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Gay & Bisex

La forza bruta e violenta... Ep. 3


di Curiosissimoboy
04.09.2017    |    9.944    |    2 8.2
"Era stupenda la consapevolezza che la breve sofferenza di entrambi serviva per ampliare enormemente il godimento selvaggio..."
L’ ultima volta che ci eravamo incontrati avevamo anche dormito insieme. Sesso a parte, la serata era stata un po’ noiosa a dire il vero: cena a base di pasta col pesto e cotolette di pollo seguita da un “interessantissimo” documentario sulla intelligenza degli animali…
Durante l’intera visione, la sua “peculiarità di carattere ursino” l’ha fatto sdraiare sul divano in disparte ed a braccia conserte. Avrei voluto abbracciarlo, ma nell’ imbarazzo della situazione, l’unico pensiero bello era sul come mi aveva montato poco prima: le sue mani che stringevano il mio viso sbaciucchiandomi, i suoi schiaffoni autoritari sul culetto, la sua passione decisa che entrava in me avvolgendomi con le braccia, la sua crema che risaliva nel mio interno… Quanta saliva quella sera! Avevamo cominciato i preliminari già nell’entrata-cucina spogliandoci lungo la strada e concludendo l’ esplosione di piacere aggrappati alla testata del letto sotto la finestra.
Al termine del programma fuggivano via i piacevoli ricordi riprendendo contatto con la realtà e, insieme, ci dirigevamo a letto per un altro po’ di petting. Il risveglio normalissimo all’indomani, con qualche leccatona, ma nulla di che.
Dopo qualche settimana in cui sono stato fuori per lavoro, l’altra sera, dopo due messaggi scambiati, è venuto a prendermi in maglietta, pantaloncini e infradito, dicendomi: «Sali in macchina, oggi qualcosa di diverso e veloce, ho persone in casa». Abbiamo percorso un po’ di strada, quasi tutto il viale della libertà, entrando infine in una breve stradina, vicino dei lidi. A non più di venti metri, c’erano dei ragazzi adolescenti fermi coi loro scooter a scherzare e forse anche fumare. Togliendosi velocemente i vestiti mi dice di spogliarmi e, mentre lo faccio con molta più lentezza rispetto a lui, sistema i sedili tutti in avanti e abbassa i finestrini lato muro.
Ci mettiamo sul posteriore, pochissimi preliminari, poi mi gira col petto verso lo schienale e comincia a leccarmi il culetto per allargarlo. Dura poco anche questa pratica. Lo sento insalivare tutto e spingere il cazzo nel mio buchino non ancora dilatato. Il dolore è fortissimo e urlo. Gli schiamazzi dei ragazzi in sottofondo si zittiscono. Il mio amante si avvicina al mio all’ orecchio e leccandomi il collo dice di sopportare ché stava godendo tantissimo. Con voce fioca e tremula ma decisa e ansimante, mi sussurra perentoriamente di resistere e mi mette la sua mano in bocca, tra i denti. Istintivamente la mordo godendo dell’odore e del sapore del mio uomo: tutti i sensi erano coinvolti e ciò mi fa abbandonare ai suoi desideri. Le nostre vicendevoli urla di dolore hanno un sottofondo di piacere, percepito goliardicamente dai ragazzi che da lontano fischiano e incoraggiano.
Era stupenda la consapevolezza che la breve sofferenza di entrambi serviva per ampliare enormemente il godimento selvaggio. È strano e ingarbugliato da spiegare, ma riuscivo a sopportare il dolore perché lui godeva. E lui stesso sopportava il dolore del mio morso tra il polso e il pollice perché sapeva che mi serviva per sfogare la fitta che mi provocava al culetto e che faceva godere intensamente entrambi, soprattutto mentalmente. Un circolo di dolore fisico, passione e godimento. Lo sbattere del suo petto sulla mia schiena e il sussurro della sua voce altalenante nelle mie orecchie è sempre più insistente fino ad esplodere in un urlo, soffocato in parte sul mio collo. Esplodo anch’io in un urlo stile troia, senza sborrare, ma ispirato dal piacere di aver fatto godere il mio uomo in quella situazione che non riuscirò mai a descrivere appropriatamente. I nostri respiri stanchi andavano all’unisono come i nostri corpi incollati per la voglia e per il sudore. I fischi e i cori dei ragazzi là fuori esplosi dopo il nostro orgasmo, ci hanno fatto sorridere e prorompere in un profondo e caldo bacio.
Ci rivestiamo velocemente scambiando pochissime parole.
Mentre sulla strada passiamo accanto ai ragazzi del “tifo da stadio”, mi nascondo il viso con la mano e mi piego in avanti, lui rallenta, li guarda e ridendo fa loro segno di farsi una sega. Altro applauso scrosciante! Arrivati a destinazione, si ferma rivolgendomi il più bel sorriso che mi abbia mai fatto. Quel sorriso pieno parlava da sé…
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