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AMALIA - Una donna


di Sabrinazeta
16.08.2015    |    11.974    |    33 8.8
"Dall'elastico usciva la punta del suo sesso, era largo più che lungo e le nervature lasciavano intendere una consistenza carnosa, un tempo avrei potuto..."
Fu andando in pensione che cominciai a sentire quel senso di invisibilità che non avevo mai provato prima. Il lavoro ti obbliga a tanti sacrifici, ma in quel microcosmo hai un tuo posto, sei riconosciuta e tutti conoscono la tua storia e quindi sei qualcuno, al di là dell'importanza della tuo ruolo gerarchico.
Come dirigente di una azienda di medie dimensioni, c'era stato anche lo spazio per vivere il lavoro con un briciolo di personalità, molte situazioni critiche le abbiamo risolte, proprio perché a volte potevamo coordinarci al di là dei rapporti formali.
Lavorando con molti uomini, non avevo bisogno di andare per i locali a cercare l'amico di una sera o il compagno di una estate, tra colleghi, fornitori, clienti e stagisti, con il debito decoro, potevo anche solo divertirmi a stuzzicare i loro ormoni e a collezionare sguardi, così da tornare a casa sempre con l'autostima molto alta, senza per questo ,perdere la mia dignità.
Ma a 68 anni andare in pensione, si viene come catapultati in un mondo che non si conosce più.
Somiglia a qualcosa come uscire di galera, dopo una condanna di 40 anni, lo spaesamento è totale e presto la solitudine diventa il castissimo compagno dei tuoi giorni.
Provai a uscire con i vecchi colleghi, ma ormai ero fuori dal giro, certe cose non le puoi capire se non vivi il clima che c'è in ufficio e quindi non puoi nemmeno ridere alle battute e se provi ad andare indietro nei ricordi, pochissimi possono seguirti, al massimo ricordano qualche sciocchezza di appena 10 anni fa, ma io 10 anni fa ne avevo già lavorati 30 di anni e ne avevo viste davvero di ogni.

Dopo i primi sei mesi, notai che anche il mio corpo era diverso, non aveva più stimoli, nessuno mi guardava come prima, nessuno sbirciava la scollatura alla direttrice, nessuno si chinava maliziosamente sotto i tavoli per vedere il colore della mia lingerie, nessuno in ascensore si appoggiava a me con la scusa di perdere l'equilibrio, nessuno mi si rivolgeva con frasi a doppio senso, ne io potevo replicare con la mia naturale sagacia.
Mi mancavano gli sguardi timorosi degli stagisti, quando gli assegnavo un incarico; mi mancavano le telefonate di alcuni clienti che per via della mia voce, a dir loro, molto sensuale, restavano in linea più del necessario per farmi parlare, quasi che fossi una telefonista erotica.
Mi mancavano gli inviti a cena del fine settimana dei colleghi, fatti per vincere stupide sfide tra maschietti, a cui rispondevo ovviamente sempre negandomi, ma sempre con eleganza, senza offendere nessuno e lasciando sempre la porta aperta per un'altra occasione.

Con l'arrivo della mia prima estate da pensionata, il mio corpo ebbe una scossa, sentii il bisogno di essere desiderata e guardata, non volevo una storia, al massimo un'avventura, ma sopratutto volevo sentire di nuovo quel brivido, di quando gli uomini si interessano a te.
Fu da quando i miei capelli bianchi erano diventati più di quelli neri, qualche decina d'anni fa,che decisi di non tingermeli più, perché succedeva sempre che gli uomini quando tiravano ad indovinare la mia età, usavano sempre la cortesia di dire qualche anno in meno di quello che voleva dire, ma il fatto è che proprio per questo, indovinavano sempre o mi davano qualche anno in più, quindi non aveva senso che io continuassi a preoccuparmi di nascondere la mia età, perché la mia età si vedeva.
Feci mio, il famoso aforisma della grande attrice Magnani :
“Lasciamele tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una, che ci ho messo una vita a farmele”
Così imparai a portare i miei capelli sale e pepe con un bel taglio corto e aggressivo, cambiai anche il modo di truccarmi e scelsi la leggerezza, tant'è che il mio aspetto cominciò a interessare anche le donne, aprendomi un mondo di nuove possibilità di raccogliere sguardi, complimenti e proposte che non avevo mai considerato e tutto sommato mi lusingarono molto.
Mi abituai subito a vedermi così ed anzi notai che le mie amiche, con tutto il loro darsi da fare con trucchi pesanti e vistosi, tinte fatte male e ricrescite da tenere sotto controllo, in realtà non riuscivano a sfuggire alla loro età, che come la mia, avanzava inesorabile.

Avevo voglia di tornare a sentirmi desiderata, come lo ero da giovane o anche solo una decina di anni fa. Volevo solo sentire lo sguardo di un uomo che si posa su di me, come una mano che vuole carezzare. Volevo solo sentire scivolare nella mia scollatura uno sguardo fugace. Sentire sulla mia schiena gli occhi di chi sta cercando di spogliarmi col solo pensiero. Ma avevo l'impressione che ormai non fossi più nel gruppo delle donne desiderabili, forse l'indifferenza maschile è la conferma che si è entrate nel senato delle venerabili e non ci sia più nulla da fare.

Abbandonai l'uso dell'auto per un po' e mi decisi ad usare i mezzi pubblici e così mi ritrovai nella bolgia di chi prende il tram. Sotto la pensilina, il caldo estivo non dava tregua e cominciai a sudare, sentivo le gocce scivolare su di me, dalle spalle lungo la schiena sentii una goccia scendere nel bel mezzo della riga sui miei fianchi e scomparire oltre la seta degli slip; mentre sul mio seno un'altra goccia più lenta ma inesorabile scese nella scollatura disegnando un sentiero invisibile. Vicino a me c'era un ragazzo che ebbi l'impressione stesse seguendo quella goccia e così facendo finta di niente, mi girai a suo favore, per sentire meglio il suo sguardo su di me. Rimasi ferma immobile, sperando di spillare un'altra goccia. Guardavo altrove e con la coda dell'occhio lo vidi. Mi guardava.
Ecco una goccia. Mi colse un brivido sentirla scendere tra le rughe del mio seno che ormai non poteva più essere sodo e luminoso come un tempo e sentire gli occhi di quel giovane seguirla scendere dentro di me, sfiorando la catenina fino a sparire oltre il ricamo del mio abito.
Avrei voluto che mi dicesse qualcosa, anche una sciocchezza, giusto per attaccar bottone e magari avere l'occasione di ricevere un complimento. Ma niente.
Arrivò il tram e nella calca generale, mi ritrovai dalla parte opposta a quel ragazzo e lo persi.
Mi reggevo in piedi appoggiata ad una barra quando, dietro di me sentii l'odore particolare di chi mangia molto speziato, è un odore particolare che riconosco facilmente tra gli altri, è diverso ad esempio da chi beve molti alcolici ed è diverso anche da chi fuma. Il sudore di chi non mangia carne ad esempio è meno acido ed io riesco a sentirne la differenza. Potrei dire lo stesso per il sapore di una certa cosa, ma non vorrei sembrare una sfacciata.
Dietro di me, quell'odore lo sentivo venire più vicino quando il tram prendeva una buca e quando passammo su quei dossi per ridurre la velocità, quell'odore mi fu addosso. Era un uomo.
Lo capii perché rimase appoggiato a me anche dopo, la sua mano era sopra la mia, nella barra per reggersi ed era la mano di un uomo di colore. Rimasi ferma, non feci nulla per scostarmi e lui neppure. Aveva un abito tradizionale del suo paese, molto colorato e leggero ed evidentemente lo portava come si usa al suo paese,vale a dire, senza intimo.
Inarcai poco a poco la schiena, così che potesse sentire meglio la rotondità delle mie forme e la leggerezza del mio abito e il suo apprezzamento si concretizzò subito.
Altra buca e quel corpo spingeva oltre la reale necessità di reggersi in equilibrio e ne fui lusingata, forse non avevo perso tutta la mia femminilità e se non potevo interessare un giovane come quello di prima, magari potevo accontentarmi di uomini più maturi, forse la diversità culturale giocava a mio favore, a paesi diversi piacciono donne diverse. Me ne convinsi e rimasi nella mia posizione, mentre quell'uomo senza nessun pudore continuava a poggiarsi generosamente su di me.
In prossimità della mia fermata, tentai una mossa a tradimento e mi abbassai per prendere la borsa che avevo tra le gambe, senza però piegare le ginocchia così che i miei fianchi potessero allargarsi bene per farlo affondare meglio e sentire la consistenza del suo interesse.
Lui sembrò mimare un colpo ed io mi sentii avvampare, sicuramente diventai rossa e ritornai dritta senza girarmi. Un attimo dopo scesi alla mia fermata e mi aspettavo di trovarmelo dietro, ma lui rimase a bordo e ci guardammo dal finestrino. Non mi sorrise nemmeno.

Ebbi a ospitare mio nipote e un suo amico per soli due giorni, erano diretti ad un concerto in Germania e fecero tappa da me.Furono giorni di terribili tentazioni.
Sentirli sotto la doccia e vederli a torso nudo girare per casa. Vedere i loro giovani corpi di maschi nel fiore della loro virilità e tra noi nessuna tensione erotica era snervante, evidentemente non potevo essere una donna desiderabile, anche se provai a catturare gli sguardi del suo amico con qualche vecchio trucchetto.
Finita la doccia andai a sistemare il bagno e mio nipote mi chiese la cortesia di lavare i loro capi; nella stanza il vapore portava l'odore dei loro giovani corpi ma c'era anche qualcos'altro, entrai nel box e mi arrivò al naso una punta aspra di un odore che non sentivo da anni. Notai su una parete un grumo di quello che non poteva essere sapone, con un dito lo raccolsi e l'annusai.
Era quello che pensavo, la consistenza grumosa e gelatinosa era quella di una giovane astinenza di qualche giorno, sfogata nell'intimità della doccia, rimasi un attimo a guardarla e non so cosa mi passò per la testa ma presi il dito in bocca e la gustai ad occhi chiusi e mi abbandonai a pensieri che non posso scrivere, perché dette da me certe cose,per via della mia età, sembrerebbero perversioni.
Presi gli asciugamani e li annusai e su uno c'era l'odore che avevo sentito nella doccia, ripensai al fatto che il suo amico era stato l'ultimo a farsi la doccia e quindi probabilmente, era il suo sapore che avevo in bocca, sarebbe bastato veramente poco per impazzire, se fosse stato quello di mio nipote. Tornai in me e rassettai tutto, ma dentro di me quel sapore continuava a evocare la voglia di essere presa da un uomo , fosse anche quel ragazzo, ma era evidentemente impossibile.
Cenammo insieme e loro apprezzarono la mia cucina, ma io non riuscii mai a guardare negli occhi l'amico di mio nipote, cercai di ritirarmi nella mia camera abbastanza presto, sperando che il sonno potesse sedare questa insana voglia che si era impadronita di me.

Dentro di me c'era una strana agitazione, dapprima sembrava ansia poi il respiro si fece pesante e una mano scese oltre il giro vita cercando la conferma della mia emozione.
Mi accarezzai piano e con occhi sulla porta, nel timore che uno dei ragazzi potesse entrare, ma la loro stanza era silente. Mi lasciai andare a pensieri che una donna della mia età non dovrebbe fare, ma la mano sembrava voler suonare lo spartito di una vecchia canzone e la mia fantasia si accese.
Se fossi stata più giovane avrei potuto permettermi di giocare alla seduttrice, almeno con l'amico di mio nipote, avrei potuto stuzzicarlo con un abbigliamento più sensuale, avrei potuto fare giochi di parole, azzardare doppi sensi e affondare lo sguardo nei suoi occhi per cercare un intesa.
Avrei potuto cercare l'equivoco, in una spallina che cade per sbaglio, in una scollatura lasciata cadere sotto i suoi occhi, avrei potuto lasciarmi sfiorare o cercare il contatto con il suo corpo, per saggiarne la robustezza, la forza.
A notte alta, mi svegliai in preda alla sete e mi alzai cercando di essere discreta, passai davanti alla camera dei ragazzi; avevano lasciato la porta aperta e cercai dal trattenermi dal guardare dentro, ma non ebbi abbastanza forza di volontà e girai lo sguardo.
Mio nipote dormiva riverso completamente abbandonato ad un sonno profondo, era evidentemente a suo agio a casa mia, perché dormiva nudo e non potei fare a meno di guardare la consistenza muscolosa dei suoi glutei e la mia mente cominciò a fantasticare, senza che potessi frenarla, per rispettare il nostro legame di sangue, ma fu tutto inutile. Avrei voluto sentire il peso di quel corpo abbandonato su quel letto, su di me nell'atto sublime dell'accoppiamento e avrei voluto stringere quel corpo dalla muscolatura nervosa contro di me con delicatezza e decisione, avrei voluto assecondare le sue spinte e guidarle dentro di me afferrandolo per quei fianchi così lisci e sodi, d'una freschezza che solo un uomo così giovane può avere.
Cercai di non indugiare troppo e volsi lo sguardo al suo amico, che almeno aveva avuto il buon gusto di indossare qualcosa, ma non poteva certo immaginare che una vecchia signora si sarebbe fermata a guardarlo ,mentre una potente erezione notturna gonfiava generosamente i suoi slip blu.
Dall'elastico usciva la punta del suo sesso, era largo più che lungo e le nervature lasciavano intendere una consistenza carnosa, un tempo avrei potuto svegliarlo come facevo da ragazza, facendogli sentire la mia bocca calda scendere su di lui, avrei potuto tenerlo tra le mie dita e fargli sentire, lentamente ,quanto piacere riescono a dare le mani di una donna che desidera un uomo.
Ora avrei potuto fare anche di più, la mia bocca senza dentiera gli avrebbe dato l'impressione di amoreggiare come se fosse tra le mie cosce, sarebbe stato mio per pochi affondi e non avrebbe resistito oltre, perché so che solamente l'idea di una cosa del genere può stravolgere la fantasia di un uomo adulto, figurarsi di un ragazzo. Non chiedetemi come lo so.
Improvvisamente mentre immaginavo di trovarmi tra le gambe del suo amico e cercavo di associare il suo sapore nella doccia a quel corpo nel letto, mio nipote si volse, mostrandomi i suoi addominali ancora dolci e senza i segni della fatica di vivere di un adulto e non potei fare a meno di lasciare scivolare il mio sguardo sulla sua virilità, anche lui stava sognando qualcosa di piccante perché, girandosi la sua erezione aveva sbattuto da una coscia all'altra. Basta non potevo restare lì oltre, non potevo rischiare di farmi vedere, non potevo continuare a guardare mio nipote con questi occhi. Era troppo anche per me.

Suonò il campanello ed era il solito venditore ambulante di fazzoletti, ma stavolta era un ragazzo senegalese che ispirava particolare simpatia, si esprimeva in un buon italiano e dopo poche battute gli comprai alcune confezioni di fazzoletti, perché mi faceva tenerezza.
Lui non se ne andò senza prima dirmi che si chiamava Clinton, ovviamente un nome d'arte diciamo così, ma insistette perché lo chiamassi così. Mi rimase la curiosità del perché ci teneva tanto a quel nome, non ricordavo che il presidente Clinton avesse fatto qualcosa di memorabile per la discriminazione, così la settimana dopo, con la scusa di comprargli altri fazzoletti, gliene chiesi ragione. Lui con il suo sorriso migliore mi disse che si fa chiamare così, perché alle donne giovani piace fare la parte della Lewinsky con lui, quindi lui è Clinton.
Mi si gelò il sangue per il candore con cui disse “giovani” e immediatamente dopo mi arrivò una vampata,probabilmente diventai rossa, ma lui continuò a sorridere e se ne andò, incurante del fatto che mi avesse offeso, escludendomi da quelle che potevano gustare, come dire, un po' di cioccolata.
Richiusi la porta dietro di me, aspettando che il cuore tornasse al suo posto, ma un brivido mi investì e non riuscivo a non pensarmi in ginocchio davanti a quell'uomo, con la sua mascolinità eburnea tra le mie mani e sulle mie labbra. Non riuscivo a togliermi dalla testa quell'immagine, anche se la sua espressione mi aveva di fatto esclusa.
Andai a farmi una doccia gelata poi mi gettai sul divano a pensare.
Gli ambulanti, il postino, il corriere e tutti gli altri, erano sempre uomini e non avevo mai fantasticato su di loro e quell'incontro mi ispirò. Avevo ben poche occasioni di avvicinare un uomo e mi resi conto che avrei potuto tentare di raccogliere almeno qualche apprezzamento.
Ma ci fu poco da fare, il postino non guardava la mia generosa scollatura che suggeriva la strada per i suoi occhi sui miei seni liberi, il corriere non voleva attardarsi in cucina anche se il vestitino leggero era un invito a prendersi qualche libertà e i doppi sensi caddero senza che ne cogliesse almeno l'aspetto comico se non grottesco, della situazione. Nulla di nulla.
L'impiantista che chiamai a pulire la caldaia, mi ignorò completamente anche se come una sciocca mi strusciai contro di lui diverse volte con una scusa ,facendogli sentire quanto fossi morbida.
Mi abbonai a dio sa solo cosa, pur di portarmi in casa qualche maschietto che anche per il frangente di un attimo si accorgesse della mia femminilità, della mia generosità, della mia voglia di essere apprezzata.
Realizzai che forse dovevo mettere la parola fine a questa mia speranza di sentirmi ancora donna, anche se non desideravo altro che questo. Forse era solo una fissazione, forse avevo bisogno di uscire dalla mia routine, forse avevo bisogno di una vacanza.
Andai in agenzia e mi lasciai suggerire 15 giorni lontano da qui e me ne andai.
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