tradimenti
FIAMME E FALENE

12.04.2021 |
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"Dolce come aveva iniziato rallentò e s’allontanò gustando il suo sapore..."
Ad un certo punto della serata la stanza incominciò a riempirsi di un rumore solido. La musica, i discorsi delle persone, i cani per strada, il cristallino tintinnare dei cin-cin o le bottiglie stappate, i liquidi versati. Persino il ronzare del ventilatore e dei frigoriferi. Tutto si era amplificato, compattato. Unito e solidificato con l’afa di quel giorno d’Agosto, in una massa umida e gelatinosa. Maddalena attraversava lo spazio della piccola sala del locale, facendosi largo nel buio maculato di luci ora rosse, ora blu, ora gialle, nuotando fra i corpi agitati e alterati, respirando quell’aria liquida e alcolica. I bassi dettavano un ritmo ai timpani e allo stomaco ma gli occhi vedevano ombre, sorrisi, capelli e braccia muoversi al rallentatore e all’improvviso sussultare in un avanzamento veloce. Perline di sudore schizzavano sospese a mezz’aria. La canna di Davide era più tosta di quello che s’aspettava e magari il cocktail di alcol e antibiotici non aiutava. Sapeva però che quella sensazione di estraneità a tutto il resto non era solo fisica. Non stava così per l’erba o l’alcool o la tosse che le spezzava il fiato. Una settimana passata da Andrea, nel silenzio di casa sua, con la compagnia dei suoi pensieri, dei tasti del mac e il miagolare di Luisito. Ora tutta quella gente che parlava, urlava, spintonava, viveva accanto a lei ad un ritmo che aveva dimenticato. Si sentiva aliena. Ancora di più la spiazzava la strana sensazione di disagio che provava, allo stesso tempo triste e piacevole, di essere lì a 200 kilometri di distanza dal suo uomo, legata a lui come mai lo era stata a qualcuno ma ubriaca e felice di tutta quella libertà. Libertà di poter essere bella e attirare a sé, fiamma sempre più luminosa, quella miriade di falene che la coprivano d’occhi, abbracci, mani e baci. Libertà di ballare sfacciata e muovendo la foresta dei suoi capelli al ritmo del suo favoloso culo, catalizzare lo sguardo di chi, uomo o donna, l’aveva fino ad allora ammirata austera e inarrivabile. La libertà di giocare a brillare e ad accecare. Senza sentirsi in colpa. Sentendosi profondamente sola però, al centro di un mare di attenzioni. Ondeggiava e ballava. Avanzava nella folla facendosi largo ad un ritmo tutto suo. Seguendo la musica che le dettavano i fianchi. Aveva puntato Lucio dall’altra parte della sala e già i suoi mezzi sorrisi a distanza, l’ammiccante sguardo ubriaco e sensuale, lo avevano bloccato al muro. Non osava muoversi, lui. Voleva essere divorato da quella medusa nera dalle labbra rosse che gli si stava avvicinando. Voleva farsi imprigionare in quei capelli. Ubriacarsi del sudore che le imperlava la fronte. Perdersi negli occhi neri. Bere la lingua nascosta dietro i denti aguzzi, le labbra morbide. Incominciò a ballargli di fronte mentre lui impacciato e rosso le aveva messo le mani sui fianchi. - Sei bellissima - le diceva. Le sussurrava frasi impercettibili, una scusa per sfiorarle il sudore sul collo. Annusarle le tempie. Lei si voltò frustandolo con i capelli e schiacciandolo al muro. La rotonda e morbida insistenza del suo fondoschiena lo inchiodava lì da dove lui non avrebbe mai voluto muoversi. Perché ora il culo di Maddalena gli tastava la solida erezione che gli gonfiava i pantaloni. Lui le prese i polsi. Le incrociava le braccia e la stringeva a sé. - Sei tutto quello che un uomo sogna di avere - le diceva e le baciava il collo. Ora le braccia le cingevano lo spazio che lambiva i seni, nudi, sotto la canottiera nera. I polsi sotto il seno, le labbra sul collo, il cazzo sul culo, le parole sullo stomaco. Lei ebbe un sobbalzo. Con una risata s’agganciò all’attacco di Smell like teen spirit, si staccò da Lucio e si perse in un ballo frenetico ed esagerato. Aveva sentito muoversi qualcosa là in fondo. S’era bagnata e stava esplodendo ma rifiutava quella sensazione. Va bene la libertà. Va bene il gioco. Tutto quello però le sembrava troppo. Troppo ingiusto, troppo bello, troppo intenso da tenere dentro. Era spaventata ma non doveva darlo a vedere e ballò, ballò fino a che perse le mani e lo sguardo di Lucio e incrociò gli occhi di Chiara. La fissava con un sorriso interrogativo. Maddalena si avvicinò e le chiese una birra alla distanza di un bacio. Solo il bancone dove s’era appoggiata con il piccolo seno, le divideva. - Non ti sembra di essere già su di giri?- le disse asciugandole il sudore sul naso. - Un pezzettino - , le rispose. - Un altro “pezzettino” e ti scopavi Lucio davanti a tutti -, le disse Chiara. Fingendo indifferenza le disse che era un gioco, che faceva con il permesso di Andrea. Che poi gli avrebbe raccontato tutto. - Però a Lucio non ci pensi- , le disse porgendole una birra. Incominciò ad accarezzare la bocca della bottiglia con il polpastrello dell’indice. Un rito ipocondriaco dovuto alla sua fobia del vetro ma che in quel momento sembrava solo un vezzo malizioso di una bambina che prendeva tempo per trovare la frase giusta che la discolpasse con ironia e cinismo. Chiara l’anticipò dicendole che Lucio era un suo amico. Forse qualcosa di più. Che non era gelosa e che per quanto lui le piacesse, lei le piaceva altrettanto. Voleva soltanto evitare che qualcuno a cui teneva potesse farsi del male. Maddalena un po’ si rabbuiò. Sorseggiava la birra osservando Lucio che ballava ma continuava a fissarla mentre appoggiava le labbra leggera sulla punta della bottiglia, ingoiando piccoli sorsi di birra. Si voltò dandogli le spalle e appoggiandosi al bancone sentì qualcosa di amaro risalirle lo stomaco mentre la testa prese a pulsare. Incominciò a tossire e quasi le veniva il vomito. Maledetta tosse. Bronchite puttana, bisbigliava con la bocca bagnata di saliva. - Non mi sento un granché - disse a Chiara. - Vieni - le disse lei e le prese la mano. Dolce, non molle. Sudata. Calda. Le tolse la birra dall’altra appoggiandola sul bancone. Fece il giro scendendo dalla pedana. Chiara era più bassa di lei ma il suo aspetto era più forte, più stabile. La abbracciò per sorreggerla come solo un gentlemen d’altri tempi avrebbe fatto. Dolce ma ferma, la guidò, sostenendola, nella stanza accanto dove la fece accomodare sul divanetto vicino all’armadio delle scope. Piegata in due, Maddalena tossiva l’anima. Sbarrava gli occhi pieni di lacrime mentre le si spezzava il fiato. Poi all’improvviso smise. Tirò un sospiro rauco, quasi un lamento e fu silenzio. S’appoggiò allo schienale e fissò il soffitto. Su quel divano dove Chiara aveva dormito, scopato e pianto le giornate di troppo stress o lavoro. Su quel divano, ora che aveva chiuso la porta e il rumore era caduto, morendo, come una tenda polverosa, su quei cuscini colorati, ora stava una bambina spaventata. La medusa tentacolare, la strega di fuoco che aveva carbonizzato falene, stava lì, piccola, spaventata, ipocondriaca, ammutolita. Chiara le si sedette accanto. Le riprese la mano. Se l’appoggio sulle gambe, nude, che spuntavano sode e piccole dal corto vestitino a fiori. Era bollente contro la pelle sudata ma fresca. Con un fazzolettino di carta spuntato da chissà dove le asciugò le labbra dalla saliva e la fronte dal sudore. - Perché non smette? - disse. - Beh continui a sbatterti, a sudare, a fumare. Logico che non migliori - , le rispose Chiara. Maddalena non parlava della tosse però. - Quella forse è una condizione di riflesso. Una punizione auto inflitta dal mio corpo alla mia mente malata -, disse. Perché non smette di pulsare? Perché la sua testa continua a pulsare cupa e profonda e produce pensieri, strani, morbosi, distorti? Perché vorrebbe stare al centro del mondo di Andrea e da quel mondo scappa? Perché vorrebbe essere la sola negli occhi e nella testa di lui e poi viene a rifugiarsi qui dove è negli occhi e nella testa di tutti? Chiara la ridisegnava con gli occhi e non poteva fare a meno di perdersi dentro i suoi che, pieni di lacrime, ora la fissavano. - Perché sei una bambina.- Le disse, lei ch’era più minuta e più piccola di qualche anno. - Perché non accetti il fatto che non puoi mangiare tutte le caramelle che vuoi fino a starne male. Perché vuoi regalarle a tutti ed essere amata da tutti. Perché questo ti fa sentire sicura. Protetta. Perché Andrea non basta. Perché bruci di una fiamma che non sai controllare e puoi solo nutrire. Perché quel fuoco che hai dentro è enorme e brucia te come chi ti sta accanto.- La mano aveva preso ad accarezzarle il viso, le labbra. Il fiato era bollente. Scivolò le dita sul collo di Maddalena e prese ad accarezzarle la guancia con il pollice. La spingeva sempre più verso di sé, Chiara. Che quel fiato in fiamme voleva all’improvviso assaggiare. Che incominciò appoggiandole le labbra sulle labbra e si fece strada mangiandole. Cercava la sua lingua con la lingua e nel frattempo ne beveva la saliva. Dolce come aveva iniziato rallentò e s’allontanò gustando il suo sapore. Continuava a fissarla che era persa nel suo sguardo. Qualcuno aprì la porta e la stanzetta fu riempita da un’onda di rumori. Le due ragazze erano però perse dentro un lago nero e profondo e non sentivano Lucio che chiedeva se tutto andasse bene. Maddalena quasi spinta dalla musica lontana divenne frenetica e prese a baciare Chiara con impeto. Le era quasi sopra ora. Lei minuta si lasciava prendere la faccia fra le mani e baciare e divorare. Mentre le mani di Maddalena scendevano dal volto al collo e poi sui seni sudati, l’altra incominciava ad accarezzarle i fianchi e poi a frugarle sotto la gonna. Fra le gambe. Nelle mutande. Un lampo di fuoco le prese il ventre. A tutte due. Ed erano un calore liquido che colava fra le cosce. Lunghe linee sottili sulle gambe di Maddalena in ginocchio a gambe aperte su di lei. Una piccola chiazza profumata fra divano e mutande di Chiara. La musica era morta all’improvviso. Ancora. La porta chiusa. Il mondo fuori. Ora, era il sordo battere della testa che pulsava, Il petto che esplodeva, il fiato che spezzava nel liquido sciogliersi dei baci, a riempire le orecchie di Maddalena. Sentiva amplificato come un frastuono di vento e robe stese al sole, le gonne che si sollevavano, le mutandine che scivolavano sulla pelle sudata. Quando la sua mano scese e raggiunse i morbidi peli bagnati di Chiara sentì l’amica fare un verso di profondo e inarrestabile piacere. Un brivido le risaliva i polsi, le faceva tremare il braccio teso fra le gambe di lei e scoppiava come una bomba nello stomaco, giù fino alla fica, che continua a bagnarsi e a sciogliersi. All’improvviso sentì spingerle fra le natiche coperte a metà dalla gonna sollevata il ruvido tocco duro e bollente di un cazzo imprigionato. Continuando a penetrare le bocche di Chiara con le dita, girò la testa e guardò il viso meravigliato di Lucio. Meravigliato dallo spettacolo. Meravigliato dalla foga. Meravigliato dalla forza che lo aveva attratto lì, dopo che lo aveva catturato sull’uscio, lo aveva spinto a chiudere la porta, lo aveva portato ad appoggiarle addosso la sua dolorosa erezione. Ancora di più, meravigliato, stupito e grato nello scorgere nello sguardo di Maddalena l’invito a restare. A continuare. A spingere. Spingeva, Si muoveva e spingeva dolorante ma godendone come mai aveva goduto. Maddalena era scivolata a bere Chiara, appoggiando le ginocchia per terra. Le baciava le labbra carnose e bagnate, facendosi strada con la lingua che larga accarezzava peli, carne e umori. Sentì allora il suono della zip dei jeans di Lucio. Fu il tuono che annunciava la tempesta che si scatenò nel suo stomaco, quando sentì qualcosa di duro, pulsante, entrarle dentro e spingersi all’interno. Ritirarsi un poco e ritornare ancora più a fondo. - Ahia! - disse come la bambina che era. Quasi piangendo e poi ancora, ansimando. Una preghiera a continuare. Mentre Chiara le giocava il clitoride con le mani bagnatissime e lei con una mano appoggiata al divano, con l’altra frugava Chiara sempre più dentro. Il ritmo di Lucio diventò sempre più incalzate. Duro. Violento. Fino a che tirò fuori all’improvviso il cazzo e sparse il seme sul culo e sulla schiena di Maddalena ormai scoperta. Lucio si accasciò su di lei stringendola in vita, quasi a spezzarla, continuando a spruzzare ora, le gambe e la pancia di Chiara. Maddalena non reggendo il peso s’appoggiò sul piccolo corpo sotto di lei. Sentiva il suo corpo in fiamme esplodere in una inarrestabile vampata che le prese la fica, il ventre, le cosce distese e s’irradiò passando dal cuore fino al cervello che sentì espandersi fino a schiacciarle la scatola cranica. Emise un suono profondo. Gutturale. La sua anima tossì l’esplosione interna di un orgasmo primitivo, ancestrale. A quel suono i due corpi che l’abbracciavano bagnati, sudati, ancora ansimanti, corrisposero con un fremito. Presero a tremare come falene che bruciano vicino la fiamma e sfrigolando annunciavano la loro piccola morte. Rimasero così fermi, ubriachi dei loro respiri e del profumo dei loro umori. Fu Maddalena a liberarsi allontanando da sé, dolcemente, i due corpi. Si alzò. Tirò su le mutande. Si ricompose. Guardò le sue due vittime stese fra divano e pavimento che sorridevano beate in estasi. Ridicole e dolci al tempo stesso, con i vestiti tirati su o giù a seconda dei casi. - Quanto siete belli - disse. Il rumore nella testa era sparito. Le cose apparivano più chiare, ora. Anche il senso di colpa sembrava sparito, quasi non ci fosse mai stato. Continuava a sentirsi umida, calda e protetta. All’improvviso un colpo di tosse, la riportò alla realtà. Forte. Deciso. - Maledetta tosse. Bronchite puttana -.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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