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Gay & Bisex

Come tutto è iniziato (parte seconda)


di SalBsx
25.05.2025    |    7    |    0 6.0
"A me venne un colpo, ma la voglia di mandarla a quel paese mi passò non appena mi ritrovai nel letto il non Cugino che mi zittì facendomi Gustare un'ottima..."
Come tutto è iniziato (parte seconda)

Premessa:

Per apprezzare a pieno questo racconto, occorre aver letto altri miei scritti pubblicati in precedenza: “Do ut des” uno e due, “La sera di Ognissanti” e la prima parte di questo stesso.

Prologo:

Non ricordo assolutamente quale delle mie due Peccatrici Bibliche mi stavo facendo e nemmeno quale tra i loro quattro arrendevoli Buchi stavo trattando in quel momento, però ricordo bene (strano) che nel momento in cui decisi di scambiarli, una delle due ma chissà quale, si è appropriata con la forza del mio…Coso. Per poter Degustare e Deglutire egoisticamente da sola tutto ciò che velocemente e aggressivamente ne aveva fatto Schizzare fuori, la Ladra ha spinto via con cattiveria la sua Socia che poverina, è finita perplessa ed incredula col Culo sul pavimento, ma poi ha giustamente ricevuto in cambio dall’invidiosa esclusa, prima tutta una serie di volgari epiteti declinati e storicamente dedicati, al solo Sesso femminile ed in aggiunta, si è presa anche una sonora sberla sulla nuca. Quell'antico modo di chiamare il mio Uccello, unito a quel rumore secco e alla scherzosa rissa di puro stampo lesbico che ne è seguita, non hanno fatto altro che farmelo Drizzare ancora, Spruzzare di nuovo e questo, ricordo bene di averlo fatto sul viso di entrambe e anche di aver molto apprezzato quanto freneticamente si sono subito messe a Leccarsi a vicenda; e risvegliare vecchi ricordi di “Fattoria”.

Capitolo Uno: Faccende da sbrigare.

Un paio di giorni dopo aver saputo che la prima liceo mi era andata meglio del previsto (ero stato rimandato soltanto in matematica e latino, ma in quest'ultima materia prevalentemente perché non avevo ancora iniziato a sfruttare a pieno le capacità scolastiche e psicofisiche di quello che col tempo sarebbe poi diventato “quello Stronzo del mio ex compagno di classe”) partii col treno e andai dai non Zii. Ben sapendo che il mio non Cugino, bravissimo proprio in quella materia piena di numeri che a me invece risultava parecchio ostica, sarebbe arrivato tempo dopo per via della Maturità, decisi di dedicarmi agli altri compiti, ai miei giri in bici, a pulire e sistemare il nostro rifugio e ovviamente, a Sbrogliare quante più Faccende possibili con l’obiettivo dichiarato di migliorare il record di tre e un quartino, che avevo stabilito proprio il giorno della notizia di cui sopra. Me ne ero tirata una beneaugurante prima di andare a scuola, una seconda bella sostanziosa a mo’ di festeggiamenti dopo pranzo ma poi, dato che non avevo ottenuto altro che una scarsa ed appena accennata gocciolina trasparente (il quartino) quando ci riprovai attorno all'ora di cena e che la terza mi riuscì a fatica solo poco prima di andare a dormire, pensai: “Diavolo! Però le giornate in vacanza sono ben più lunghe e poi laggiù in Fattoria ci sono milioni di posti adatti perciò posso andare a Risolvere tutte le Faccende che voglio, Sbrigarne tante quante ne voglio e anche farlo con tutta la calma che voglio!” tant’è, che dopo meno di una settimana di allenamento il record era stato decisamente stracciato! Cominciai con una appena sveglio quando per normali motivi di adolescenza te lo ritrovi Duro di natura, proseguii con due consecutive sul terrazzino della casetta favorite dall'entusiasmo dovuto alla mia completa ed eccitante nudità all’aria aperta, la quarta me la sparai imprevista a metà compiti quando, obbligato dal continuo pensare a quel bel Culo rotondo e sempre ben ostentato di quella seduta davanti a me, cioè di quella Zoccoletta bionda che anni dopo sarebbe diventata quel gran Demonio Succhiatutto, soldi compresi, della mia ex moglie, dovetti correre d’urgenza in bagno senza però riuscire ad arrivarci; mi arenai infatti sulle scale a cercare di spiegare al mio Coso che la Faccenda, per essere Dipanata per bene, avrebbe dovuto aspettare ancora mezzo minuto e tre gradini ma lui mi ignorò e non volle proprio sentire ragioni. La quinta, istigata da una delle mie pagine preferite di una certa rivista che seppur nascosta da un anno dietro ad una fila di umide assi di recupero, mostrava ancora chiaramente una Rossa che se ne mangiava due assieme mentre un terzo agiva indisturbato alle sue spalle, mi riuscì nella legnaia un oretta dopo. La prevista sesta, la fallii sia sotto la doccia prima di cena che subito dopo mentre mi lavavo i denti ma a mia discolpa, c'è da dire che sono due movimenti piuttosto complicati da fare assieme. Provate voi a tirare continuamente su e giù la pelle del vostro Cazzo che non ne vuol sapere di passare da molle a Duro, mentre con l'altra mano fate andare da destra a sinistra o su e giù lo spazzolino, lo girate, lo rigirate e gli cambiate persino senso di marcia all’improvviso sputacchiando acqua e schiuma, ripeto: provate voi se siete capaci di fare le due cose assieme senza incasinarvi! Bucai ancora il risultato quando cercai ispirazione guardando la mungitrice automatica al lavoro ed immaginando che al posto dei Capezzoli della Vacca di turno ci fosse invece il mio Coso, mi andò male di nuovo quando ormai semidisperato, tornai nella legnaia ad implorare l’ausilio dell’immagine di quel Tizio pelato che mentre ne Ingoiava uno, pelato anche lui, ne Prendeva un altro da quella che apparentemente sembrava una Tizia, parecchio pettoruta tra l’altro, ma che in verità, non lo era affatto. Ogni volta che guardavo quella foto, mi chiedevo sempre come Diavolo avessero fatto ad attaccare un Coso e perfino le Biglie, ad una Femmina...perché io sapevo che le Femmine non avevano tutte quelle cose, che loro avevano solo la Farfallina o al massimo la Patatina, che era roba da Maschi avere il Coso con le Biglie sotto e quindi, per me era ovvio che chissà come e perché, qualcuno glielo avesse attaccato apposta. L’agognata sesta alla fine, mi riuscì un istante prima della mezzanotte quando realizzai che dovevo solo avere pazienza e mi decisi a mettermi seduto a gambe incrociate appena fuori dalla mia camera, ad ascoltare e seguire col polso, il lento ritmo del concerto di motoseghe classiche che proveniva dal piano di sotto. Quella notte, orgoglioso ma non del tutto soddisfatto, mi ripromisi di provare a far di meglio già l’indomani, di sfidare il non Cugino a battermi e mi addormentai col Coso decisamente Duro; ma non chiedetemi perché non ne approfittai per farmi la settima perché non ne ho proprio idea.

Capitolo Due: Il Record.

Il nuovo record restò purtroppo imbattuto anzi, non fu nemmeno lontanamente avvicinato per diverso e fin troppo tempo ma poi arrivò quel giorno in cui mi svegliai ben prima dell’alba (e Porco Cazzo non erano nemmeno le tre e mezza) per colpa di una mucca che stava partorendo e che, povera bestia, soffriva talmente tanto da fare un casino infernale (lo stesso si erano messi a fare i non Zii per aiutarla) ed in cui, trovandomelo già pronto all’uso, mi diedi subito da fare col preciso intento di infrangere l'ormai annosa barriera delle Sei! Prima di scendere per colazione mi feci velocemente la seconda, evitai la dispendiosa doppietta ravvicinata sostituendola, differenziandola e distanziandola con una a inizio mattinata mentre pedalavo verso la Casetta dove comunque mi rilassai come d’abitudine, ma tenendo le mani in…tasca, vestito del nulla. Notato un Vecchio muretto frenai e saltai giù dalla bici, sollevai senza toglierla, la maglietta fermandola dietro al collo e sfilai il resto lasciandolo penzolare sulla caviglia destra, mi risedetti sul sellino ed una volta appoggiato un piede sul muretto stesso e l’altro sul pedale, trovai un buon equilibrio e ci diedi dentro. L'altra, cioè la quarta, me la tirai furtiva mentre accosciato in un canale asciutto a pochissima distanza dall'ingresso della Fattoria, aspettavo l’ora di pranzo. A pomeriggio avanzato andai a farmene una dietro la rimessa dei mezzi agricoli e pareggiai il record nella stalla mentre la non Zia mi stava già chiamando per la cena; cena durante la quale sorridevo felice perché mancavano ancora più di quattro ore alla mezzanotte. Prima delle dieci di sera chiesi il permesso di andare a vedere come stavano sia il neonato vitellino che la Vacca casinista ma in realtà mi recai prima nel pollaio dove, buttate giù due uova, impiastricciai la povera ed innocente gallina che le aveva appena deposte e poi, esattamente un minuto prima della mezzanotte, seguendo a polsi alternati il consueto ritmo notturno proveniente dal piano di sotto, ottenni l’apoteosi! Apoteosi che però, data la troppa attesa, la troppa speranza e l'eccessiva fretta, Schizzò ovunque improvvisa ed incontrollata provocando un mezzo disastro che mi toccò ripulire sia dal pavimento che ovviamente, da diverse parti di me stesso; parti che andavano dal mento ad alcune dita dei piedi ma non necessariamente in quest’ordine.

Capitolo Tre: Buoni propositi.

Quando mi dissero che il non Cugino sarebbe arrivato entro una settimana al massimo, decisi di conservare le energie per la sfida che gli avrei lanciato ma non riuscendo a rinunciarvi del tutto, perché Venire a capo di certe importanti Faccende, specialmente nei posti più disparati, mi piaceva e mi piace tutt’ora, pensai di scambiare la quantità con la qualità. Irrinunciabile tra le due che mi ero forzato a non superare, era solo quella che iniziavo a farmi quando la non Zia entrava in camera mia ad aprire le pesanti persiane. Sapevo sempre in anticipo che stava arrivando grazie al casino di pentole e piatti che proveniva dalla cucina perciò, non appena la sentivo salire mi sfilavo le mutande e le nascondevo sotto il cuscino e poi, quando le finestre si mettevano a cigolare, mi bastava far finta di stiracchiarmi raccogliendo ed allargando le ginocchia, tenere ben teso il lenzuolo trattenendolo coi denti, avere cura di manovrare lentamente ed attendere che Lei sciabattasse giù dalle scale urlando che di lì a dieci minuti sarebbe stata pronta la colazione, per lanciare via coi piedi la mia debole copertura e dare finalmente libero sfogo al mio istinto. La seconda la sceglievo tra quella che inizialmente mi facevo davanti alla porta di camera mia ma che poi avevo trasferito prima sul ballatoio e poi sull’ultimo dei gradini delle scale oppure; e questa certamente la preferivo perché pensare di tirar sempre notte non mi era assolutamente possibile: troppi pensieri stimolanti, troppi bei posti, troppa voglia e nessuna pazienza; quella in cima alla collinetta dove due anni prima avevo trovato quella famosa pagina appallottolata che aveva dato il via al tutto. Funzionava così: abbandonati a bordo tratturo bici, pantaloncini, maglietta e mutande, correvo Nudo a mille all’ora fino in cima, mi precipitavo a manetta giù dalla parte opposta, facendo ben attenzione a frenare per tempo per non andare finire dentro al largo canale sempre pieno che divideva la proprietà dei non Zii da quella confinante, poi giravo il Culo e risalivo a velocità massima spronandomi i Glutei da solo ed infine, stanco morto e senza più fiato, mi accomodavo a farmela proprio nel punto preciso del ritrovamento dopodiché, appagato ma esausto, mi sdraiavo al sole per far asciugare sia il sudore che l’appiccicoso frutto della mia desiderata ma sfiancante necessità giornaliera. Una volta asciutto e ripresa la normale respirazione, mi alzavo e scendevo con calma serafica facendo roteare il mio Coso, allungato e reso molliccio dallo sforzo appena subito, manco fosse uno di quei ridicoli nastri colorati che quelle belle Maialine, quelle spettacolari Puttanelle della Ginnastica Artistica che dopo i nostri allenamenti di Basket prendevano possesso della palestra, facevano volteggiare in aria. Camminavo e lo Sbatacchiavo, facendolo girare per ogni dove, manco fosse davvero quel nastro che veniva fatto Pirlare a Cazzo da una di quelle sensuali Vacchette di cui sopra, da una di quelle Troiette che tanto mi piaceva fermarmi a guardare e spiare e sulle quali adoravo fantasticare, ma che poi mi obbligavano a correre a casa a farmi un'altra doccia perché il solo vedere tutto quel bendidio di falsi sorrisi, di capelli acconciati ad arte, di Tettine sode con quei Capezzoli di marmo spinti volutamente e all’inverosimile all’infuori, di sodi Culetti induriti dall’idilliaco movimento esasperato e costante delle loro gambe affusolate e delle loro cosce tornite, perché il solo pensare che quelle sgambettanti Porcelline sudate nascondessero la in mezzo quel loro fresco ma caldo, morbido ma carnoso umido segreto che ancora non avevo mai visto (più che della Figa, in quel periodo ero più pratico del Cazzo, soprattutto del mio ma, anche se lo avevo quasi rimosso, anche di quello del non Cugino), mi faceva regolarmente ed automaticamente, lo scherzo di farmi sempre Impiastricciare nelle mutande non appena accennavo, non dico a Toccarmelo o a Menarmelo che non era quello il posto adatto; ma solo ad immaginare di farmelo fare da una qualsiasi di loro. Comunque, immagini e pensieri di Passerine atletiche a parte: una volta giunto alla bici provavo a rivestirmi tentando anche di resistere alla tentazione di Appianarne un altra ma che dovevo farci se la Faccenda era complessa e se a volte, spesso e volentieri cioè sempre tutti i santi giorni, mi era proprio del tutto impossibile trattenermi? Che dovevo farci se ogni giorno mi guardava e mi implorava talmente Duro da impietosirmi e farmi decidere che sarebbe stato un delitto non Dirimerla subito questa nuova ed impellente Faccenda? Perciò, pur ribadendo che mi ero prefissato di non farmene più di due al giorno, confesso che in realtà al conteggio di fine giornata non ne risultavano mai meno di quattro e ammetto sinceramente, che tutti i miei buoni propositi venivano sempre felicemente disattesi.

Capitolo Quattro: Il Cazziatone.

Quando finalmente il non Cugino arrivò, ci venne naturale scambiarci un “cinque alto” con tanto di salto petto contro petto; salto durante il quale fu subito palese che oltre al saluto da veri Duri, di Duro c’era già anche ben altro. Esaltato ed eccitatissimo da ciò che mi aveva appena sbattuto contro, lo presi da parte ansioso di raccontargli del mio record ma non appena iniziai a parlare, lui mi zitti e mi chiese lumi riguardo a quante e quali Questioni mi fosse capitato di affrontare e che tipo di Esperienze avessi fatto in prima liceo. Vista la mia faccia che rispondeva chiaramente che: Zero per Zero diviso Zero al cuboquadrato fratto Zero più Zero, moltiplicato Zero meno Zero tra tutte le varie parentesi del mondo, faceva comunque: Zero! prima sbuffò mettendosi le mani sul volto e poi, sogghignando bastardamente con lo sguardo ferocemente divertito, mi diede una sonora e ben cattiva sberla sulla nuca alla quale fui inevitabilmente costretto a reagire. Gonfiai il petto e assunsi una battagliera posa guerriera, preannunciai la mia vendetta con un apparentemente combattivo: “Banzai!” e poi caricai a testa bassa scatenando la rissa. La battaglia infuriò epica, ma risultò talmente ridicola e volutamente finta da far schiantare dal ridere tutti i presenti, inclusa l’impaziente non Zia che per quell’occasione speciale aveva preparato un sontuoso banchetto in perfetto stile matrimonio reale proprio al centro dell’aia ed aveva invitato alla festa per quel bel diploma a punteggio pieno, chiunque ci fosse nei paraggi compresi ovviamente i vari lavoranti della Fattoria. Per tre o quattro minutisecondi ci lasciò fare ma poi, ansiosa che tutto andasse come aveva previsto, intervenne prendendoci per le orecchie decretando così la fine delle ostilità. Definendoci “solo due sciocchi Maschi” ci redarguì severa: “Voialtri due Zucconi! Adesso è anche ora di piantarla di fare i balordi!” e ci spedì di sopra concedendoci giusto una mezz’ora per sistemare le sue cose e ripulirci dalla polvere perciò, obbedienti come sempre, saltammo in piedi e ci avviammo a passo veloce verso la casa. Io ne approfittai immediatamente per riprendere a raccontargli delle mie mitiche Otto Faccende ma lui, senza nemmeno farmi arrivare all’inizio della prima, mi fulminò con lo sguardo e mi zittì definitivamente con una di quelle serie, secche e piuttosto dolorose. Dichiarandosi molto deluso dal mio comportamento, che definì da “bambino delle elementari, manco delle medie e per fortuna che Porco Cazzo e Vacca Figa, sei addirittura al Liceo!”, mi chiese se davvero e perché avessi passato un intero anno a Trastullarmi la Minchia in solitaria, se davvero e perché non avessi mai più fatto Merenda ingoiando i miei doverosi bicchieri pieni di buon Succo di Maschio, se davvero e perché non avessi mai fatto “Venire a Lingua ruvida e guizzante” una di quelle belle “Passere color rosa Zoccola, profumate agli ormoni di giovane Femmina in Calore” che di certo ne avevo la scuola piena, se davvero e perché non avessi mai più fatto nemmeno un Pompino ad un qualsiasi Membro della famiglia degli Uccelli, magari maneggiato a mo’ di idrante da un aitante Maschietto già esperto di certe Questioni, per poi farmi sciacquare la faccia con una buona secchiata del suo nutriente e non solo per la pelle, “Liquido Seminalmente Spermatico”, se davvero e perché avessi rinunciato per cosi tanto tempo a fare una Pompa profonda per farmi Schizzare direttamente in Gola la generosa Sborra di un incredulo, ma poi richiedente il bis, neofita dello stesso tipo di Questioni di cui si parlava poco fa e di cui di certo la mia scuola era piena; mi informò che avrei potuto ottenere lo stesso risultato anche solo aspirandogli i Coglioni in profondità mentre glielo Menavo e poi all’ultimo istante utile, mentre glielo facevo scomparire tra la Lingua e il palato oppure, e questo secondo lui sarebbe stato ancor più soddisfacente per entrambi, facendogli Gonfiare a Leccate e Morsi la morbida Cappella fino ad obbligarlo a cedere e ad Eiacularmi (provai ad interromperlo per chiedergli cosa Diavolo volesse dire quella parola a me ignota ma lui, senza prendermi minimamente in considerazione, continuò imperterrito a Cazziarmi) quel suo caldo, colloso ma dolce Sperma direttamente nello stomaco (evitai di rifare la domanda perché a questo punto ci arrivai da solo). Proseguì col domandarmi se davvero e perché non avessi mai fatto Spruzzare la bella Vulva mai usata di qualche piccola Gnocca Estrosa ed Accaldata, allargandole le sue quattro carnose Labbra (qui mi riuscì di fermarlo per un secondo e domandargli perché quattro, perché io ero rimasto che anche le Ragazze di Labbra ne avessero solo due, ma lui non ascoltò nemmeno la mia ignoranza anzi, me ne tirò subito una), per riuscire a fare un Succhiotto a denti stretti a quel suo “Clitoride talmente Lungo ed Indurito da sembrare quasi un piccolo Cazzetto in Tiro” (qui ammisi di aver finalmente capito che non stava parlando delle Labbra che le Femmine hanno sulla faccia e di conseguenza ne presi un altra), se davvero e perché non mi fossi mai più fatto Spompinare facendo Deglutire qualche buon litro della mia ottima “Sborra Spermatica”, al proprietario o alla padrona di quella Gola profondamente spalancata in trepida attesa di essere riempita dal mio Seme, se davvero e perché non avessi mai più piantato il mio Uccello dentro un qualsiasi Buco; e che fossero facili “Fregne” già Bagnate o anguste “Prugne” da Dilatare o impegnative “Tope” da Inumidire, Natiche strette di Maschio chiuse a chiave da dover Aprire e Chiavare a colpi di Chiavate o anguste Chiappe, sempre di Maschio, da Ampliare a mano libera e poi da Inchiappettare a sorpresa a risolute “Pisellate” (esclamai: che belli ‘sto verbo e ‘sto sostantivo, son nuovi! e mi presi l’ennesima sberla) o Culi vari e Culetti qualsiasi che già da tempo somigliavano alle gallerie del treno che portava fin qui in Fattoria, che fossero Bocche appartenenti ad una qualunque specie di Avifauna “Femminomaschile”, come ad esempio Passere o Merli, avide di Minchia ricolma di Panna Montata a mano o Fighe Verginelle ma vogliose di una Rude ma Elettrizzante Asta che permettesse loro di non esserlo mai più; non era certo la cosa più importante. Siccome si ricordava bene di quanto mi piacessero quei verbi della prima coniugazione; verbi come: Chiavare, Cavalcare, Montare, Pompare, Trombare (anche questo non lo conoscevo perciò glielo feci presente ed ottenni: indovinate cosa) e Scopare e quei sostantivi da Femmina come Vacca, Porca, Puttana e Zoccola, mi chiese se davvero e perché non avessi mai più fatto il Troia permettendo ad una Verga Esaltata di Penetrarmi dove preferiva o lasciando che un Pene qualsiasi mi Fottesse prima sopra e poi anche dietro, se davvero e perché non mi fossi mai fatto Impalare, verbo che mi aveva tanto ispirato l’anno prima, da una “Nerchia” volonterosa o Sfondare da un Fallo da tre punti (gli chiesi che Diavolo centrasse il Basket e lui me ne rifilò ben due assieme) o Inculare a fondo (ecco ancora un altro bel verbo e un altro bello schiaffone) da un qualsiasi altro Fottuto tipo di Cazzo Cazzuto e Cazzutamente Duro, duraturo, durevole e perseverante nello Sbattermi in quel mio Culo che ad oggi, da quel che aveva capito, sembrava essere stato del tutto inutile, completamente inutilizzato ed Inattivo, che è molto diverso da Passivo, per dodici Lunghi mesi mentre di Lungo, li dentro, avrebbe dovuto passarci ben altro! Contrito e dispiaciuto per il Cazziatone ricevuto, frastornato ma eccitato da tutte quelle immagini di Sesso vario ed eventuale e da quella tonnellata di parolacce che gli anni precedenti non aveva mai usato, accampai abbacchiato mille scuse ma poi, cedendo a quel suo sguardo accusatore, ammisi presto che era successo davvero cosi, che era vero che mi ero fatto solo Seghe, Seghe e nient’altro che Seghe ma immediatamente dopo, con uno scatto di amor proprio, gli mostrai con fierezza sia i calli sulle mani che i bicipiti ben allenati e ci tenni a precisare che erano state Seghe spettacolari che mi ero fatto orgogliosamente a nastro ed oltretutto: a nastro continuo! Ridendo divertito di tanta mia sicumera Segaiola, ma soprattutto dal mio aver definito i miei dodici mesi da solista: un “grandioso Trastullamento dozzinale” (ammetto che con l’Italiano iniziai ad andare pienamente d’accordo solo a metà della seconda liceo), mi promise che dopo quell’estate non avrei mai più sprecato il mio tempo, si dichiarò sicuro che negli anni a venire avrei alzato sempre di più, oltre che la mia Asta, anche l’asticella dei desideri e poi concluse il discorso tirandomene pesantemente ancora una. Mentre mi rifilava nel giro due secondi l’ennesimo sberlone sbirciò fuori e constatato che erano tutti quanti in cortile, si strappò via la tuta con un gesto da vero cestista e con addosso la sola canottiera dei Sixers, si mise a sistemare i suoi bagagli. Vedendo quella scena, il mio Coso andò nuovamente in Estro e riprese immediatamente ad agitarsi tentando di Emulare il suo lontano non parente, che essendo fisso da che era arrivato in Fattoria in quella sua strana ma elegante posizione ad Arco, aveva preso a guardarmi perplesso e scocciato, chiedendomi perché mai fossi così lento ed impacciato nel vestirmi come mamma mi aveva fatto. Non appena scopertone il motivo, che altro non era che il mio Coso nervoso che mi si incastrava continuamente in quelle Cazzo di mutande che insistevo a portare, affermando che me le ero meritate tutte, quest’ultime comprese, il non Cugino me ne rifilò un altro paio di quelle maligne dopodiché, imprecando di darmi una mossa, mi fece accomodare sotto la finestra. Si affacciò appoggiando i gomiti sul davanzale, attirò l’attenzione di quelli giù sotto denigrandomi per quanto fossi lento nel farmi…la doccia ed infine, messosi comodo, mi presentò quel suo Arco ben teso chiedendomi di dimostrargli se almeno mi ricordassi di come si faceva a fare Merenda. Una volta inghiottito quello che data l’ora era più giusto chiamare Aperitivo che Merenda, ci accorgemmo che ci restavano non più di dieci minuti prima che l'impaziente non Zia salisse a richiamarci perciò corremmo a lavarci e poi, precisi come un orologio svizzero, riuscimmo perfino ad essere giù allo scoccare esatto della mezz’ora concessaci. Durante la cena, non avendo alcuna possibilità di scamparla, lo obbligai finalmente ad ascoltarmi ma essendo super distratto dai racconti delle mie grandi performance e che complice il buon vino, gli adulti facevano parecchio rumore, non mi preoccupai minimamente ne di moderare il tono di voce ne di non fare gesti perciò non mi accorsi che uno dei lavoranti, avendo captato il Succo del discorso, si era avvicinato interessato per ascoltare meglio. Il non Cugino mi lasciò parlare tutta sera senza dirmi nulla di ciò che al contrario di me aveva invece notato benissimo, fino a poco prima della mezzanotte quando scendemmo Nudi e silenziosi per le scale e ci mettemmo davanti alla porta spalancata della sala concerti a scambiarci un brindisi alla “Crema Spermosa (la mia) e Sborrosa (la sua)” che giustamente, dedicammo alla salute del lavorante, ormai ribattezzato “l’Orecchiuto”. Ero riuscito a ricordarmi di tutti questi fatti praticamente nella stessa giornata ma poi ovviamente la mia memoria ha dovuto metterci lo zampino, ha ripreso a fare cilecca e tanti saluti a cosa successe dopo perciò, pur essendomi sforzato in tutti i modi possibili per diversi giorni, ad un certo punto mi sono rassegnato e ho aspettato per parecchi mesi che qualcosa; hanno funzionato soprattutto quei giorni di pioggia intensa dello scorso autunno; mi facesse tornare in mente il resto.

Capitolo Cinque: Reagire alle piogge.

Un giorno di ottobre che proprio non aveva senso andare in giro da clienti, mi sono imposto di mettermi al Computer a seguire uno di quei noiosissimi ed inutili corsi di aggiornamento sul nulla che in quanto assicuratore sono obbligato a fare ogni anno, quando all’improvviso: l’ascoltare non la soporifera, grigissima e saccente Tutor (un Cesso epocale, di quelli che al di la di raccontar Cazzate, altro non sarebbe ne utile ne buona di fare) ma bensì il rumore della pioggia, l’accorgermi che un gomito appoggiato alla scrivania mi reggeva una mano che a sua volta mi reggeva la testa mentre l’altra mano mi si era infilata a Massaggiarmi quel che invece di essere imprigionato, avrebbe preferito farsi Manipolare libero e felice all’aperto, l’intravedere la vecchia segretaria mezza ingobbita, che mi dava le spalle seminascosta dal mio schermo e sentirla brontolare ed inveire contro i suoi migliaia di impegni, mi hanno riportato a quella settimana di quel luglio in Fattoria in cui diluviava talmente forte che la sola cosa che si poteva fare era studiare matematica e durante la quale gli unici posti dove si riusciva ad andare erano la cucina, la cucina e ancora la cucina. In verità era possibile arrivare asciutti fin quasi alla stalla, ma siccome in quei giorni era più frequentata di Piazza Duomo, non era certo quello il posto adatto dove andare a far alzare ne Aste ne tantomeno asticelle. Sia il non Zio che i vari lavoranti, compreso quello con le orecchie lunghe che non perdeva occasione di lanciarmi occhiate strane, passavano l’intera giornata là dentro: mungevano, distribuivano fieno e mangime, spostavano staccionate, recinti, Vacche e vitelli, cambiavano lettiere, pulivano letame, aggiustavano macchinari e piuttosto che niente, si erano messi perfino ad imbiancare i muri. Pur ammirando tutto questo darsi da fare, a noi deprimevano sia l’idea di dover restare inattivi sprecando intere giornate in attesa che tornasse il sole, sia quella di dover per forza aspettare che iniziasse il concerto per fare almeno lo Spuntino della mezzanotte che però, essendo ormai divenuto uno standard, non ci stuzzicava più come all’inizio; cosa che comunque, non ci impediva di farlo lo stesso più che volentieri. Considerato inoltre che il non Cugino mi ripeteva continuamente che per essere davvero pronto per gli esami; soprattutto per quelli Orali; che avrei sostenuto a settembre e di certo anche oltre quel mese imminente, dovevo esercitarmi ancora molto, decidemmo di comune accordo che era arrivato il momento di reagire a quel clima impietoso. Durante il pranzo del secondo giorno di monsone, con una manovra abile e furtiva si infilò dentro ai miei larghi pantaloncini ma siccome trovò ancora quel fastidioso indumento di troppo, mi lanciò un’occhiataccia feroce e mi chiese a denti stretti come Cazzo pensassi di combinarne una se poi al momento del dunque, c’era sempre di mezzo certa robaccia inutile ed ingombrante. Poco dopo, circospetto si, ma non troppo interessato al fatto che qualcuno dei commensali potesse vederlo (cosa impossibile dato che erano tutti presi a mangiare, bere e parlare di pioggia, Vacche e Vitelli) si sbottonò un lato della tuta e con un rapido movimento di occhi, mi impose di andare là sotto a Toccare con mano quanto lui ci tenesse a non indossare mai certi stupidi impedimenti e quindi, me ne tirò una di quelle fatte bene che mi toccò incassare senza reagire. Ovviamente scoppiarono tutti a ridere ma fu il non Zio a chiedermi cosa avessi mai fatto ancora per meritarmene una così bella ed io, brillantemente imbarazzato, mi inventai di non essere capace di mangiare senza buttare qualcosa addosso a qualcuno e poi, sotto gli ignari, inconsapevoli e distratti occhi di tutti, ne approfittai per dare una propedeutica spazzata e una vendicativa strizzata alle…briciole che (non) c’erano ne sopra ne dentro alla sua tuta. Quel giorno, prima di tornare in cucina coi miei libri, mi cambiai i pantaloncini che sebbene larghi non permettevano alcuna rapida o comoda fuoriuscita di nessun Coso e memore della lezione subita da poco tolsi; e da quel momento non misi mai più; le mutande, ma per non destare sospetti, imparai anche io a metterne comunque un paio nel cesto della roba sporca ad ogni doccia. Appena giù ci mettemmo subito a far finta di essere impegnati: io con libri, quaderni, squadre e matite sparse ovunque sul tavolo, lui sdraiato sulla poltrona a sfogliare la sua rivista di motociclismo dentro la quale in realtà, ce n’era un'altra ben più interessante. La non Zia, vista la situazione tranquilla, continuò a brontolare contro le sue faccende da casalinga senza badare più di tanto a noi, permettendoci così di mettere in atto il nostro piano. Dopo meno di quindici minuti, sicuro di aver già risolto l'arduo problema di geometria che stavo svolgendo, gli chiesi di venire a controllare ma lui, affermando che la linea che avevo tracciato non era per niente retta come doveva essere e che quel che stava vedendo (Toccando), che avrebbe dovuto essere un Solido già ben formato, era invece ancora piuttosto amorfo ed incompleto, mi consigliò di ripetere senza fretta l’esercizio così da ottenere il risultato desiderato, quindi: tornò alle sue “moto”. Con una mano, ripresi immediatamente a far disegni e a scrivere numeri a caso mentre con l’altra mi misi d’impegno per fare in modo che il Co(so)no che stavo costruendo, andasse dritto dal punto A al punto B nella forma più compatta possibile e quando ne fui certo, lo richiamai con urgenza fortemente preoccupato che quel bel risultato che avevo creato, potesse improvvisamente cancellarsi da solo. Constatato che stavolta ero stato veramente bravo, si chinò a raccogliere quell’inesistente libro che (non) mi era (mai) caduto, incappò nel mio fremente compito di geometria e divorò avidamente il caldo dolce Spermoso che ne Schizzò fuori; a fine pasto aveva rinunciato apposta alla torta perché sapeva che assumere troppi zuccheri al giorno, non faceva bene ad un atleta come lui. Quell’attimo prima che la non Zia, che stava freneticamente pulendo ogni singola piastrella della cucina, si girasse a dare un occhiata al trambusto che pur stando attenti avevamo comunque causato, girai la testa e riuscii anche io a Leccare quel suo Cono fatto ad Arco e a fare la mia più che meritata Merenda a base di Panna. Il giorno dopo scoprimmo che sia l’Orecchiuto che un altro lavorante si erano presi un gran bel raffreddore quando la non Zia, che avrebbe dovuto sostituirli passando l’intera mattinata ad aiutare nella stalla, venne su a starnazzare che: “Sentite! io ho da fare stamane, il the e il latte sono già pronti e basta solo farli scaldare che siete capaci anche voi due anche se siete Maschi e il pane e i biscotti sapete bene dove sono!”, che non erano ancora le quattro del mattino. A me venne un colpo, ma la voglia di mandarla a quel paese mi passò non appena mi ritrovai nel letto il non Cugino che mi zittì facendomi Gustare un'ottima precolazione. Lo ringraziai, dopodiché lo salutai e mi girai sul fianco tentando di rimettermi a dormire ma, farlo con le sue mani che mi dis(mas)turbavano continuamente e con quel suo Arco che ritornava velocemente ben teso e che insisteva a finirmi in Bocca, mi risultò difficile anzi, del tutto impossibile. Quel pomeriggio: niente compiti, ma quando la non Zia ci svegliò dal necessario pisolino e ci chiese di aiutarla a sistemare il solaio, sfruttammo al volo l’occasione per fare in modo che quella giornata si concludesse ancora meglio di come era iniziata ed infatti, facendo apposta a riempirci di polvere, ragnatele, sporcizie varie e a tirarla per le lunghe, la forzammo a non ritardare ulteriormente la cena “obbligandoci” a fare la doccia assieme. Mentre la seguivamo giù dalle scale, per i primi cinque, massimo sei gradini e giusto per onor di firma, protestammo vivamente ma poi, con un silenzioso e complice “cinque alto”, ci arrendemmo non appena lei ruggì: “Silenzio voi due! che alla pallacanestro siete abituati a fare la doccia insieme a tutti! e allora basta fare i vergognosi, adesso smettetela! e andate subito a farla insieme ‘sta benedetta doccia! e allora? cosa volete che succeda se due Maschi fanno la doccia insieme? Niente! Non succede niente! e allora muovetevi che non c’è niente di male se la fate insieme che già siete lenti a far le cose e poi lo sapete bene che il bagno di sopra è uno solo e che io devo andare giù a cucinare che è già tardi (pausa con sospiro), ma guarda te questi due sciocchi che stanno li a rognare sulla doccia insieme…sulla doccia insieme tra due Maschi poi…non succede niente quando i Maschi fanno la doccia insieme!”, ma ovviamente si sbagliava di grosso e qualcosa di molto Goloso successe ad entrambi.

Capitolo Sei: La gara delle Merende.

Quella sera, esaltati che finalmente la faccenda “doccia in comune” fosse stata ufficialmente e definitivamente sdoganata (si aprivano infatti diverse opportunità), il non Cugino mi lanciò la sfida; sfida che accettai entusiasta convinto che il mio allenamento a Risolvere frequenti Faccende mi avrebbe fatto vincere a mani basse; del far fare all’altro il maggior numero di Merende possibili nell’arco delle 24 ore solari. Passata la mezzanotte fu subito uno a uno, prima di colazione scattò in avanti e per pranzo perdevo quattro a due ma poi, pareggiando alla grandissima durante i compiti, quando sfruttai l’ennesimo esercizio di geometria e poco dopo, quei soliti pensieri pieni di Porcelline artistiche Bagnate e sudate, riuscii addirittura a portarmi avanti di un punto quando in doccia fui più lesto di lui a Sbrigare la mia classica Faccenda e ad invitarlo a piegare la schiena. Peccato però che la mia fu una vittoria di Pirro infatti, già mentre ci asciugavamo (a vicenda), dato che io indugiai troppo in una certa sua zona, il punteggio tornò velocemente in perfetta parità dopodiché: venni grandiosamente umiliato. Mentre la non Zia ci chiamava per la cena, io fui obbligato a Mandare giù tutto d’un fiato l’Aperitivo, mentre lei lavava i piatti e lui beveva il caffè, io Risucchiai parecchia della sua Panna, mentre i non Zii mungevano le Vacche, io dovetti Mungere lui, mentre si lavava i denti, io mi ritrovai con in Bocca un mezzo tubetto abbondante di Pasta dentifricia al sapore di caffè da dover Deglutire ed infine, mentre si accendevano le motoseghe mi arresi, mi inginocchiai volontariamente davanti a lui e dopo aver Adorato a lungo con la Lingua quel suo Arco sempre pronto a scoccare le abbondanti frecce che aveva nella faretra, Ingurgitai più volente che nolente, lo Spuntino di quasi mezzanotte. Scaduta l’ora del fine gara, seduti Nudi sul suo letto a tirare le somme, dovetti ammettere di aver miseramente perso dieci a cinque; il che significava anche riconoscere di non essere stato nemmeno in grado di avvicinare il mio tanto decantato record. Iniziai subito a lamentarmi cercando di giustificare la mia netta e palese sconfitta, accusandolo di aver vinto solo perché lui aveva potuto bere quasi una intera moka di caffè (in verità una semplice tazzina), cosa che invece a me era stata vietata, e siccome secondo me quello era chiaramente doping, era altrettanto chiaro che era stata quella la sola ragione che gli aveva permesso di approfittare di ogni mio singolo sbadiglio per portarsi avanti nel punteggio. Per come la vedevo io era stato tutto un imbroglio e quindi la gara andava annullata o al massimo rifatta e rigiocata senza trucchi. Il non Cugino, paziente e divertito, attese che finissi di lagnarmi dopodiché per tutta risposta si alzò, mi Venne sopra e rapidamente, abbondantemente e nuovamente in Bocca. Risultato dei miei lamenti? Di nuovo uno a zero.

Capitolo Sette: La contromossa.

A quel punto non potei fare altro che smetterla di piangermi addosso, Leccarmi le labbra, Deglutire ed andarmene mestamente in camera mia invitato, favorito ed accompagnato dal piacevole bruciore di due sonori schiaffi a mani aperte, che per mia fortuna non mi diede come suo solito sulla nuca ma bensì sulle Chiappe, a studiare come potergli dimostrare di non essere soltanto bravo e buono (ansioso e Goloso…vanno aggiunti) di subire, accumulare ed Ingoiare tutta quella serie di dolciastre sconfitte ma anche che con un po’ più di impegno, avrei potuto stupirlo e forse anche batterlo. Seduto col broncio contro la sponda del mio letto, cominciai a Maneggiarmi le Biglie (sport divertente che adoro praticare tutt’ora) nel tentativo di farmi venire in mente il da farsi ma quello che ottenni, fu solo di appisolarmi con il Coso in mano, nessuna idea valida ma con migliaia di pensieri in testa che ovviamente, erano pensieri di un solo tipo, viaggiavano a senso unico e finivano sempre nello stesso modo: lui vinceva e io ingrassavo ben felice di farlo. Passato non so quanto tempo, mi accorsi che il cuore mi batteva forte, che il respiro mi si era fatto veloce ed affannoso, che stavo soffiando e sbuffando manco fossi una puerpera (o meglio, una Vacca) prossima al parto, capii e sentii che il sacchetto delle mie fin troppo sollecitate Biglie si era compattato, rimpicciolito e si stava contraendo e raggrinzendo, che loro stesse si erano gonfiate, riempite e che si erano affiancate, allineate ed alzate tornando quasi nella tana originale e che avevano iniziato a sfrigolare e vibrare, realizzai che qualcosa si era Inturgidito senza che nessuno glielo avesse chiesto, che si era Irrigidito di sua spontanea volontà, che si era Ingrossato senza alcun aiuto da parte di nessuno e quando mi resi conto che quel “qualCoso” che Pulsava, Scottava e si Agitava aveva già la Canna piena ed era pronto ad esplodere e a farmi sprecare un buon colpo, mi svegliai di soprassalto. Cominciai a stringere forte sia la base che la punta, mi imposi di respirare piano, piano, sempre più piano, mi sforzai di pensare a qualcosa di diverso rispetto a quello che stava per provocare il disastro e finalmente: quando decisi per matematica, latino e grammatica, tutto si calmò, si placò e si smosciò. Felice per lo scampato pericolo mi lasciai scivolare sopra le lenzuola ma mi accorsi subito che nonostante tutti i miei sforzi, il mio Coso era ancora nervoso e che era riuscito comunque a lasciarmi un non tanto piccolo regalino appiccicoso tra le dita. Indeciso su cosa farne, scartai subito l’opzione di fare un salto in bagno e pensai ad un posto utile dove poterlo Spalmare e anche di chiedere ad un dito di Ficcanasare e di farmi capire cosa sarebbe potuto succedere se qualcosa di più “serio” di lui, avesse usato quel regalino untuoso per spingersi un po’ più in su ma meglio ancora, un po’ più in dentro, dopodiché decisi di alzarmi e di tornare nell'altra camera. Trovai il mio non Cugino che dormiva; o cosi credetti; sdraiato di schiena, con le mani dietro la testa e le gambe distese incrociate una sull’altra e dato che ebbi l’impressione che gli mancasse qualcosa, mi avvicinai silenziosamente per cercare di capire dove fosse finita quella parte di lui che mi costringeva sempre a perdere ma quella posizione, che più tardi lui chiamò la “Posa da EnDuro” (ricordate? era appassionato di Moto) e che nell’autunno seguente insegnai con una piccola modifica, a quello Stronzo del mio ex compagno di classe e che poi divenne nota e famosa in tutto il Liceo come la “Posa da Porca” e che anni dopo presi l’abitudine di utilizzare anche io proprio per tirarmi Duro il Coso quando si metteva a fare i capricci o per far fare la stessa cosa ad altri se me li fossi trovati di fronte mosci o indecisi; me lo impediva. Decisi quindi di andare a curiosare da più vicino e a quel punto realizzai che il non Cugino era ben sveglio: di colpo le sue gambe si aprirono, vidi quel che cercavo ma che prima non c’era, scattare improvviso, sentii distintamente il suono della sua Cappella che gli sbatteva contro il ventre e dato che notai anche quel suo sogghigno beffardo, che sapevo bene essere il preludio per una mia ennesima ghiotta sconfitta, decisi che era arrivata l’ora di utilizzare tutti i verbi della prima coniugazione che conoscevo. Iniziai con Strusciare su di lui tutto quello che avevo a disposizione e per essere chiaro, si trattava prevalentemente dello spazio bollente che avevo tra le Natiche ma anche dell’ormai soffice ed allungato sacchetto delle Biglie che grazie al mio continuo andirivieni, prendeva dentro e si incastrava spesso contro la punta del suo Arco permettendomi, così facendo, di Afferrare, Sbatacchiare e “Pisellare” allegramente il mio Coso su di lui. Proseguii con Impugnare e Smanettare lentamente assieme le nostre Carni ma nonostante la cosa fosse piacevole per entrambi, mi resi velocemente conto che comunque non c’era bisogno di questo mio intervento per Rinforzare e Fortificare manualmente la parte di lui che credevo stupidamente di dover invece Solidificare da zero perciò, specialmente per evitare rischi a livello personale, smisi di Segare e passai alla fase successiva del mio piano. Questa prevedeva di sollevarmi spavaldo sulle ginocchia e Abbrancare, Raddrizzare, Posizionare in verticale e Puntare quel suo tesissimo Arco dritto sull’obiettivo; manovra impegnativa data quanta voglia aveva di tornare a Sbattergli contro l’ombelico; poi Allargare per bene le Chiappe ed infine Calare lento su di lui per poter finalmente adoperare anche l’agognato verbo: “Impalare”. Mi ero messo d’impegno e ce la stavo quasi facendo ma giusto quell’istante prima di riuscirci davvero, lui fu più veloce di me e mi sgusciò abilmente via mandando le ossa del mio Culo a sbattere sui suoi stinchi. Si mise comodo, mi tirò a sé per i capelli e mi spiegò, ribadendolo più volte, che essendo questa troppo scontata occorreva trovare un’occasione meno banale e più opportuna ma soprattutto, che occorreva ben altro luogo per potermi meritare davvero di farmi Inculare, Cavalcare e Montare (e Impalare, no?). Subito dopo asserì che dato il modo in cui mi vedeva muovere la testa, gli sembrava che infine fossi d’accordo anche io e che quindi fosse meglio per tutti continuare a Pompare, Leccare, Succhiare, Ciucciare e più tardi anche Ingoiare, Ingollare, Trangugiare, Fagocitare, Ingurgitare, Divorare e Mandare giù tutto. Che dire a questo punto? se non che non se la cavava male nemmeno lui con la prima coniugazione! Specificato ciò si mise ancora più comodo ma nell'attimo preciso in cui lo fece, la sua Cappella mi scappò di Bocca ed io mi serrai dolorosamente la Lingua tra i denti poi, mentre mi rialzavo di scatto tappandomela per non gridare, lui mi afferrò per il Coso ed iniziò a farmi un gran Favore a due mani il cui prodotto finale direzionò abilmente sul suo sempre ben teso Arco e negli immediati dintorni che, lo ammetto, mi convinse facilmente a Leccare dando così il via alla novità assoluta del farmi Assaggiare me stesso! Altrettanto facilmente mi convinse ad abbassare di nuovo la testa e a riprendere a dargli ragione esattamente da dove mi aveva interrotto poco prima e con orgoglio, aggiungo che riuscii persino a trattenere nei dintorni della Lingua, una buona parte della mia Crema Spermosa fino a che non arrivò di botto tutto il suo fiotto Sborroso, che poi mescolai ai miei avanzi ormai liquefatti e che mandai giù tutto con gusto ma col risultato finale di ritrovarmi sazio e ovviamente: sul due a zero! Mi spedì a dormire con lo stesso sistema di poche ore prima ma poi all’alba venne a trovarmi, me lo rimise in Bocca che ero ancora mezzo addormentato e ricordo bene (strano) che cominciai ad Aspirare, Poppare e Risucchiare come fossi un vitellino attaccato ai Capezzoli di una Vacca, come se al posto del suo Cazzo avessi tra le Labbra una cannuccia infilata in una lattina di aranciata e che mi resi pienamente conto di cosa avessi davvero in Bocca solo quando mi ritrovai con la Lingua Impastata, la Gola “Sborrosamente” stracolma e chiaramente: sul tre a zero! Meno male che poi spostò il lenzuolo e che quel “qualCoso” nervosetto che vi trovò sotto, gli piacque talmente tanto che finalmente potei fare un punto anche io ma ad ogni modo: contromossa fallita!

Capitolo Otto: L’assist.

Passai l’intera mattinata alla disperata ricerca della famosa occasione giusta per (capito cosa?), senza però trovare nient’altro che un ulteriore paio di Succulente sconfitte ma poi, quando stavo ormai per arrendermi all'evidenza di dover per forza aspettare che tornasse il sole, incredibilmente ed inconsapevolmente, fu la non Zia a fornirmi l'assist vincente. Causa grandi pulizie fatte nemmeno due giorni prima, ci proibì di stare in cucina anzi, ci suggerì di infilare gli stivali di gomma e di andare a fare un giro nella stalla passando dal porticato coperto e dal fienile di cui addirittura ci diede le chiavi della porta esterna. Partimmo di corsa e quando arrivammo davanti all’entrata, gli chiesi impaziente dove fossero finite quelle benedette chiavi ma, essendo la mia una domanda scema, per tutta risposta ne presi una secca e allora capii e le cercai dentro alla sua tuta trovandole appese a quel suo Arco, che mi tenni ben stretto Maneggiandolo come piaceva ad entrambi mentre lui, che era più forte di me, apriva e richiudeva alle nostre spalle il pesante portone. Appena dentro, grazie alla mia abilità nello strappargli via la tuta mentre facevo cadere a terra i miei pantaloncini e alla sua, che in un colpo solo sfilò ad entrambi le magliette, finimmo subito vestiti soltanto degli stivali. Non persi un solo secondo, mi ficcai in Bocca quel che fino a poco prima tenevo in mano e anche se risultò un po’ complicato camminare messo in quel modo, il non Cugino fu bravo e mi guidò alla ricerca del luogo adatto come stesse guidando la sua Moto preferita; arrivateci da soli a scoprire quali parti di me usò come manubrio. Comunque c’è da dire che andare all’indietro nel semibuio di un fienile, piegato a Novanta con la testa che fa su e giù e con in mano il proprio Coso invidioso che la vuole copiare, crea parecchi problemi di coordinazione e ti impone di fare ben attenzione a non attaccarti alle Biglie e a non Mordere Cappelle altrui quando ti accorgi di essere a rischio di inciampare e di picchiare il Culo per terra perciò, ben venga per entrambi di far finta di essere una Moto da EnDuro. All’improvviso inchiodò, mi afferrò per i capelli tirandomi in piedi e facendomi segno di fare assoluto silenzio, mi spinse dietro ad una pila di balle di fieno. Pensando fosse quello il posto prescelto, mi girai e mi piegai un po’ in avanti ma nel farlo capii sia il motivo di tanta fretta, sia a chi fosse appartenuta quella famosa palla di carta patinata e anche a chi lui avesse sempre rubato certi giornali. Appoggiato al muro, coi pantaloni alle caviglie, una rivista in una mano e nell’altra quello che il non Cugino descrisse immediatamente come: “un bel…Mezzo Agricolo”, c’era l’Orecchiuto che se ne stava sparando una di quelle solenni. Visto il modo di impugnarlo e la pessima maestria nel farlo andare che in effetti era più uno Sbatacchiare a vuoto che un Menare, ma visto soprattutto quel suo continuo guardarsi nervosamente attorno, decisi subito che il lavorante, seppur “ruspante e probabilmente saporito di terra, di latte e di fieno”, non era di certo un artista del mio calibro ma ad ogni modo restai anzi, restammo, a goderci la scena. Nel giro di poco tempo però, la visione di quel bel poveraccio cosi malamente maltrattato che comunque, a parte quello che Stritolavo di nuovo tra le mani, era per quanto mi riguardava l’unico altro vero Membro della famiglia dei Volatili che fino al quel giorno avessi mai visto dal vivo, cominciò a farmi talmente rabbia e pena che espressi il desiderio di andare a dargli una mano e perché no: magari anche una Lingua e una Bocca.

Capitolo Nove: L’ammonimento.

Non feci neanche a tempo a finire la frase che venni immediatamente Cazziato con una sberla pesantissima, redarguito di togliermi dalla testa certe idee malsane con un'altra ben più tosta e dolorosa di quella ricevuta poc’anzi ed infine, pesantemente avvisato di malrovescio di non pensarci proprio, ne ora ne mai, a far certe imponenti Cazzate perché quello che avevamo di fronte era un adulto, tra l’altro un adulto di quelli sfigati e chiaramente repressi, di sicuro uno di quelli della maledetta razza dei Porcimaiali. Scoprii dolorosamente a mie spese, che con quelli di quella razza bisognava sempre evitare di averci a che fare perché non si sa mai che idee malsane gli Frullino tra le gambe dato che è li che staziona il loro cervello bacato, perché gli adulti eccitati e Porcimaiali sono infidi ed estremamente pericolosi quando si tratta di mettere assieme ragazzini ingenui; Maschi o Femmine che siano; con tutte quelle Questioni che riguardano Favori, Merende o peggio ancora, Esperienze! perchè quella razza bastarda ne approfitta, perché agli adulti Porcimaiali interessa solo una cosa e cioè Usare, Adoperare, ma di più di tutto: Abusare della Carne fresca, ingenua ed instupidita dagli ormoni di noi ragazzini. Detto questo, il non Cugino mi afferrò per le spalle facendomi girare di colpo su me stesso e mandando Arco e Coso a Sbattere, a Strusciarsi e ad Avvinghiarsi l'un l'altro, mi guardò fisso e severo negli occhi e mi ammonì serio che il Sesso tra chiunque e con chiunque sia, venga e vada fatto, deve essere sempre una libera scelta, una volontà ed un piacere, mai e poi mai deve essere una forzatura, un obbligo o peggio ancora: una violenza. Negli anni a seguire mi ricordai sempre di questo suo amaro ma importante ammonimento tanto che non cedetti mai alle lusinghe del Vecchio bavoso del Parco e anche quando gli “procuravo” qualche “Finocchietto Finocchio” per portarmi a casa qualche utile Liretta (e su questo devo dar ragione a quello Stronzo del mio ex compagno di classe: sono stato un vero Coglione a comportarmi così) restavo sempre vigile e minaccioso nei paraggi. Il Vecchio Porcomaiale sapeva che poteva Guardarli, Toccarli, Segarli e a volte perfino Succhiarli ma mai e poi mai Scoparli, sapeva bene che la Reciprocità della cosa non era ammessa e che per Svuotarsi il cervello doveva sempre stare a distanza di sicurezza ed inoltre, aveva capito benissimo che se solo avesse osato tentare di contravvenire alle mie regole, per lui non sarebbe finita bene anzi, era ben cosciente che sarebbe finita parecchio male.

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