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Prime Esperienze

Spazi ristretti


di Urcaloca
29.12.2017    |    24.942    |    4 9.0
"Quel che maggiormente mi scioccava era il non aver compreso quanto lei mi odiasse da chissà quanto tempo, solo così si giustificava la violenza con cui mi..."
In attesa della partenza dell’autobus mi sentivo ansioso e di cattivo umore, nonostante in teoria ben altro avrebbe dovuto essere il mio stato d’animo.
Mi trovavo a Barcellona in fuga dalla delusione di essere stato abbandonato e cornificato dalla mia ragazza che all’inizio di luglio mi aveva lasciato per un nuovo collega da poco arrivato al lavoro.
Era stato un duro colpo, praticamente due anni di rapporto spazzati via come se mai fossero trascorsi, a causa di questo ragazzo che nelle pochissime descrizioni da lei fatte si collocava fra un divo di Hollywood e un Dio greco. Bello, sportivo, affascinante e con una capacità amatoria da togliere il fiato. Quel che maggiormente mi scioccava era il non aver compreso quanto lei mi odiasse da chissà quanto tempo, solo così si giustificava la violenza con cui mi irrideva umiliandomi.
Quando accadono fatti di questo genere, chi lascia ha il boccino del gioco in mano, io potevo solo subire e gestire la mia vita come meglio potevo.
Il meglio visto che si affacciava il periodo di vacanze estivo era stato cercare di riattizzare, o meglio riscaldare la vecchia minestra della relazione con una ragazza di Barcellona con cui avevo fatto qualche capriola tre anni prima.
Ero quindi partito per la Spagna e sebbene non fosse una dea quanto a bellezza mi aveva consentito se non altro di scopare a dismisura, in quanto era una che non si faceva mai pregare quanto a farsi fottere, ma l’amore o meglio il ricordo dell’amore, o ancora meglio la rabbia e l’umiliazione dell’abbandono mi impedivano spesso di godermi quella parentesi di potenziale serenità.
Poi quando iniziavo a rasserenarmi ecco arrivare un messaggio di Alice; povera piccola, che delusione, il Dio greco era un gran figlio di puttana, dato che dopo essersela spupazzata fronte e retro per più di un mese, la aveva mollata di colpo visto che stava per essere raggiunto dalla sua…ragazza penserete? Macchè addirittura dalla moglie e dal figlio, che si apprestavano a raggiungere il bel tomo dal meridione ove risiedevano.
Potevo immaginare in che stato fosse Alice, una storia incredibile, sedotta, stratrombata, invitata a lasciarmi e ora sola in Città in pieno agosto.
Per due giorni riuscii a reggere, in fin dei conti era stata lei a correre dietro a quello lì, era stata lei a dirmi quelle cose odiose.
Ma poi iniziai a commuovermi e a chiedermi se tutto sommato no fosse il caso di perdonarla, in fin dei conti chi non fa una cazzata nella vita?
E poi la mia cara spagnola esibiva una cellulite di primordine, aveva passati cinquant’anni, mentre Alice profumava di bosco, aveva dei capezzoli che pungevano e mi faceva sborrare al solo sfilarsi le mutandine…
In breve eccomi sul bus internazionale, peccato che non appena mi sedetti al mio posto tutte le buone ragioni che mi spingevano a tornare si trasformarono in vere stupidaggini. Perché tornare tanto presto, fra l’altro offendendo la mia amica che mi aveva ospitato, sfamato e dato sesso in quantità ? Mi stavo comportando in modo ridicolo assecondando lo strappo del guinzaglio da bravo cagnolino, e fra l’altro abbandonando Barcellona con il suo carico di figa, tipo quella che stava arrivando, minchia che sorca, giovane con tette spettacolari e quei pantaloncini bianchi praticamente degli slip.
Accidenti sale sul bus, controlla i posti, si ferma alla mia altezza del corridoio e poi dopo aver controllato il numero sulla poltroncina mi chiede se è libero.
Cazzo, mi si siede accanto e dopo aver riposto giubbotto e zainetto nel portaoggetti mi rivolge la parola, credo arrivi a stento ai diciassette anni , biondina con capelli mossi corti con indosso una t-shirt giallo canarino, abbronzatura curata e ribadita di sicuro da aprile, reggiseno assente e inutile dato che le zinne parevano essere immuni alla gravità.
Si rivolse a me chiedendomi qualche ragguaglio sull’orario di partenza, se conoscevo la tratta, se la avevo fatto altre volte, di dove fossi, insomma era spigliata in perfetta forma e ciarliera come una cocorita.
Di sicuro come vicina di posto mi poteva andare peggio sebbene l’adiacenza con quello stacco di coscia morbido e affusolato a pochi centimetri dalla mia gamba avrebbe costituito un dolce tormento per tutto il viaggio.
Mentre il mezzo si riempiva, la mia vicina aveva già messo a nudo il motivo del suo viaggio verso Torino.
Aveva conosciuto un ragazzo della mia città in gita, ci si era ovviamente messa insieme e sebbene non si fosse dilungata nei dettagli non ci voleva molto a capire quanto i due avessero scopato come ossessi.
Tanto che appena lui fece ritorno in Italia il risveglio del desiderio lo aveva spinto ad invitarla in Italia, lei aveva accettato con entusiasmo, tuttavia non si mancava di percepire nella sua espressione una certa preoccupazione.
Conoscere i genitori, essere ospitati a casa sua, metteva paletti ben definiti e la avrebbe obbligata a un comportamento da brava ragazza che a dirla tutta strideva con la sua espressione sbarazzina e con il suo aspetto da gran figa.
La conversazione slittò poi su di me e io fui perlomeno elusivo, a dirla tutta la vicenda con Alice presentava notevoli elementi di squallore, fui salvato dalla partenza del bus in una Barcellona semideserta e che stava per sparire nell’oscurità della sera. Sarebbe stata una notte di viaggio, una lunga notte di viaggio.
La mia vicina di posto si chiamava Gemma, esibiva una loquacità quasi stordente e un’energia vitale inesauribile.
Non avevo dubbi che fosse sulla stessa lunghezza d’onda anche sul versante del sesso, sebbene con molta difficoltà ne avrei avuto la riprova.
Entrati in autostrada tutto il pullman si era come disteso, posti assegnati, bagagli sistemati, luci spente per il tragitto notturno e lo schermo tv che stava iniziando a trasmettere il film di intrattenimento.
Io avrei potuto in teoria rilassarmi se non fosse che l’esuberanza di Gemma la portasse prima a stirarsi spingendo le sue natiche contro la mia gamba, poi si era alzata per cercare qualcosa nella borsa immergendo la mia faccia fra le sue tette.
Ritornando al suo posto fianco finestrino si era poi già due volte messa in braccio a me, i miei sensi erano già surriscaldati e di getto appoggiai con finta disinvoltura la mano sulla gamba.
Un’avance ingenua che poteva essere respinta senza troppa difficoltà, ma che invece provocò un avvicinamento ulteriore,
Ora Gemma era praticamente avvinghiata a me, era tempo di abbracciarla, scorsi le mani sotto la maglietta fino a coprire il seno con le dita, lei mugolò e ci allacciammo in un bacio lungo, davvero lungo.
Eravamo avvinti in una strana ansia erotica, ci baciavamo e ci ribaciavamo palpandoci e pizzicandoci con mugolii di piacere. Per quanto riguarda me le mie dita avevano già esplorato i seni, strizzato i capezzoli e ovviamente si erano bagnate di umore dopo che furono intinte nella figa dopo un contorsionismo che mi aveva fatto passare la mano fra le natiche.
Ma per quanto intensamente ci baciassimo, per quanto ci toccassimo per quanto ci abbracciassimo, incastonati in quell’angusto spazio fra i sedili altro sembrava non si potesse fare.
Ma Gemma si dimostrò una vera forza della natura, come nulla fosse si sfilò i pantaloncini e gli slip e dopo avermi coperto con un giubbotto si infilò al di sotto di esso come se mi avesse appoggiato la testa sulla ginocchia per riposare più comodamente.
In realtà mi aveva preso il cazzo in bocca e mi stava spompinando lentamente, un lavorio lento di lingua cui rispondevo masturbandole la sorca approfittando della sua nudità.
Dopo pochi minuti il nostro aplomb venne meno e di sicuro i passeggeri dall’altra parte del corridoio avrebbero potuto intuire qualcosa, ma eravamo tanto ardenti di eccitazione da fottercene, per noi potevano sia distogliere lo sguardo che godersi lo spettacolo.
A un certo punto non ressi più e le sborrai in bocca, lo sperma transitò dal mio uccello al fondo delle sua gola senza interruzione per qualche secondo, poi Gemma si rialzò piuttosto provata dalla posizione e sfilai le dita ormai zuppe di succo vaginale.
Ci guardammo stupiti, la mia eiaculazione e il debole orgasmo provocato dalla manipolazione aveva se possibile accentuata l’eccitazione, era necessario fare qualcosa d’altro. Ci venne in soccorso una delle soste programmate a un autogrill.
L’autista aveva indicato tassativamente il tempo a disposizione in massimo venti minuti, e così una torma di assonnati e già anchilosati viaggiatori si dispersero nel piazzale verso il bar e i bagni.
Gemma era scesa tenendo ancora stretto in vita il giubbotto che copriva la sua nudità.
Raggiungemmo in un secondo il resto della stazione di servizio e in un ambiente dal romanticismo piuttosto limitato la spinsi in piedi contro la parete, il giubbotto si sfilò cadendo in terra mostrando la sua figa pronta ad essere penetrata, cosa che avvenne senza alcuna difficoltà, inoltre lei aveva passato una gamba dietro a mio culo serrandomi contro di lei.
Ogni movimento ondulatorio mi portava sempre più vicino all’orgasmo e sebbene la posizione non consentisse grandi variazioni sul tema a un certo punto cominciai a vibrare nell’orgasmo.
Quando Gemma se ne accorse mi strinse ancora di più dentro di lei, ricevendo una sborrata da delirio che le allagò la figa mentre ansimava a intervalli ravvicinatissimi.
Quando terminammo alle spalle sentimmo un applauso, accompagnato dallo sclacsonare di un paio di tir, non ci eravamo accorti che avevamo offerto un fuori programma a luci rose agli occupanti del parcheggio che ora ci riservavano applausi, pollici all’insù e colpi di clacson.
Gemma non pareva provare né vergogna né imbarazzo, ma anzi fece un giro su se stessa mostrando tutto l’equatore sotto l’ombelico, per poi piegarsi a 90 gradi al fine di offrire una migliore vista ai fan.
Prima che i camionisti eccitati dalla provocazione scendessero dai mezzi risalimmo sul bus che dopo pochi secondi ripartì.
La sborrata e la stanchezza ci sprofondarono in un confuso dormiveglia, quando ripresi coscienza stava albeggiando e quando sorse il sole ci fermammo alla frontiera italiana, ultima tappa.
Una volta risaliti notai un deciso cambiamento nel rapporto fra me e Gemma, sembrava che con le ombre della notte fosse sparita anche ogni passione e complicità.
Al punto che notato un posto libero accanto ad una coetanea cambiò di sedile restandovi fino a destinazione.
Fu così che scendemmo separati dal mezzo e la vidi scomparire nell’abbraccio con il ragazzo che l’aspettava; tipo secondo copione, elegante, mediamente palestrato, griffato e indubbiamente carino.
Anche io cercavo qualcuno e infine scorsi Alice, ci avvicinammo e quando fummo a pochi passi per una frazione di secondo si confrontarono i nostri due pentimenti.
Il pentimento di lei per avermi fatto ritornare troppo precipitosamente e il mio per aver interrotto delle vacanze che avrebbero potuto essere migliori.
Ma fu solo un secondo, tutti e due eravamo decisi a recitare il copione del grande ritorno dell’amore.
Saremmo andati a casa e io le avrei leccato lungamente la figa come piaceva a lei. Poi si sarebbe messa a pecorina e io mi sarei goduto il movimento del suo bacino mente tracciava degli otto, come piaceva a me. Successivamente mi si sarebbe montata in groppa e avremmo atteso l’orgasmo latrando come cani, come piaceva ad entrambi.
Era da vedere quante repliche avrebbe sopportata la rappresentazione. Nel frattempo Gemma e il suo ragazzo erano pochi passi di fronte a noi, a un certo punto con una leggera pressione sulle sue chiappe da favola venne deviata verso una delle auto in terza fila con i lampeggianti accesi, mentre noi proseguimmo verso il probabile disastro.


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