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Il pezzo mancante


di LoScrittore91
10.05.2018    |    13.412    |    2 8.8
"Paolo lì sentiva, i brividi, quelli dietro la schiena, che partendo dalla spina dorsale si propagavano fino alla nuca..."
Paolo la riconobbe, fra i tavoli, bella come dieci anni prima. Teneva lo sguardo basso sul telefono mentre le dita sfrecciavano sul display. Noemi Castagna, 5B. La guardò sistemarsi i capelli biondi, raccoglierli dietro all'orecchio, senza mai staccare gli occhi dall'Iphone. Si, era proprio lei. E Paolo, a quel punto, decise di avvicinarsi con cautela. Si tolse gli occhiali da sole, chiedendosi come avrebbe reagito Noemi nel rivederlo dopo tanto tempo.

- Sempre con il telefono in mano, non sei cambiata per niente -, affermò Paolo fermandosi di fronte alla sua ex compagna di classe. Sorrise mentre gli occhi verde smeraldo di Noemi si incrociavano con i suoi. Lei non sembrò riconoscerlo, o almeno questo passò per la testa di Paolo nel vederla così, con un'espressione incredula e un sorriso alquanto forzato. Era passato tanto tempo, forse troppo. Paolo, in quel momento, si rese conto di aver fatto una gran figura di merda.

- Cavolo Paolo ma sei tu! Quanto tempo! -, esclamò spalancando assieme bocca e occhi. Poi posò il telefono sul tavolino.

Era diventata ancora più bella, più sexy. L'ultima volta che Paolo l'aveva vista, circa dieci anni prima, non aveva i zigomi così pronunciati. Il seno, anche quello era cresciuto. Dal profilo che si percepiva attraverso la camicia bianca di seta giurò che si trattasse di una quarta abbondante.

- Allora mi ha riconosciuto -, rispose poggiando una mano sulla sedia vuota accanto a lui.

- Certo che ti ho riconosciuto! Fatti salutare -, replicò alzandosi. Sorrideva, Noemi. Si sistemò la minigonna afferrandola e tirandola per i bordi. Era di pelle, nera, e ovviamente stretta. Paolo pensò a Massimo, al fatto che era stato veramente fortunato a conquistare lei: la più bella della classe, e forse anche dell'istituto. Ci pensava, Paolo. Ci pensava e la guardava. Le gambe slanciate e nude che scomparivano nei stivaletti neri con il tacco. Il profumo di Chanel che lo avvolgeva mentre si salutavano con un abbraccio e un bacio sulla guancia.

- Che ci fai qui da sola? Aspetti qualcuno? , domandò Paolo sistemandosi gli occhiali da vista che nel frattempo erano scesi sul naso.

- Avevo un appuntamento con una mia amica. Solo che mi ha dato buca poco fa, ha avuto un imprevisto -, rispose Noemi alzando gli occhi al cielo. Sistemò una ciocca di capelli, arricciandola dietro all'orecchio. Paolo si limitò ad annuire. Guardandosi distrattamente intorno notò che i tavoli esterni di quel locale milanese erano stati presi d'assalto da coetanei che, con l'arrivo della primavera, avevano deciso di passare il tardo pomeriggio in compagnia di spritz e noccioline. L'aria era calda e piacevole.

- Ti va di sederti? Mi sono fatta mezz'ora di viaggio, tra traffico e parcheggio. Almeno ci prendiamo un aperitivo e parliamo dei vecchi tempi-, chiese al ragazzo sorridendo.

Dieci anni, nemmeno una chiamata. Paolo si era chiesto il perché per anni. Noemi dopo la cena di classe post-esame di maturità, qualche mese dopo i quadri, scomparve come un sogno. Non ebbe più notizie di lei, se non qualche frammento di vita raccontatogli da Massimo. Paolo e Noemi tra i banchi si erano aiutati, avevano scherzato, si erano odiati e ritrovati. Lui genio della matematica, lei classica stronza senza voglia di studiare. E tra loro c'era Massimo. O meglio, lui era tra loro due, incastrato nella coppia perfetta. La candela, il terzo incomodo. Noemi dopo dieci lunghi anni voleva un aperitivo. Mentre Paolo, invece, malediva il momento in cui aveva scelto di andare al Paris Cafè.

- In realtà devo tornare a casa, ho del lavoro arretrato da completare -, rispose grattandosi la nuca. Era una cazzata. Non aveva nulla da fare, se non buttarsi sul divano per finire la serie di Game of Thrones. Però un modo per evitare quell'aperitivo doveva trovarlo.

- E invece te ne stai qui con me. Cavolo non mi vedi da una vita! Il lavoro può aspettare no? -, replicò. Aveva deciso lei, Paolo la conosceva a memoria. Sicura di se, istintiva, questa era Noemi. La vide voltarsi verso il tavolo, non gli sfuggirono i fianchi stretti e il sedere alto.

- Ok, ma giusto una decina di minuti. Il tempo di un caffè -, affermò Paolo posando gli occhiali da sole sul tavolino, accanto all'Iphone di Noemi. Quindi si sedette di fronte a lei. La ragazza controllò il telefono per un'istante, poi tornò a guardarlo.

- Sei diventato un genio dell'informatica? Tipo Bill Gates? -, domandò Noemi. Aveva un'espressione curiosa ma allo stesso tempo divertita.

- Magari -, scoppiò a ridere. Si schiarì la voce. - Lavoro come tecnico in un negozio di computer. Un lavoro noioso ma che mi riesce bene -, fece una piccola pausa. - Te? -, domandò alla ragazza.

Noemi disse a Paolo che lavorava come parrucchiera in un salone del centro. Non aveva mai avuto voglia di studiare. Gli raccontò del dopo il liceo, di quando trovò il primo impiego abbandonando definitivamente l'ipotesi dell'università. Ordinarono due spritz. Il ghiaccio fra i due intanto si rompeva e la lancetta del tempo tornava indietro di dieci anni. Rievocarono i vecchi tempi, dal campo scuola fino all'esame di maturità. Paolo voleva interrompere quei ricordi per chiederle di Massimo, per sapere che fine avesse fatto. Due anni prima, l'ultima volta che Paolo riuscì a sentirlo, venne a sapere che il suo vecchio amico conviveva proprio con lei: Noemi. E Paolo in quel momento voleva sapere se stavano ancora insieme, se la coppia che aveva creato scalpore al liceo era ancora integra.

Il cielo divenne più scuro, l'aria fresca della sera cominciò a farsi sentire. Paolo aspettò che si chiudesse il capitolo di liceo e poi, mentre il traffico sulla strada principale si riduceva, le chiese di Massimo. Noemi confermò i suoi sospetti. Convivevano. Gli rodeva, anche se non voleva ammetterlo a se stesso. Quasi si vergognava di aver sperato che quella storia fosse finita, che Massimo avesse perso quella sventola bionda. Poi fu il suo turno, quello di Paolo. Si aprì con lei giocando nervosamente con i bicchieri vuoti sul tavolo. Le raccontò della sua ultima storia, risalente a due anni prima, senza fare caso al tempo che passava. Mezz'ora, un'ora, non gli interessava. Voleva parlare, sfogarsi con quella mezza sconosciuta. Perché dopo dieci anni le persone cambiano e non puoi più chiamarle amiche.

- Si è fatto parecchio tardi. Forse è il caso di andare -, disse Paolo dopo aver finito il suo racconto.

- Già, sono le otto. Avevi detto dieci minuti, e invece ti ho tenuto per quasi un'ora -, affermò Noemi sorridendo, un'occhiata fugace all'orologio. Era uno di quelli d'argento, piccoli ma eleganti. Paolo pensò che dovesse costare tanto, forse qualche centinaia di euro. Tornarono a guardarsi. Noemi si passò una mano sui lunghi capelli cercando di ordinarli.

- Colpa mia, mi sono fatto prendere dalla nostalgia -, replicò lui.

-A proposito di nostalgia -, iniziò lei. Venne interrotta da un messaggio, la luce che lampeggiava sul display dell'Iphone. Noemi prese il telefono, rispose e subito dopo tornò a guardare Paolo. - Che ne pensi di fare una sorpresa a Massimo? Vieni a cena da noi, ne rimarrà felicissimo -

Non se l'aspettava Paolo. Non sapeva cosa risponderle, se accettare o no quella proposta che gli suonava insolita, quasi imbarazzante. Due anni senza contatti sono tanti, troppi. O forse no. Forse si sarebbero abbracciati, avrebbero stappato un paio di birre e riesumato i vecchi tempi andati, un po' come stava accadendo con Noemi.

- Dai ci sto, facciamo questa cena di classe - , rispose sorridendo.

- Veramente?! Mi immagino la faccia di Massimo quando ti vedrà! -, esclamò Noemi euforica. - Mi segui con la macchina? -, domandò.

- Sono venuto a piedi -, Paolo fece spallucce.

- Ok, allora andiamo con la mia -, affermò Noemi recuperando il telefono e infilando nella borsetta.

~

Mezz'ora dopo erano nella casa di Noemi e Massimo.

Una volta dentro Paolo si guardò intorno, passeggiando accanto al tavolo lungo e nero che spaccava in due il salotto, avvicinandosi al divano color panna che spiccava in quell'ambiente moderno e ordinato. Era una casa bella, raffinata. Il cesto di frutta poggiato sul tavolino, il parquet scuro ed elegante.

- Avete una bella casa complimenti -, esordì Paolo. Si fermò davanti ad mobile, osservando la serie di cornici che immortalavano dei momenti di romanticismo fra Noemi e Paolo. Si soffermò su una in particolare dove loro apparivano sorridenti, l'uno abbracciato all'altra, con il mare a fare da sfondo. Massimo non era cambiato per niente. Un po' di barba, qualche ruga in più, ma alla fine era sempre lui: il suo amico di liceo. E Paolo, in quel momento, fu convinto che accettare quell'invito a cena fosse stata la cosa più giusta.

- Grazie.. lì eravamo in Africa, l'anno scorso -, gli disse Noemi. Il rumore di tacchi risuonava fra le pareti.
Paolo guardò per l'ultima volta le foto, dopodiché si voltò. Noemi era seduta sul divano, scriveva un messaggio con gli occhi fissi sullo schermo del cellulare. Le gambe accavallate. Paolo si rese conto di quanto fosse provocante, maliziosa, anche senza farlo di proposito. La coscia nuda che affiorava dalla minigonna ne era la prova.

- Dai apriamo una bottiglia di vino, tanto Massimo dovrebbe stare qui a momenti. Preferisci bianco o rosso? -, domandò Noemi alzandosi dal divano. Lasciò il telefono sulla credenza e si avviò verso la cucina.

- Rosso va benissimo, grazie -, rispose Paolo sospirando. La seguì con lo sguardo fino a quando non la vide scomparire dietro una porta. I rumori delle ante, e il tintinnio dei bicchieri di vetro provenienti dalla cucina, infrangevano il silenzio della casa. La situazione era quasi imbarazzante. Loro due, da soli, dopo dieci anni. Sperava che Massimo arrivasse il prima possibile, magari prima di iniziare a bere.

Noemi tornò poco dopo con due calici di vino.

- Tieni -, disse a Paolo offrendogliene uno.

- Grazie -, rispose sorridendo. Infilò una mano nella tasca tuta, con l'altra reggeva il calice.

Si guardarono negli occhi e, dopo aver brindato, iniziarono a bere. Paolo le chiese di Massimo mentre il vino lentamente gli scaldava la gola. Quando Noemi gli disse che lavorava in banca capì immediatamente il perché di quella casa, di quell'auto costosa. Noemi poco dopo andò in cucina, prese la bottiglia e tornò in salotto. Finirono anche il secondo bicchiere. Erano lì, in piedi, fra il divano e il tavolo, così vicini che Paolo poteva sentire il suo profumo. Noemi era quasi ubriaca. Paolo se ne stava rendendo conto, lo capiva dall'atteggiamento, dal tono di voce. La vedeva ridere come una stupida mentre provava a ricordare il loro professore di Economia, un vecchio insopportabile.

La chiacchierata fu interrotta seccamente dal suono di un messaggio. Era il telefono di Noemi.

- Scusami un attimo -, disse lei voltandosi. Poggiò il calice sul tavolo e si avviò verso la credenza. L'alcool intanto cominciava a fare effetto nella testa di Paolo. Non era abituato a bere, soprattutto vino dalla gradazione alta. Guardò il sedere di Noemi ondeggiare sotto quel pezzo di stoffa sottile e succinto: era fantastico. In quel momento avrebbe voluto il potere di guardare attraverso i vestiti. Se lo immaginava consistente, perfetto. Avrebbe pagato oro per vederlo. Anche solo per un secondo.

- Cazzo -, esclamò Noemi sbuffando, la mano poggiata sulla fronte. Rispose, con lo sguardo fisso sul display, a quel messaggio che quasi certamente recapitava una brutta notizia.

- Tutto bene? -, chiese lui inarcando le sopracciglia. Bevve un sorso di vino.

- Paolo è rimasto bloccato alla stazione di Bergamo. C'è uno sciopero dei treni a quanto pare. Dal momento che i taxi sono stati presi d'assalto mi ha detto di non aspettarlo per cena -, lo disse scocciata, lasciando andare ruvidamente il telefono sul piano della credenza. Paolo immaginò quanto le potesse dar fastidio quell'imprevisto, soprattutto con un ospite a cena. Noemi si avvicinò al tavolo, riprese il calice di vino. - Peccato, ci tenevo a fartelo incontrare. Vuoi rimanere lo stesso? -, domandò incrociando le braccia. Lo guardava, immobile. Si portò il calice alle labbra, con quel modo di fare sexy, come solo lei sapeva fare, bevendo lentamente, assaporando ogni goccia di Merlot.

A Paolo non gli sembrava vero. Non gli sembrava vero nulla, dai quadri sparsi sulle pareti al silenzio irreale che si respirava nel salotto. Paolo lì sentiva, i brividi, quelli dietro la schiena, che partendo dalla spina dorsale si propagavano fino alla nuca. Così come sentiva la t-shirt, sudata e appiccata sulla pelle. Voleva rimanere, ovviamente. Era addirittura contento di quell'occasione, aspettata per ben dieci anni e finalmente arrivata. Noemi era bellissima, Massimo non poteva più considerarsi un amico, e questa verità si faceva largo nella sua mente. Paolo si soffermò a guardarla, posando gli occhi sulla minigonna che stringeva feroce sui fianchi, seguiva la linea del corpo, scompariva appena sotto all'inguine. L'alcool le aveva accesso le guance, rendendole più vive, più rosse, mentre gli occhi luccicavano. Erano arrivati al terzo bicchiere di vino.

- Dipende, sai cucinare? -, replicò Paolo finendo il Merlot. Sorrise poggiando il bicchiere vuoto sul tavolo. La testa diventava sempre più pesante.

Noemi confessò a Paolo che la cucina non era il suo campo. Così, dopo aver riso entrambi su quella rivelazione, ordinarono due pizze. Quando il proprietario della pizzeria spiegò al telefono che il ragazzo delle consegne sarebbe passato da lì a mezz'ora Paolo si rese conto, finalmente, che avrebbe cenato solo con Noemi. Attesero sul divano, raccontandosi frammenti di vita. Noemi gli parlò dei cavalli e della passione che aveva per quelli che definiva splendidi animali. Paolo se la ricordava al liceo, quando finite le lezioni correva al maneggio accompagnata dal padre. Ma preferì non interromperla, continuando ad ascoltare in silenzio. Noemi di tanto in tanto scoppiava a ridere, lamentandosi dell'effetto del vino, ma soprattutto adagiando la testa sulla spalla di Paolo, facendo in modo che il ragazzo sentisse il dolce profumo dei suoi capelli. E lui si eccitava al solo pensiero di averla così vicino, ad un palmo dal suo viso, con il pene che lievitava trepidamente nei boxer. Decise di azzardare, di tentare. Portò il braccio dietro la schiena di Noemi, cingendola delicatamente a se. Lei lo lasciò fare. Paolo le accarezzava il braccio, tenendo vivo il discorso con continue domande mentre nella sua testa non faceva altro che chiedersi se Noemi avrebbe ceduto oppure no. Ogni tanto, sentendo dei rumori per le scale, si bloccava. Aveva paura che Massimo potesse tornare da un momento all'altro beccandoli sul divano, abbracciati. Noemi intanto continuava a parlare di se, del suo cavallo, senza staccare la testa dalla spalla di Paolo.

E lui, che intanto, passava dal braccio al fianco. Scendeva, piano piano, fino a sentire l'eco pelle della minigonna sotto il palmo della mano. Finalmente poteva toccarle il profilo del sedere, sfiorare cautamente ciò che aveva desiderato e ammirato per anni. Poi giù, fino alla coscia. Paolo, scoprendo quella pelle liscia, si convinse che da lì a pochi secondi, nella casa del suo caro amico, avrebbe contro ogni previsione fatto un ditalino a Noemi. Ma lei invece lo bloccò.

- Aspetta. Anche io vorrei, solo che non me la sento di tradirlo -, disse staccando la testa dalla sua spalla. Poi lo guardò, con gli occhi verdi smeraldo e l'espressione preoccupata. Non era così, Paolo ne era convinto. La mano di Noemi bloccava la sua, sulla coscia nuda, con una stretta così debole che se ne sarebbe liberato facilmente se solo avesse voluto.

Si avvicinò con il corpo a lei. Era passato troppo tempo dall'ultima scopata, forse sei mesi. Dopo Matilde, l'ultima fidanzata, gli era capitato di uscire soltanto con un paio di ragazze nel giro di un anno. Questo pensò Paolo mentre iniziava a baciarla sul collo. Le labbra che facevano rumore nel silenzio della sala, i sospiri ardenti di lei che esplodevano nel sottofondo. Noemi si stava eccitando, era fatta. E anche lui si stava facendo trasportare, dal calore della sua pelle, dalle tracce del suo profumo che finivano sulla lingua un attimo prima di mischiarsi con il vino. Noemi intanto stringeva vigorosamente la mano di Paolo ancora bloccata sulla coscia.

- Dai Paolo, ti prego fermati -, lo disse quasi come un sussurro delicato.

Lui continuava a non ascoltarla, e le baciava il collo, i punti più sensibili. Noemi alleggerì la stretta sulla mano e Paolo, prendendo quel gesto come la più forte delle conferme, la liberò scivolando prontamente sotto la minigonna. Era impazzito dal piacere, desideroso di averla, frugò fra le gambe della ragazza incappando nel perizoma. Doveva calmarsi, ragionare. Le ficcò due dita dentro. Paolo, nel sentirla così zuppa e rovente, rimase senza parole. Capì che Noemi aveva un'incredibile voglia di cazzo, una voglia che ormai non poteva più nascondere. Quando iniziò a masturbarla con impeto, i sospiri della ragazza si trasformarono in veri e propri gemiti di piacere.

Noemi strozzò quei gemiti cercando le labbra di Paolo, finendo per baciarlo con una foga sconvolgente. Lui, intanto, non smetteva di muovere le dita dentro di lei, con i muscoli vaginali che man mano si rilassavano permettendogli di andare ancora più forte. Noemi si fermò e le loro bocche si staccarono. Paolo non l'aveva mai vista così, in quello stato, con gli occhi socchiusi e i denti che affondavano nelle labbra colorate di rossetto. Si rese conto di quello che aveva Massimo, di quello che si era conquistato. Perché Noemi era incredibilmente bella, soprattutto quando godeva. La guardò mentre tentava di soffocare l'ennesimo lamento di piacere.

Lei lo fermò soltanto per chiedergli di sposarsi nella camera da letto. Lui acconsentì incredulo, domandandosi a che punto sarebbero arrivati quella sera. Non ci credeva, Paolo. Non credeva che Noemi, la compagna di liceo, fidanzata del suo amico, potesse rivelarsi così troia da appartarsi in camera con uno che non vedeva da dieci anni. Paolo mentre la seguiva percepiva i brividi sulla schiena, i fluidi vaginali appiccicati sulla punta delle dita. Lei gli faceva strada, entrando nel corridoio. La minigonna appena sollevata esibiva un ritaglio di sedere e, nel vederla in quel modo, a Paolo le ricordò una prostituta. Entrarono nell'ultima porta in fondo. Quando Paolo la richiuse dietro alle sue spalle si rese conto che al posto del pene aveva un pezzo di marmo.

Noemi invitò Paolo a sdraiarsi sul letto matrimoniale. Lei, nel frattempo, cominciò a spogliarsi, rimanendo in intimo. Paolo rimase folgorato. Lodò quello che fino a qualche istante prima la camicia di seta aveva nascosto benissimo. La forma tondeggiante e chiara dei seni che sporgeva dal pizzo del reggiseno rendeva l'idea di quanto fosse ampio, voluminoso, con le due mammelle che si poggiavano l'una contro l'altra , quasi comprimendosi in quello che poteva definirsi uno spettacolo della natura. Noemi ordinò a Paolo di spogliarsi. Lui obbedì, partendo dalla t-shirt, finendo con la tuta, rimanendo sdraiato sulle lenzuola pulite del materasso. Paolo lo stava per fare nel posto in cui Massimo tornava a dormire tutte le sere. Se ne rendeva conto guardandosi intorno, posando lo sguardo sulla cornice che emergeva sopra al comodino, proprio accanto a letto, dove i due fidanzati si baciavano manifestando amore. Oppure gli bastava guardare nello spiraglio dell'armadio dove, l'una dopo l'altra, fluivano eleganti camicie da uomo. A Noemi piaceva far crescere l'attesa, la tensione, gli sorrideva sfidandolo addirittura con lo sguardo. La ragazza attraversò la stanza, poi chiuse le tende. Paolo sentì una scarica di adrenalina partire dallo stomaco, attraversare ogni suo organo. Noemi si voltò verso di lui. Legò i capelli raccogliendoli in una coda di cavallo.

Poi lo raggiunse sul letto, piegandosi sopra di lui. Non lo sfiorava, teneva ginocchia e mani piantate sul materasso. Il seno, quelle sfere due sfere schiacciate nel pizzo, Paolo se le ritrovo davanti agli occhi, così vicino da poterle leccare se solo avesse voluto. Il fiato corto, le mani che sudavano. Cominciò dal collo, Noemi, mentre lui fissava il soffitto bianco della stanza. Paolo impazziva di piacere, in silenzio, mentre la lingua della ragazza lambiva il petto, seguiva le linee dei muscoli, creava movimenti circolari intorno ai capezzoli. Cazzo, se era brava. Noemi continuava a scendere, con le labbra, con la lingua, baciando l'ombelico, l'inguine. Si fermò, incrociando lo sguardo di Paolo. Appena sorrise, maliziosa, Paolo capì che mancava poco per toccare il cielo.

- Mancavi solo tu -, gli disse Noemi.

- In che senso? -

- Ah quindi non sai nulla. Mi sono già fatta Tommaso, in campo scuola. Se ricordi Massimo non partì per la febbre. Io e lui abbiamo bevuto un po' e poi abbiamo finito la serata in bagno - lanciò quella bomba afferrando l'estremità dei boxer. Paolo non ci credeva. Erano due compagni di classe, come lei, come Massimo. Poi continuò con il racconto. - Con Andrea invece è successo al diciottesimo di Elena, due mesi dopo, appena finita la maturità. Lì c'era anche Massimo, ma non si è accorto di nulla. Siamo scesi in quarto d'ora in garage. Non puoi capire quanto è eccitante scopare sapendo che c'è il tuo ragazzo sopra che ti cerca -

Noemi non aspettò risposta per quella dichiarazione, sfilò il pene dai boxer e se lo piantò in bocca. Paolo pensò a Massimo, che infondo un po' gli dispiaceva. Una fidanzata che ti umilia in questo modo, scopandosi i tuoi migliori amici senza un minimo di pudore. Ci pensava, mentre Noemi fletteva la testa fino a giù, per poi risalire incrociando i suoi occhi. Dalle labbra della ragazza pendevano filamenti di liquido denso, un misto di saliva e sperma. Noemi andò avanti così, per un paio di minuti, con Paolo costretto a trattenersi, a stringere le lenzuola, ad boccheggiare di piacere con gli occhi semiaperti. Si vedeva che ama fare i pompini, Noemi.
Paolo la guardava leccare il glande chiedendosi, in quell'attimo di fantastica goduria, quante corna avesse Massimo. Forse troppe. E intanto Noemi scendeva, con la lingua, defluendo lungo l'asta per poi dedicare il giusto tempo ai testicoli.

Arrivò il momento di andare oltre, così Noemi interruppe il lavoro di bocca e si tolse il perizoma. Si mise a cavalcioni su Paolo, piegando le ginocchia, aprendo le gambe e tenendo il busto eretto. Paolo l'ammirò, in tutta la sua bellezza, mentre lei afferrava il pene, ci si abbandonava sopra. La vagina era un forno. Il campanello suonò, proprio nel momento in cui Noemi cominciò a muoversi sopra di lui. Ma a lui non importava, delle pizze, del fattorino. Poteva anche rimanere tutta la sera fuori alla porta. Paolo era troppo impegnato a godersi il momento, ad ascoltare i gemiti di Noemi, a fissarle il viso che si tramutava in una maschera di sensualità. Quando Noemi aumentò il ritmo, e con esso anche l'intensità dei vagiti, Paolo si rese conto che quell'amplesso si stava rivelando migliore di ogni sogno che aveva fatto da lì a dieci anni prima. Di nuovo il campanello, in lontananza, oltre le stanze. Paolo la terza volta lo sentì confondersi con il cigolio del letto che con il passare dei secondi diventava sempre più dissonante. Noemi poggiò le mani sul petto del ragazzo, curvandosi in avanti, senza smettere di trottare, spiattellandogli di fronte al volto i seni traboccanti ancora tenuti a bada dal reggiseno. Paolo voleva che durasse all'infinito, che l'orgasmo non arrivasse mai. Questo desiderava mentre guardava Noemi, la ragazza bionda che sopra di lui chiudeva gli occhi e spalancava la bocca in preda al piacere.
Poi, vennero insieme.
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