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LUCE BIANCA


di Maddalenasmesso
12.04.2021    |    205    |    2 9.4
"Perché lo stai facendo con me presente..."

Sta accadendo. Potrei chiudere gli occhi immaginando che sia ancora una fantasia. Poi li riapro e siete li. Sul nostro letto. Quell’immagine. Tante volte si è affacciata nella periferia dei miei sogni agitati. Quante volte ne abbiamo parlato poi. Anche dopo quello che era accaduto. Dopo Gianna. Dopo la folle notte che ti eri regalata, che ti avevo regalato, con Silvia e Luca. Avevamo parlato della mia assenza. Alla fine l’avevo patita. Quello che era cominciato come un modo per riaccendere la luce in te. La maniera di riempire di nuovo di vita quel corpo magnifico. Quella testa in fiamme. Le nostre “avventure” erano rimaste tue e mi avevano isolato. Il racconto. La condivisione della memoria. Il tentativo di trasmettere le sensazioni. Non bastavano più. Non bastava sicuramente a me che vivevo ai margini di quella tavola imbandita. Che sentivo di raccogliere le briciole di quelle favolose cene dove la portata principale eri tu. Una cena è stata la scusa. Nella nuova veranda. Lavori di settimane e avevamo una nuova veranda. Piccola. Modesta ma verde. Rigogliosa. Avevamo chiesto a Marco, il mio amico Marco, l’uomo dalle mille risorse, di darci una mano con le piante e i lavori di falegnameria. Io solo nell’aspetto forzuto manovale, sono una frana. Lui sotto il suo aspetto dimesso, da nerd, magro, timido, aveva risorse da uomo d’altri tempi. Dagli qualche attrezzo e ti trasforma una idea in realtà. Dagli terra e qualche piantina o seme e gli dà vita. Chi meglio di lui allora. Chi meglio di quell’uomo che amavo come un fratello, poteva trasformare il mio sogno in realtà. Lui solo, che sapevo non avrebbe giudicato o prevaricato, avrebbe riportato vigore e vita queste carni spente. Sì perché mi stavo spegnendo io, ora. Ti sentivo sempre più lontana tanto quanto io, con i miei chili in più, con i miei anni in più, mi sentivo indegno, indesiderabile. Volevo sentire riaccendersi in me viva, quella passione che soffocavo nel timore di non essere all’altezza di ciò che aveva riportato te in vita. Volevo essere presente questa volta. Volevo vedere in prima persona il tuo corpo muoversi al tocco di qualcun altro. Volevo toccare io la tua umida e viva gioia. Volevo baciare te e quello che ti penetrava. Bere quello che risaliva in superficie. Sentire che il mio corpo non era più inadatto, il tuo distante, quello di un altro, alieno. Sentirmi parte di un vortice naturale che portava linfa alla terra. Vita alla carne. Fiamme allo spirito.

Finiti i lavori, la cosa più naturale era invitare Marco e Daniela a cena. Sapevo però che Daniela d’Estate preferisce starsene in campeggio con i suoi e la bambina, e magari quell’invito avrei potuto farlo quando sarebbe stato impossibile per lei raggiungerci. Poi, infondo, era chiaro da quando vi avevo presentato che a Daniela stavi simpatica quanto lo fosse lei a te. Niente. Perché lei sentiva che Marco vedeva in te quello che avrebbe voluto nella sua compagna di vita. Perché capiva che lui mi considerava fortunato ad avere te. Perché sicuramente facendole l’amore, quelle ormai rare volte che accadeva, lui chiudeva gli occhi sui suo corpo secco e abbronzato, immaginando le sue mani correre sulla tua pelle bianca e le tue curve sode. Così è successo, infatti. “Finito! E’ stupendo! Dai! Resta a cena. Ti preparo il mio riso al pollo e ci beviamo quel vino che mi hanno portato dal paese. Ormai Daniela avrà cenato e quando torni la troverai già in coma” Gli ho detto. “Si resta.” aggiungi tu "Visto che hai fatto tutto tu, è giusto che sia tu a godere di tutto questo per primo. Insieme a noi. Stasera. Prima che chiunque altro lo veda. Sarebbe una specie di battesimo fra noi tre, di una cosa che abbiamo fatto nascere insieme.” Sembrava un invito molto più profondo. Più intimo. Si tingeva dei colori dell’ordine e della preghiera. Perché in quel momento sapevamo, sentivamo che quello che doveva accadere era giusto. Perché lo volevamo e in fondo sapevamo l’avrebbe voluto anche lui. Che entrambi lo amavamo. Entrambi sapevamo che quello che ci saremmo regalati l’avremmo regalato anche a lui. Che tutti e tre, ognuno a suo modo, meritava quello che sognavamo. Non c’è voluto troppo per convincerlo, infatti. Era già al telefono che farfugliava scuse. Più lo vedevamo abbandonare nel loro angolo, obblighi e doveri, più prendeva vita. Avete rimesso in ordine alla bene e meglio mentre io mi davo da fare ai fornelli. Sentivo che lo stavo cuocendo al fuoco lento, profumandoti con le tue carni fresche e spezziate, che ti muoveva attorno a lui come io rigiravo quello che cuoceva in pentola. Innaffiavo il cibo con lo stesso vino che scorreva dolce nelle nostre gole e ci illuminava gli occhi. Dalla finestra vi osservavo ormai sciolti scherzare. Come quando si percepisce d’estate un temporale in arrivo, sentivo vampate d’eccitazione risalirmi le gambe e il basso ventre. Perché sentivo il profumo della pioggia che s’avvicinava e mi eccitava l’idea di vederci bagnati e rinfrescati. La seconda bottiglia stava finendo come era finita la nostra cena. Ce ne stavamo li a guardarci attorno. A raccontare di quanto tutto ora su quel terrazzo fosse magico. Con le piante. I fiori. Le stelle sopra di noi. Tutto profumava e volteggiava. L’estate stava finendo e Settembre mi stava regalando la sua magnifica frescura e le promesse dell’autunno. I doni dell’inverno. Maliziosa ogni tanto posavi la mano sulla sua gamba li dove il pantaloncino non copriva. Stringevi. Ti appoggiavi gentile ma decisa. Quindi ti ritraevi e mi baciavi o scherzavi con me lanciando occhiate brille. Lui arrossiva ogni volta e guardava altrove. Allora tu ridevi, sonora, e lo coinvolgevi in qualche battuta delle vostre. Mollavi e riprendevi le briglie. Lui felice restava vicino. “Bon! Mentre sbarazzo, Maddalena, prendi l’amaro in frigo!” Dico. “Ma no! Lascia stare. Ti aiuto io.” Dice “Dove vai!? Sei l’ospite non devi fare niente. Solo lasciarti servire e coccolare!” Dici Gli spari un bacio improvviso sulla guancia ma vicinissimo alla bocca. Un piccolo lampo senza sonoro. Nel cielo sereno che immediato si fa rosso d’imbarazzo. Ridi fragorosa e annunci il tuono che sento nelle tempie. “OK. Torno subito. Voi bevete e NON fate i bravi!” Vi guardo. Tu lo sai già. Lui, sembra accorgersi della esplicita benedizione. Non arrossisce più. Mi guarda stupito. Gli sorrido. Mi guarda. Guarda te, mentre versi gli amari. Mi passi il mio tenendo i vostri bicchieri con una mano. Poi sorridi intensa. Profonda. con un sorriso che sembra un ruggito. Un altro tuono. Più vicino. Più netto. Gli offri il suo con un’intensità negli occhi che nelle mie tempia, nel mio cuore nel mio cazzo, sento fragoroso ancora il tuono. Lui mi guarda. Sorrido e m'allontano Continuo ad osservarvi dalla finestra e la tua danza si fa sempre più esplicita mentre ad ogni scambio di battuta segue un abbraccio una carezza. “Ah! il mio amaro è buonissimo. Vuoi assaggiarlo?” dici “Ma è lo stesso.” dice. “E no! Il mio ha tutto un altro gusto” Ti passi le dita sulle labbra e le passi sulle sue e tutto precipita. La tua mano, si posa sul suo ginocchio e poi scivola sulla coscia. Le tue dita s’insinuano lente sotto il pantaloncino mentre lui sobbalza e mi guarda da lontano. Gli sorrido ancora facendovi un cin-cin aereo con il mio amaro mentre gli volti il viso verso di te gli fermi la bocca. Ora gli versi l’amaro direttamente dalla tua alla sua bocca. Diventa bacio. Baci. Profondi. Feroci e teneri. Ti ritrai. Posi il tuo bicchiere. Prendi il suo e fai lo stesso. Lenta e decisa allarghi le gambe scoperte dal leggerissimo vestito nero a fiori e ti siedi su di lui. Un paio di volte gli riprendi il viso che cercava me alle sue spalle. Lo vinci con altri baci e la sua faccia ora è ferma tra le tue mani mentre ora sei su di lui. Vedo le tue cosce bianche luminose visibili e definite nell'oscurità del divano che tengono fermo il suo corpo, lungo ma asciutto. Scuro, olivastro, vestito di blu. Mentre col bacino ti muovi lenta e i tuoi capelli, alghe nere e tentacolari. ora sciolti, lo affogano facendolo scomparire. “Che c’è? Non vuoi il dolce!?” dici. “Ma…Tu..noi...Andrea…” Balbetta sulla tua lingua pieno della tua saliva. “Ce n’è per tutti e tre” gli rispondi. Continuando a fagocitarlo piovra nera della pelle candida gli prendi le mani e le metti sul tuo splendido culo. Allora lui prende a stringere e inarcando la schiena e spingendo il suo bacino verso dite prende la strada senza ritorno. Tutto prende a tuonare. E sono lampi e pioggia. Urli ridendo. salti giù da lui lo prendi per mano e lo trascini dentro. Non entri in cucina. Allegra e saltellante come una bambina che scappa dalle onde o ha appena scartato il nuovo giocattolo, te lo porti dritto in camera da letto e lo spingi decisa sulle lenzuola sfatte della notte prima. “Questo lo togliamo che è bagnato” dici ti togli il vestitino a fiori e resti con i tuoi meravigliosi piccoli seni, nudi, più bianchi della tua pelle già bianca. In piedi davanti a lui steso sul letto. Da dove sono io vi intravedo per un gioco di rifrazione sulla vetrata della veranda. Tu sei un fantasma luminescente e morbido che si staglia su di lui. totalmente arreso. Allora mi avvicino e appoggiato allo stipite della porta vi osservo. Li nella nostra camera da letto tu nelle tue mutandine bianche. Ti giri verso di me. Un sorriso malizioso mi chiede un permesso che ti sei già presa. Che ti avevo già dato. Lentamente prendi a spogliarlo e gli tiri via i pantaloncini. Anche lui resta in mutande. Steso. Ti inginocchi e prendi ad accarezzargli il pacco con le mani. E duro e bollente. Vibra e sembra volere esplodere mentre fuori esplode il temporale. Dolce poi sfiori il cotone profumato di buono, con le guance prima. Con le labbra poi. Un po’ lo mordi. Poi lo tiri via e lasci che il suo pene salti fuori già grosso e pulsante. Lo fermi con una mano e mentre con l’altra gli accarezzi la piccola pancia, lo prendi in bocca. Incominci a danzargli la lingua attorno. Lo copri di saliva che un po' ritiri e un po’ rilasci lasciando che affoghi nella tua bocca. Incominci a sollevare la tua testa e a sprofondarla fra le su gambe. Tutto dura una meravigliosa stordente eternità. Poi ti rialzi. Mi fai un cenno e io ti abbasso le mutandine come stessi sbucciando il frutto più desiderabile. Nuda ti metti a cavalcioni su di lui, afferri il suo cazzo bagnato di saliva e lo infili dentro di te bagnata di desiderio. Sono li e vi osservo sul nostro letto. Non posso crederci che stia accadendo. che finalmente posso essere testimone della tua gioia. Vedo di nuovo la Maddalena che conoscevo, dolce e vorace. Mentre il suo sesso sempre più duro si fa strada dentro fuori di te, vedo ondeggiare il tu morbido corpo e penso a quanto m’era mancato così vivo e illuminato dalle fiamme di una passione incontenibile. Di quanto tu sia bella e di quanto ami te, e quello che stai facendo. Di quanto tutto questo sia perfetto perché lo stai facendo a chi voglio bene come me stesso. Perché lo stai facendo felice. Perché lo stai facendo con me presente. Un piccolo gemito. Leggero. Quasi impercettibile ma più forte del temporale fuori. Poi stendi il busto su di lui e sollevando il sedere. Lo muovi lento ancora su e giù mentre lento lasci che ancora lui, fermo, entri ed esca . Ti volti indietro e fra una smorfia di piacere, e dolore e gioia, mi sorridi. Mi inviti. Lui dal fondo, dal buio, ora sorride in estasi e mi guarda e sembra invitarmi anche lui.

Mi tolgo maglietta e boxer. resto nudo e grosso. Non mi interessa. Nessuno mi giudicherà. Siamo solo noi e il mondo e fuori respinto dal temporale, Noi siamo qui protetti da questo sogno reale che ci stiamo regalando. Allora mi chino e prendo a leccarti la fica e leccando te lecco lui. La pelle del suo pene. Bagnata di te. Poi ti afferro il culo leggero lo divarico e prendo a leccartelo mentre accarezzo le sue palle e il suo membro che si fa strada fra le tue grandi e piccole labbra. Con una coordinazione e un’abilità inedita ti sollevi leggermente lasciando lui sgusci via da dentro di te. Mentre lui si fa verso il cuscino, tu scivoli all’indietro gli riprendi il suo cazzo in bocca e lasci che io infili il mio in te. Scivolo deciso in te perché sei inondata di eccitazione. Sei già venuta con lui dentro. Ora io spingo e sento che ci vorrà poco prima che anch’io esploda. Una meravigliosa e intima coreografia ci fa danzare sulle lenzuola arruffate mentre a turno affondiamo in te. Ti baciamo e lecchiamo. Le mani afferrano. Le dita entrano. Le lingue accarezzano. e ora sento l’odore del suo pene farsi strada verso il mio viso. Lo accolgo con la bocca piena di saliva. Il più succoso dei frutti da divorare. Mentre tu divori me e lui esplora te. Poi all’improvviso il fragore più grande di tutti e la camera da letto diventa bianca. Tutta quella energia sembra esplodere da noi. Bianca. Come bianco il tuo corpo che si innarca godendo con le mie dita che premono dentro e fuori la tua vagina. Come bianco vengo io mentre gli sto stringendo il cazzo. Come bianco piove lui su di te bagnandoti con il suo sperma. Quando il temporale incomincia ad allontanarsi e la pioggia accarezza ancora il tetto e i vetri della casa, restiamo accoccolati a baciarci la pelle bagnata. Accarezzandoci ancora i corpi mossi da fremiti. E io resto li e guardo te piena di gioia. Lui perso ad occhi chiusi. E quasi vedo me stesso steso, fra di voi, nudo e bagnato di noi. La carne finalmente viva La testa in fiamme.
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