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Le vacanze di René - 21


di July64
30.09.2017    |    22.707    |    21 9.6
"Quante cose avevo imparato in pochi mesi! Ero partito da Parigi quando ero un ragazzo imberbe ed assolutamente crudo in materia di sesso ed ora, grazie alla..."
Le vacanze di René – parte ventunesima



Rimasi ancora abbracciato a mia madre per diverso tempo, ci guardavamo negli occhi e ci accarezzavamo come due adolescenti al primo appuntamento. Non riuscivo ancora a credere che forse mia madre avrebbe avuto un bambino proprio da me, da suo figlio! Ma al solo pensiero il cuore mi scoppiava di gioia. Quando mamma decise che il tempo di tenere le gambe in alto era stato sufficientemente lungo, scostò le gambe dai miei omeri e delicatamente le appoggiò al suolo, sospirando. “E’ stato meraviglioso, René, non ho mai goduto tanto nella mia vita, sarà il “riali”, sarà il mio amore per te, ma ti assicuro che sensazioni così intense non credevo esistessero”.

L’abbracciai forte: “ti amo maman, ti amo profondamente, sono un ragazzo, ma tu mi hai fatto diventare uomo. Assumerò tutte le responsabilità connesse alla mia condizione di padre dei nostri figli e noi non ci lasceremo mai”.
“Puoi giurarlo, bambino mio” rispose mamma con una luce particolare negli occhi, Metteremo al mondo tanti meravigliosi bambini, tutti nostri. Vivere qui con loro sarà stupendo!”

Il momento era nello stesso tempo romantico e solenne: ci fissammo negli occhi a lungo e ci scambiammo questa meravigliosa promessa. Non volevamo staccarci, ma pensammo che fosse il momento di rientrare al campo. Mamma indossò nuovamente il pareo (lei era un po’ restia ad andare in giro completamente nuda), mi porse nuovamente la mano e me la strinse forte, conducendomi per la strada che poco tempo prima avevamo imboccato per andare a far nascere nostro figlio.

Non appena ci affacciammo alla radura, sede nel nostro “residence”, ci trovammo di fronte ad uno spettacolo unico: erano tutti impegnati a far l’amore. Zio Marcel stava – come di consueto – inculando zia Jen, mentre lei e zia Juliette si divertivano ancora al gioco dello scambio della saliva. Il nonno e la nonna, nella stessa posizione di zio Marcel e zia Jen, se la godevano da pazzi. Mio padre infilava alternativamente il suo membro nella fica di Virginie, poi in quella di Edith ed infine in quella di Annette. Una visione da girone dantesco, ma con diversa connotazione: allegra, gioiosa, eccitante.

Solo Jacqueline, sempre lei, rimaneva sola, in un angolo dell’accampamento, con gli occhi bassi, estraniandosi completamente dall’orgia che si era scatenata. La mamma si avvicinò a lei e le prese una mano. Cominciò a parlarle con voce bassa e dolce. Mi avvicinai lentamente e mamma mi fece spazio accanto a lei perché potessi sedermi vicino a loro. “Jac” disse mamma “ormai è questa la nostra vita; sono mesi che siamo qui e probabilmente ci resteremo ancora per tanto tempo. Siamo ritornati ad essere una tribù di maori che per primi sbarcano su una terra sconosciuta, ma per fortuna ospitale. Quindi ci comportiamo esattamente come i polinesiani. Ricordi la danza della fertilità che abbiamo visto sulla prima isola nella quale ci siamo fermati? Ricordi come erano tutti felici della loro condizione? Probabilmente ti mancheranno tutte le comodità della nostra casa di Parigi, i tuoi studi, i tuoi amici, però qui con te ci sono le persone che ti amano di più al mondo, che darebbero la propria vita per te senza pensarci su neanche per un attimo. E poi mi sono accorta come guardi con interesse sempre maggiore le nostre performance sessuali. Mi chiedo ogni giorno che cosa aspetti ad unirti al gruppo.”

Jacqueline, a testa bassa, con un filo di voce, le rispose: “Mamma, io penso di avere un grave handicap, che mi impedisce di fare le stesse cose a cui voi siete ormai avvezzi. All’inizio ero sconvolta: ti confesso che le prime volte che vi ho visti avrei voluto scappare via, ma col tempo mi sto abituando e non mi scandalizzo più. Il mio problema è che non l’ho mai fatto nella mia vita. Non so come comportarmi. Ho paura di non saperlo fare, di sbagliare e di fare figuracce. Vedo che siete tutti molto pratici del sesso. Io non so nemmeno da dove iniziare. Sono vergine e tutte le cose che mi hai spiegato tu, sin da quando ero una bambina, mi sono sembrate solo teoria e non ho mai avuto l’occasione di metterle in pratica. Il sesso non mi fa schifo, anzi ci sono dei momenti nei quali mi sento rimescolare, ma temo di non saper affrontare il problema.”

“Tesoro mio” riprese la mamma, accarezzandola, “questo è l’ultimo dei tuoi e dei nostri problemi. Avrai certamente osservato che qui sono tutti molto amorevoli, delicati, attenti alle esigenze dei partners. Nessuno mai potrebbe farti del male o trattarti in modo non affettuoso e dolce. E nessuno potrebbe mai farti sentire a disagio per quello che non sai. Prendi René come esempio, tu sai bene che noi facciamo spesso l’amore. Ti confesso che pur amando papà molto profondamente, mentre faccio l’amore con René provo delle sensazioni mai avvertite prima nella mia vita.

A queste parole Jacqueline mostrò un intenso rossore che le si diffuse sul viso e abbassò la testa, come se si vergognasse. Mamma allora proseguì: “Non devi provare alcun senso di vergona, figlia mia, anzi devi considerare che è una fortuna che la tua iniziazione sessuale possa avvenire qui, tra persone che ti amano e per le quali la tua felicità è al primo posto. Pensa che cosa avrebbe potuto accadere in Francia. Giovinastri senza scrupoli, per i quali la verginità di una ragazza è un fastidio da dover eliminare subito, senza alcuna preoccupazione e soprattutto senza la delicatezza che un evento di tal genere richiede”.

“Ma mamma, io non ho idea nemmeno di come avvenga questa trasformazione nel mio corpo e sinceramente, per i discorsi che ho scambiato con le mie amiche, si tratta di un evento spesso doloroso e traumatico”, replicò Jacqueline, sempre a testa bassa.

“Non credere a tutto quello che dicono le tue amiche, mia cara. Quando io l’ho fatto con tuo padre ti assicuro che è stato dolcissimo, non ho avvertito alcun dolore ed è stato il coronamento di un amore grande, che dura ormai da oltre un ventennio, sempre uguale, sempre meraviglioso, proprio come la prima volta!”

Jacqueline si risollevò e guardando la mamma dritta negli occhi le chiese: “e secondo te con chi dovrei provare questa mia prima volta?”

“Ma hai bisogno di chiederlo, amore mio? Con tutti noi, che ti sosteniamo e che ti amiamo tanto. Io proporrei che la scelta non possa essere che tua: devi essere tu a scegliere la persona che ami di più ed alla quale vorrai donare la tua verginità, senza alcun problema. Anche in questa grande occasione tutti noi saremo accanto a te.”

“Avrei sognato di concedere la mia verginità al mio “principe azzurro”, ma so che questo rimarrà solo un sogno. Allora vorrei farlo con René. Ricordo ancora quanto rimasi sconvolta il giorno che mi disse di avermi sognata, nuda accanto a lui. Quando me lo confessò rimasi scioccata, ma da quel momento il pensiero non mi ha mai abbandonata. Io amo tanto René e so che lui mi ama in egual misura.”

E guardandomi chiese: “Allora fratellino, la vorresti la mia verginità?”

Ero allibito. Non avrei mai creduto che le parole di mamma riuscissero a schiodare Jacqueline dalla sua tetragona intenzione di non avere rapporti con alcuno, specialmente con i membri della sua famiglia. E sinceramente non sapevo nemmeno come comportarmi con una persona che non aveva mai avuto rapporti sessuali prima di ora. Cominciai a balbettare qualche parola, ma la mamma mi zittì immediatamente: “Basta così, ora cominciamo.”

Distese per terra il suo pareo, rimanendo completamente nuda, come l’avevo vista quando ci eravamo rintanati nel bosco per far nascere il nostro bambino ed iniziò ad accarezzare dolcemente Jacqueline, prima sul viso, poi sul corpo. Lentamente slacciò il nodo del pareo di mia sorella, esponendo il suo seno rigoglioso, tanto simile a quello della mamma e di zia Jen, e poi tutto il resto del suo corpo. Mi abbassai per baciare mia sorella, prima sul viso e poi sulle labbra. Jac le tenne prima chiuse, poi piano piano cominciò a dischiuderle. Avevo timore di infilare la mia lingua nella sua bocca. Se ci fosse stata Annette al posto suo mi avrebbe già risucchiato la lingua, proprio come faceva con il mio pisello. Ma comprendevo che il momento era assai delicato: avrei dovuto evitare a tutti i costi di traumatizzare Jacqueline; la delicatezza avrebbe dovuto essere il mio imperativo.

Il rossore le si diffondeva sul volto, mentre il suo respiro cominciava a farsi più ansimante. Cominciai a baciarla sul collo, sulle spalle, poi sul seno. Quando le posai un bacio su un capezzolo e cominciai timidamente a leccarlo Jacqueline si lasciò sfuggire un gemito, inarcò la schiena e mi accarezzò i capelli: questo mi parve come un segnale di via libera; le baciai lo stomaco, indugiando sull’ombelico, con la lingua che penetrava nel buchino profumato di mare e di erba. I gemiti di Jac e le sue carezze sul mio capo si intensificarono. Finalmente raggiunsi il suo monte di venere, coperto da una peluria castana, ma non ebbi il coraggio di affrontare ancora quell’ultimo grande scoglio. Così scesi più giù e le baciai le cosce, poi i polpacci, poi i piedi. Quando mi accorsi che mia sorella era finalmente rilassata compresi che era il momento di risalire verso il suo mondo proibito ed ancora inviolato; avrei dovuto usare tutte le cautele per non farle male.

Passai lentamente la lingua all’interno delle cosce e avvertii dei brividi che scuotevano il corpo di Jacqueline: e così mia sorella non era affatto frigida come tutti noi, lei compresa, pensavamo che fosse! Finalmente con la punta del naso toccai le sue grandi labbra, mentre continuavo a leccare lentamente l’interno delle sue cosce. Mi accorsi che Jacqueline stava stringendo forte la mano di mamma, come per trarre forza dal suo contatto, mentre mamma continuava ad accarezzarle il volto ed i capelli, come per tranquillizzarla.

Giunto all’ingresso del canale dell’amore, detti il primo bacio alla fica di mia sorella. Un profumo dolcissimo penetrò nelle mie narici: non avevo bisogno di altro afrodisiaco, ma se avessi mai finito il riali sarebbe bastato annusare le fica di Jacqueline per ritrovare nuovo vigore sessuale! A quel contatto Jac dischiuse ancora di più le gambe e mi permise di avere una visione ed un accesso ancora migliori a quel meraviglioso cespuglio. Le leccai l’esterno della fica, poi, delicatamente, con la lingua penetrai nel mondo meraviglioso di mia sorella. Un gemito ancora più lungo mi confermò che a Jac non dispiaceva affatto il mio approccio. Sempre molto lentamente cominciai a passare la lingua su e giù lungo le piccole labbra. Con una mano accarezzavo il monte di venere, mentre con il pollice tiravo in su la sua pelle per poter scoprire il clitoride. Quante cose avevo imparato in pochi mesi! Ero partito da Parigi quando ero un ragazzo imberbe ed assolutamente crudo in materia di sesso ed ora, grazie alla mie amiche Annette ed Edith, a mia sorella Virginie, alle mie zie e dulcis in fundo a mia madre, ero divenuto un esperto in ars amandi. Incredibile!

I gemiti di Jacqueline si facevano ora sempre più intensi, il suo corpo si inarcava tutte le volte che passavo la lingua sul clitoride e la sua mano stringeva sempre più forte quella di mamma, che continuava a sorriderle e ad incitarla: “Dai, Jac – diceva la mamma – “è bello vero? Ma che paura avevi? Far l’amore è la cosa più bella del mondo. Da ora in poi non potrai più farne a meno.”

La fica di Jacqueline aveva iniziato a secernere umori meravigliosi, che si spandevano sul mio viso e che bevevo con voluttà. Ad un tratto il corpo di mia sorella si inarcò ancorò di più e con un grido Jac mi afferrò la testa: “Ohhh, René, che mi stai facendo? Che mi sta succedendo? Mi sento strana, ma è meraviglioso!”
“Tranquilla, Jac” – le disse nostra madre – “hai avuto il primo vero orgasmo della tua vita. Hai detto bene: è meraviglioso. Ma non hai provato ancora nulla!”

“Oddio, che mi sono persa finora!” diceva Jacqueline. “Dai René, fratellino, continua, mi piace, continua così.” Ero senza parole, avevo sempre avuto timore di urtare i sentimenti di Jacqueline parlando con lei di sesso ed ora mi trovavo qui a fare sesso proprio con lei. Ed era così simile a mamma che mi sembrava di far l’amore ancora con lei.

Mentre ero immerso in questi pensieri udii la mamma che diceva ad entrambi: “Ora penso che sia giunto il momento. Jac, solleva leggermente il bacino ed apri ancora un po’ le gambe. E tu René, mi raccomando, sii dolce.” Io tremavo per l’eccitazione ed anche per la paura: non avevo mai fatto l’amore con una vergine e non avrei saputo nemmeno da dove iniziare, se non ci fosse stata accanto la mamma, con i suoi suggerimenti dolci e amorosi. Anzi la mamma intendeva prendere parte attiva alla cerimonia!

Continuando a stringere la mano di Jacqueline, mamma si avvicinò a me e mi fece segno di sdraiarmi tra le cosce di mia sorella. Poi mi prese in mano il pisello, duro come l’acciaio, e lo avvicinò alla fica di Jacqueline. Tenendolo tra le mani lo fece scorrere su e giù tante volte all’ingresso della sua vagina. Quando la punta toccava il clitoride mia sorella faceva un balzo in su: “Ti fa male?” chiese la mamma. “No, per nulla” rispose Jacqueline, “sto sobbalzando perché quando mi tocchi lì mi viene come un brivido.”

“Fantastico!” rispose mamma “si vede che sei mia figlia: provi le mie stesse sensazioni.” E continuando, si rivolse a me: “Ora, René, Entra un pochino dentro, ma solo un pochino, fino a quando non sentirai un leggero ostacolo. A quel punto fermati.”
Tremavo per l’apprensione: la responsabilità che avvertivo tutta sulle mie spalle era enorme. E la situazione era davvero singolare: stavo per deflorare mia sorella, alla presenza di mia madre, anzi addirittura con il suo aiuto. Nonostante l’eccitazione al parossismo, il timore di far del male a Jac mi faceva venire la pelle d’oca. Accarezzavo mia sorella, cercando di tranquillizzarla, ma mi rendevo conto che la presenza di nostra madre aveva su Jacqueline un effetto stupefacente. Le due donne si sorridevano e mamma continuava ad accarezzarla, prima sul viso, poi sul seno e ancora sulla pancia.

La fica di Jac era rorida di umori, ma non avevo ancora il coraggio di spingere. Mi accorsi che la mano di mamma non aveva lasciato il mio pisello, anzi continuava ad impugnarlo con forza, facendolo muovere lentamente dentro e fuori la vagina di Jacqueline, bollente come il sole della Polinesia. Mi fermai quando incontrai un morbido ostacolo all’interno della sua vagina. Jacqueline si irrigidì. Mamma, che impugnava ancora il mio membro, lentamente lo diresse all’indietro, fin quasi a farlo uscire dalla vagina. Jacqueline si rilassò nuovamente, anche grazie alle carezze continue della mamma ed alla sua voce suadente e dolce che le diceva: “Visto, bimba mia, che non c’è nulla da preoccuparsi? Ti piace?”. Nel contempo vedevo che l’eccitazione di Jacqueline aumentava sempre più: lei rispondeva alla mamma annuendo con il capo e ricambiava le mie carezze con una dolcezza infinita.

Lentamente mamma riprese a guidare il mio pisello all’interno della vagina di mia sorella. Una, due, poi dieci, venti volte. Quando io mi fermavo, perché avevo incontrato il solito ostacolo – che mamma mi diceva essere l’imene di mia sorella – la mano di mia madre mi riportava indietro, fino all’ingresso della vagina e poi di nuovo avanti. La mano che accarezzava Jac si spostò lentamente verso il suo monte di venere e vidi che cominciò a toccare lentamente, ma insistentemente il suo clitoride, provocando dei tremiti convulsi in Jac. Dopo una serie infinita dei miei movimenti di va e vieni, sempre guidati dalla mamma, il respiro di Jacqueline si fece più affannoso. Ad un tratto il suo corpo, sotto le spinte del mio pisello e delle carezze di mamma al suo clitoride, si inarcò per un secondo orgasmo.

“Ahhh René, mamma, mi fate impazzire” gridò Jacqueline. “Che bello, ahhh, è bellissimo!” Nel momento in cui il suo corpo, inarcandosi, raggiunse il massimo dell’altezza dal terreno, mia madre con un movimento improvviso e repentino mi prese il pisello e lo spinse con forza all’interno della vagina di mia sorella, la quale improvvisamente ammutolì. “Ouch!” fu l’unica parola che riuscì a pronunciare, mentre io avvertivo che il mio pisello, libero dalla mano di mamma, era penetrato completamente in lei. Il cuore mi pulsava nel petto come se fossi affetto da tachicardia parossistica. Mi aspettavo che Jacqueline piangesse o urlasse di dolore o si scostasse da me inorridita.

Nulla di tutto ciò. Jacqueline sollevò la testa e mi guardò come stranita. “Tutto qui?” chiese guardando prima me poi mia madre. “Avevi ragione, mamma, non ho provato alcun dolore, ma un leggero senso di lacerazione, che è già passato. Ma mi sento stranamente piena, come se avessi qualcosa nella pancia.”
“Ma ce l’hai qualcosa in pancia, figlia mia”, le rispose mamma. “Hai tutto un pisello durissimo di tuo fratello completamente dentro di te. Ora continua a rilassarti perché finalmente te la potrai godere come non mai! Dai, René, ora puoi continuare, ma piano!”

Gocce di sudore imperlavano il mio viso e poi cadevano sul seno di Jacqueline. Mai avevo affrontato una prova così difficile nella mia vita. Il mio pisello pulsava disperatamente nella vagina di Jacqueline, fino ad allora inviolata, che mi sembrava meno morbida di quanto avessi trovato il suo ingresso. Per fortuna il liquido lubrificante, che il mio pisello produceva a non finire, mi dava una mano. Cominciai lentamente ad andare avanti e dietro nella vagina di Jacqueline, fino in fondo, dall’ingresso alla sua cervice, mentre la mamma continuava ad accarezzarle il clitoride.

“Ohh, mamma, è troppo forte, non ce la faccio a sopportarlo” diceva Jacqueline, quasi singhiozzando. “Sto godendo come una pazza, oddio che bello!!!” Il bacino di Jacqueline, mentre spingevo dolcemente il mio pisello dentro e fuori la sua fica, si sollevava e si abbassava, assecondando le mie spinte. L’istinto di mia sorella aveva avuto finalmente il sopravvento sulla sua razionalità. Era dolcissimo far l’amore con lei: aveva una sensualità innata che la rendeva eccitantissima. Cominciò a tremare nuovamente: “Ahh, ora è diverso, è più forte, sono vicina, ohh, non ce la faccio a sopportarlo, è troppo bello, René, dai fratellino continua, sono vicina, è bellissimoooo!” Il suo corpo era squassato da tremiti, Jacqueline girava la testa da un lato all’altro e lacrime di godimento sgorgavano dai suoi occhi. “Sì René, è meraviglioso, ti amo fratellino mio!”

La sua fica cominciò a pulsare così forte da vincere ogni mia resistenza: un mare di sbora fluttuò dal mio pisello per riempire la fica di Jacqueline. “Ti sento pulsare, René, è bellissimo, mi sento allagata. Continua, amore mio, è stupendo”. Il mio orgasmo durò parecchi secondi e, come di consueto, il mio pisello produsse una quantità spropositata di sbora, tutta racchiusa nel canale dell’amore di mia sorella e sparata verso la sua cervice. Mi accasciai sul suo corpo e cominciammo a baciarci furiosamente. Le nostre lingua intrecciavano danze polinesiane e questa volta, sempre istintivamente, anche lei mi succhiava la lingua come Annette sapeva fare benissimo.

Rimanemmo così, a guardarci e a guardare nostra madre per tanto tempo. Alla fine, mamma interruppe l’idillio dicendoci: “E bravi i miei figlioli, ora anche Jacqueline molto probabilmente porterà in grembo un figlio. Penso che quest’isola presto diventerà troppo piccola…”


Fine capitolo ventunesimo
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