incesto
Nel Cuore della Mamma, 1

03.06.2025 |
6.572 |
12
"“Sei sempre la stessa, mamma”, dissi, e lei accarezzò la mia nuca, un gesto che mi fece rabbrividire, il desiderio che gridava di afferrarla..."
Il taxi si fermò davanti alla villetta elegante dove avevo trascorso la mia infanzia, in un paesino della provincia di Cesena. L’aria estiva era densa e vibrante, resa incandescente dal sole. Mentre pagavo il tassista, mia madre emerse dalla porta, una visione che mi fece quasi dimenticare il mondo. Un soffio di vento sollevò il suo abito verde, così leggero da sembrare un sospiro, rivelando per un attimo le sue cosce sinuose. Mi ritrovai a stringere i pugni per non farmi sopraffare dall'emozione. “Sua moglie?” chiese l’autista, la voce carica di malizia, e lo sguardo che la divorava.
“Mia madre”, risposi, la gola secca, porgendogli i soldi. Scrollò le spalle, un sorrisetto complice.
“Fortunato lo stesso”», mormorò, e il tono mi fece ribollire il sangue. Presi la valigia, gli dissi di tenere il resto e scesi, il cuore che martellava come un tamburo.
Mia mamma era una donna tipica romagnola di 53 anni, dal carattere deciso e autentico. La sua presenza era imponente, con una figura rotonda e felliniana che ancora irradiava sensualità e grazia. Nonostante l'età, conservava ancora un fascino naturale.
La mamma mi raggiunse mentre tiravo fuori la valigia dal retro del taxi. Chiusi il bagagliaio e picchiettai sul cofano per salutare l’autista.
“Cosa ci fai qui?” mi chiese, schermandosi gli occhi dal sole, il corpo che si muoveva con una grazia peccaminosa sotto il tessuto sottile.
“Desideravo vederti, mamma”, sussurrai mentre si avvicinava, e l’abbracciai con dolcezza. Il suo corpo morbido si appoggiava al mio, caldo e invitante, mentre la mia mano destra sfiorava delicatamente la pelle fredda della sua spalla. Quel tocco, così leggero, accese in me un fuoco intenso, un bruciore che si diffondeva dentro. “E il tuo anniversario… non potevo proprio mancare”, aggiunsi con voce bassa, lasciando che il tono tradisse tutta la mia emozione e desiderio.
“Te ne sei ricordato?” sussurrò, gli occhi che scintillavano di sorpresa e di un’intensità che mi fece quasi cedere.
“Grazie al telefono, aveva già inserito l’evento nel calendario”, risi maliziosamente, ma il mio sguardo si soffermò sulle sue curve, più piene rispetto all’ultima volta. Il suo sedere ondeggiava con un movimento naturale, come un richiamo irresistibile. “Ho anticipato il viaggio per il mio compleanno, aggiunsi”.
“Resti fino ad allora?”» La sua voce era un soffio caldo, carico di promesse non dette.
“Se mi vuoi”, mormorai, sfiorandole la pelle con una lentezza che tradiva i miei pensieri. Mi colpì il petto, ridendo, ma le sue dita si attardarono, accendendo scintille.
“Sempre”, disse, gli occhi che mi catturavano. «Sapevo saresti venuto, ho le tue lasagne in forno.»
Lasciai la valigia in corridoio e la seguii in cucina, allentandomi la cravatta mentre le scrutavo distrattamente le gambe e la schiena nuda. Notai che forse aveva messo su qualche chilo nei quasi quattro mesi dalla mia ultima visita, ma il maschio che era in me notò che sembrava essersi sistemato nei punti giusti, con il sedere che ondeggiava piacevolmente mentre camminava.
Il profumo delle lasagne riempiva la casa, fresca e ombrosa, un rifugio dal caldo soffocante. La osservai muoversi in cucina, il corpo che si piegava appena mentre prendeva una brocca d’acqua dal frigo, il vestito che scivolava su, rivelando la curva delle cosce.
Mi porse una generosa porzione di lasagne fumanti, che sembrava racchiudere tutto l’amore e la dedizione di mia madre. In quel piatto c’era la sua presenza, la sua cura, un legame profondo che mi ha sempre confortato sin da quando ero piccolo.
Accennò alla mia ex, vista al centro commerciale. “Ha finto di non vedermi”, disse, un sorrisetto che nascondeva un’ombra di disprezzo. Il mio matrimonio era morto per i viaggi e il suo tradimento, ma non mi importava più. Lei cambiò discorso, la voce più bassa, più intima.
“Adesso nessuna ragazza?” chiese, porgendomi un bicchiere di Sangiovese. Il vestito si alzò mentre prendeva i bicchieri da uno scaffale alto, la scollatura che si apriva, mostrando il seno pieno, i capezzoli appena accennati sotto il tessuto. Il desiderio mi strinse il petto, e dovetti distogliere lo sguardo.
“Una a settimana, mamma”, scherzai, cercando di nascondere il rossore che mi salivava alle guance. Il mio sguardo si soffermò sulla sua pelle, irresistibilmente affascinato dal modo in cui la luce la valorizzava. Poi, tirai fuori il regalo: una bottiglia di champagne Moët & Chandon Rosé Impérial, pensata per celebrare il suo anniversario, un gesto che volevo fosse speciale e intimo.
“Oh tesoro..”, sussurrò, gli occhi lucidi di lacrime, la voce rotta. Il giorno dopo sarebbe stato il decimo anniversario di matrimonio di mia madre e del mio patrigno. L'unica figura paterna che avessi mai conosciuto, entrò nella mia vita quando avevo cinque anni, ma per me era come un intruso, qualcuno che mi aveva rubato l’affetto e l’amore che credevo spettassero solo a me. Ogni suo gesto verso mia madre era una ferita invisibile, un segno che il posto che avevo sempre occupato nel suo cuore stava lentamente svanendo. Non riuscivo a vederlo come un modello o un sostegno, ma solo come un rivale, un’ombra che oscurava il legame unico che avevo con mia madre.
Lui e la mamma si sposarono finalmente quando ne avevo sedici e fui orgoglioso di essere al suo fianco come testimone di nozze. Il Moët & Chandon Rosé Impérial era lo champagne che avevano servito quella sera, ed era anche il mio primo assaggio di alcolici, dato che la mamma me lo permetteva per l'occasione.
Sei anni sono trascorsi, e proprio nell’anno in cui il mio matrimonio è crollato, il Covid si è portato via anche mio patrigno. Mia madre, già segnata da due grandi perdite, ha chiuso definitivamente il suo cuore. Quel dolore profondo le ha spezzato l’anima, lasciandola incapace di aprirsi di nuovo all’amore. La sua solitudine si è fatta un silenzio pesante, un ricordo costante e doloroso di ciò che ha perduto.
“Apriamo lo champagne domani?” chiese lei, con un sorriso leggero che illuminava il suo volto.
“Senza dubbio”, risposi, la voce carica di un’intensità che non riuscivo a controllare.
Improvvisamente, un tuono scosse la nostra intimità, e la pioggia iniziò a cadere, pesante e improvvisa. Lei si precipitò fuori, correndo a ritirare i panni stesi in giardino, mentre le gocce si mescolavano alle sue mani, e il fragore del temporale riempiva l’aria di un’energia pesante e improvvisa. Il vestito che si incollava al corpo, ogni curva delineata, i capezzoli turgidi che premevano contro il cotone bagnato, la linea delle mutandine che si intravedeva come un segreto sussurrato. “Che sollievo”, rise, alzando il viso al cielo, l’acqua che le scorreva sul collo, tra i seni, lungo le cosce.
“Vieni dentro, ti stai bagnando tutta!” gridai dal portico, il cuore che batteva forte nel petto mentre il desiderio mi travolgeva nel vedere le sue forme sinuose emergere dalle vesti bagnate. La sua pelle lucente, levigata dall’acqua, brillava sotto la luce, lasciando intravedere le curve avvolte dal tessuto umido. Quando tornò fradicia, il suo corpo scintillava come se fosse avvolto di un alone sensuale, e i suoi occhi, ancora più vivaci, trasmettevano un richiamo irresistibile.
“Oh, no”, mi fece segno di andarmene. “Vado a farmi una doccia, ti lascio disfare i bagagli”, disse in modo sbrigativo.
Ho spostato la valigia nella mia vecchia stanza, ora una camera per gli ospiti che per fortuna non assomigliava per nulla alla mia infanzia. Presi il portatile e il cavo di alimentazione, uscii e tornai indietro lungo il corridoio ancora buio, con il rumore del temporale che risuonava sopra la mia testa.
La luce del bagno era accesa, e con la porta appena socchiusa, passai di sfuggita, spinto dalla curiosità. Di fronte a me si stagliava una figura di carne e curve, più imponente di quanto avessi mai percepito in lei. Un lato del suo corpo nudo, dalla punta dei piedi fino alla sommità della testa, era a portata di mano; senza farmi notare, rallentai il passo per contemplare quel quadro vivente: un corpo degno di un film felliniano, sensuale e armonioso. La sua pelle, bianca e perfetta, liscia come porcellana, priva di segni di abbronzatura, scintillava sotto la luce soffusa. Le morbide linee delle suoe natiche si arcuavano con dolcezza, tracciando una curva seducente e armoniosa, mentre la schiena, sinuosa e levigata, si piegava appena, mostrando una grazia naturale. Poi, senza far rumore, proseguii verso la cucina, chiudendo la porta del bagno mentre me ne andavo.
Solo pochi minuti dopo, udii il lieve fruscio dei passi e la mamma tornò dal bagno. Inaspettatamente, era avvolta da un asciugamano sottile, che lasciava intravedere le sue curve delicate. Il busto si sollevava leggermente, come un’offerta nascosta, mentre le sue cosce nude sembravano invitarmi a perdermi nel loro richiamo irresistibile. “Non lavorerai qui adesso, vero?” chiese, chinandosi sul mio portatile, così vicina che il suo profumo mi avvolse, dolce e inebriante.
"In realtà, ora sono ufficialmente in ferie," dissi.
"Meraviglioso," commentò con un sorriso malizioso "Allora… pensi che sia troppo presto per mettermi il pigiama?" disse, con un sorriso malizioso, mentre sistemava con cura la piega dell’asciugamano sul seno. "Lo ammetto, di solito indosso il pigiama più o meno in questo periodo," aggiunse lei, ridendo.
"Sono le quattro passate, mamma” risposi, scrollando le spalle. «Non ti fare problemi per me,» le dissi. «Fai come ti pare, come al solito.»
«Non puoi dirlo», ribatté con un sorriso malizioso, gli occhi che brillavano di una luce giocosa e sfuggente. «Quasi mi dimenticavo di chiudere la porta del bagno poco fa! L’ultima cosa che vorresti è vedermi nuda,» rise, con un tono scherzoso passando accanto a me e stringendomi la spalla con complicità.
Sparì per un attimo, poi tornò con una camicia da notte di pizzo bianca, così aderente da lasciare poco all’immaginazione. I suoi capezzoli rosa, duri e ben visibili, premevano contro il tessuto sottile, come un invito provocante che faceva scorrere il desiderio nelle mie vene, facendomi bruciare di desiderio.
"Dopo il tuo viaggio, dovresti fare una doccia», ", disse di sfuggita mentre rientrava in cucina. "Togliti gli abiti da ufficio, ora che sei "ufficialmente" in vacanza. Ti sentirai molto meglio."
In bagno, trovai le sue mutandine umide sul bordo della vasca, un richiamo che mi fece quasi perdere il controllo. Chiusi la porta a chiave, il cuore che batteva all’impazzata. Le presi, il cotone morbido ancora caldo del suo corpo, il profumo che mi fece girare la testa.
Le fantasie mi travolsero, audaci e proibite: immaginai di entrare con lei sotto la doccia, l’acqua calda che scivolava sui nostri corpi nudi, fondendo i nostri respiri e i battiti del cuore in un gioco di desiderio e piacere. Le mie mani percorrevano la sua pelle, dal seno morbido alle cosce lisce, mentre lei si abbandonava, il respiro spezzato, i nostri corpi stretti in un intreccio di passione e trasgressione. Immaginai di confessarle quel fuoco che mi consumava, di sentirla cedere sotto il mio tocco, le sue labbra che cercavano le mie in un bacio ardente, capace di infrangere ogni regola.
Il mio corpo rispose al richiamo del desiderio che pulsava forte, ma mi trattenni, come se la realtà mi avesse dato uno schiaffo. Quelle fantasie proibite erano un fuoco pericoloso, un fuoco che non potevo permettermi di alimentare. Sotto la doccia, lasciai che l’acqua fredda scivolasse sulla pelle infuocata, cercando di placare quella brama, deciso a rinchiudere quel desiderio in un angolo nascosto della mente...almeno per ora. Ma mentre l’acqua scorreva, sapevo che la sua presenza, così vicina, così reale, avrebbe reso ogni momento una prova di resistenza.
Quel pomeriggio d’estate, il sole era così caldo e invitante che ho deciso di stendermi sul terrazzo di casa per prendere un po’ di sole. Il mio corpo, giovane, tonico e muscoloso, si lasciava accarezzare dai raggi dorati mentre chiudevo gli occhi, godendomi quella sensazione di calore e libertà.
Improvvisamente, ho sentito la voce calda e roca della mamma. Si è avvicinata con un sorriso malizioso, i suoi occhi scuri pieni di ammirazione e desiderio.
“Marco, non ti sei messo la crema?” mi ha sussurrato, la sua voce un soffio che ha fatto vibrare la pelle. “Non vuoi mica scottarti, vero?”
Ho aperto gli occhi e l’ho guardata, colpito dalla sua presenza magnetica. Lei ha preso la confezione di crema solare e ne ho versato un po’ sulle mani, che si sono subito riscaldate al contatto con la mia pelle.
“Lascia fare a me,” disse con un sorriso che prometteva molto più di un semplice gesto di cortesia.
Le sue mani hanno iniziato a scivolare sulle mie spalle, massaggiando la crema con movimenti lenti e decisi, carichi di una sensualità palpabile. Mentre le sue dita esploravano la mia pelle, ho sentito il calore del sole fondersi con quello del suo tocco. Il suo sguardo si è fatto intenso, e lei ha iniziato a sussurrarmi all’orecchio, con voce bassa e avvolgente:
“Ricordo quando eri solo un ragazzino, così giovane e inesperto... Ma adesso, guarda te... questo corpo, così tonico, muscoloso, virile... Sei diventato davvero un vero maschio.”
Quelle parole, sussurrate così vicino, hanno acceso qualcosa dentro di me. Il mio respiro si è fatto più profondo, il cuore ha accelerato, e ho sentito un’eccitazione nuova, sottile ma intensa, crescere lentamente.
Le sue mani hanno continuato il languido massaggio, scivolando con delicatezza sui miei pettorali scolpiti, seguendo le curve dei muscoli tesi sotto la pelle calda. Ogni dito sembrava danzare, accarezzando il petto ampio e forte, mentre la crema lasciava una scia morbida e profumata.
Poi, lentamente, le sue mani sono scese lungo il ventre piatto e definito, sfiorando ogni linea muscolare con una leggerezza che mi faceva quasi tremare. Ho sentito il calore del suo corpo avvicinarsi sempre di più.
Lei si era abbassata, il suo seno prosperoso ha sfiorato la mia pelle, il contatto morbido e caldo del tessuto della sua pelle contro il mio petto nudo ha mandato un brivido lungo la schiena. Il profumo delicato della sua pelle si mescolava all’odore della crema e del sole, creando un’atmosfera carica di desiderio.
Con un sorriso malizioso, le sue mani hanno continuato a scendere, raggiungendo la parte alta delle mie gambe, l’inguine. Le sue dita tracciavano movimenti lenti e sensuali sulla pelle calda e tesa. “Lavori sodo in palestra, vero?” disse, scendendo sugli addominali. “Sei così duro!” Arrossì, il viso in fiamme. “Gli addominali, intendo!” precisò, e io risi, il cazzo che esplodeva, il mio corpo che rispondeva con un’urgenza che non potevo nascondere.
Sentii un’ondata di eccitazione salire inesorabilmente dentro di me, la tensione diventava palpabile, quasi difficile da contenere. Il mio corpo reagiva senza controllo, e il rigonfiamento sotto lo slip era ormai impossibile da nascondere.
Lei percepì immediatamente la situazione e, con un sorriso beffardo, mi diede un leggero schiaffo sulla coscia. «Adesso girati e pensa ad altro!» esclamò, la sua voce carica di divertimento e complicità.
Obbedii, sentendo il cuore battere all’impazzata, mentre cercavo di distogliere la mente da quella tensione elettrica che ancora vibrava in me. Ma non potevo nascondere il sorriso sulle labbra, consapevole che quel momento, così semplice eppure così carico di significato, avrebbe lasciato un segno indelebile in me.
Ho chiuso gli occhi, lasciandomi trasportare da quella sensazione di piacere e intimità. Il tempo sembrava rallentare, il sole caldo mi avvolgeva, ma era quel contatto, quella complicità, a infiammare davvero la mia mente.
Quando ha finito di spalmarmi la crema, si è fermata a guardarmi, i nostri occhi si sono incrociati in un’intesa profonda e carica di promesse non dette. «Adesso sei pronto per goderti il sole senza pensieri,» ha detto con un sorriso malizioso.
Ho aperto gli occhi, il cuore che batteva all’impazzata, grato e affascinato da quell’inatteso momento di intimità sotto il sole d’estate.
Dopo aver fatto una rapida doccia mi accomodai in salotto.
«Cosa facciamo stasera?» chiese lei, il tono caldo, gli occhi che mi cercavano con una passione che mi fece immaginare noi due, persi in un’intimità che superava ogni limite.
"Oh, ehm. Potremmo andare al ristorante?" le proposi e, leggendo la sua espressione, lessi cosa ne pensasse dell'idea.
“Possiamo restare a casa? A festeggiare insieme questa ricorrenza… solo noi due, da soli.” I suoi occhi cercarono i miei con un’espressione fiduciosa, mentre le sue dita mi accarezzavano distrattamente gli addominali in modo quasi (mi sbagliavo di sicuro) seducente. Un desiderio irrefrenabile mi esplose dentro, urlandomi di prenderla lì, contro il muro, senza pensarci due volte.
«Assolutamente sì», annuii con entusiasmo, il cuore che batteva forte mentre l’eccitazione cresceva dentro di me.
Presi la bottiglia di champagne con un sorriso dolce, mentre il cuore accelerava leggermente, rapito dall’emozione del momento. Con cautela stappai lo champagne, e quel piccolo scoppio sembrò condividere con noi la gioia di quell’occasione speciale. I nostri calici si sfiorarono in un brindisi silenzioso, denso di significato e di affetto.
Poi mi avvicinai a lei e, con un gesto istintivo e colmo d’amore, le sfiorai le labbra con un bacio. Le sue labbra, calde e vellutate, erano un rifugio di tenerezza che mi avvolgeva in un abbraccio invisibile. In quel contatto, sentii la forza di un legame profondo e sincero, un’intimità che non aveva bisogno di parole.
Ci sedemmo sul divano, vicini, e lei prese con delicatezza il vecchio album di nozze. Sfogliando quelle pagine ingiallite, sembrava voler rivivere quei momenti preziosi che ancora ardevano dentro di lei, vivi e intensi. Nelle foto, era così bella, irresistibilmente attraente, con un corpo sinuoso che raccontava storie di giovinezza e passione.
Il desiderio mi colpì come un fulmine improvviso, un’onda calda che mi attraversò tutto il corpo. Lei sospirò piano, la voce velata di nostalgia: “Non sarò mai più così magra.” La sua mano scivolò lentamente sulla mia coscia, un tocco leggero ma carico di un’intensità che mi incendiò dall’interno.
“Sei sempre la stessa, mamma”, dissi, e lei accarezzò la mia nuca, un gesto che mi fece rabbrividire, il desiderio che gridava di afferrarla.
«Dai, indossa il tuo vecchio abito da sposa,» proposi con voce roca, mentre il fuoco dentro di me prendeva il controllo.
«Davvero?» rise, con quegli occhi che brillavano di una luce pericolosa e irresistibile. Le porsi un altro champagne, il cuore che mi batteva forte nel petto.
Sparì per qualche minuto, e quando tornò, era avvolta nel vestito bianco, i capelli raccolti con eleganza, il trucco che esaltava ogni linea del suo volto, rendendola ancora più seducente e magnetica, una visione che mi lasciò senza fiato.
«Non ridere», disse, ma ero senza fiato, immaginandola mia, mentre il desiderio mi consumava dentro.
«Sei perfetta», dissi, chiudendo i bottoni sul retro, le dita che sfioravano il pizzo bianco della lingerie, il corpetto che le stringeva le curve.
«Oh, tesoro… grazie per essere venuto,» sussurrò, gli occhi lucidi di passione. Si sporse lentamente in avanti, e io accolsi con piacere il bacio che mi donò sulle labbra, dolce e avvolgente. La sua mano scivolò sul mio fianco, un contatto caldo e deciso che mi fece vacillare, quasi crollare sotto il peso di quell’emozione travolgente.
"Beh, è sciocco, ma mi chiedevo se tu potessi farmi una foto... prima che me lo tolga. Voglio dire, potrei non provarci mai più. Sarebbe bello ricordare come mi stava ora."
"Certo, certo!", acconsentii con entusiasmo, riprendendo a versare lo champagne prima di rimettere il tappo e porgerle con cautela il bicchiere.
Si lasciò andare a un sorriso malizioso, poi iniziò a posare con naturalezza, assumendo pose sensuali che mettevano in risalto ogni curva del suo corpo. Il suo sguardo era intenso, e ogni movimento sembrava una danza fatta apposta per catturare la mia attenzione.
Volle bere ancora un sorso di champagne, e si vedeva chiaramente come l’alcol stesse sciogliendo le sue inibizioni. I suoi gesti divennero più liberi, più audaci, e l’atmosfera tra noi si fece ancora più carica di desiderio e complicità.
"Devo togliermi questo vestito, ora!" sussurrò Lei, prendendomi la mano con un sorriso. Mi guidò al bagno, fermandosi alla porta.
"Tranquillo," rise, "non ti farò reggere l’abito mentre faccio la pipì. Aiutami solo a slacciarlo, presto!..." Mi porse la schiena, e le mie dita sciolsero i bottoni.
"Ci sei?" chiese, un po’ ansante. "Dio, perché non ci sono andata prima!"
"Quasi fatto," risposi, scoprendo il pizzo bianco del suo body.
"Me lo tolgo, va bene?" ridacchiò, lasciando scivolare l’abito lungo le gambe velate di calze. Sparì nel bagno. "Scusa, stavo scoppiando!"
Tenevo l’abito, il suo peso contro la mia tensione crescente. "Mettilo pure sul letto," disse.
In camera, trovai i suoi vestiti sparsi: maglietta, reggiseno, pantaloncini, ma niente intimo. Mamma entrò silenziosamente, sfiorandomi.
"Pronto per sigillarlo sottovuoto," scherzai ironicamente.
“Tra dieci anni”, sussurrò con un sorriso malizioso, mentre il pizzo bianco del body aderiva morbido e sensuale a ogni curva del suo corpo, avvolgendola come una carezza proibita. Ora la osservavo meglio: il sottile tessuto trasparente lasciava intravedere i capezzoli rosa, turgidi e invitanti, e una piccola ombra scura che prometteva piacere all’altezza del pube. Una porzione di coscia rimaneva scoperta, languidamente esposta tra il bordo del body e le calze con reggicalze, bianche e ornate di pizzo coordinato, amplificando il desiderio con ogni dettaglio sussurrato dalla sua pelle nuda.
"Wow!" esclamai ridendo. Lei abbassò lo sguardo su di sé, come se si fosse improvvisamente ricordata di essere mezza svestita davanti a suo figlio, nella sua camera da letto.
"Oh!" disse, dandomi una leggera pacca sul petto. "È solo lingerie da sposa, tesoro," spiegò, come se fosse una cosa da tutti i giorni.
La mia mano era ferma mentre reggevo la macchina fotografica, e i miei occhi non si staccavano mai dai suoi. Lei era lì davanti a me, un sogno di tentazione avvolto nel morbido abbraccio del pizzo bianco. I suoi occhi, di un’ambra ardente, mi scrutavano con una sfida che mi faceva battere il cuore all’impazzata.
“Non cambiarti», mormorai, la voce roca di desiderio, mentre allungavo la mano verso di lei. Le mie dita cercarono le sue, stringendole con una fermezza che tradiva il tremore nella mia presa. Davanti a me, lei era irresistibile: un trionfo di curve e sensualità che sembrava implorarmi di catturarla.
“C’è ancora dello champagne ancora da finire...” Andai a prenderlo in salotto, il cuore in fiamme, ogni momento con lei una danza sul confine del desiderio, un fuoco che bruciava, ma che non potevo ancora liberare. A poco a poco, sorso dopo sorso, l'alcol sciolse le ultime inibizioni e l'aria pulsò di un'energia elettrica, quasi tangibile. I suoi occhi si fecero più intensi, i sorrisi più audaci. Presi di nuovo la macchina fotografica, ma questa volta le foto catturarono un desiderio più profondo e urgente.
“Sei irresistibile mamma… scattiamo foto più audaci, più provocanti,” sussurrai, la voce carica di sfida e desiderio. L’alcol ci aveva liberati, sciogliendo ogni inibizione in un’onda di calore. I suoi occhi cercarono i miei, cercando la verità nelle mie parole, e trovandola, si lasciò andare. Le sue inibizioni si sciolsero come una seconda pelle, rivelando la passione cruda e sfrenata che si celava sotto. Allargò le gambe, la figa esposta ai miei occhi. La sua lussuria era in piena vista, un quadro erotico che mi fece ribollire il sangue. Lei si abbandonò sul letto con una lentezza sensuale, ogni movimento un invito deliberato, la sua posa un’esplosione di erotismo che avrebbe potuto illuminare una copertina di Playboy.
“Vuoi fotografarmi così?” chiese, gli occhi ambrati che scintillavano di malizia. Poi, con un sussurro roco, carico di desiderio, aggiunse: “Ti piace quello che vedi?” La sua voce era un fuoco che mi consumava, e non servivano parole per rispondere: il calore che pulsava nei miei pantaloni gridava la verità, un’ammissione silenziosa che accendeva l’aria tra noi. Il suo sorriso era un’arma, lento e malizioso, mentre si passava una mano sul fianco, le dita che sfioravano il pizzo con una carezza deliberata, come se stesse invitando le mie a seguire lo stesso percorso.
Non risposi, non potevo. Il mio corpo parlava per me, il sangue che pulsava nelle vene, il respiro corto, il rigonfiamento nei pantaloni che tradiva ogni pensiero. Ogni clic catturava un frammento di lei: la curva del suo seno che si tendeva contro il pizzo, il modo in cui le sue gambe si aprivano appena, lasciando intravedere l’umidità che tradiva il suo stesso desiderio. Era un gioco pericoloso, e lo sapevamo entrambi.
“Vieni qui,” mormorò, e il suo tono era un invito che non ammetteva rifiuti. Posai la macchina fotografica, le mani tremanti, e mi avvicinai al letto. Il suo profumo mi avvolse, fiori, calore, e qualcosa di più oscuro, più primordiale, mentre si sollevava appena, appoggiandosi sui gomiti. Il pizzo si spostò leggermente, rivelando un accenno di pelle nuda che mi fece stringere i pugni per trattenermi.
“Mamma,” dissi, la voce spezzata, un misto di supplica e fame. Lei rise piano, un suono che vibrava come un tocco sulla mia pelle, e si sporse verso di me. Il suo viso era a un soffio dal mio, le sue labbra così vicine che potevo quasi assaporarle.
“Non dovremmo…” sussurrò lei, la voce un rivo di lava che mi incendiava le vene, “…ma chi dice che sia sbagliato?” Le sue parole erano un veleno dolce, una promessa che scioglieva ogni resistenza. La sua mano scivolò sul mio petto, unghie che graffiavano la camicia con un tocco lento, deliberato, ogni sfioramento un’esplosione di provocazione e desiderio. Mi inginocchiai accanto al letto, il suo respiro caldo, umido come seta liquida, mi accarezzava il viso, ogni ansito un richiamo che mi trascinava nell’abisso di lei.
“Cosa vuoi davvero?” mormorò, la voce un pugnale affilato, intrisa di lussuria, che tagliava ogni mia difesa. I suoi occhi ambrati, fiamme vive, scavavano nei miei, trovando la fame cruda che non potevo più nascondere. Le sue gambe si dischiusero appena, il pizzo teso che modellava ogni curva, svelando il calore pulsante del suo corpo, una visione che mi faceva tremare di desiderio sfrenato. “Voglio toccarti,” confessai, la voce un ringhio roco, ogni sillaba una resa al fuoco che mi consumava.
Lei non si mosse, ma il suo sorriso si fece più profondo, più pericoloso. “Allora fallo,” sussurrò, e si sporse ancora, il suo corpo che si arcuava verso di me, il pizzo che scivolava via, lasciando intravedere la curva morbida del suo seno. Le mie dita trovarono le sue, intrecciandosi con una disperazione che non potevo nascondere.
Con un ardore selvaggio, abbracciai i suoi seni prosperosi, la pelle morbida e calda che cedeva sotto le mie mani, ogni tocco intriso di lussuria. Sfiorai i capezzoli turgidi, mordicchiandoli piano, un gesto che strappò un gemito roco dalle sue labbra, mentre la mia mano scivolava più in basso, accarezzando la sua vulva, già umida, pulsante di umori caldi che tradivano il suo desiderio. Il suo respiro si spezzò, un suono che mi incendiò, trascinandoci in un vortice di passione che bruciava ogni confine.
“Non smettere,” mormorò, e le sue parole erano un comando che mi incatenava a lei. Le mie dita si fermarono appena sopra il suo clitoride, tremando, mentre il suo sguardo mi implorava di andare oltre, di cedere.
"Oh Dio, mamma, mi piacerebbe scoparti !!...Non ho sognato altro per così tanto tempo", le sussurrai senza fiato nell'orecchio mentre la stringevo forte e sollevavo quei seni enormi, stupito dalle loro dimensioni enormi e dal loro peso sorprendente.
«È esattamente quello che sogno da anni», mormorò, voltandosi lentamente verso di me con uno sguardo carico di desiderio. Senza pensarci, iniziai a spogliarmi con una frenesia incontrollabile, un fuoco ardente che bruciava dentro di me e si manifestava in ogni gesto, rivelando un’eccitazione travolgente.
I suoi occhi si abbassarono sulla mia erezione, la cappella gonfia che le arrivava quasi alla parte inferiore del seno. "Il tuo cazzo è così bello, non vedo l'ora di averlo fino all'ultimo centimetro dentro di me." Fece una pausa e mi guardò, con un luccichio negli occhi mentre mi posava le mani sul cazzo accarezzandolo.
“Adesso veni dalla mamma, tesoro, fammi sentire quelle dolci labbra su di me."
Con un brivido di eccitazione che mi percorse la schiena, mi mossi in avanti tra le cosce divaricate della mamma. Ora potevo sentire il suo odore, il caldo profumo femminile che aveva fatto impazzire gli uomini fin dall'inizio dei tempi. Respirai profondamente, lasciando che quella sottile fragranza erotica mi inondasse mentre mi avvicinavo ancora di più. Potevo vedere quanto fosse bagnata. La mia mente era in subbuglio per l'eccitazione mentre allungavo la lingua e la premevo contro la figa piena di umori, assaporando per la prima volta il miele di mia mamma.
“Mmm..." Quel suono di piacere proveniva da me, ma ne sentii uno da mia mamma pochi istanti dopo, mentre trascinavo lentamente la lingua piatta verso l'alto, sentendo la calda fessura delle sue labbra vaginali gonfie. Succhiai contemporaneamente, aspirando quanto più succo caldo possibile nella mia bocca. Sentii la mia lingua premere contro qualcosa di più rigido in cima alla sua fessura, e mi fermai mentre facevo roteare la punta della lingua intorno ad essa, sapendo di aver raggiunto il suo clitoride.
"Sì, è proprio lì...", disse con una voce profonda e roca, mentre muoveva lentamente i fianchi contro il mio viso, il calore del suo corpo che fluiva in me.
"Bravo ragazzo", la sentii dire, mentre le sue mani scendevano ad accarezzarmi teneramente i capelli mentre continuavo a darle piacere. "Mio Dio, come sei bravo.”
La volta successiva che le infilai la lingua in profondità, mi concentrai sulla pressione della punta contro le morbide pieghe di carne sul palato della sua vagina, appena sotto il clitoride.
"Oh cazzo... è proprio il punto...", gemette la mamma stringendomi la testa più forte e tenendomi premuta contro di sé, il suo monte di piacere fumante premuto contro il mio viso. Con la punta della lingua che le sfiorava il grilletto con sensualità, alzai la mano e le passai la punta di un dito sul clitoride, il bocciolo sensibile come se fosse in fiamme. "È così bello... continua... continua...non ti fermare!”
La mamma iniziò ad agitarsi come una bestia selvaggia mentre l'orgasmo la raggiungeva. I suoi fianchi larghi si dimenavano e si muovevano irrequieti da un lato all'altro mentre continuavo a lavorarle, la mia bocca e le mie dita la facevano arrampicare sui muri. Iniziò a sgorgare come una pazza, il suo caldo miele di fica mi schizzò sulla faccia. Questo mi eccitava ancora di più e continuai a farlo, leccandole la fica bagnata e strofinandole il clitoride pulsante mentre lei si spasimava e si contorceva come se avesse un attacco.
Travolta da ondate di piacere che la percorrevano da capo a piedi, venne a lungo, finché le sensazioni intense non iniziarono lentamente a svanire. Con le mani sulla mia testa, continuò a tenermi il viso premuto contro di sé, ma non con la stessa forza. Mentre continuavo a baciare e leccare teneramente la sua fica trasudante, le sue dita si muovevano pigramente tra i miei capelli mentre si rilassava, godendosi l'euforia post-orgasmo che derivava da un orgasmo davvero forte.
La stanza svanì, lasciando solo noi due, sospesi in un desiderio che pulsava come un cuore vivo. Ogni tocco, ogni respiro, era una promessa di qualcosa che non potevamo ancora nominare, un filo teso tra ciò che era giusto e ciò che volevamo disperatamente.
CONTINUA
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore.
Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Commenti per Nel Cuore della Mamma, 1:
