tradimenti
Il vecchio Teatro.

28.08.2019 |
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"Il suo cazzo era molto grosso e questo mi preoccupava non poco facendomi irrigidire..."
Era parecchio tempo che non scambiavo messaggi con G. perché ero arrabbiata con lui e nonostante mi scrivesse ogni giorno, ero determinata a fargliela pagare. Lui però non demordeva e continuava a scrivermi incessanti e oscene mail che ad essere sincera riuscivano sempre ad eccitarmi. Mi aveva scritto anche che voleva vedermi ma gli avevo risposto che non se ne parlava nemmeno! Anche quella mattina mi era arrivata la solita mail con la foto di una donna completamente nuda e legata ai polsi, alla quale come di consueto non avevo dato risposta.Quel giorno ero abbastanza libera ed avevo deciso di fare una passeggiata in città per fare qualche acquisto. Visto anche la bella giornata ed il clima ancora piacevole, nonostante fossimo ad autunno avanzato, mi ero vestita in modo elegante ed avevo osato un bel vestitino e scarpe con il tacco alto. Mi sentivo bella ed osservata ad ogni passo. Sguardi di uomini (ma non solo) si appoggiavano senza vergogna sulle mie gambe scoperte, fissandole compiaciuti.
Era già tarda mattinata, quando mi fermai in un bar in piazza per prendere un caffè e una brioches. Mentre sorseggiavo il caffè riguardavo le ultime mail ricevute da G. ed iniziai ad eccitarmi nuovamente sentendo un forte bisogno di masturbarmi. Il luogo però non lo permetteva ed il desiderio rimase tale. Mi sentivo osservata dalla gente che passava vicino ai tavolini del bar, ma la cosa non mi dispiaceva. Mentre mi perdevo sul telefonino guardando un po’ i social ed i vari siti di incontri, mi arrivò una nuova notifica mail. Vidi subito che era ancora lui a mandarla e subito pensai all’ ennesima foto esplicita, ma questa volta non era così.
La mail diceva in modo alquanto autoritario e deciso:” Ti aspetto tra mezz’ora al vecchio teatro di Via dei fiori, vieni sola e senza avvisare nessuno!”. Entrai un po’ in confusione senza sapere bene che fare. Inizialmente pensai “non ci vado nemmeno morta” e “tantomeno senza avvisare mio marito!”. Mi chiedevo cosa potesse volere da me perché voleva vedermi? Di certo voleva scoparmi… ma no! No, non avrebbe avuto nulla da me! Non è una persona cattiva, pensai. In fondo è sempre stato corretto anche se sapeva molte cose su di me. Mille domande passarono per la mia mente in pochi secondi ed in piena agitazione cercai di darmi mille risposte e mille giustificazioni.
Si sa che la curiosità è femmina e continuavo a non darmi pace. Lui probabilmente se la rideva, ben sapendo che mi avrebbe mandato in crisi. Alla fine quasi come un automa pagai il caffè e mi alzai iniziando a camminare senza una precisa direzione. La maledetta curiosità mi fece cercare su Google Maps del telefonino questa Via dei Fiori, che onestamente non conoscevo né avevo mai sentito nominare. Non distava molto dalla piazza in cui mi trovavo, forse cinque minuti a piedi. Era una piccolissima via nascosta dietro ad un Corso abbastanza centrale e senza pensarci mi resi conto che stavo procedendo proprio in quella direzione, come se le gambe mi portassero da sole.
“Andrò, ma non succederà nulla!”, “Gli concederò al massimo dieci minuti per dirmi quello che deve e poi me ne vado!” continuavo con il mio dialogo interno. “Avviso mio marito e gli chiedo un parere” … “No, poi magari si agita per una cazzata! Dieci minuti e me ne vado!”. Mentre procedevo lungo la strada sentivo un forte calore diffondersi tra le mie gambe, ma ero decisa a controllarmi.
Alla fine, senza grandi difficoltà trovai la via ed iniziai a percorrerla cercando di individuare il teatro. Sentivo le gambe che iniziavano a tremare per il nervoso o forse per l’eccitazione. Più o meno a metà di questa strada, poco frequentata, individuai una struttura fatiscente e dall’ aspetto abbandonato. Sulla facciata facevano ancora mostra delle locandine di film sbiadite ed ormai quasi illeggibili. Era un cinema/teatro ormai in disuso da molti anni di cui sinceramente non conoscevo nemmeno l’esistenza. Mi fermai davanti ancora in preda a molti dubbi. Presi il telefono per avvisare mio marito, ma poi ci ripensai nuovamente. La mente razionale pensava “vattene”, quella irrazionale “entra”!
Guardai la facciata del teatro. Come detto c’erano delle grandi vetrine con i vecchi manifesti e di fianco una piccola porticina di ferro. Non poteva che essere l’ingresso anche se apparentemente non sembrava. Mi avvicinai e provai a spingere la porta, ma era chiusa. Nervosamente comincia a guardarmi intorno. Mi sentivo osservata e comunque con quella sensazione di fare qualcosa di proibito e di sbagliato. Non c’era anima viva sulla strada; nemmeno un passante! Stavo quasi per andarmene quando notai a fianco della porta un campanello con la scritta “teatro”. “Figuriamoci se funziona!” pensai tra me, ma provai ugualmente a suonare.
In effetti mi sembrò di sentire in lontananza lo squillare del campanello e dopo pochi secondi con mi grande sorpresa sentii l’inconfondibile rumore dell’apertura automatica. Spinsi con un po’ di forza e la porta si aprì.
Un po’ impaurita, ma anche sempre più eccitata entrai nel teatro. La luce era molto fioca perché le lampade erano spente e solo un po’ di luce naturale filtrava dalle vetrine impolverite. Vidi alla mia destra la vecchia biglietteria e poco più avanti il bar ormai mezzo distrutto dal tempo. In fondo al corridoio scorsi due grandi porte di legno scuro con delle pesanti tende in velluto verde. Si trattava chiaramente dell’ingresso alla sala. Tutto intorno a me c’era un irreale silenzio e non vedevo anima viva, ma non so per quale motivo continuai a dirigermi verso quelle porte. Scostai le tende ed entrai in una grande sala completamente buia. Non si vedeva nulla se non alcune delle file dei vecchi sedili in legno del teatro. Mi fermai e realizzai di trovarmi in fondo alla sala in corrispondenza delle ultime file. Notai in alto il foro, da dove proiettavano i film su uno schermo che però al momento non riuscivo a vedere.
Rimasi immobile per qualche interminabile secondo e proprio nel momento in cui decisi di andarmene, una lampada si accese all’ improvviso in fondo alla sala, dalla parte opposta a quella in cui mi trovavo. La luce illuminava una sedia posta sul palco del teatro, come quando qualche attore deve fare un monologo e l’attenzione viene posta su di lui. La sedia però era vuota ed intorno c’era il buio più assoluto. “Vieni qui! Avvicinati al palco!”. Una voce echeggiò profonda e potente all’ interno della sala. Una voce calda e persuasiva. “Vieni qui vicino alla sedia!”.
Cercavo di sforzarmi, ma non vedevo nessuno. Non riuscivo a comprendere da dove partiva quella voce. Quasi sicuramente dal palco, ma al di fuori della sedia non si vedeva nulla. Cominciai a scendere lungo il corridoio di destra della sala fino ad arrivare alla base del palco. Facevo veramente fatica, perché avevo paura di andare a sbattere contro qualcosa. Ora il problema era capire come salire sul palco visto che il cono di luce illuminava solo ed esclusivamente la sedia. Percorrendo in lungo il corridoio davanti alla prima fila di sedie, incespicai in quelle che potevano essere delle scalette per salire. Sì era proprio così, c’erano quattro gradini un po’ alti e potevi salire.
Uno ad uno con le gambe che tremavano salii i gradini e mi trovai vicino alla sedia quasi accecata dalla forte luce che la illuminava. Intorno a me il buio totale. “Siediti!” ordinò la voce fuori campo. Mi sembrava di essere la protagonista di un’opera teatrale con il pubblico davanti, anche se nella sala non c’era proprio nessuno. Mi sedetti sula sedia appoggiando le mani sulle ginocchia. Le gambe saltavano dal nervosismo.
“Ciao puttanella, sapevo che saresti venuta…!”. La voce mi fece saltare per un attimo sulla sedia, ma due mani si appoggiarono sulle mie spalle quasi a tranquillizzarmi. Era dietro di me, sentivo la sua presenza ma non lo potevo ancora vedere e sentivo le sue mani che mi accarezzavano le spalle ed il collo. Non parlava, sentivo solo il suo respiro dietro di me. Cazzo stavo sbrodolando! le mie mutandine si stavano inzuppando ed io in preda ai rimorsi cominciavo a darmi della stupida. “Alzati e vattene” continuavo a ripetermi, ma le mie chiappe rimanevano incollate alla sedia.
Le sue mani cominciarono ad insinuarsi nella scollatura del vestito ed io non opposi resistenza. Raggiunsero in breve il reggiseno e si infilarono sotto per stringere decisamente le mie tette. Si accorse immediatamente dei miei capezzoli turgidi ed eccitati e li strinse entrambi con le dita fino a farmi leggermente male. Come se il tutto fosse collegato una scossa partì lungo il mio corpo per raggiungere immediatamente la mia fica bagnata e farmi ansimare di piacere. Mi baciò sul collo e con la sua voce suadente mi sussurrò nell’ orecchio:” Alzati troietta!”
Scattai sull’ attenti come un soldatino e lui rimase dietro di me a baciarmi ed accarezzarmi. Una sua mano si appoggiò con decisione sul mio culo e lo strinse, mentre l’altra si occupava ancora dei miei capezzoli. Stavo impazzando di piacere e di voglia ed anche la sensazione di rimorso e di vergogna che sentivo non faceva altro che aumentare la mia eccitazione. Le sue mani mi abbandonarono per un attimo e si dedicarono alla cerniera lampo del vestito. La aprì senza indugio ed il mio vestitino scivolò lungo il mio corpo lasciandomi in mutandine e reggiseno sotto quella luce intensa. Anche se eravamo soli, sembrava di essere al centro della scena con gli occhi degli spettatori puntati.
Slacciò anche i gancetti del reggiseno scoprendo il mio seno ed i miei capezzoli ancora più duri. Mi girò attorno e si pose proprio davanti a me e finalmente lo vidi. Vidi il suo volto che comunque già conoscevo ed i suoi occhi vogliosi che scrutavano il mio corpo. Era completamente vestito di nero, per questo non lo avevo visto al di fuori della luce. I suoi occhi intensi e profondi mi guardavano ed io mi scioglievo. Avvicinò la sua bocca alla mia e mi baciò voluttuosamente. La sua lingua invase la mia bocca e la mia la incrociò ricambiando. Un bacio lungo da lasciare senza fiato. La sua mano stringeva ancora i miei capezzoli, ma lentamente ora scivolava verso il basso infilandosi sotto le mie mutandine. Notai il suo sguardò compiaciuto quando toccò con mano quello che c’era sotto. Le mutandine erano quasi incollate alla mia fica da tanto erano bagnate e le sue dita ora scivolavano tra le labbra del mio sesso stuzzicando il clitoride gonfio.
In piedi davanti a lui socchiusi leggermente le gambe per agevolarlo e le sue dita invasero il mio sesso penetrandolo senza fatica alcuna. “Sei la mia troia! La mia puttana!” esclamò sapendo che con quegli appellativi mi sarei sciolta e bagnata ancora di più. Poi, mentre io già mi stavo contorcendo dal piacere cercando di bloccare un orgasmo che già voleva esplodere, con un gesto quasi brutale mi strappò di colpo le mutandine rimproverandomi con fare severo:” Ti avevo detto che quando metti i vestiti non devi mettere le mutande!”. Lo guardai, ma non replicai… “Hai capito ?!”. Era chiaro che ora voleva una risposta: “Si!” dissi sommessamente. “Si cosa ?!” mi incalzò lui. Sapevo cosa voleva e non mi restava altro che accontentarlo:” Si Signore!”. “Bene!” disse lui rilassandosi e tranquillizzandosi un po’.
Ora ero sul palco, sotto quella luce intensa e calda, completamente nuda con addosso solo le scarpe con il tacco. Mi fece sedere sulla sedia ed allargare le gambe mentre lui si posizionò al centro in piedi davanti a me. “Masturbati troietta!” ordinò. A dire il vero non aspettavo altro ed iniziai a masturbarmi, mentre lui inizio a slacciarsi i pantaloni proprio davanti ai miei occhi. Tolse il maglioncino nero, rimanendo a petto nudo e le scarpe mentre io in preda a spasmi di piacere continuavo a sditalinarmi e sollazzarmi. I suoi occhi erano sempre puntati verso i miei che tendevano invece ad abbassarsi.
I pantaloni erano aperti ed ora il gonfiore sotto i suoi slip era evidente. Abbassò gli slip ed il suo cazzo gonfio e duro scivolò fuori andando a sbattere subito contro le mie labbra. Era enorme con la cappella gonfia e dura. “Continua a masturbarti porcellina!”. Avendo imparato la risposta mi apprestai a pronunciare quanto voleva :”Si Sign……. !”. Non feci in tempo a pronunciare la parola di rito, che già il suo cazzo gonfio aveva profanato la mia bocca mentre la sua mano dietro la testa mi spingeva verso di lui.
“Succhiami l’uccello pompinara!” mi ordinò, anche se era ben consapevole che non potevo oppormi ai colpi di quel cazzo che stava scopando la mia bocca. Mi lasciava quella poca aria che serviva per respirare, ed io presi a ciucciarlo con foga cercando di prenderlo in tutta la sua lunghezza e grossezza. La mia mano era impazzita e correva sulla mia fica in fiamme. “Quanto desideravi questo cazzo ?!”. Spinse la mia testa contro il suo cazzo e per un attimo pensai di morire soffocata. In quell’ attimo di forzata apnea raggiunsi il mio primo, intenso, orgasmo bagnando anche la sedia con i miei umori. Non smisi di spompinarlo ma la sua andatura si fece più lenta e più dolce. Ora mi gustavo ancora in preda agli spasmi, quel cazzo impressionante.
“Ora ti scopo!” esclamò dopo essersi gustato per qualche minuto la mia calda e vogliosa bocca. “Mettiti sulla sedia a quattro zampe con il culo rivolto verso di me!”. Eseguii l’ ordine mettendomi in quella posizione non certo comodissima con le ginocchia sulla sedia di legno che facevano male. Si mise dietro di me e lasciò cadere a terra i pantaloni. Spostò poi i piedi fino a toglierli completamente. Si avvicinò ed appoggiò la sua cappella sulla mia fica ancora vergognosamente grondante. La sentii insinuarsi tra le grandi labbra e poi con un colpo deciso mi ritrovai invasa de quell’ enorme bastone. Mi possedeva completamente. Sentivo ogni centimetro del suo cazzo aderire sulle pareti scivolose del mio sesso. Urlavo! Mi dimenavo! Godevo…
Le urla di piacere echeggiavano per la sala vuota rimbombando. Lui continuava ad inveire contro di me mentre mi fotteva con un ritmo insostenibile. Tenevo gli occhi socchiusi dal piacere, ma quando li riaprii per un attimo scorsi un altro uomo, sempre vestito di nero, venire verso di noi mentre si slacciava la patta dei pantaloni.
G. mi prese per i capelli e li tirò forte che per emettere un urlo dovetti aprire bene la bocca. Pochi secondi, ma quel tanto che bastava per ritrovarmi con un altro cazzo piantato in gola. Un cazzo di un uomo che non conoscevo, che non avevo mai visto, ma che era abbastanza grosso e duro da far concorrenza a quello di G.
Un cazzo mi scopava la fica con forza da dietro, mentre un altro davanti mi scopava la bocca al medesimo ritmo. Ritmo a cui mi abbandonai e che assecondai in preda ad una sorta di estasi. Sotto quella luce calda che ci illuminava, sudavo e godevo posseduta da quei due uccelli instancabili.
Dopo alcuni minuti di assoluto piacere, i due cambiarono di posto e mi ritrovai il cazzo di G. in bocca e quello dello sconosciuto che mi scopava ad un ritmo forsennato. Per un attimo mi vidi perfettamente in quella situazione ed il mio pensiero andò a mio marito. Avevo giurato a me stessa che me ne sarei andata immediatamente da quel posto ed invece ero lì presa da due cazzi. In quel momento mi sentii veramente troia e pervasa da questo pensiero raggiunsi il secondo orgasmo urlando.
I due senza pietà continuarono a sbattermi senza fermarsi, mentre ancora il mio corpo si scuoteva in preda a fortissimi spasmi di piacere. Ero completamente nelle loro mani, in balìa delle loro decisioni, ormai incapace di resistere a quel piacere intenso. Ad un tratto entrambi si fermarono ed una sonora sculacciata mi fece urlare un po’ di dolore e un po’ di piacere. Lo sconosciuto si stese a terra, a pancia in su e con il cazzo ben dritto e sull’ attenti! G. mi accompagnò esattamente sopra di lui, mi fece allargare le gambe e sentenziò:” Ora cavalcalo tu troietta!”. Iniziai a piegare le gambe ed abbassare il mio culo, fino a quando la mia fica non incontrò la cappella dello sconosciuto e la avvolse tra le sue carni calde e bagnate fino a farla scomparire. Scesi completamente fino a farmi impalare da quel grosso uccello e sentirlo tutto dentro di me. Nel frattempo G. si mise davanti a me e mi infilò nuovamente il cazzo in bocca.
Sembravo una posseduta mentre saltavo su e giù e sentivo la mia fica colare. Mentre io aumentavo sempre di più il ritmo G. si spostò da davanti a me e si allontanò per un attimo. Pochi istanti, poi i suoi passi che si stavano avvicinando e qualche istante dopo le sue dita che spalmavano qualcosa di unto sul mio culo. Intuii immediatamente le sue intenzioni e un brivido di paura ma anche di eccitazione pervase il mio corpo, facendomi uscire dalla bocca un sommesso e poco convincente “noo…”.
Lo sconosciuto si fermò con ancora il suo cazzo completamente dentro di me. G. mi spinse dolcemente la schiena in avanti ed il ragazzo afferrandomi per il collo mi disse:” Baciami !”. In questo modo il mio culo era completamente offerto ed esposto a G. che con le mani iniziò ad allargarmi le natiche. La lingua dello sconosciuto esplorava la mia bocca impedendomi quasi di respirare e di parlare.
La cappella di G. si appoggiò al mio buchino e con terrore sentii che stava iniziando a spingere lentamente per farsi strada. Il suo cazzo era molto grosso e questo mi preoccupava non poco facendomi irrigidire. “Rilassati!” ordinò G. “Sarà più piacevole…”. Era sicuramente più facile a dirsi che a farsi, ma ora la sua cappella spingeva più forte ed il mio culetto stava cedendo e si stava aprendo a lui. Quando la cappella fu quasi del tutto entrata si fermò un attimo e tirandomi la testa per i capelli e facendomi staccare le labbra dalla bocca dello sconosciuto, mi disse: “Ora fai un bel respiro…! ”. Feci come mi chiese e cercando di rilassarmi il più possibile nonostante la situazione feci un respiro profondo che però non riuscii a terminare completamente perché proprio mentre stavo espirando G. spinse con decisione il suo cazzo dentro il mio culo quasi interamente, facendomi urlare. I due uccelli ora erano entrambi dentro di me e dopo avermi dato qualche secondo per riprendermi iniziarono lentamente a muoversi ed a scoparmi fica e culo contemporaneamente. Non potevo muovermi, posseduta da questi due uomini e dai loro bastoni impietosi che riempivano il mio corpo. Sentii che il dolore iniziale stava piano piano scomparendo per lasciare spazio ad un incredibile calore che mi stava avvolgendo completamente. Sentivo i due cazzi che a volte si toccavano separati solo dalle sottili pareti che separano il culo dalla fica. Il loro ritmo diventava incalzante ed io urlavo. Urlavo di piacere ormai fuori controllo. Un piacere mai provato prima.
Il terzo orgasmo mi colse più forte che mai. Un piacere interminabile. Squirtavo senza controllo sul cazzo dello sconosciuto che mi stava scopando mentre ancora G. mi inculava senza pietà.
Nemmeno il tempo di rifiatare e mi fecero girare. Questa volta la mia schiena era rivolta verso la faccia dello sconosciuto che era ancora sotto di me ed io in pratica guardavo i suoi piedi. Mi disse:” ora siediti, mettiti il mio cazzo nel culo e cavalcalo!”. Mi piegai nuovamente sulle ginocchia abbassando il sedere e indirizzando la cappella dello sconosciuto verso il buchino del mio povero culetto ormai aperto. “Siediti!” intimò ancora il ragazzo. Mi infilai il suo bastone nel culo ed iniziai a cavalcarlo, mentre G. si posizionò davanti a me e mi fece spalancare le gambe. Si inchinò verso di me e infilò nuovamente il suo cazzo nella mia fica. La posizione era cambiata ma la sostanza era la stessa: avevo nuovamente i due uccelli che mi stavano sbattendo in contemporanea…
I due sembravano instancabili. Avevo ormai perso la cognizione del tempo. Da quanto tempo ero lì che mi facevo sbattere? Finalmente o purtroppo, i due uomini sembravano essere arrivati anche loro al capolinea ed i loro respiri ed i loro gemiti aumentavano facendo presagire un imminente orgasmo. G. si tolse dalla mia fica e con una mano mi aiutò a sollevarmi dal cazzo dello sconosciuto che ancora era impalato dentro il mio culo.
Mi fece sedere sulla sedia, in modo composto e legò le mie mani dietro la schiena con una corda che stava lì vicino. Nuda, accaldata, sudata, ancora bagnata ed ora legata sulla sedia sotto quel riflettore potente che illuminava solo noi in mezzo al buio più nero ed assoluto. G. e lo sconosciuto si posero uno alla mia destra ed uno alla mia sinistra ed a turno infilarono i loro cazzi nella mia bocca per farmeli succhiare. Ciucciavo prima uno e poi l’altro ed a momenti li succhiavo entrambi davanti a me.
La mano dello sconosciuto afferrò il suo uccello ed iniziò a menarselo davanti al mio volto, mentre io continuavo a succhiare quello di G. Il ritmo della sua mano aumentò progressivamente, finchè il ragazzo indirizzo la punta del suo membro verso il mio seno. Fiotti di sborra uscirono potenti inondando ed imbrattando il mio petto. Sembravano non finire mai!
Anche G. afferrò con la mano il suo cazzo, ma lo indirizzò verso il mio volto esplodendo a sua volta riempendo la mia faccia di sperma caldo. Contai ben dieci schizzi ripetuti. Uno dietro l’altro, che mi colpirono in varie parte della faccia per poi scivolare verso il basso. Ed io continuavo a bagnarmi non solo dei loro orgasmi, ma anche dei miei.
Una strana calma mi pervase ed un avvolgente silenzio scese nella sala mentre i due erano impegnati a ripulirsi i loro membri. Io ero ancora legata alla sedia ed ancora con il corpo imbrattato e la loro sborra che scivolava lungo il mio petto fino alle mie gambe. Mi sentivo appagata, soddisfatta e quel liquido biancastro e caldo era il mio premio. Avevo goduto, urlato, mi ero scatenata come mai prima….
G. con aria un po’ beffarda e provocatrice, mentre si stava rivestendo, esclamò ad alta voce rompendo il silenzio della sala:” Ti è piaciuto vero troietta? Ne vorresti ancora vero?”
Raccolsi la sfida e per non farmi sentire impreparata risposi a mia volta con tono alto ed enfatizzando un pochino:”Si ne voglio ancora ! Sempre! Voglio essere posseduta ancora da voi! Voglio essere la tua troia!”
In quel momento la luce del riflettore puntata su di me si spense e rimanemmo per un attimo nel buio completo. Poi, improvvisamente si accesero tutte le luci del palco e della platea, illuminando tutto il teatro. Tutti i posti erano vuoti, ma nel corridoio centrale della sala su una sedia vidi mio marito, legato ed imbavagliato a sua volta su una sedia e rivolto verso il palco… che mi guardava.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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