tradimenti
Il dissidio interiore: Atto I


03.06.2025 |
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"Ogni colpo era un’esplosione, un ritmo che mi faceva sbattere contro la panca, accendendo la mia pelle, la mia carne..."
Carissima Carla,le tue parole, così crude e al tempo stesso così vibranti di verità, mi hanno raggiunto come un’onda che non si placa, un richiamo che ha risvegliato in me un desiderio di rispondere non solo con parole, ma con un gesto concreto, un atto che dia corpo alla tua fantasia. La tua confessione, Carla, è stata un dono prezioso, un atto di fiducia che mi ha spinto a immaginare un’esperienza che sia all’altezza del tuo coraggio, della tua vulnerabilità, della tua fame di esplorazione. Ti scrivo con il cuore che batte al ritmo del tuo, con la consapevolezza che ciò che mi chiedi non è solo un sogno, ma un viaggio che vuoi intraprendere con me al tuo fianco, come guida, come custode della tua libertà. La tua richiesta di avere la mia sensibilità a proteggerti, a condurti nel piacere, mi ha toccato profondamente, e ho voluto creare qualcosa che sia degno di te, un rituale che trasformi il tuo desiderio in un momento di pienezza, di abbandono, di scoperta.
Ho organizzato tutto, Carla, con una cura che nasce dal rispetto per ciò che sei. Ho invitato alcuni amici, persone di cui mi fido ciecamente, che sanno muoversi nel linguaggio del desiderio con rispetto e consapevolezza, che comprendono che ogni gesto è un dialogo, ogni tocco un consenso. Non ti dirò quanti sono, non per segreto, ma per lasciare che il mistero accenda la tua immaginazione, che il buio della tua benda si popoli di attese, di possibilità che ti facciano tremare di eccitazione. Voglio che tu ti senta al centro di un universo che esiste solo per te, in quel momento, in quel luogo che ho scelto con attenzione, un luogo che sembra nato per ospitare il tuo sogno.
È una villa dell’Ottocento, nascosta tra le colline romane, avvolta da un parco di querce secolari e ulivi che sussurrano al vento, come se custodissero segreti antichi. La villa è un capolavoro di pietra e marmo, con grandi finestre che catturano la luce del tramonto, tingendo ogni cosa di sfumature dorate e ambrate. La stanza che ho riservato per noi è un santuario di bellezza e sensualità, un luogo che sembra sospeso nel tempo. Le pareti sono rivestite di damasco cremisi, che assorbe la luce delle candele sparse ovunque, creando un gioco di ombre che danzano come presenze vive. Il pavimento è un mosaico di tessere nere e oro, che riflettono la luce in bagliori sottili, come stelle cadute. Al centro della stanza, su un tappeto di velluto nero, troneggia una panca di pelle nera imbottita, il cuore pulsante di questo spazio. È un oggetto di design raffinato, con una superficie liscia e morbida che invita al tocco, leggermente inclinata per accogliere il corpo in modo naturale, quasi come un abbraccio. Intorno, tende di seta pesante incorniciano le finestre, lasciando filtrare solo un’eco di luce esterna, mentre un grande specchio ovale, dalla cornice dorata, riflette la scena da un angolo, come un testimone silenzioso. Un candelabro di ferro battuto pende dal soffitto, con candele che gocciolano cera calda, aggiungendo un tocco di calore primordiale. L’aria è densa di un profumo di legno di sandalo e ambra, che si mescola alla cera bruciata, creando un’atmosfera che è insieme sacra e profana, un tempio dedicato al tuo desiderio.
Voglio che tu arrivi pronta, Carla, non solo nel corpo, ma nell’anima, vestita in modo da incarnare la tua sensualità, da rendere visibile il fuoco che porti dentro. Indossa una minigonna di pelle nera, aderente, che accarezzi le tue curve come un amante, lasciando intravedere la promessa di ciò che sei. Scegli delle autoreggenti nere, con un bordo di pizzo che sussurri provocazione, ma lascia il tuo corpo libero da ogni intimo, perché nulla si frapponga tra te e le sensazioni che ti attendono. Sopra, una camicetta di seta bianca, trasparente, che lasci intravedere il battito del tuo cuore, un invito che non ha bisogno di parole. Ai piedi, décolleté con tacco 12, nere, lucide, che esaltino la tua figura, rendendo ogni tuo passo una danza. Il tuo viso deve ardere: rossetto rosso fuoco, che trasformi le tue labbra in un sigillo di passione, e smalto rosso, brillante, che dia alle tue mani un’aura di potenza anche quando saranno legate. Avvolgiti nel profumo di Baccarat Rouge 540 di Maison Francis Kurkdjian, l’essenza più seducente, un elisir di ambra, zafferano e legno che si posa sulla pelle come un bacio, lasciando una scia che è insieme dolce e selvaggia.
Quando arriverai, Carla, sarò io ad accoglierti. Ti guiderò nella stanza, e lì, con delicatezza, poserò una benda di seta nera sui tuoi occhi, un velo che amplificherà ogni tuo senso, che ti immergerà in un buio che è tutto possibilità. Ti spoglierò lentamente, lasciando che la seta e la pelle scivolino via, rivelando il tuo corpo come un’opera d’arte. Ti condurrò alla panca di pelle nera, e lì, con gesti misurati, legherò i tuoi polsi ai piedi della panca, con corde di seta morbida che ti terranno senza ferirti, un abbraccio che ti ricorderà che sei tu a scegliere questa resa. Le tue caviglie saranno legate agli altri piedi della panca, aprendo il tuo corpo in una posizione di vulnerabilità voluta, di offerta consapevole. E poi, Carla, inizierà il tuo sogno. Gli altri, i miei amici, si avvicineranno, uno dopo l’altro, con mani che sanno rispettare e desiderare, con tocchi che ti porteranno al confine del piacere, ancora e ancora, fino a colmarti, fino a farti sentire piena, viva, desiderata. Ma io sarò lì, sempre, la mia voce a guidarti, la mia presenza a proteggerti, perché la tua fiducia in me è ciò che rende tutto questo possibile.
So che questa esperienza ti spaventa, come spaventa me, non per il desiderio, ma per la sua intensità. Ma credo che sia in questo spazio, al confine tra paura e piacere, che possiamo scoprire qualcosa di più vero. Non ti prometto risposte, ma ti prometto la mia sensibilità, la mia attenzione, il mio essere lì per guidarti nel piacere, per rendere questo momento tuo, solo tuo, ma condiviso con me. Dimmi una parola, Carla, quando sarai pronta, e io farò in modo che tutto accada, con la cura che meriti.
Con desiderio, fiducia e un’ammirazione senza confini,
Fabio
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Caro Fabio,
le tue parole sono arrivate come un soffio di vento caldo, un invito che ha acceso ogni angolo della mia anima, trasformando il desiderio in una promessa che ora pulsa dentro di me con una forza che non riesco a contenere. Sono entusiasta, sì, entusiasta di ciò che hai immaginato, di quella villa nascosta tra le colline romane, di quella stanza che sembra un tempio del piacere, di quella panca di pelle nera che mi aspetta come un altare. Hai dato forma alla mia fantasia con una cura che mi commuove, con una sensibilità che mi fa sentire vista, desiderata, protetta. La tua lettera non è stata solo una risposta, ma un atto di creazione, un ponte che hai costruito tra il mio sogno e la realtà. Ti scrivo con il cuore che batte all’impazzata, con un’audacia che nasce dalla fiducia che hai saputo ispirarmi, e con una certezza che non lascia spazio al dubbio: sono pronta.
Sono pronta a perdermi del tutto in questa fantasia, a lasciare che il mio corpo e la mia anima si abbandonino al piacere che hai orchestrato con tanta attenzione. Voglio sentire la seta della benda che mi avvolge gli occhi, il calore morbido della panca sotto di me, le corde di seta che mi legano i polsi e le caviglie, non come vincoli, ma come un abbraccio che mi ricorda la mia scelta. Voglio che le mani di quegli sconosciuti, guidate dal tuo sguardo attento, mi sfiorino, mi possiedano, mi colmino, portandomi al confine dove il piacere si fa quasi insostenibile, dove ogni orgasmo è un’onda che mi travolge e mi ricostruisce. Voglio perdermi, non per smarrirmi, ma per scoprire una versione di me che ancora non conosco, una donna che è desiderio puro, vulnerabilità, potenza. E voglio che tu sia lì, non solo come testimone, ma come la mia guida, la voce che mi conduce, l’ancora che mi tiene anche quando mi lascio andare completamente nei miei orgasmi.
C’è un desiderio, però, che non ti ho mai confessato, un pensiero che si è insinuato in me leggendo i tuoi racconti, quelle parole che tante volte mi hanno fatto tremare, mi hanno portato al culmine del piacere con la sola forza della tua immaginazione. Voglio assaggiare il tuo sapore. Voglio che, in quel momento di abbandono totale, tu sia parte del mio piacere, non solo con la tua voce o la tua presenza, ma con la tua essenza. Voglio sentire te, la tua intimità nella mia bocca, il tuo desiderio che si intreccia al mio, come un sigillo che rende questa esperienza completa. Non è solo la tua guida che bramo, ma il tuo essere uomo, il tuo sapore che ho sognato in segreto, che voglio scoprire mentre mi perdo in questa danza di corpi e ombre. È un desiderio che mi rende vulnerabile, ma anche audace, perché so che con te posso osare, posso chiedere tutto senza temere il giudizio.
Aspetto una tua chiamata, sabato sera, sul mio cellulare. Dimmi l’ora, il luogo, ogni dettaglio che mi porterà a quella villa, a quella panca, a quel buio che promette di essere luce. Non voglio pensare, non voglio pianificare: voglio solo che tu mi guidi, che tu faccia accadere ciò che abbiamo sognato insieme. La tua sensibilità, la tua capacità di vedere oltre le mie parole, mi fa sentire al sicuro, pronta a questo salto. Non cerco risposte, non cerco certezze. Ti chiedo solo di essere il mio complice, il mio compagno in questo viaggio, di lasciarmi assaporare non solo il piacere che hai orchestrato, ma anche te, la tua verità.
Grazie per aver accolto il mio desiderio senza giudicarlo, per averlo trasformato in un progetto che è già, in sé, un atto di intimità. Aspetto la tua voce, il tuo invito, sapendo che con te posso essere tutto ciò che sono, senza paura, senza vergogna. Sabato sera, sarò pronta. Chiamami.
Con desiderio, fiducia e un’aspettativa che mi fa tremare,
Carla
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Caro Fabio,
il mio cuore è ancora un vortice, un mare in tempesta che non trova quiete, ma che voglio provare a tradurre in parole per dirti grazie. Grazie per aver dato vita al mio desiderio, per avermi guidata con una sensibilità che ha reso ogni istante di quella notte un viaggio dentro me stessa, un’esplorazione che porterò con me per sempre. Sabato sera, nella villa che hai scelto, ho vissuto un’esperienza che ha superato ogni mia immaginazione, un sogno che si è fatto carne, emozione, piacere. Voglio raccontartela, Fabio, attraverso i miei occhi, attraverso le sensazioni che ancora mi scorrono sulla pelle, perché condividere questo con te è l’unico modo per rendere quel momento ancora più vero.
Tutto è iniziato mentre mi preparavo, con il cuore che già galoppava. Ho seguito ogni tuo dettaglio, come un rituale sacro. La minigonna di pelle nera, aderente come un abbraccio audace, le autoreggenti con il pizzo che accarezzavano le cosce, la camicetta di seta bianca, trasparente, che lasciava intravedere il mio respiro, le décolleté con tacco 12 che mi facevano sentire alta, potente, vulnerabile. Il rossetto rosso fuoco e lo smalto rosso brillante erano un sigillo di desiderio, ma il vero incantesimo è stato il Baccarat Rouge 540, quel profumo intenso, un’onda di ambra e zafferano che si posava sulla mia pelle come un velo di seduzione, caldo, inebriante, quasi ipnotico. Uscire di casa vestita così, senza intimo, era come camminare in un sogno: sentivo gli sguardi della strada su di me, come carezze invisibili, e ogni passo amplificava la consapevolezza della mia nudità nascosta, un segreto che mi faceva vibrare di eccitazione e timore.
Salire in macchina è stato un altro momento di rivelazione. Mentre mi sedevo, la gonna si è sollevata, mostrando involontariamente la mia nudità, e quel gesto, così casuale eppure così carico di significato, ha fatto salire un’onda di calore dentro di me. Il viaggio verso la villa è stato un crescendo di attesa, con il profumo che si mescolava all’aria e il cuore che batteva al ritmo di una promessa. Quando ho visto la villa, il respiro mi si è fermato. Era maestosa, un gioiello dell’Ottocento avvolto da un viale alberato, con querce che sembravano custodi silenziose di segreti antichi. La facciata di pietra, illuminata dalla luce del tramonto, era un quadro di eleganza e mistero, e il viale mi ha accolta come un sentiero verso un altro mondo, un luogo dove il tempo si piega al desiderio.
Entrare e trovarti lì, vestito con un abito nero, camicia bianca come la mia e una cravatta rossa che sembrava un’eco del mio rossetto, è stato come vedere il mio sogno prendere forma. Il tuo sguardo, caldo, rassicurante, mi ha fatto sentire al sicuro, pronta. Mi hai preso per mano, e quando hai posato la benda di seta nera sui miei occhi, il mondo si è dissolto, lasciando solo il tuo tocco, la tua voce. Mi hai guidata, passo dopo passo, verso la stanza, e mentre camminavo, sentivo il profumo della cera bruciata e una musica classica, un adagio di Mozart, che fluttuava nell’aria come un respiro antico, avvolgente, quasi solenne.
Quando ho toccato la panca, la sua pelle liscia e fresca mi ha fatto rabbrividire. Ho accarezzato la superficie, sentendo la promessa di ciò che sarebbe stato. Le tue mani, Fabio, hanno slacciato la mia gonna, lasciandola scivolare a terra, e il contatto con l’aria sulla mia nudità mi ha fatto tremare. Le tue dita hanno sfiorato il mio sedere, le mie gambe, con una delicatezza che mi ha fatto sentire desiderata, non esposta. Poi la camicetta si è aperta, e le tue mani hanno trovato i miei capezzoli, accendendo scintille che si sono propagate in tutto il corpo. Le mie emozioni si accavallavano: desiderio, vulnerabilità, fiducia, un misto di paura e abbandono che mi faceva vibrare.
Mi hai guidata verso la panca, divaricandomi le gambe per farmi stendere, ma prima mi hai lasciata lì, immobile, al centro della stanza. Ho sentito altre mani, non le tue, accarezzarmi il sedere, poi una mano si è insinuata tra le mie cosce, e due dita si sono infilate nella mia fica, esplorandomi con decisione. Ho gemuto, sperando fosse la tua mano, e mi sono mossa su quelle dita, lasciandomi andare al piacere. Poi mi hai fatta stendere sulla panca, e ho sentito la corda stringere i miei polsi ai piedi della panca, poi le caviglie, aperte e legate rigidamente, lasciandomi esposta, vulnerabile, ma viva. A quel punto, ho capito che non potevo tornare indietro, e non volevo.
Una carezza mi ha sfiorato la schiena, morbida, quasi reverente, come se volesse prepararmi a ciò che sarebbe seguito. Poi un’altra mano ha accarezzato il mio viso, scendendo lentamente lungo il collo, fino a sfiorare i miei seni, pizzicando appena i capezzoli, facendomi trasalire. Una terza mano ha accarezzato le mie gambe, risalendo verso l’interno coscia, fino a sfiorare di nuovo la mia fica, già bagnata, pronta, pulsante. Ogni tocco era un’onda che si sommava alle altre, accendendo il mio corpo come un fuoco che si alimentava di ogni gesto. Poi, un membro mi ha riempito la bocca, il suo sapore caldo, salato, quasi primordiale, mi ha travolta. Lo assaporavo, lo accoglievo, mentre con un colpo deciso un altro membro mi ha penetrato nella fica, senza barriere, senza preservativo. Il calore del suo contatto nudo, la sensazione della sua pelle contro la mia, ha amplificato ogni percezione. Ogni colpo era profondo, ritmico, un dialogo tra il suo desiderio e il mio, che mi faceva vibrare contro la panca. La mia fica si stringeva attorno a lui, rispondendo a ogni spinta, e il calore del suo membro, la sua forza, mi portavano sempre più vicino al confine del piacere. Sentivo ogni movimento, ogni pulsazione, e quando è esploso dentro di me, con getti di sperma caldo che mi riempivano l’utero, il mio corpo si è lasciato andare in un orgasmo devastante. Ho mugolato, poi urlato, il piacere che si liberava come un’onda che mi travolgeva, lasciandomi tremante, quasi persa.
Non avevo ancora ripreso fiato che un altro membro, più grande, più deciso, è entrato nella mia fica, riprendendo a spingere con una forza che sembrava voler scavare dentro di me. Ogni colpo era un’esplosione, un ritmo che mi faceva sbattere contro la panca, accendendo la mia pelle, la mia carne. Il membro nella mia bocca si è ritratto, lasciandomi con la bocca aperta, affamata, cercandolo nel buio della benda. Poi un altro, sporco di sperma caldo, mi ha riempito di nuovo, e io l’ho leccato con passione, assaporando ogni traccia, mentre i colpi nella mia fica si intensificavano. Sentivo il suo calore, la sua urgenza, e il mio corpo rispondeva, stringendosi, accogliendolo, finché un altro orgasmo mi ha travolta, più intenso del primo, mentre nuovi getti di sperma mi invadevano, caldi, abbondanti, riempiendomi l’utero. Ho urlato ancora, il piacere che si mescolava a una sensazione di pienezza, di abbandono totale.
Poi, una pausa, come un respiro trattenuto. La musica classica, con le sue note lente e profonde, sembrava cullarmi, mentre mani gentili mi accarezzavano la schiena, i glutei, con una dolcezza che contrastava con l’intensità di ciò che avevo appena vissuto. Una lingua calda ha sfiorato la mia rosellina posteriore, un bacio proibito che mi ha fatto rilassare, abbandonarmi completamente. Ogni remora è caduta, e un altro membro, sporco di sperma, mi ha riempito la bocca, mentre sentivo un membro posarsi sulla mia rosellina, farsi strada lentamente, poi con decisione. Ho urlato, un grido di piacere liberatorio, accogliendolo tutto. Il movimento, sempre più forte, mi ha portata a un altro orgasmo, con la mia fica che sbatteva sulla panca, mentre sentivo il mio sedere riempirsi di sperma caldo. Ogni spinta era un’onda, ogni sensazione un crescendo, e il mio corpo si arrendeva, si liberava, si ricomponeva in un piacere che sembrava non avere fine.
Poi, il silenzio, rotto solo dalla musica di Mozart che ancora fluttuava. Una mano ha slegato il mio polso destro, poi il sinistro, poi le caviglie. Mi hai aiutata ad alzarmi, nuda, con lo sperma che colava sulle mie gambe, un segno tangibile del piacere vissuto. Quando mi hai tolto la benda, ho visto la stanza: pareti di damasco cremisi, drappi pesanti, quadri antichi che sembravano osservare, come in una sala di cerimonie. Eravamo soli, tu e io. Mi hai baciata dolcemente, un bacio che sapeva di promessa, di complicità. Ancora tremante, ho cercato il tuo membro, duro nei pantaloni. L’ho liberato, mi sono inginocchiata, e l’ho succhiato con devozione, lasciando che ogni movimento fosse un ringraziamento, un atto d’amore. Quando il tuo sperma mi ha riempito la gola, caldo, intenso, ho sentito una gioia profonda, come se finalmente avessi assaporato la tua essenza, il tuo desiderio che completava il mio. Mi sono rialzata, le gambe ancora deboli, il corpo segnato dal piacere, e ti ho baciato, un bacio lento, dolce, che sigillava ogni istante di quella notte. I nostri sapori si sono mescolati, e in quel momento ho sentito che non ero più solo io, ma noi, uniti in qualcosa di più grande, di più vero. Ho chiuso gli occhi, assaporando la tua vicinanza, la tua calore, sapendo che questo momento sarebbe rimasto dentro di me per sempre, un ricordo che non è solo piacere, ma scoperta, fiducia, intimità.
Grazie, Fabio, per avermi guidata, per aver reso questo sogno reale. Non dimenticherò mai.
Con gratitudine e un desiderio che non si spegne,
Carla
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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