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Alessia e l'abito gessato


di alessiapuledra
05.10.2016    |    11.190    |    13 9.7
"Scopami il culetto” Poi mi ributto sui due cazzi..."
Sono seduta. Al tavolino di un bar. Abito di sartoria, gessato scuro, camicia bianca, cravatta. Scarpe oxford, modello donna, fortunatamente portando il 41 riesco a trovarle. Assomigliano a quelle maschili, solo un pò più aggraziate. Tra il bordo dei pantaloni e le scarpe si intuiscono i collant neri.
Inaspettatamente si avvicina una persona. “Scusi, permette?” “Prego” in quel momento realizzo che potrebbe aver notato le mie caviglie. Ho le gambe accavallate ed ho paura che ogni mossa possa sottolineare ulteriormente la mia vera identità.
Mentre prende lo zucchero mi dice senza guardarmi “Che bellissime caviglie. Lasciano immaginare gambe splendide”. Sono in stato confusionale. Riesco solo a mormorare “grazie”. Lascia un biglietto sul tavolo e si allontana.
Ho il cuore in gola. Il tutto è durato pochi secondi, ma mi sono sentita femmina, donna fino al midollo.
Prendo il biglietto. “Chiamami. Bellissima creatura” ed un numero. Mi alzo. Mentre percorro il corridoio del centro commerciale guardo la mia immagine riflessa. Vedo Alessia.
Raggiunta la macchina nei sotterranei prendo coraggi e compongo il numero. “Ciao Bellissima, grazie per avermi chiamato. Volevo dirti che sprizzi sensualità. La tua femminilità travalica le convenzioni per le quali sei vestita da uomo. Vorrei incontrarti. Anche subito se vuoi” Attimi di silenzio. Con un filo di voce. “Va bene. Da adesso chiamami Alessia. Sono nel posteggio sotterraneo. Scendi con gli ascensori.” Appendo. So già come comportarmi. Aprò il borsone che ho in fianco. Indosso la parrucca nera a caschetto. Metto il lucida labbra e un pò di mascara. Infine indosso le mie decollete di pelle nera, tacco 11. Sembra una manager in carriera. Mi avvio verso il locale ascensori. Mi fermo in un cono d’ombra.
Eccolo esce nel garage e si guarda in giro. Gli vado incontro. Camminando tipo modella sulle passerelle. Sente risuonare i miei tacchi sul cemento, si gira. Sono ad due metri. Mi fermo. “Seguimi”. Conosco l’area. C’è una zona che rimane quasi completamente vuota e poco illuminata. Saranno 60 m. Lui mi segue. I suoi occhi mi bruciano addosso. Appena siamo nella zona buia mi fermo. “Dio, sei Bellissima e cammini come una dea. Sei fantastica”. Mi giro, mi accosto a lui e gli passo la lingua sulle labbra. Mi passa una mano dietro e mentre mi accarezza il culetto mi infila la lingua in bocca. Le lingue si intrecciano vischiose e lucide. Con la mano gli stringo la patta. E’ già duro. Mi stacco. “Devo salutarti. Ti chiamo per vederci, se vuoi”. “Non scappare Alessia, certo che voglio vederti” “Ciao”.
Raggiungo la macchina. Mi sento potente. Desiderata.
Due giorni dopo chiamo. “Sono Alessia. Ho voglia. Tu?” “Certo” “Questa sera alle 23 al Parco Lambro, entrando vai in fondo a sinistra, vedrai la mia macchina. Tu che macchina hai?” “Una BMW blu” “Ok, ciao. A stasera”.
Ho tempo di prepararmi. Mi depilo con cura. Bagno e crema. Mi sento come una ninfa che rinasce.
Perizoma nero, collant neri in microfibbra, maglia lupetto di seta nera, minigonna grigia plissettata. Un tocco di fard, mascara, lucida labbra effetto bagnato. Decollete di raso a punta tacco 11. Capospalla grigio scuro corto legato in vita. Wow!!! Mi sento bellissima. Quasi mi bagno senza erezione. Sento le farfalle nello stomaco.
Scendo sculettando allegra nei box del palazzo. Salgo in macchina e via. Direzione Milano. Parco Lambro. Imbocco la strada che porta all’interno del parco alle 22.45. Raggiungo il punto prefissato e spengo il motore.
E’ il momento. Aprire la portiera e scendere dalla macchina vestita da donna è sempre un passaggio delicato. Significa esposizione completa. Vuol dire Alessia.
L’aria fredda mi accarezza le gambe, i tacchi risuonano sull’asfalto rugoso. Mi accendo una sigaretta e cammino verso una zona di panchine. Non c’è nessuno. Due fari bucano il buio. Incerti sulla direzione. Torno verso la macchina. E’ una BMW blu. Posteggia.
Mi fermo dando le spalle a chi potrebbe scendere dall’auto. Fumo nervosa. Sento una portiera che si chiude e dei passi nella mia direzione. Sono vicini. “Sei uno schianto. Sembri una modella. Che figa” Riconosco la voce e mi giro sorridente. “Ciao” “Ciao, ma sei davvero bella. Guarda che gambe”. Mi accosto a lui. Le lingue si intrecciano mentre le sue mani scorrono sul mio culetto.Con un dito trova il taglio nei collant e comincia a stuzzicarmi il buchino. Lo prendo per mano e mi faccio seguire ditro la macchina. Mi siedo sul sedile anteriore, accavallo le gambe e gli slaccio i pantaloni. Sono una ragazza fortunata poichè ne esce un bel uccellone. Già duro. Una bella cappella lucida. Lo sfioro con la punta della lingua. Mi ritraggo per osservarne l’effetto. Lui sembra in estasi. A questo punto lo accolgo tra le labbra e comincio a succhiarlo. Mi piace molto fare i pompini e credo di essere abbastanza brava. Comincia a mugulare. “Alessia sei incredibile. Che bocca. Wow. Si dai leccalo tutto. Ti piace vero?!....Dio guarda che figa mi sta succhiando il cazzo.....che brava...ahh cazzo cazzo sto venendo” Si, senza nessun preavviso mi è venuto in bocca. Ho la bocca piena di sborra. La sputo per terra e lo riprendo tra le labbra. Lui trema come una foglia. “Scusa Alessia, non sono riuscito a trattenermi. Sei troppo brava e poi sei troppo figa”. Gli passo un fazzolettino e mi alzo. “Facciamo due passi?” “OK”. Lo prendo a braccetto e ci avviamo verso le panchine. Passeggiare sculettando, mostrando le mie gambe con una minigonna che non copre praticamente nulla, con l’uomo che ho appena soddisfatto mi fa sentire una troia assoluta. Ci accendiamo una sigaretta.
Seduti sulla panchina gli tocco la patta. Lui mi bacia. Sposto una gamba sulle sue. Mi accarezza. Sento che la sua eccitazione cresce. Gli sta tornando duro. Mi scosto e glielo tiro fuori. Riprendo a succhiarlo. Nel frattempo non ci siamo accorti che si sono avvicinati dei curiosi. Sto facendo un pompino al mio uomo mentre altri mi guardano. Due si stanno segando. Alzo la testa e gli faccio un cenno malizioso. Si avvicinano dietro la panchina.
Chiedo al mio uomo di mettere il giubbotto sulla panchina e mi metto in ginocchio appoggiata allo schienale. I due cazzi nuovi sono davanti alla mia bocca. Comincio a succhiarli alternati. Il mio uomo mi sta insalivando il culetto. Sento la sua lingua che si infila nel buchino. Brividi di piacere. Ho il cervello completamente spento. Quasi non sento i due che si dicono “ Guarda sta troia. Così figa e così troia. Come succhia. Cazzo che figa della madonna” E’ un’attimo il mio uomo me lo ha appoggiato sul culetto, scivola nel solco delle mio sederino e brutalmente mi penetra. Nessuna resistenza. Come un coltello caldo nel burro. Una spada rovente che mi infilza. Inarco la schiena. “Sii. Prendimi. Scopami il culetto” Poi mi ributto sui due cazzi. Sento le palle che sbattono contro di me. E’ una scopata intensa. Un colpo più forte mi fa inarcare la schiena e contrarre l’ano mentre lui viene. Mi prende per la nuca e mi infila la lingua in bocca. Ci baciamo. Uno dei due ragazzi si siede sulla panchina. Gli salgo sopra e mi impalo sul suo cazzo lucido. Mentre continuo a spompinare l’altro. Poi il tempo sembra fermarsi. Il mio uomo mi prende la pisellina in bocca. Scariche di piacere mi bruciano il cervello. La femminilità ha preso il totale sopravvento. Sono solo Alessia. E’ il culmine del piacere. Il ragazzo seduto viene nel preservativo. L’altro mi riempie la bocca. In quel momento la mia pisellina smette di colare ed erutta, senza che mi tocchi, un getto infinito di sborra.
Prendo un pacchetto di fazzoletti dalla borsa. Ci sistemiamo. Le calze, la gonna. Lucida labbra. Mi tremano le gambe. “Grazie ragazzi” “A te. Come ti chiami?” “Alessia” “Alessia, sei veramente una super figa. Ma fai anche degli spettacoli? Dovresti. Sei troppo figa” “Chissà. Grazie. Ciao”
Riprendo il mio uomo a braccetto. “Non so il tuo nome” “Paolo”
“Grazie Paolo mi hai fatto sentire donna”. “Tu sei Donna. Una Bellissima Donna. Se posso anche una fantastica porcellina.”
Siamo alla macchina. Ci salutiamo. Mi strappa la promessa di richiamarlo.
Salgo e chiudo la portiera. Tremo. L’adrenalina scorre a fiumi. Percorro pochi km e sento di dover fumare. Sono in città. Ormai non ho remore. Posteggio. Scendo. Accendo la sigaretta e faccio due passi. Mi accorgo che il palazzo, una banca, lungo tutta la via è vetrato. Guardo la mia immagine riflessa. Cammino come una puttana. Due clacsono suonano. Arrivo in fondo alla via. Mi giro e torno verso la macchina. Una si accosta. Il finestrino è già abbassato. “Ciao, quanto vuoi?” Sorrido e facendo segno di no, cammino verso la mia macchina. Mi sto bagnando ancora.




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