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Ludovica (III)


di LoScrittore91
14.12.2019    |    9.154    |    2 9.0
"Daniele aveva il viso infiammato..."
Ludovica.

Era la prima volta che mi capitava. Di solito, quando andavo a letto con uomo, venivo tormentata da messaggi con richieste di avere un appuntamento. Con Daniele fu diverso. Non mi aveva cercata, fino a quella mattina. Dopo due mesi esatti era arrivato un suo messaggio.
Di lui non me ne fregava nulla, sia chiaro, ma quando capii che voleva vedermi soltanto per parlare rimasi delusa. La nostra conversazione ruotò intorno alla sua confusione mentale, al senso di colpa e altre mille cazzate.
Mi propose di andare a cena fuori. Bizzarro, a pensarci. Uno che vuole salvare la storia con la propria compagna non invita al ristorante la ragazza che si è scopato due mesi prima. O almeno non uno sano di mente.
Accettai per un solo motivo. Dentro di me sapevo come sarebbe potuta finire una serata di questo tipo. Due bicchieri di vino, una camminata mezzi abbracciati e per finire io che mi agitavo sopra di lui sul sedile della sua auto. Un classico.
L'aria era rovente, umida. Malgrado i finestrini della Smart abbassati si respirava pochissimo. Sperai che Daniele avesse prenotato in un ristorante con l'aria condizionata. Aprii la borsetta e presi il rossetto. Nella strada dove avevo parcheggiato regnava la desolazione. Un signore anziano che portava a spasso il cane era l'unica forma di vita nel raggio di centro metri. I lampioni creavano rifugi di luce fra cassonetti dell'immondizia e auto parcheggiate.
Mi avvicinai allo specchietto retrovisore e passai lentamente il rossetto sulle labbra. L'immagine che mi arrivò fu di una splendida bionda che stava per far crollare per la seconda volta un ragazzo fidanzato.
Rimisi il rossetto nella borsa e aspettai. Lo specchietto venne illuminato da un paio di fari. Qualche istante dopo Daniele affiancò la sua auto alla mia. Indossava una camicia celeste.
“Ciao. Andiamo con la mia? Va bene per te?”, domandò.
“Ciao Dani. Come preferisci. Se Adriana trova dei capelli biondi sul sedile come glielo spieghi?”, lo provocai sorridendo.
Chiusi i finestrini e scesi dall'auto. La smart si chiuse con un click. Appena entrai nell'auto di Daniele riconobbi il suo profumo. Era lo stesso che portava la notte in cui avevamo fatto sesso in spiaggia.
“Mi metterei in un guaio”, risponse Daniele partendo. Aveva uno sguardo serio, pensieroso.
“Ohi però rilassati, era una battuta”, gli dissi allacciandomi la cintura.
“Non posso rilassarmi. Abbiamo fatto una cazzata enorme. Da due mesi ogni volta che guardo Adriana penso alla serata in spiaggia”
Per un attimo ci guardammo negli occhi. Sapevamo entrambi come eravamo stati quella sera. Era stato un sesso incredibile. In quel momento, però, i sensi di colpa lo stavano divorando.
“Per me l'unica cazzata che hai fatto è metterti con lei. Dani, tu sei una persona fantastica e Adriana non ti merita.”
“Fantastica? Le ho messo le corna.”
“Le hai messo le corna perche non scopate mai. E quando lo fate, è uno schifo. O sbaglio?”
“Purtroppo è così. E la situazione non è migliorata.”
Diedi un'occhiata verso le mie gambe. Avevo passato al setaccio il guardaroba, scegliendo un vestitino estivo che si bloccava a metà coscia.
Appoggiai il gomito allo sportello. Guardai Daniele pensando a quanto sarebbe stato bello farlo sfogare.
“Da quanto non lo fate?”, chiesi sorridendo.
“Tre settimane.”
Boom. Tre settimane senza scopare. Ecco perchè non si era fatto sentire. La scusa del confrontarsi non reggeva, non dopo aver sentito questo.
Mi scappò una risatina.
“Pensa quanta voglia hai di scopare.”

~

Il panorama dalla terrazza del ristorante era da togliere il respiro. Il cielo, trapassato da sfumature color porpora, faceva da sfondo alla cupola di San Pietro che primeggiava tra i palazzi antichi. Le luci della città acquistavano intensità man mano che scendeva la sera.
Il cameriere ci consegnò i menu. Al centro del tavolo, in un raffinato portacandele, una fiamma si dimenava dolcemente. L'atmosfera era romantica.
“Grazie.”, rispondemmo all'unisono. Consultammo i menu mentre l'aria iniziava a rinfrescarsi.
Dopo qualche minuto il cameriere tornò per prendere le ordinazioni. Entrambi andammo sulla carne.
“Prendete del vino?”, chiese il ragazzo.
“Si, un Merlot per favore”, rispose Daniele riconsegnando la carta dei vini.
“Che ne dici di una bottiglia di Amarone della Valpolicella del 2015?”, domandai a Daniele sorridendo.
Avevo voglia di giocare. Non gli concessi neanche il tempo di riflettere. Sfilai il piede dalla scarpetta e con le dita iniziai a stuzzicare il suo polpaccio coperto dai jeans, risalendo fino ad arrivare all'altezza del ginocchio. La tovaglia era corta, la sala piena, chiunque poteva osservarci. E la cosa, ovviamente, mi eccitava.
“Si si va benissimo”, risponse Daniele. Il suo volto era una maschera d'imbarazzo. Incrociò le mani e puntò i gomiti sul tavolo. Il cameriere, ignaro di tutto, ci ringraziò e si allontanò.
“Si può sapere che stai facendo?”, mi chiese Daniele sospirando. Lanciò un'occhiata alla sala.
Il mio piede nudo continuò a percorrere la sua gamba, scendendo e risalendo, sfiorando la caviglia, osando fino agli inizi della coscia.
“Secondo te?”
Mentre lo guardavo negli occhi mi morsi dolcemente le labbra. Faceva il sostenuto, ma in realtà volevamo entrambi la stessa cosa. Mi sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio senza smettere di guardarlo.
“Sta arrivando il cameriere, ti prego”, mi avvertì gettando uno sguardo preoccupato alle mie spalle. Appena il ragazzo ci raggiunse con il vino Daniele sorrise. Rimisi il piede nella scarpa. Il gioco era finito, purtroppo.
Il cameriere aprì la bottiglia di Amarone e ne versò un po' nel mio calice. Poi fece lo stesso con Daniele lasciando la bottiglia sul tavolo prima di ringraziare ed allontanarsi. Di nuovo soli, finalmente.
“Ludovica, dobbiamo parlare. Sei la sorella della migliore amica di Adriana. Tra l'altro, penso che Adriana abbia dei sospetti riguardo a noi. E' molto furba, e dubito che non sia accorta di nulla.”
Una parte di me sperava che Adriana avesse scoperto tutto. Peccato che non era così. Mia sorella me lo avrebbe detto, o per lo meno mi avrebbe fatto delle domande. Cosa che non era successa.
“Sospetta, ma non sa. Stai tranquillo.”, dissi prima di bere un sorso di vino. Il sapore era ottimo.
“Non hai detto nulla a Claudia vero?”
“Ma per chi mi hai preso. Secondo te vado a dire a mia sorella che abbiamo scopato? Guarda che Claudia ammazza prima a me, e poi a te.”
Daniele alzò lentamente il calice e lo portò alle labbra. Era così sexy.
“Ok. Allora dopo stasera il capitolo è chiuso.”
“Era già chiuso per me, Dani. Sei tu che mi hai contattato oggi. Ci siamo divertiti una sera e poi tanti cari saluti.”
Per me era stato solo un gioco, un avventura. Per lui, invece, era stato qualcosa che gli aveva incasinato la vita.
“Volevo chiarire con te questa situazione.”
“E serviva invitarmi a cena? Bastava dirlo per messaggio”, scossi la testa divertita.
“Si, io sono fatto così”
“Va bene, lo apprezzo. Ora però godiamoci la cena.”
Sorrisi avvicinando il mio calice al suo. Lui ricambiò. I nostri bicchieri si toccarono e, guardandoci negli occhi, bevemmo un altro po' di vino.
Mezz'ora dopo, al calare della sera, avevamo finito vino e carne. Il vento era una calda carezza sul viso. Daniele non mi ostacolò quando lo convinsi ad ordinare la seconda bottiglia di Amarone. La tensione di inizio serata era sfumata. Bicchiere dopo bicchiere ridemmo insieme alle battute più insensate. La magia di quel weekend sembrava essere tornata fra di noi.
“Cazzo, ho bevuto tantissimo. “, ammise Daniele fissando il bicchiere vuoto. Sarebbe stato meglio dire “abbiamo”. Avevo la testa pesante, ridevo senza motivo. Anche se aveva bevuto più di lui ero quella messa meglio. Forse perchè a differenza sua ero abituata.
Daniele aveva il viso infiammato.
“Se torni ubriaco da lei? Come glielo spieghi?”, domandai con un ampio sorriso. L'idea mi stuzzicava.
Mossi prudentemente il calice facendo ondeggiare il vino presente all' interno.
“Sa che sono ad una cena di lavoro. Quindi ho un'ottima scusa.”
“La cazzata più scontata del mondo. Bravo, ottima fantasia.”
“Grazie.”, scoppiò a ridere. Era andato.
“Dani, hai bevuto veramente troppo.”, scossi la testa. Bevvi un altro po' di vino.
“E ci sarebbe da finire ancora mezza bottiglia.”, ammise Daniele. “Però è meglio chiedere il conto e andare.”
“Certo. Come vuoi”.

~

Un quarto d'ora dopo eravamo nella sua auto, sulla via del ritorno. Nel frattempo “Rewind” di Vasco Rossi ci teneva compagnia.
“Grazie per la cena, non dovevi.”, dissi voltandomi verso di lui.
“Tranquilla, l'ho fatto volentieri.”
Mostrò un sorriso incerto. L'imbarazzo era palese.
Senza riflettere, quasi d'istinto, poggiai la testa sulla sua spalla. Sapevo che con quel gesto lo avrei messo in difficoltà, ma me ne fregai. Volevo di più da quella serata.
“Mi gira la testa, devo regolarmi con il vino.”, dissi restando in quella posizione.
“Dai che tra poco siamo alla macchina. A proposito, ce la fai a guidare?”
, domandò Daniele.
Non risposi. Staccai la testa dalla spalla e mi voltai verso di lui, avvicinando le labbra al suo collo. Potevo sentire il suo inconfondibile profumo.
Gli baciai il collo. Una volta, due volte, tormentando con la lingua i suoi punti più sensibili.
“Ho voglia di cazzo.”, gli sussurrai nell'orecchio.
L'attimo dopo la mia mano era sulla sua coscia. Il pensiero di farlo cedere un'altra nuova, di scoparmi il fidanzato di quella stronza di Adriana, fu una scarica di adrenalina assurda.
Fra le gambe avevo un lago.
“Ludo, non voglio cascarci di nuovo, ti prego.”, mi implorò.
Afferrai la sua mano destra, che impugnava il cambio dell'auto, e la portai nella parte interna della mia coscia. Il vestitino era talmente corto da non arrivare a coprirla.
“Ludo dai, per favore.”, disse sospirando.
Per stare più comoda, smisi di baciarlo e tornai con la testa sullo schienale. E proprio in quel momento, notai qualcosa. Una sciarpa rosa incastrata fra il mio sedile e lo sportello. Era di Adriana. Pensai, soddisfatta, a quando si sarebbe seduta di nuovo su quel sedile, ignara di tutto.
Guidai la sua mano lungo la mia coscia, facendola scivolare sotto all'orlo del vestito. Lo guardai, sorridendo. Mi stava lasciando fare.
Per cambiare marcia usò la mano sinistra, staccandola per un attimo dal volante, per poi tornare a controllare lo sterzo.
Mi bastò quel gesto per capire tutto.
Nella penombra della macchina riuscii a riconoscere la sua eccitazione che, in modo lampante, si era fatta strada nei jeans. L'attimo dopo Daniele infilò le sue dita nelle mie mutandine. Venni sopraffatta da un brivido.
“Si, così.”, dissi appena sentii due dita scorrere nella fica. Socchiusi gli occhi. Il piacere era indescrivibile.
“Voglio scoparti subito.”, mi disse cominciando ad andare forte, a spingere fino in fondo. A quel punto non capii più nulla. Ansimai. Più volte. D'istinto strinsi il corrimano dello sportello.
Riprendemmo a baciarci. Non tolse per un attimo le dita dalla mia fica. Durante le curve Daniele si separava, cercava di non far sbandare l'auto, riuscendo comunque a non rovinare quel momento magico.
Al primo semaforo rosso ci fermammo. Lì mi ficcò un terzo dito dentro.
La testa iniziò a girarmi, il cuore pompava impazzito. Una macchina dietro a noi, con dentro un gruppo di giovani ragazzi, inizio a lampeggiarci, divertiti dallo show a cui stavano assistendo. Lì osservai per qualche istante dallo specchietto retrovisore. Appena l'orgasmo mi investì, facendomi irrigidire i muscoli delle gambe, mi dimenticai di loro.
Scattò il verde, così ripartimmo. Ero stravolta. Daniele tornò con la mano sul cambio e io approfittai per sistemarmi il vestitino e riacquistare un briciolo di lucidità.
Mi sentivo una troia. E la cosa non mi dispiaceva affatto. Daniele aveva tradito di nuovo Adriana, e con tutte le probabilità la serata si sarebbe conclusa con una bella scopata. Non male.
Misi una mano fra le sue gambe. Ce l'aveva così duro che sembrava poter scoppiare da un momento all'altro. Volevo tormentarlo un altro po'. Così glielo accarezzai, strusciando il palmo della mano sul bozzo racchiuso nei jeans.
“Certo che sei stronza. Sapevi fin dall'inizio che sarebbe finita così.”, mi disse sorridendo.
“Ma dai? Perchè mi vuoi far credere che mi hai cercata solo per chiarire?”, domandai guardandolo. Gli sorrisi. La barba di tre giorni lo rendeva ancora più attraente.
“La verità è che tu vuoi che scopiamo di nuovo”, continuai. Con le dita toccai la punta del suo cazzo. Ero eccitata da far schifo. In quel momento, probabilmente, mi sarei fatta fare qualsiasi cosa.
“Non voglio rovinare tutto con Adriana. Se stasera facciamo qualcosa non riuscirò a continuare a stare con lei.”
“Mi sa che è tardi ormai. Ci siamo baciati, sei stato dieci minuti con la mano nelle mie mutande, non penso che una scopata farebbe molta differenza.”
Ero ironica, ma lo pensavo davvero.
“Hai ragione.”, ammise dopo qualche istante.
“Che ne dici di fermarci al primo hotel?”, domandai.
La buttai così, senza pensarci. Non sapevo se e quando ci saremmo rivisti. Al massimo sarei rientrata a casa con un pizzico di autostima in meno e l'orgoglio sotto i piedi. Me ne sarei fatta una ragione, comunque. Lo fissai. Aveva il viso teso, preoccupato. Guardava la strada senza rispondere.
Era davanti ad un bivio. Passare una notte di sesso con me oppure tornare dalla sua fidanzata cancellandomi per sempre.
“Pensaci e decidi.”, dissi ritirando la mano che, un secondo prima, tenevo fra le sue gambe.
Un quarto d'ora dopo entrammo nel parcheggio di un hotel. Un edificio di quattro piani in piena periferia, con un'insegna che consisteva in tre stelle che luccicavano sopra il portone d'ingresso.
Alla reception trovammo un ragazzo con tanto di divisa e cravatta. Ci assegnò una camera al quarto piano. Daniele, ormai convinto della sua decisione, volle fare le cose in grande. Oltre a pagare la stanza per una notte, comprò una bottiglia di champagne molto costosa. Eravamo euforici.
Appena si chiusero le porte dell'ascensore ci baciammo. Non vedevo l'ora di scopare. L'avrei fatto anche in ascensore se non ci fosse stata un materasso ad aspettarci. Anche lui era eccitato. Sentii le sue mani muoversi sotto al vestitino e stringere il sedere. Il culo di una ventenne che va tre volte in palestra alla settimana è di gran lunga più sodo di quello della sua compagna.
L'indicatore dei piani intanto aumentava, passando dalla “T” al “3”. Gli sussurrai all'orecchio ogni tipo di fantasia, promettendogli anche del sesso anale.
Ero bagnatissima.

~

Fu il telefono di Daniele a riportarci nella realtà. Iniziò a squillare appena entrammo in camera. Prima di prendere il telefono dalla tasca dei jeans, poggiò la bottiglia di champagne sul mobile d'ingresso, a pochi passi dal letto matrimoniale.
In quel momento notai la macchia di rossetto sul collo della camicia di Daniele. Sullo sfondo celeste era impossibile non vederlo. Evitai comunque di avvisarlo.
Daniele non rispose alla telefonata.
“Non rispondi?”, domandai sorridendo.
“E' Adriana, non so che dirle.”
Il telefono tornò a squillare. Mi sfilai le scarpette con il tacco. Lo guardai.
“Mi sa che è importante.”, risposi sorridendo. Ero divertita. Passai alle mutandine, abbassandole lentamente, fino a farle arrivare alle caviglie.
Lui mi osservò per alcuni istanti, indugiando con il telefono in mano. Stava impazzendo.
“Rispondo al volo. Ci metto veramente poco.”
Mi avvicinai a lui. Ci divideva soltanto un metro.
“Ciao amore, dimmi.”, rispose Daniele al telefono.
Un altro passo verso di lui. Cazzo, era una situazione troppo eccitante.
“Calmati, calmati. Ma dov'è successo?”
Mi inginocchiai di fronte a lui. Dal tono della telefonata sembrava essere successo qualcosa. Forse un incidente. Il mio forte egoismo, però, mi aiutò a fregarmene. Volevo solo succhiarglielo. E poi fammi scopare.
“Ho capito, ho capito. Non riesci ad andarci tu?”, domandò Daniele all'altro capo del telefono cercando, con un timido gesto della mano, di frenarmi. Coglione.
Aveva una cintura un po' scomoda, ma alla fine riuscì ad aprirla. Sbottonai il pantalone. Abbassai la zip.
“Si la cena è finita, siamo andati a prendere qualcosa da bere in un pub. Vedendo la chiamata sono andato fuori e ti ho richiamata.”, mentì. Adriana, che povera cornuta.
Gli calai i jeans fino alle ginocchia. Il cazzo gonfiava i boxer color prugna. Sorrisi, e guardai Daniele dal basso. Mi chiesi quanto ci avrei impiegato a farlo venire.
“Mandami l'indirizzo del posto in cui è successo l'incidente. La vado ad aiutare il prima possibile.”, disse ad Adriana incrociando il mio sguardo.
Fu il turno dei boxer. Mi ritrovai il suo cazzo di fronte al viso. L'odore forte, virile.
“Si ok mi sbrigo, tranquilla.”
Lo presi in bocca. Mi sembrò di succhiare un pezzo di marmo. Il sapore di sperma, l'unica differenza.
“Ok, perfetto, ti faccio sapere come va.”, disse Daniele socchiudendo gli occhi.
Sentii la sua mano premere dietro alla nuca.
“Ti amo anche io. A dopo.”, disse finendo la telefonata e liberandosi del cellulare, il quale rotolò sul morbido materasso.
Passai la lingua sul glande, sui testicoli e ancora sul glande. Se c'era una cosa che sapevo in maniera impeccabile, erano proprio i pompini.
“Oddio quanto sei zoccola.”
Lo guardai. E sorrisi. Ancora non aveva visto nulla, Daniele.
“Abbiamo il tempo per una scopata? O devi correre via?”, domandai.
“Ne abbiamo poco. La sorella di Adriana ha fatto un incidente. Sta bene, ma la macchina non parte e quindi..”, non finì la frase. Lo interruppi a metà.
“Non mi interessa cosa è successo.”, dissi alzandomi.
Sentire la storiella della sorellina che va a sbattere con la macchina non era per niente eccitante, anzi. Vuoi scopare, scopiamo. Vuoi andare via, vai.
Mi avvicinai al letto. Iniziai dal vestitino, lasciando sul pavimento della camera.
Non ci guardammo, ma fui in grado di immaginare la sua espressione.
Per ultimo mi tolsi il reggiseno, restando nuda. Mi sdraiai sul letto, lui iniziò a spogliarsi. Aveva delle splendide spalle, ampie e muscolose. Un particolare che avevo già notato qualche mese prima, quando l'avevamo fatto in spiaggia.
Non avevamo tempo da perdere. Appena fu su di me mi baciò. Sentivo il suo desiderio, la voglia di possedere ogni angolo del mio corpo. Mi tastò un seno, gustandone la solidità, sfiorando i capezzoli duri con le dita.
“Sei uno spettacolo.”, mi disse.
“Zitto e scopami.”
Allargai le gambe. Appoggiai i talloni sul suo sedere e con un gesto deciso lo spronai verso di me. Mi mancò il fiato. Solo per un attimo, ma fu qualcosa di unico.
Ce l'aveva grosso. Comunque, non sentì dolore. Ero così bagnata che scivolò dentro di me con facilità.
Quando Daniele si convinse a scoparmi, sul serio, il letto cominciò a cigolare in maniera vergognosa. Ad ogni affondo sembrava crollare.
“Si così, ti prego vai più forte.”, lo implorai.
Mi accontentò.
Il suo cazzo sembrò arrivarmi in pancia, in gola. Stavo godendo troppo. Ci scambiammo lamenti di piacere mentre i respiri si fecero pesanti. Le lingue che si inseguivano.
Trascinata dalla foga gli raschiai la schiena, trascinando le unghie lungo i dorsali allenati. I segni, quelli, li avrebbe visti il giorno dopo.
“Sto per venire.”, disse con la voce rotta dallo sforzo. Aveva il viso fradicio di sudore.
“Resisti un altro po'. Tra poco vengo io.”
Ed era vero, cazzo. Mi mancava un nulla per l'orgasmo.
Non ci riuscì, ovviamente. Un gemito intenso annunciò il suo orgasmo. Chiuse gli occhi, irrigidì i muscoli delle braccia ma sopratutto fece in tempo ad uscire un secondo prima.
Riconobbi il calore del liquido scaricato all'altezza del mio ombelico.
“Cazzo, ti pareva.”, sbuffai. Egoista di merda.
Daniele si distese accanto a me. Nudo e appagato. Tolsi una ciocca di capelli dal viso.
Fissai il soffitto. Ero incazzata nera.

~
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