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Gay & Bisex

Una storia di K


di Holling
05.07.2018    |    11.053    |    6 9.4
"Poi li spinse leggermente in avanti, e di nuovo li tirò a sé..."
Se lo sentì appoggiare delicatamente sul buco. Avvertì il morbido del glande.
Era la prima volta per K. Certo, da ragazzino aveva avuto le sue esperienze. Col cugino Paolo che un po’ brutalmente gli aveva insegnato una serie di cose tenebrose e affascinanti, una sola storia di toccamenti e strofinamenti mai più ripetuta. E poi col suo amico del cuore Claudio, con cui aveva sperimentato molto e molte volte: ma la sua era stata sempre la parte attiva. Mai era stato posseduto, la parola è impegnativa, ma mai neppure era stato penetrato in un fugace rapporto. Ora, superati i trent’anni e avviato ad una vita eterosessuale, pensava con rammarico a quella mancanza.
E invece stavolta lo stava prendendo dietro.
Tutto era avvenuto velocemente, con scarse parole. Alle 8 di sera stava per prendere la doccia dopo la partita di tennis. Il suo compagno aveva già fatto la sacca e se n’era andato in fretta per un impegno a cena. Anche tutti gli altri erano fuori: dopo le 8 i campi chiudevano, non c’era illuminazione notturna.
Solo un giovane coetaneo trentenne indugiava con i preparativi per la doccia. Poi il giovane si tolse gli slip. Ci sono molti modi per togliersi gli slip: un atto rozzo, un atto provocatorio, un atto senza pensare, un atto consapevole, un atto malizioso. Sembrò a K che il gesto del giovane fosse disinvolto, leggero. Senza slip, vennero alla luce cazzo e palle. Il quale cazzo, al momento, pensava a tutt’altro.
K deglutì. Gli venne in mente che gli sarebbe piaciuto toccarlo, sentirlo indurire nella sua mano. Si tolse dall’imbarazzo spogliandosi a sua volta e, inforcati i sandali di gomma, avviandosi la di là del muro divisorio, verso le docce.
Ce n’erano sei. K scelse la terza, sapeva che dava il getto migliore. Aprì il miscelatore, aspettò che l’acqua arrivasse alla temperatura giusta, e si mise sotto.
Ed ecco arrivò anche il giovane. Scelse la doccia accanto alla sua, la quarta. I due cominciarono a insaponarsi. Ma l’occhio di K cadeva sempre lì. Si passava la spugna sul petto, e guardava lì. Si girava di tre quarti per insaponarsi le braccia, e guardava lì. Poi si accorse con un sobbalzo che anche il suo vicino lo guardava: ma in viso.
Il giovane cominciò ad insaponarsi l’inguine. I peli del pube fecero subito schiuma. Il cazzo cominciava a muoversi. La mano insaponata vi corse sopra, andò in su e in giù. Scoprì il prepuzio. Lo insaponò, accarezzandolo. Ormai l’erezione era completa. K, affascinato e ormai immobile, era diventato duro a sua volta, e a sua insaputa. Adesso il giovane si insaponava il sacchetto. E poi sotto, tra le cosce, divaricandole leggermente: lì la sua mano rimase a lungo. E K capì che il giovane non aveva distolto lo sguardo dal suo viso neppure un momento. Capì che tutto ciò che il giovane stava facendo era un’offerta a lui. Un regalo.
Poi finì. Uno si sciacquò, l’altro anche. Uno si asciugò, l’altro anche. Sotto gli asciugamani le erezioni ancora parzialmente in atto continuavano tuttavia a notarsi.
Disse il giovane: «Ho visto che giochi bene, dovremmo fare una partita, una volta o l’altra. Vuoi venire da me per un aperitivo, e per parlarne? Abito vicino». A K sembrava di muoversi in una irrealtà, in una nebbia trasognata, senza più una volontà propria. «Sì, certo» rispose. Questo scambio di battute fu l’unico in tutta la serata. I due non parlarono più.
Breve viaggio in auto, breve salita in ascensore, breve apertura di una porta, e sua chiusura alle loro spalle. Il giovane prese K per un braccio, e in silenzio lo guidò nella camera da letto. Cominciò a spogliarlo. Via la maglietta, e intanto K si liberava dei mocassini senza calzini, via i pantaloni. E via gli slip. Niente erezione.
Il giovane allargò le braccia, e rimase fermo davanti a K. Che a sua volta lo spogliò con facilità e rapidità. Entrambi nudi, il giovane continuava a guardare K negli occhi, K continuava a guardargli il cazzo. Non gli sembrò grande, e neppure piccolo: più o meno come il suo. Ma il suo era scuro, la pelle era spessa, mentre quello del giovane gli parve più rosa, eppure più aggressivo, più in forma, con la pelle che faceva tutt’uno col resto.
Il giovane prese la mano di K e se la portò sul cazzo. K strinse. Tirò la pelle, scoprì il glande che si piegò leggermente all’ingiù. Subito avvertì la reazione dell’altro: il cazzo si mosse come per vita propria. K fece scorrere la mano lentamente in su e in giù, e la reazione aumentò. Si toccò anche il suo che, lo sapeva, stava crescendo rapidamente.
Il giovane, sempre davanti a lui, gli mise una mano sul petto e lo spinse verso il letto. Ancora una sollecitazione, le gambe di K toccarono il materasso e lui cadde a sedere. Il giovane spinse ancora, per farlo stendere. Poi lo face girare, a pancia in giù. E gli salì sopra, in ginocchio, e fra le ginocchia tenendo le gambe di K. Gli si stese sopra con tutto il corpo, coprendolo completamente. K lo sentì sulla schiena, sulle cosce, sui polpacci, sui piedi, e avvertì il fiato sul suo collo.
Il giovane si inarcò leggermente, infilò una mano tra il suo corpo e quello di K, si afferrò il cazzo, e cercò alla cieca tra le chiappe. Fu in quel momento che K se lo sentì puntare. L’ho pensato tante volte, l’ho immaginato, l’ho anche sognato e sognando sono venuto. Adesso lo faccio. Lo prese una forte eccitazione, una smania. Voleva.
Il giovane, ancora inarcato, spinse leggermente. K sentiva che il morbido del glande sul suo buco stava cedendo il passo ad un elemento più duro. La spinta aumentò un po’, come per saggiare la resistenza di K, che d’improvviso sentì dolore. Mugolò, si mosse in un diniego. Il giovane si tirò fu, si mise a fianco di K, e gli carezzò la nuca, finchè non la sentì di nuovo rilassata per il dolore che passava.
Allora il giovane fece scendere la mano e con le dita saggiò il buco di K. Lo avvertì stretto, contratto. E con pazienza continuò a toccarlo lì. Poi portò un dito all’altezza della bocca di K, e lo fece entrare. K lo succhiò, adesso che non sentiva più male, lo succhiò fino in fondo. Ma il giovane continuò a tenerlo lì, muovendoglielo tra la lingua, il palato, le guance. Lo voleva bagnato per bene, completamente.
Quando fu bagnato, lo portò sul buco di K, e cominciò a spingere. Il dito entrò, e cominciò un lento movimento entrata e uscita. K sentì un innocuo, dolce piacere. Finché capì che si stava allargando. Senza forzature, senza dolore. Allora il giovane volle forzargli un secondo dito. K cercò di aprirsi, di non fare resistenza, e il secondo dito entrò facilmente, ora, assieme all’altro. K lo accettò come un regalo, e una nuova fonte di piacere.
Capì che il giovane lo stava preparando. Ne avvertì il prossimo arrivo, e la sua erezione ebbe un sussulto, assieme al suo cuore. Aveva la bocca secca, e sempre a pancia sotto come stava dal principio, premette il suo cazzo sul materasso, e cominciò a strofinarcelo su. Un piacere dietro, un piacere davanti. Stavolta non è un sogno, pensò esultante.
Il giovane allungò una mano verso il comodino, e senza abbandonare la sua posizione aprì un cassetto e prese un tubetto. K lo vide, lo riconobbe: era di quelli usati dai medici per le intubazioni, con una funzione lubrificante, ma anche leggermente anestetica, perché non si sentisse dolore. Il giovane ne prese un po’ su un dito, e lo infilò dentro K. Poi ne spalmò intorno all’anello, e massaggiò a lungo, penetrandolo di tanto in tanto.
K si dilatò. Percepì con nettezza che il suo buco si apriva, come un fiore di carne, abbandonando ogni resistenza. Il giovane allora gli si stese di nuovo sopra, e di nuovo glielo puntò. K esultò: sta per succedere, succede, fu la sua muta invocazione, ora spingi, fammelo sentire in tutta la sua bellezza. E il giovane spinse.
Col cuore in gola, K sentì il suo buco accogliere il glande, e poi stringersi sulla sua base, come per custodirselo dentro. Ma subito il resto cominciò ad infilarsi dentro di lui, forzandolo, allargandolo ancora, più decisamente. K ebbe la sensazione di una potenza che lo stava dominando, a cui niente poteva più opporsi. Sentì infilarsi ineluttabilmente dentro di lui una rugosità dopo l’altra, che si susseguivano sul cazzo del giovane come anelli, e ad una ad una le assaporò, ne godette, ne esultò. La sua erezione era sparita, perché tutto il suo essere era concentrato sul suo buco, ma ormai anche dentro di lui, nel profondo del suo corpo in cui il giovane stava entrando.
K pensò che ormai era entrato tutto, invece ce n’era ancora. Finalmente sentì premere il sacchetto dell’altro sulle sue chiappe, e fino all’attaccatura delle cosce. Ora scopami forte, pensò K, anche se sentirò forse un po’ di dolore, ma non importa perché un po’ di dolore fa parte del piacere che mi stai dando.
Ma il giovane, piantato completamente dentro K, non si mosse. Prese invece con le mani i fianchi di K, e li tirò a sé. Poi li spinse leggermente in avanti, e di nuovo li tirò a sé. Vuoi che io faccia così, pensò K, e gli parve di capire: vuole che sia io a dargli il suo piacere, mentre prendo anche il mio. Vuole che sia io a scopare il suo cazzo, col mio buco.
Aspettò di sentirselo ben dentro, fino in fondo, e cominciò a muoversi. Se ne tirò un pezzo fuori, spingendo col pube sul materasso, poi se lo infilò di nuovo tutto spingendo col suo buco sul cazzo del giovane, che lo assecondava. Una volta, due, e ancora, ancora. Il piacere montava. K cominciò ad accelerare, avido.
Poi capì che il maggior piacere lo sentiva non quando il cazzo gli entrava tutto, ma quando si sfilava per un breve tratto. Allora cambiò il ritmo. Cominciò a spingere forte e rapidamente in alto per farsi penetrare, poi a ritirarsi con lentezza, godendo ogni rugosità, ogni durezza, ogni esitazione, ogni respiro che il giovane gli soffiava nell’orecchio. K rispondeva con un gemito alle penetrazioni, e con un prolungato lamento ad ogni parziale estrazione. Vorrei che non finisse mai, pensò, vorrei che questi momenti fossero eterni.
Sentì che d’improvviso il giovane ebbe un brivido forte, che gli mordeva il collo sotto la nuca, che le sue braccia gli cingevano il petto e lo stringevano.
Viene, pensò. Ed ebbe un’erezione istantanea, violenta. Seguendo l’istinto, mentre sulla vista calava un buio e le orecchie si ottundevano, riprese a sfilarsi piano d quel cazzo ora pulsante, e sentì che un liquido gli invadeva il buco. Voglio tenere dentro di me quello che mi sta dando, pensò esaltato, voglio divorargli lo sperma, come un cannibale. E quando nel suo lentissimo movimento capì che il giovane gli aveva ceduto tutto, se lo sfilò e sentì che il suo buco si richiudeva con uno spasmo da farlo gemere forte. E allora venne anche lui, sentì l’onda grande del mare del piacere che lo sommergeva completamente. Si lasciò andare sul letto, placato. Il giovane si adagiò sulla sua schiena, su tutto il suo corpo, coprendolo col suo peso ormai inerte.
K chiuse gli occhi, e sorrise.
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