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trio

vacanze romane


di Urcaloca
05.10.2017    |    9.300    |    2 9.8
"Una ragazza avvolta in un bichini castigato a quadrati bianchi, rossi e neri piccolissimi che disturbavano la visione delle forme tutt’altro che indifferenti,..."
Il treno era appena partito dalla stazione di Milano ed ecco squillare il telefono, controllo e si tratta di Anna, rispondo immaginando che voglia sincerarsi che io sia partito regolarmente.
La sua voce tradiva sconcerto e subito compresi che qualcosa non andava.
Aveva appena ricevuto una telefonata dal fratello che risiedeva a Pescara che la informava che la mamma nella notte era stata male ed era stata portata in ospedale per accertamenti.
Sentendosi in ansia aveva deciso di partire per sincerarsi delle condizioni, pensava di fermarmi, ma io ero già in viaggio da pochissimo e quindi sarei giunto a Roma con lei già partita da qualche ora.
Bella sfiga, ma vista la situazione cercai di tranquillizzarla, dopo tutto avevo le chiavi e la avrei aspettata a Roma o avrei fatto quel che mi avrebbe suggerito quando fosse stata chiara la situazione.
Chiusa la chiamata mi sprofondai nel sedile con un umore incerto; mi seccava il contrattempo e il non trovare Anna che non vedevo da quasi due mesi, ma tutto sommato l’idea di starmene qualche giorno a Roma da solo non mi dispiaceva. Qualcosa da tempo non andava e la nostra relazione dopo il primo anno pativa della distanza vivendo io a Milano e lei nella capitale.
Fortunatamente avevo le chiavi di casa, l’appartamento mostrava tutte le caratteristiche di una partenza precipitosa e mi diedi da fare per riordinare.
Poi uscii per fare una passeggiata per la città approfittando di quell’agosto piuttosto clemente dal punto di vista dell’afa.
All’imbrunire mi trovavo in centro e mi concessi dei bucatini cacio e pepe in una trattoria che conoscevo per fare come si dice a Roma: una certa.
Era vicino a Campo dei Fiori e con il buio era esplosa la movida romana, mi avvicinai a uno dei chioschi per prendere una birra, sopra pensiero tagliai la piccola coda e mi voltai per scusarmi.
La persona che mi aveva richiamato era davvero da vedere, una ragazza di meno di 25 anni, infilata in una tuta blu elettrico che pareva le fosse stata dipinta addosso. Tette che facevano capolino dallo cerniera abbondantemente aperta, capelli neri a caschetto e un viso stupendamente regolare. In sostanza una gnocca totale con una apprezzabile somiglianza con Valentina, il personaggio turbasogni di Crepax .
-Spiacente di esserti passato davanti- dissi turbato dalla sua bellezza –Posso rimediare offrendoti una birra?-
-Gentile, ma veramente ero venuto a prenderne due di birre-
-E due birre siano- dissi mentre il mio sguardo trafiggeva il solco fra le zinne della ragazza
Approfittando del fatto di aiutarla a portare le bevande al tavolo la seguii con i boccali in mano e la visione del suo culo che si insinuava nella folla mi aveva azzerato il salivazione.
Al tavolo c’era la sua amica, una ragazza che nettamente spariva suo malgrado al cospetto di Laura, già infine il nome era venuto fuori.
L’amica di nome Tina, era leggermente in sovrappeso, di dieci centimetri più bassa e guance affette da rosacea.
Nonostante ciò appena mi vide iniziò a mettersi in mostra, pareva una uscita a rimorchiare e non faceva nulla per non darlo a vedere fin dalle prime battute.
Peccato che di fronte Laura la trovasse dura come ferro ed io a dispetto di una facilissima scopata preferii accettare il rischio di bucare la serata ma concentrarmi su Laura.
Dopo altre consumazioni la mia costanza fu premiata e durante un ballo sulla piccola pista improvvisata in piazza ottenni il premio tanto atteso.
Laura si strinse a me ballando, poi un bacio, poi le mani casualmente si incollarono al suo culo e visto che la cosa andava sparai la proposta di andare via.
In un posto più tranquillo proposi, a casa sua disse lei.
Mentre raggiungevamo casa le stavo incollato in modo tanto stretto che dovette pensare temessi che sparisse. Di rado mi ero accompagnato a una femmina tanto bella, forse merito di quella notte romana, dell’alcol o semplicemente della fortuna.
Presa l’auto di lei raggiungemmo Ostiense e parcheggiammo sotto casa, edificio piuttosto vecchio e privo di ascensore, quando raggiungemmo il quinto piano praticamente in preda all’eccitazione la avevo quasi del tutto spogliata appurando che non portava neppure le mutandine.
Entrati in casa raggiungemmo le camera da letto di cui intuii appena i contorni, dato che lei si era rimasta nuda abbacinandomi con lo splendore del suo corpo.
Mentre le leccavo i capezzoli aveva estratto l’ uccello e mi trascinò verso il letto.
Mi sforzai di completare la svestizione togliendomi anche i calzini, sapete mi avevano detto che l’uomo a letto con i calzini è cosa che le donne più giudicano comica e fuori luogo. Pensate a cosa porta la testa nei momenti di pressione emotiva.
Quando fui nudo mi dedicai alla figa, anch’essa perfetta, né molto pelosa né depilata da farla sembrare una bambola. Aveva poi un buon profumo, il ventre teso esibiva un ombelico piccolo e regolare.
Quando preso coraggio emersi , avevo una erezione considerevole e mi spinsi dentro di lei che dimostrò la sua approvazione con un gemito.
Guardarla mi dava una sensazione di eccitato languore, era bella, davvero tanto bella ma era l’espressione dipinta in volto di allegria e serenità a spingermi a baciarla appassionatamente. Temevo di sborrare troppo presto, di interrompere quell’estasi, ma anche quella scopata si concluse, quando mio malgrado ebbi un calo di concentrazione e sborrai. Sborrai sussultando e ansimando come un apneista riemerso dal profondo del mare.
Dopo esserci lavati ci abbracciammo nudi ed io provato dalla giornata, senza accorgermene, sprofondai nel sonno.
Mi vegliai nella stanza sconosciuta di soprassalto, laura era distesa e la siluette del suo culo nella penombra mi confermò che era stato tutto reale. Come reale era la sete che mi divorava, frutto del caldo e della cena a base di massicce quantità di pepe.
Mi avviai nella casa sconosciuta alla ricerca della cucina, l’appartamento era piuttosto grande dato che come mi aveva detto lo divideva con la sua amica, anche lei studentessa di legge.
Entrai in cucina e venni distratto dalla quantità di piatti e stoviglie sporche ammassate dovunque ma la vera sorpresa era lo spettacolo che mi si offriva alla luce fioca di una lampadina sul lavandino.
Tina evidentemente aveva coronato con successo la sua ricerca del cazzo, visto che completamente nuda si stava facendo scopare in piedi da dietro piegata a novanta gradi da uno dei più brutti ragazzi che abbia mai visto.
Magro, semipelato, con una t-shirt giallastra con su stampato qualcosa di indefinito, sul viso ciuffi di barba non curata, scopava Tina con sussulti soffocati.
Quando mi vide per nulla turbata mi rivolse uno sguardo invitante e prima che potessi realizzare mi aveva afferrato per i coglioni tirandomi a se.
La situazione era pazzesca ma quando un uomo ha l’uccello nella bocca di una donna non c’è alcuna possibilità che abbandoni la posizione.
E poi inutile dirlo sebbene fosse quella che era quanto a fascino, era una pompinara di ottimo livello, tecnica di certo affinata con la pratica.
Il cazzo prima indeciso si rizzò e in pochi minuti le sborrai in faccia mugolando e anche l’uomo che la stava scopando giunse all’orgasmo e le sborrò in figa con gemiti e smorfie disgustose.
Piuttosto disturbato dall’orgasmo del tipo, voltai la testa per fuggire l’orrida visione.
Che disastro, nell’arco della porta era comparsa Laura, splendida in slip e reggiseno neri, mi fissava con sguardo contrariato e poi senza una parola andò via.
Mi voltai, Tina cercava con la lingua di raggiungere uno schizzo di sperma che le imbrattava la guancia mentre la sborra del suo ganzo le colava dalla figa in un rivolo che aveva quasi raggiunto il ginocchio.
Era troppo, abbandonai la cucina in preda all’angoscia: che stupido, che asino, che fesso. Stavo vivendo una tenera storia d’amore e avevo trasformato una notte da favola in una merda.
Entrai nella stanza di Laura afflitto.
-Non so cosa dirti-
Lei mi guardò fisso con sguardo severo
-E che vuoi dirmi? Ma che cazzo, non siamo fidanzati né sposati, non abbiamo nessun dovere l’uno verso l’altro, ma minchia, avevi ancora il cazzo caldo della mia figa. Non mi aspettavo amore eterno ma una cosa così!-
-Hai ragione sono uno stronzo- e così dicendo mi diressi verso la sedia con i miei vestiti
-Ma dove vuoi andare a quest’ora? Dai vieni qui-
Quando mi stesi sul letto lei mi salì in groppa, pareva esserle passata, forse avevo ancora una fiche da gettare sul tavolo.
Lei mi appoggiò il palmo della mano sulla cappella e con le dita avvolse l’uccello moscio fino alla sparizione, ma quando tirò il cazzo con le unghie lo stimolo ancorché doloroso me lo stava facendo rizzare.
Con due o tre di quelle manipolazioni mi aveva fatto diventare l’uccello di nuovo duro e le unghie lievemente piantate sotto la cappella producevano un godimento misto a fastidio quasi intollerabili.
-Ora vediamo se quella scrofa ti ha lasciato qualcosa dentro ai coglioni-
Mi salì sopra aggiustandosi il cazzo nella figa con qualche movimento ondulatorio, poi dopo essersi sistemata cominciò a fottersi sempre più velocemente.
Di tanto in tanto si sollevava fino quasi a lasciare pochi centimetri di cazzo dentro la figa a sempre con le unghie stuzzicava il bordo del glande facendomi letteralmente impazzire, fino a quando non venni.
Pensavo che la “punizione” fosse terminata ma Laura aveva idee diverse e mi montò a cavalcioni sulla faccia, poco male pensai, vorrà farsi leccare ancora un po’ la gnocca.
Il primo spruzzo di piscio mi colse di sorpresa, e il successivo quasi mi soffocò, istintivamente cercai di divincolarmi ma lei mi implorò.
-Ti prego stai buono lasciami fare, mi piace tanto-
Continuava a pisciarmi in faccia mugolando fino a quando non esplose nell’orgasmo schiacciandomi il viso con il ventre.
Quando riprese il controllo Laura mi abbracciò -Che cattiva che sono stata, ma sai è una cosa mi da un piacere sconvolgente-
-Visto, sentito e approvato-
Poi mi invitò a raggiungere il bagno per sistemarmi
-Dai va a lavarti, nel frattempo io sistemo questo disastro. E niente fermate intermedie…-


Il mattino giunse poco dopo, ma noi poltrimmo a letto fino a quando non sentimmo la porta di casa chiudersi, era Tina e forse l’altro che uscivano.
-Che ne dici se andiamo al mare a trovare una mia amica a Fregene?-
Perfetto pensai, tutto sommato un po’ di mare mi allettava.
Giungemmo a Fregene e cercammo la spiaggia libera dove l’amica di Laura ci aspettava, non prima di aver comprato un costume e delle ciabatte in uno dei bugicattoli ricolmi di articoli da spiaggia.
Cercammo Giulia e guidati dall’ombrellone che Laura conosceva la trovammo.
Una ragazza avvolta in un bichini castigato a quadrati bianchi, rossi e neri piccolissimi che disturbavano la visione delle forme tutt’altro che indifferenti, biondina portava delle lenti da vista che le fornivano un’aria da maestrina quale in realtà poi seppi era realmente.
Laura si sfilò il prendisole restando a seno nudo mentre io con mille contorsioni riuscii a infilarmi il costume appena comprato .
A quanto pareva Giulia era in pieno dramma, il suo uomo un professore, la aveva mollata per andare in vacanza in Sardegna con una delle sue allieve che aveva da poco raggiunta la maggiore età che sospettava fosse sua amante da tempo e ora poteva esibire senza problemi.
Lasciai le due confabulare e commentare che tazza di porci fossero i maschi e via così.
Tornato all’ombrellone il clima pareva essere migliorato e anche Giulia si era levato il reggiseno confermando le supposizioni sul tonnellaggio delle sue tette.
La giornata trascorse splendidamente e all’imbrunire cenammo in un ristorantino sul mare, poi tornammo a casa.
Avevamo una stanza per noi, e già pregustavo la scopata reale che Laura mi avrebbe offerto. Ma notai che tardava a togliersi l’abitino.
-Povera Giulia- diceva –E’ così depressa, tanto triste…-
Dove voleva andare a parare?
-Cose che capitano- dissi distrattamente per stringere i tempi
-Dai che mi hai capito, te la mangiavi con gli occhi-
-Cedo alla violenza- feci fintamente rassegnato
Dopo pochi secondi tornò con Giulia infilata in un lungo camicione da notte.
-Ma che vuoi farmi fare, dai lasciami stare-
Giulia tentava di divincolarsi lamentandosi
-Non posso tollerare che tu passi la notte a struggerti per quello stronzo che si sbatte la sua troia in tutti i buchi-
-Certo che sei davvero consolante e piena di tatto. Ma questo è il tuo uomo, non me la sento di scoparci-
-Non ti preoccupare ho già avuto modo di testare la sua scarsa fedeltà, cornuta già lo sono-
Nel mentre che si schermiva ad ogni modo Giulia si era lasciata scivolare ai piedi il camicione ed era rimasta nuda
-O finalmente- esultò Laura –Dai datti da fare stupiscici-
Era davvero una troia senza limiti la mia amica, e un po’ folle fra l’altro.
Come di consueto quando vuoi fare buona figura la prima volta mi esibii in un cunnilingum insistito, tanto per scaldare i motori.
Poi quando percepii che Laura stava spazientendosi piantai il cazzo dentro Giulia discretamente eccitata, Laura ci guardava con approvazione.
-Così scopala lentamente, era tanto tempo che non ci facevamo uno insieme, io e questa troia-
Giulia annuiva, quelle due dovevano avere insaccato fra le cosce un bel numero di cazzi e quando trascorse il tempo canonico mi dedicai al mio piacere arrivando in poco tempo all’orgasmo. Sentendomi in arrivo la mia amante mi raccomandò di non sborrarle dentro e io docile estrassi il cazzo irrorando Laura che aveva tardato a mettersi in posizione.
-Guarda che maiale mi ha sbrinciato dappertutto- Si lamentò per non essere riuscita a prendere la sborra in bocca.
Poco male pensai, per rimetterlo in tiro dovette succhiarlo lavandolo delle tracce di sperma. Era il tempo di pensare a Laura, sebbene la cosa iniziasse a piacere davvero anche a Giulia che mentre mi esibivo in una trombata alla pecorina insisteva nel leccarmi il culo e i coglioni.
Dopo un’ora ero sull’orlo dell’attacco cardiaco e anche le due ninfe parevano provate.
Ma mentre contavo nel rompete le righe, Laura compattò la compagnia. In piedi accanto al letto si era messa dietro a Giulia e mi aveva fatto accucciare di fronte alla figa dell’amica. Chiaro cosa voleva fare, anche se la cosa sfuggiva a Giulia.
-Dai pisciagli in bocca, gli piace tanto non vedi che aspetta?-
-Ma in bocca così…?-
Giulia era indecisa, ma era stretta fra me che le pettinavo la figa con la lingua e i capezzoli di Laura che le pungevano la schiena e così infine si sciolse; fu una pisciata lunghissima, quando terminò, Laura prese il suo posto e appoggiatami la sorca alle labbra finì di annegarmi.
Tornato dal bagno le due amiche avevano già asciugato e ci mettemmo a dormire.
Mi svegliai da solo nel letto, e quasi contemporaneamente sentii squillare il cellulare, era Anna.
Con trasporto mi diede la “buona novella” la mamma sarebbe stata dimessa il giorno stesso, non era nulla di grave, solo un po’ di disidratazione e quel che era “meglio”, sarebbe tornata in serata.
La mia faccia quando entrai in salotto doveva essere cadaverica, le due capirono tutto
-Richiamo al fronte?- scherzò Laura
-Già, faccio colazione insieme a voi e poi tornerò a Roma-
Ero davvero affranto, era come abbandonare il paese dei balocchi. Mi era fatto già molti progetti piccanti, tipo scopare le due in acqua e invece.
Giulia fece una proposta all’amica
-Che ne dici se chiamiamo Alfio e Renato?-
-Ah ma sono a Roma?-
-Renato è tornato da Santo Domingo l’altro ieri-
-Per carità si sarà trombato un monte di mulatte –
-Abbronzata come sei ti potresti offrire per continuare la serie- disse ridendo
-Pensa ai cazzi tuoi mignotta- rispose fintamente incazzata l’altra
Mi sentivo spinto ai margini, condannato all’oblio, per loro disinvolte e disinibite ero stato una parentesi. Pensavo alla serata, quando Alfio e Renato al ritorno dalla disco avrebbero scopato quelle due fino a farsi uscire il sangue dal naso.
A me restavano i golf di cotone di Anna anche in piena estate perché l’aria condizionata fa venire i dolori, le sue tette divergenti e i racconti particolareggiati della malattia della madre di cui non mi fregava un cazzo.
Mentre le salutavo vidi il mio costume e i sandali ad asciugare sul terrazzino, decisi di lasciarli lì insieme a ricordi e rimpianti.








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