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Il suo nome è Olivier 3.


di LoScrittore91
08.11.2016    |    10.055    |    8 8.3
"Non dovrei reagire così, infondo l’intenzione iniziale era quella di togliermi la fantasia di fare sesso con un ragazzo nero..."
Il suo nome è Olivier, Parte III

- Stai scherzando vero? -, gli domando con un tono alterato.
La sua espressione, improvvisamente, si trasforma. Il suo sguardo si fa dolce, comprensivo, così mi tranquillizzo all’istante. Toglie la sua calda e corpulenta mano dal mio braccio, probabilmente si è reso conto di aver esagerato.
- Prima o poi dovrai farlo. Non voglio costringerti, ma sappi che se dovessi essere io il primo farei piano - afferma fissandomi negli occhi.
- Non lo so, non mi sento per niente pronta -, ribatto sospirando.
- Se farai sesso anale per la prima volta con il tuo ragazzo ti farà sicuramente male, non è esperto, te ne pentirai. Invece con me puoi stare tranquilla, l’ho fatto molte volte e so come bisogna comportarsi in situazioni del genere -, continua.
Non avevo pensato a questa cosa. Riccardo è stato soltanto con me, quindi di sesso anale non ce ne capisce nulla. Me l’ha chiesto mille volte ma ho sempre rifiutato per paura che mi facesse male. Olivier mi sembra così esperto, iniziando con lui non correrei rischi.
Ho giudicato Virginia che ha dato il culo a Matteo la prima sera ed eccomi qua, nella sua stessa situazione. Se accetto posso considerarmi una troietta a tutti gli effetti.
- Va bene, mi raccomando fai piano -, gli dico.
Un minuto dopo mi ritrovo piegata a novanta gradi, con la testa contro i sedili posteriori dell’auto e il sedere puntato verso Olivier, pronto a cogliere la mia ultima verginità. Sento le sue enormi mani poggiarsi sui miei fianchi, stringe profondamente le dita come a voler marcare la mia sottomissione a lui. Dai fianchi passa al sedere e, senza alcuna fretta, tasta i sodi glutei prolungando così la straziante attesa. Appena la punta dura del suo pene inizia a pressare sul più sacro dei miei buchi faccio un lungo sospiro carico di ansia, non oso nemmeno immaginare il male che mi farà. Ed ecco la fitta che aspettavo, un dolore lacerante nel cervello, mordo disperatamente la tappezzeria del sedile e strizzo forte gli occhi, il suo pene duro come il marmo intanto si fa strada dentro di me, in quel buco ormai non più vergine.
- Che si è perso il tuo fidanzatino -, mi dice usando un tono ironico.
Continuo a stringere i denti sulla stoffa morbida, proibendo a me stessa di urlare, soffro a tal punto che le lacrime escono da sole rigandomi dolcemente il viso. Lui invece è soddisfatto, lo avverto dai suoi gemiti intensi. Aumenta il ritmo, facendomi sentire ogni centimetro di quel gigantesco arnese che sembra non finire mai, le sue mani sono sempre più strette intorno ai miei fianchi. Sono due minuti interminabili, ogni suo colpo di bacino è come una coltellata. Sento improvvisamente Olivier respirare con affanno e, pochi istanti dopo, qualcosa di caldo e liquido scorre dentro di me, come una crema densa e copiosa. Presa dal dolore e, dalla situazione assurda, impiego qualche istante di troppo per rendermi conto di cosa sia. Mi è venuto dentro come un cavallo impazzito. Non nascondo che mi sta piacendo, nonostante il forte dolore. Mi sento posseduta, sbattuta, cosa che Riccardo non è mai riuscito a fare. Lo sento uscire con un colpo secco, non mi sembra vero anche se il dolore è ancora fortissimo. Dopo aver smesso di mordere il sedile faccio un lungo respiro, rimanendo con la testa piegata in giù.
- Wow -, mormoro con la voce distrutta.
- Allora, ti è piaciuto? -, mi domanda.
- Si, anche se il dolore è assurdo -
- È normale, è stata la prima volta -
Non perdiamo altro tempo, ormai è molto che sostiamo qui ed il rischio che qualcuno ci veda aumenta minuto dopo minuto. Prima di rivestirmi uso le salviettine che ho in borsa per togliere lo sperma fuoriuscito dal sedere. Abbandoniamo il vicolo e, senza neanche accorgermene, ci ritroviamo sulla strada principale.
Stare seduta è una vera tortura, non pensavo che il primo rapporto anale fosse così doloroso.
- Lo dirai a lui? -, mi domanda lo sguardo fisso in avanti, sulla strada.
Passiamo accanto ad una serie di immensi palazzi bianchi e improvvisamente, tra una struttura e l’altra, sulla lastra blu del cielo, sbuca una tonda e candida luna piena, talmente bella da sembrare finta.
- Non lo so, devo pensarci, è successo tutto così in fretta -, rispondo con un tono che mostra tutta la mia preoccupazione. - Tu invece, lo dirai alla tua alla ragazza? -
Il suo sguardo rimane impassibile, come se la cosa non lo toccasse affatto.
- Farò come al solito, non le dirò niente -
- Capisco. Forse è il caso che ci salutiamo stasera, domani pomeriggio ho l’aereo -, gli dico sospirando.
- Va bene -, ribatte con un tono calmo, pacato. Tutto qui? Questo riesce a dirmi dopo che è stato l’unico ad avere l’opportunità di mettermelo dietro? Desideravo una reazione, qualunque cosa in grado di farmi capire che sono importante per lui.
Forse sono una delle tante che si è fatto, il giocattolo del weekend. Che stronzo, vorrei tornare indietro soltanto per non incontrarlo.
- Pensi che ci rivedremo? -, gli domando con le parole soffocate in gola.
Continua a non guardarmi, i suoi occhi sono come incollati sull’asfalto.
- Non penso Elena, è stata solo un’avventura -
Un paio di lacrime mi sfuggono dagli occhi, come se qualcuno le controllasse al posto mio, le sento segnare debolmente il viso.
Che stupida, mi sento una nullità. Ho tradito Riccardo con una persona che si voleva soltanto divertire, che mi ha ingannato con la sua finta dolcezza. Vorrei soltanto scoppiare a piangere come una disperata, mi trattengo soltanto per non dargli questa soddisfazione. Non dovrei reagire così, infondo l’intenzione iniziale era quella di togliermi la fantasia di fare sesso con un ragazzo nero. Mi sono presa una cotta per lui? Si possono amare due persone contemporaneamente?
Il resto del viaggio è uno strazio, un silenzio talmente pesante da fare quasi rumore.
Sto così male da dimenticarmi perfino del dolore fisico, la sua superficialità mi ha distrutta. Quando arriviamo all’Hotel lo saluto in modo freddo, distaccato. È talmente stronzo da non chiedermi nulla, come se contassi veramente zero. La parola ciao è l’unica e ultima parola che sento prima di chiudere lo sportello della sua auto.
Una volta di spalle lo sento sfrecciare, allontanarsi, spero di non vederlo e sentirlo mai più.

Due mesi, sono passati due mesi dal mio ritorno in Italia. In tutto questo tempo ho nascosto tutto a Riccardo, il quale ha continuato a trattarmi come la sua principessa.
Olivier è sparito, di lui mi è rimasto soltanto il ricordo di quella serata in un vicolo di Parigi. Quante volte, facendo l’amore con Riccardo, ho desiderato che ci fosse lui al suo posto. Da quando ho messo piede in Italia non ho più avuto un orgasmo, molte volte per non deludere Riccardo sono stata costretta a fingere, ad urlare per un piacere che non provavo. Quelle emozioni vissute con Olivier sono state uniche, irripetibili.
È stato uno stronzo ma, anche volendo, non riesco ad odiarlo.
Sono nella mia camera, sdraiata sul letto, con lo sguardo rivolto alla piccola finestra piazzata alla mia sinistra, ammiro i raggi del sole che filtrano dal vetro ravvivando il pavimento color noce. Sento vibrare il telefono sul morbido cuscino, a pochi centimetri dal mio viso. Senza voglia apro la chat di WhatsApp, già so che si tratta di Riccardo.
Sgrano gli occhi, non ci credo, è Olivier.
- Scusa se non mi sono fatto più sentire, ma soprattutto scusa per come mi sono comportato. Spero riuscirai a perdonarmi, mi sei mancata moltissimo. Come stai? -
Rileggo il messaggio dieci volte, forse quindici, il cuore batte incontrollatamente.
- Sono stata malissimo, non capisco perché ci hai messo così tanto per scrivermi -, rispondo con le mani tremanti.
Non mi sembra vero di chattare con lui, con l’unico ragazzo con cui ho fatto sesso anale.
Continua a scusarsi, sembra convincente, non riesco ad essere ancora arrabbiata con lui. Ha come un potere su di me, può farmi quello che vuole, io ci sarò sempre. Dopo dieci minuti di conversazione in chat lo perdono, archiviando all’istante il brutto finale di serata vissuto due mesi prima. Mi racconta della crisi che sta vivendo con la sua fidanzata e io cerco di rincuorarlo. Gli parlo di Riccardo, del fatto che non ho detto nulla di quanto accaduto. Improvvisamente, nel bel mezzo del discorso, mi comunica che verrà a Roma per via di un provino con una squadra di calcio italiana.
Mi chiede di vederci, di passare una giornata insieme.
Sono felice e preoccupata allo stesso tempo. Voglio rivederlo ma allo stesso tempo non correre il rischio di fare altre cazzate. Proprio adesso sto ritrovando una certa tranquillità interiore, ci ho messo due mesi per guardami allo specchio senza sentirmi una traditrice.
- È un problema se vengono anche Riccardo e Virginia? -, gli scrivo sospirando.
- Assolutamente, capisco la situazione e non voglio metterti in difficoltà -
- Perfetto -
- Che dici se mi presenti come amico di Virginia? Almeno stiamo tranquilli -
- Ah già, non ci stavo pensando. Si è una buona idea, ne parlerò con lei. Riccardo potrebbe insospettirsi -
Parliamo a lungo, per un’oretta o forse anche più. Decidiamo di sentirci per il weekend imminente, programmando una bella passeggiata in uno dei più grandi centro commerciali di Roma.

Un paio di ore dopo, in piena mattinata, mi ritrovo seduta al tavolino di un bar, in uno dei tanti tavolini rossi disposti lungo la via del centro. Virginia è di fronte a me, la osservo mentre gusta il cappuccino appena servito, gli occhiali da sole dalle lenti blu non mi permettono di vedere i suoi occhi, il suo sguardo che conosco ormai a memoria.
Ha dei capelli bellissimi, neri come la notte, scendono delicatamente lungo la schiena, sfiorando le spalle. Il sole sopra di noi è alto, spicca nel cielo privo di nuvole, i suoi raggi si proiettano su di noi, sulla stradina fatta di sanpietrini grigio scuro. Veniamo avvolte dalle voci dei turisti, estasiati per la bellezza della città, passeggiano accanto a noi come un fiume infinito. La temperatura è piacevole, gli ultimi giorni di un’estate piena di sorprese.
- Quindi si è fatto vivo -, afferma Virginia riponendo lentamente la tazza di cappuccino sul tavolo. La fisso, specchiandomi nei suoi Ray-Ban.
- Sembrava dispiaciuto -, le dico.
- È uno stronzo che ti ha scopato per bene e poi ti ha scaricata -, esclama usando un tono di voce piuttosto alto. Una coppia di anziani accanto a noi si volta per un secondo, dopodiché li vedo tornare al loro oasi di tranquillità.
- Abbassa la voce -, la rimprovero quasi sussurrando.
- La gente si scandalizza troppo facilmente -, ribatte scuotendo la testa.
Virginia non si è mai risparmiata, l’adoro proprio perché come amica è sincera fino alla fine. - Quindi dobbiamo allestire un teatrino? Giusto? -, domanda subito dopo ironicamente. Afferra la tazza e riprende a bere il suo cappuccino.
- Chiamalo come vuoi, basta che mi copri, non voglio avere problemi con Riccardo ma allo stesso tempo mi fa piacere rivedere Olivier -, le spiego tutto in un fiato.
- Va bene, un po' l’idea mi stuzzica -. Mi sorride, finalmente.
- Devi dire a Riccardo che Olivier è un tuo amico, un compagno di università -
- Perché no fidanzato? -, domanda provocandomi.
- Non mi sembra il caso -, rispondo con un’espressione severa.
- Wow, sei gelosa. Tranquilla non mi scopo i ragazzi delle amiche -, mi dice ridacchiando. Di nuovo i vecchietti, li guardo imbarazzata mentre si voltano verso di noi.
- Non è il mio ragazzo -, ribatto guardandola.
Virginia fissa la coppia di anziani e, automaticamente, tornano a bere il loro thè.
- Che pazienza -, commenta ad alta voce l’atteggiamento della coppietta.
Torna quindi con l’attenzione su di me. - Dicevi? -, mi domanda.
- Nulla, niente di importante -.
Affiniamo il piano, le cose da dire o non dire in presenza di Riccardo, una specie di esame da superare. Mi sembra come di tradirlo di nuovo, la cosa mi tormenta.
Virginia, dal canto suo, mi tranquillizza. Sono nelle sue mani, deve dare il massimo per non farlo insospettire. Dopo averla ringraziata mille volte ci salutiamo, tornando ognuna a casa propria.

Domenica è il grande giorno, l’appuntamento è di fronte al bar “La Sosta”, nel bel mezzo del centro commerciale gremito di persone. Famiglie, coppie, tutti per lo stesso scopo, fare shopping e passare una giornata diversa. Io, invece, sono qui per qualcosa di molto diverso, di pericoloso. Una serie di ampie vetrine si susseguono su entrambi i lati del piano dove ci troviamo. Le voci delle persone mi rimbalzano nella testa, è come se mi fossi isolata da tutto quel caos. Riccardo è affianco a me. Indossa una camicia bianca ed un paio di jeans, lo scruto mentre controlla distrattamente il cellulare. È un bel ragazzo, alto e slanciato, ha i capelli biondi e corti, gli occhi verde chiaro.
Dov’è Olivier? Ho l’ansia soltanto al pensiero di rivederlo, soprattutto perché contemporaneamente ci sarà Riccardo, ignaro di tutto. Come mi devo comportare? Con Virginia abbiamo deciso che farò finta di non conoscerlo, lui ha accettato la condizione pur di rivedermi. Immagino il momento in cui Virginia lo presenterà a Riccardo.
Il mio fidanzato che stringerà la mano al ragazzo nero che si è scopato in tutti i modi la sua ragazza, una cosa assurda.
- Come sei sexy -, commenta Riccardo con un sorriso malizioso, vedo i suoi occhi staccarsi dal telefono e balzare sulla mia figura.
Non ha tutti i torti, sapendo di rivedere Oliver mi sono superata. Ho indossato il vestitino più corto e aderente che avevo nell’armadio, rigorosamente nero, talmente succinto da stanziarsi qualche una manciata di centimetri sotto i glutei. Delle calze parigine nere coprono parte delle gambe, fermandosi appena sopra le ginocchia. Ai piedi semplici scarpe nere, abbinate perfettamente con il resto. Ho perso il conto dei signori di mezz’età che si sono girati a guardarmi, sicuramente avranno pensato quanto è troia una che va vestita così di domenica pomeriggio in un centro commerciale.
- Anche tu amore -, rispondo sforzandomi di sorridere.
- Conosci questo amico di Virginia? -
- No, è la prima volta -, rispondo smorzando un sospiro.
Ed eccoli che li vedo spuntare fra la folla, Virginia ed Olivier, a pochi metri da noi.
È meraviglioso, più lo guardo e più mi batte il cuore. Quell’espressione penetrante, i suoi occhi di un verde splendido. Sembra ancora più robusto dell’ultima volta, la t-shirt rossa che porta addosso sembra voler esplodere. Quel petto massiccio che, nonostante il tessuto, riesco ad immaginare dopo averlo toccato, sentito fra le dita. Ammiro i suoi bicipiti possenti, smisurati, ogni volta che li vedo impazzisco.
- Ehi ragazzi, lui è Olivier -, dice Virginia sorridendo, mi saluta con un bacio sulla guancia.
Intanto vedo con la coda dell’occhio Riccardo ed Olivier stringersi la mano, dietro lo sguardo dell’afroamericano si nasconde una soddisfazione senza precedenti.
Poi è il mio turno. - Piacere, Olivier -, mi dice tendendomi la sua mano. Ha il suo solito sorriso da schiaffi stampato sul volto.
Faccio un lungo sospiro, poi ricambio il sorriso stringendo la mano. È calda, liscia, la stessa che ha percorso i i miei glutei, la stessa che si è infilata fra le mie mutandine bagnate.
- Piacere Elena -, rispondo.
Finite le presentazioni, finte e non, iniziamo la passeggiata fra i negozi del centro commerciale. È una situazione più scomoda di quanto avevo immaginato, non posso parlare con Olivier, a differenza di Riccardo che lo tempesta di domande.
Olivier e Virginia alternano le risposte, recitando perfettamente il copione preparato con cura. Sembra filare tutto liscio, Riccardo ed Oliver addirittura scherzano insieme.
Nei momenti in cui il mio fidanzato è distratto, l’afroamericano approfitta per mangiarmi con gli occhi, sono soddisfatta nel vederlo così preso dal mio corpo.
Ogni tanto mi sorride, come a volermi rassicurare.

Verso l’ora di pranzo ci ritroviamo McDonald, seduti ad un piccolo tavolo del fast food dove riescono ad accomodarsi non più di quattro persone. Il locale è ampio e ben arredato, c’è talmente tanta gente che possiamo ritenerci fortunati ad aver trovato un posto libero. La fila di clienti alle casse è interminabile, osservo i bambini impazienti che si lamentano senza sosta con i propri genitori. Sul nostro tavolo ci sono quattro vassoi, ognuno contenente il classico menù composto da panino, patatine e coca cola. Riccardo ha scelto di sedersi di fronte a me, lo vedo azzannare il panino come se non mangiasse da vent’anni, una scena pietosa. Virginia è accanto a lui, Olivier invece ha avuto la fortuna di sedersi al mio fianco. Sento il brusio della folla aumentare istante dopo istante.
- Da quanto state insieme? -, ci chiede improvvisamente Olivier dopo aver finito il panino. Virginia intanto è alle prese con il cellulare, completamente estraniata dalla conversazione. Qualcosa si posa sul mio ginocchio, coperto dalle parigine, abbassando lo sguardo capisco che si tratta della mano di Olivier. Continuo a mangiare le patatine, ancora calde, facendo finta di nulla. Il cuore inizia a battere fortissimo, e se ci vedesse Riccardo?
- Sei anni -, risponde il mio fidanzato pulendosi la bocca con un tovagliolo.
- Siete una coppia solida quindi -, ribatte Olivier, la sua espressione è talmente tranquilla da ingannare chiunque, persino me che lo conosco abbastanza bene.
Ora sento il calore della sua mano, il suo palmo liscio, le sue lunghe dita che coccolano l’interno della mia coscia, tra le parigine e il bordo del vestito. Mordo il labbro inferiore, vorrei non eccitarmi ma è più forte di me, mi sembra di rivivere di nuovo la scena a casa di Matteo. Nemmeno faccio in tempo a ragionare, il calore comincia a farsi sentire prepotentemente nelle mutandine. Riccardo sorride, beve un sorso di coca cola e poi risponde al ragazzo che mi sta facendo impazzire di nuovo.
- Si, stiamo pensando di andare a convivere fra un anno. Vero amore? -, mi domanda.
- Certo -, rispondo simulando un sorriso, o qualcosa che ci si avvicina.
Possibile che il mio ragazzo non si rende conto della situazione? Il tavolo è abbastanza alto, una vera fortuna per Olivier che ne ha subito approfittato. I patti erano chiari, doveva tornare soltanto per vederci, nulla di più. Mi sta mettendo in difficoltà ed io non riesco più a ragionare correttamente. Appena mi ha toccata qualcosa è scattato in me, la voglia di averlo che avevo accantonato in questi due mesi.
La tortura piacevole dura per altri cinque minuti, la sua mano continua a sfiorare la mia coscia nuda senza andare oltre, procurandomi così con un’eccitazione incredibile.
Arrivo al punto di avvertire gli umori che gradualmente bagnano il tessuto delle mie mutandine. Riccardo spiega ad Olivier i nostri progetti per il futuro mentre io annuisco senza proferir parola, come del resto un’annoiata Virginia ancora alle prese con il suo cellulare.
- Vado a prendere un gelato, torno subito -, ci avverte Olivier.
- Va bene, ti aspettiamo -, risponde Riccardo agguantando una manciata di patatine fritte dal vassoio. Olivier toglie la mano dalla mia coscia, lasciandomi come una bambina senza il suo giocattolo preferito. Prima di allontanarsi dal tavolo, approfittando degli sguardi bassi di Riccardo e Virginia, mi fa cenno di seguirlo.
È impazzito? Cosa vuole fare? Ma soprattutto cosa mi invento per allontanarmi? Forse mi vuole parlare liberamente, lontano dagli occhi vigili del mio ragazzo. È comprensibile, siamo stati una mattinata intera vicini ma allo stesso tempo lontani come due sconosciuti. - Ragazzi vado in bagno, torno subito -, affermo alzandomi.
Senza nemmeno sentire le loro risposte seguo Oliver, il quale si ferma una volta sicuro di essere lontano a sufficienza dal tavolo.
- Che intenzioni hai? -, gli domando inarcando le sopracciglia.
Non risponde ma, in un baleno, mi ritrovo le sue morbide e calde labbra contro le mie, in un magnifico bacio che mi fa venire la pelle d’oca. Quel sapore unico, dolce, che riaffiora nella mia mente dopo due interminabili mesi. Sento la sua lingua che cerca la mia, si danno battaglia scambiandosi passione. Ora, finalmente, posso sentire il profumo della sua pelle, l’odore del suo respiro che si spegne nella mia bocca.
Non mi interessa di Riccardo, troppo lontano per vederci, né della gente intorno a noi,
È un momento incredibile, vorrei che tutti scomparissero all’istante per rimanere solo con lui. Il bacio termina nel momento in cui il suo viso si stacca dal mio, rivedo la sua espressione eccitata, ha gli occhi infiammati di desiderio.
- Vieni spostiamoci in bagno -, afferma incamminandosi verso la toilette.
Sono talmente confusa, spaesata, rimango in silenzio e lo seguo. Mi volto soltanto una volta. La fila di gente alle casse è talmente folta e lunga da coprirci, Riccardo e Virginia non ci possono vedere. Entriamo nel bagno dei maschi, un luogo non molto adatto ad una bella ragazza di vent’anni con un vestito cortissimo. Apparentemente non sembra esserci nessuno, una vera fortuna considerando tutte le persone che hanno assalito il locale per pranzo. Il bagno è piuttosto ampio e profondo, oltre che nuovo. Alla nostra sinistra si alternano quattro porte nere, piuttosto piccole, il che mi fa immaginare dei gabinetti piuttosto stretti. Olivier, senza perdere tempo, mira all’ultima porticina.
Lo vedo aprire la porta e sorridere. Faccio un lungo sospiro, rimanendo immobile.
- Vieni, è libero -, mi dice tenendomi la porta aperta.
Cosa sto facendo? Davvero posso spingermi così oltre? Riccardo è di là, che mi aspetta, senza immaginarsi minimamente che la sua fidanzata lo sta per fare cornuto l’ennesima volta. Entrando in quel bagno potrebbe accadere di tutto, ne sono consapevole. In questi due mesi ho desiderato Olivier, ho desiderato quella bestia che si ritrova fra le gambe, ma mi sono anche promessa di non fare più cazzate. Ripenso a quella sera, a quanto ho goduto mentre me lo scopavo. Torno alla realtà, il brusio delle persone e le urla dei bambini sono talmente forti che sembrano voler entrare da un momento all’altro nel bagno. Raggiungo Oliver, ritrovandomi in un ambiente angusto a tal punto da far mancare l’aria. La presenza del water sotto di noi ci ruba ancor più spazio, stiamo talmente vicini da sfiorarci. Olivier, intanto, chiude la serratura.
Sappiamo di avere i minuti contati, così ci impegniamo per non sprecarli. Ci baciamo con uno slancio incredibile, come due adolescenti follemente innamorati. Olivier è una furia, l’amante ideale, tra un bacio e l’altro lo sento che mi afferra barbaramente il sedere mentre io gli accarezzo il viso.
- Perché non mi fai un lavoretto veloce? -, mi sussurra alle orecchie.
- Vuoi che ti faccio un pompino? -, ribatto a bassa voce. Poi, prima della sua risposta, gli bacio delicatamente il collo arrivando fino all’orecchio.
-Si, ti prego -, mi dice con una voce strozzata dal desiderio, dall’immensa eccitazione che lo sta invadendo.
Tra me e me sorrido, soddisfatta dell’effetto che riesco ad ottenere su di lui.
Oliver poggia la schiena alla porta mentre io, senza perdere altro tempo, mi inginocchio di fronte a lui, sul freddo pavimento del gabinetto.
Sto superando ogni immaginazione, perfino Virginia rimarrebbe sorpresa da quello che sto per fare. La verità è voglio regalare ad Olivier il miglior pompino della sua vita. Non se lo merita, è uno stronzo, purtroppo però non riesco ad allontanarmi da lui. È come una calamita dalla quale non posso liberarmi. Domani starò malissimo ripensando a questa scena, ne sono sicura. Lui mi scaricherà e tornerà in Francia mentre io passerò di nuovo per la stupida che ci è cascata. Spero di sbagliarmi, almeno sta volta.
Di fretta e furia gli sciolgo la cintura, abbassando i jeans fino alle cosce. Poi è il turno dei boxer, li afferro per i bordi e tirò giù.
Il suo gigantesco pene nero sguscia fuori come una molla impazzita, rischiando addirittura di finirmi in faccia. È già dritto, come un bastone di ferro, talmente lungo da impressionarmi. Il glande, di un rosa acceso, punta verso di me. Ha un odore forte ma allo stesso tempo per niente disprezzabile. Una leggera peluria traspare nella zona dei testicoli, anche questi piuttosto grandi.
Chiudo la mano intorno alla sua asta, sul palmo sento le vene in sporgenza.
È piacevolmente caldo e duro, scorrendo la mano assaporo ogni centimetro nutrendo il desiderio che ho dentro di averlo. Avvicino la bocca e, guardando Oliver negli occhi, faccio strisciare la lingua sulla sua cappella già impregnata dei suoi liquidi.
Apre la bocca e comincia ad ansimare, lo sto facendo impazzire.
In bocca sento un sapore intenso, nuovo, completamente diverso da quello di Riccardo.
Infilo il cazzo fra le labbra, cercando di non strozzarmi, è talmente lungo che una buona parte rimane fuori. Lo succhio, muovendo la testa avanti ed indietro. Per riprendere fiato lo tolgo dalla bocca, faccio un lungo respiro tenendo sempre lo sguardo su Oliver.
Quindi riprendo. Faccio girare la lingua intorno al glande, percorrendo tutta la circonferenza. Poi, non soddisfatta, la lascio scorrere lentamente lungo tutta l’asta, arrivando fino ai testicoli. Li mordo delicatamente, li lecco, li succhio, ci gioco.
Lo sento ansimare più forte, gli sorrido fermandomi per un’istante.
Presa dalla foga inizio a masturbarlo, lo sento tra le dita sempre più duro.
Oliver è estasiato, chiude gli occhi e comincia a mordersi il labbro inferiore.
Io, intanto, non mi fermo. Ricomincio a torturare la sua cappella, ormai fradicia, con la punta disegno dei cerchi e, nel frattempo, aumento l’intensità del movimento del braccio.
- Come lo lecchi bene -, mormora.
Ed io, a sentire quelle parole, metto ancora più passione. Lo riprendo in bocca, cercando di spingerlo più in fondo possibile. Poi, di nuovo fuori, senza smettere di agitarlo come una lattina di coca cola.
- Tra un po' scoppio, ti avverto - , afferma socchiudendo gli occhi.
Non posso rispondere, sono troppo occupata a far girare la lingua intorno alla calda e rosea cappella. Sta per avere un orgasmo, me ne accorgo dai suoi gemiti intensi.
Lo masturbo con tutta la forza che ho, tenendo la bocca aperta a pochi centimetri da quella bestia.
- Siiiii -, esclama mantenendo gli occhi fissi su di me. Un attimo dopo sento gli schizzi bollenti di sperma nella bocca, sulle labbra e perfino sul collo. Mi viene quasi da vomitare talmente è forte il sapore. Con la lingua pulisco le labbra ed infine ingoio ogni singola goccia. La frittata è fatta, volevo fargli un pompino eccezionale e forse ci sono riuscita. Non nascondo che mi è piaciuto, per la prima volta ho preso in bocca un cazzo degno del suo nome. Di solito con Riccardo non mi impegno e, cosa più importante, non mi faccio venire in bocca.


P.S Cari lettori, ho provato ad inserire il fattore gravidanza ma non mi quadrava il resto della storia. Così ho fatto un passo indietro e preso tutt'altra strada. Spero vi piaccia lo stesso.
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