veniva. E avevo l’impressione di avvertire il calore del liquido che schizzava nella mia pancia.
Eppure, fu con K che fui veramente rapito da un piacere sconosciuto, e mai più ripetuto. Era più inesperto di me, credo che una vera e propria penetrazione non l’avesse mai provata, né attiva né passiva. E quel giorno si stese sulla mia schiena.
Io avevo preso le chiavi della roulotte dei miei, parcheggiata in uno spiazzo fuori città. Pioveva, era sera, f aceva caldo. Per la prima volta potevamo muoverci senza fretta, senza ansie, godendoci ogni momento. E soprattutto usando un vero letto. Io cominciai a spogliarlo: volevo vedere la sua carnagione bianca, da adolescente. E lui spogliava me.
Quando ci sfilammo nello stesso momento gli slip, io il suo e lui il mio, restammo un po’ come sospesi, come incerti. Ci guardavamo le erezioni, ed io carezzai la sua, bagnandomi le labbra improvvisamente aride.
K sedette sul bordo del letto, ed io accanto a lui. Premendo lievemente sulle mie spalle, mi fece stendere. Lui rimase seduto, e cominciò una lenta carezza sul petto, sulla pancia, sull’inguine, sull’erezione, sulle cosce. Poi, con l’altra mano, sulle guance. Passò le dite sulle mie labbra, socchiudendole appena. Io sporsi la lingua, cercandogli i polpastrelli.
Mi face girare, a pancia sotto. Si mise a cavalcioni del mio sedere, aprì una scatoletta di nivea (se l’era portata da casa, dopo il mio racconto dell’estate col figlio dell’albergatore) ne prese un po’ col dito, e la spalmò sul mio buco. Massaggiò lì, a lungo, e io mi aprivo, mi aprivo... Poi si stese sul mio corpo, restando immobile. Era la prima volta che lo facevamo completamente nudi. Non dimenticherò mai la sensazione della sua carne che copriva completamente la mia. Sentivo il suo petto sulla mia schiena, le sue gambe sul dietro delle mie cosce, i piedi che toccavano i piedi. Le sua guancia sulla mia nuca. Mossi la testa, e le guance si toccarono. La sua lingua entrò nel mio orecchio, facendomi fremere. Per un momento desiderai essere baciato. Chiusi gli occhi.
E sentii la sua erezione che premeva sulle mie chiappe tenere, morbide: cercando. Sentii che muoveva impercettibilmente l’inguine, fino a sistemare l’erezione lì in mezzo. Poi inserì una mano tra i nostri corpi, si prese l’uccello, inarcò leggermente il corpo, me lo puntò. Anch’io misi una mano, per sistemare meglio la testa sul buco, e così facendo sfiorai la sua mano. Ebbi un brivido.
Ero pronto a riceverlo. E lui mi entrò. Piano, scivolando per la crema e approfittando della mia dilatazione. Lento, un po’ più a fondo. Appena appena, ancora un po’. Finché di nuovo i nostri corpi aderirono perfettamente.
Lo avevo dentro di me. Era mio.
Poi accadde quello che non è mai più accaduto nella mia vita: mentre il ragazzo dell’estate lo sfilava e poi lo spingeva di nuovo dentro, con colpi ritmati e ripetuti, K non lo sfilò mai, neppure parzialmente. Cominciò a contrarre e a rilasciare la chiappe: io sentivo il suo arnese che scivolava avanti e indietro dentro la sua stessa pelle, trasmettendo al mio anello di carne le sue rugosità, il suo desiderio. E mentre lo sentivo, il suo corpo continuava ad aderire perfettamente al mio. Con quel movimento nascosto, intimo, segreto.
Presi ad inarcarmi per assecondarlo. Ma lui premette con l’inguine per farmi stare fermo, steso. Contraeva e rilasciava le chiappe, ed io sentivo il suo arnese venire avanti nel suo astuccio di pelle e tornare indietro, poi di nuovo avanti, e indietro.
Allora anch’io contrassi le mie chiappe, e la mia erezione prese a sfregarsi sul letto. Sentii il suo respiro farsi affannoso, le contrazioni più veloci. Io risposi, più veloce anch’io. Il piacere era tale, dietro e davanti, che sentii sentii le lacrime salirmi dalla gola.
Piangevo, quando K, aderendo ancora su di me con tutto il corpo, mi venne dentro la pancia. Istantaneamente venni anch’io, con un singhiozzo disperato.
Non ho mai più avuto simili sensazioni.

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.4
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Claudio e K:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni