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Il Castello di Donna Serva


di WriterVM18
20.10.2019    |    896    |    0 6.0
"Io, noi, e qualche altro sappiamo che addentrandosi nel verde, a non oltre 200 passi si può scorgere il Castello di Donna Serva..."
Nei racconti tramandati si parte sempre da un fondo di verità, poi per saziare gli appetiti si arricchiscono i fatti con azioni e persone del tutto irreali.
Nel mio paese, Milo, c'è una stradina stretta dal nome Angelo Musco, la quale sia a destra che a sinistra mostra un estesa radura.
Io, noi, e qualche altro sappiamo che addentrandosi nel verde, a non oltre 200 passi si può scorgere il Castello di Donna Serva.
Da secoli in rovina, un tempo era il castello di riferimento per signori di buona famiglia.
Si narra che nel XVI secolo vi viveva una famiglia di valvassori, Angelo Musco detto il barba incolta e sua moglie Anita, ribattezzata per ragioni che capirete a breve, Donna Serva.
Anita fanciulla timida di 23 anni, era stata data in matrimonio a 16 anni appena compiuti.
Il viso era molto, molto grazioso ma chi ne parla e chi la ricorda dice:

Angelo dal primo giorno del matrimonio, aveva smesso di curarsi la barba, e ora i suoi 10 centimetri di barba lo rendevano similare all'uomo rude e cavernicolo.


Vuolsi il destino che una sera passò di lì, dal castello Musco, una fanciullina minorenne.
I due la accolsero, aprendosi ad ospitarla. Mai si conobbe chi le diede la vita nè chi la condusse alle loro porte.
La giovinissima Adhara sviluppò, sotto gli occhi dei padroni di casa, nei 3 anni che la portarono alla maggiore età. Le crebbero due seni prominenti, il color dei capelli divenne simile alla sabbia e le due labbra che accompagnavano la bocca le sporsero in più verso fuori.
Adhara era l'opposto della padrona di casa.
Se Anita anche volendolo non riusciva a provare eccitazione.
Adhara d'altra parte, pur in una semplice conversazione o guardandoti, sembrava cercare il tuo sguardo, mandarti fuori di testa, ipnotizzarti e inconsciamente eccitarti.
Così la notte dei suoi 18 anni, il barba incolta come era solito fare passò dalla camera di Adhara per darle la buonanotte.
Ma per segno del destino un lampo illuminò la stanza e colse impreparata la ragazza che teneva le coperte a metà senò.
"Che dono di natura" disse il barba con le mani ai fianchi.
Adhara nata per le provocazioni stette in silenzio, fissandolo.
I pensieri di Angelo si popolarono di numerose visioni in cui lui la possedeva in ogni modo e luogo e ciò comportò un visibile disagio nel suo mutandume.
Eccitato e sconvolto Angelo si avvicinò piano al letto, promettendo che sarebbe riuscito a tenere a bada i suoi istinti.
Ma con la fanciulla appena sbocciata le cose non erano controllabili, infatti nel bel mezzo dei buio in un suo movimento strano finì con la mano a toccare il pacco del quasi genitore.
Il barba non riuscendo più a trattenersi avanzò verso la fanciulla, la mano di Adhara finì con l'accarezzare tutta la verga dentro i pantaloni.
"Sei bellissima" disse ingenuamente il signore.
Adhara sorridendo disse "ci sono i fulmini fuori" spostò un pò le coperte e diede spazio affinchè il barba potesse poggiarsi al letto.
Sì, ora Angelo non era più lucido, ficcò la bocca su quella della ragazza.
Tolse la coperta che celava il corpo nudo della verginella e la iniziò a tastare ovunque.
Nel frattempo le due lingue si scambiavano quantitativi succosi di saliva. Con le mani raggiunse infine l'intimità più profonda. Laddove le cosce si univano la pelle di lei era così morbida.
"Ti tocco" disse l'uomo. Con un gesto passò la mano su quel manto di pelle, arrivò all'apertura celata dalle grandi labbra e con due dita si fece spazio.
Ciò che sentì, ciò che provò non è dato da sapersi.
Lei gemè forte, urlando saliva sul mento di Angelo.
Il barba cogliendo il segnale come un consenso iniziò a masturbarla con movimenti decisi.
La sua caverna veniva esplorata con ardore.
Passarono la notte insieme.
Anita quella notte dormì sola, senza sapersi spiegare perchè.



Dal giorno dopo le cose in casa cambiarono, i due non si lasciavano mai. Si svegliarono insieme, fecero colazione insieme e poi si allontanarono dal castello.
Anita, che aveva capito tutto, aspettò davanti al cancello del castello il loro ritorno.
Sul tardi con le tenebre che si erano riproposte la nuova coppia mosse verso il castello.
La mano di lui era ben salda sulle ditina di lei, entrambi avevano un enorme sorriso.
La moglie sbarrò loro la strada.
"Esigo spiegazioni" chiese sull'orlo di una crisi. Il suo viso era sconvolto, quello di Adhara invece se possibile era ancora più bello.
Angelo farfugliò qualcosa, poi spostò senza farle male la donna arrabbiata di peso e guardando con amore Adhara le disse "ora puoi passare".
"Grazie" le rispose lei ancheggiando provocatoriamente mentre l'uomo bloccava Anita.
Leggenda vuole che le cose andarono di male in peggio per Anita, che ben presto perse anche il nome e il suo appellativo divenne Donna Serva.
Le rughe si approfittarono del suo momento delicato, la pelle le si screpolò e il barba incolta insieme alla passionevole Adhara marcarono il loro dominio.
Non avevano ritegno nel baciarsi e toccarsi di fronte alla Donna Serva, nè si facevano problemi a lasciare piatti vestiti, lenzuola e pavimenti sporchi.
Dal Castello di Donna Serva, Anita non uscì più, nessuno la vide e mai nessuno la seppellì.
La leggenda vuole che una brutta temporalesca notte, Anita sentì Adhara gemere forte ed invocare il barba incolta a continuare a scoparla. In quel frangente gli dei ebbero pietà di lei, facendola letteralmente scomparire da quella prigione.
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