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L'amor profano


di singlebsx58roma
19.05.2017    |    25.291    |    3 9.3
"“Quello che tu vuoi” fu la mia risposta..."
“Ciao, posso chiederti un’informazione?” fu la mia domanda allorché il suo viso comparve dinanzi il finestrino, “Ciao bello, sono 50 sotto e 30 con la bocca, andiamo?”, fu la sua risposta accompagnata da un sorriso “vero”, “No scusa, volevo solo un’informazione…” risposi io mezzo imbarazzato, “Guarda che sono brava, chi viene con me, torna sempre un’altra volta”, incalzò lei, “Scusami, ma mi sono perso, volevo solo sapere la strada per prendere la tangenziale”, “Va bene, guarda se mi dai un passaggio dal paninaro ti ci porto io” “D’accordo, Sali”.
Quando la portiera si aprì il suo busto fu preceduto da due belle lunghe gambe, tornite ed affusolate. La luce dell’abitacolo non era forte, ma sufficiente a mostrare una pelle brunita o abbronzata.
Si sedette lasciando cadere all’indietro la sua fluente corvina chioma.
Un bel seno sodo si adagiava su un minuscolo reggiseno e due labbra carnose, color rosso vermiglio, spiccavano dalle sue gote.
“Allora, vai avanti tenendo la destra, poi al semaforo gira a sinistra e vai dritto. Come mai non vuoi venire con me? Non ti piaccio?” disse lei.
La guardai da cima a fondo e da fondo a cima. Sembrava la personificazione della bellezza e dell’erotismo. Bella come un pesco in fiore. Se il dio “Eros” avesse dovuto scegliere un corpo in cui alloggiare, avrebbe scelto sicuramente il suo.
Però…..
Però aveva una voce strana, leggermente mascolina.
“No, non è questo, anzi sei bellissima….” “Ed allora?” mi stuzzicò ancora lei. “Guardami bene, non sono un ragazzino. Tu lo fai per denaro, e posso anche capirti, ma a me piace conquistarla una donna. Quando una donna viene con me, voglio che trovi piacere. Voglio vederla godere, altrimenti non trovo piacere e godimento neanche io…”
“Ma tu lascia fare a me e vedrai” rispose candidamente ma con decisione lei, “Ora gira a sinistra che siamo arrivati dal paninaro. Quando riesci dalla piazzola gira a sinistra e continuando ti trovi sulla tangenziale. Mi offri qualcosa?”
“Ma certamente, ci mancherebbe”
Scendemmo dalla macchina e ci avvicinammo al camioncino del paninaro. Nella piazzola c’erano altre auto con prostitute che conversavano con i loro clienti.
“Io sono Sandro” le dissi dandole la mano, “Io sono Anna, ma per tutti Bocca di Rosa” rispose, “Cosa prendi?” le chiesi fissandola negli occhi quasi dal basso verso l’alto a causa dei tacchi delle sue scarpe, “A me il solito, Alberto” rispose lei rivolgendosi al paninaro, “Una lattina di tè freddo” aggiunsi io. Poi rivolgendomi a lei chiesi se voleva qualcosa da mangiare “No grazie, altrimenti ingrasso” rispose lei con un sorriso.
Prendemmo le consumazioni e rimanemmo in piedi appoggiati all’auto. Con le dita avrei voluto disegnare dolcemente il suo corpo di carezze partendo dal viso per poi scendere nella sua cassaforte. Ma parlammo un po’ delle nostre vite, i soliti discorsi convenzionali da cui non viene mai fuori i nostri “io”.
Ci salutammo con una calorosa stretta di mano. “Ti riaccompagno?” le chiesi, “No grazie, ciao e…. se ci ripensi, ricordati, Bocca di Rosa” fu la sua risposta. E come potevo scordarmelo? Quelle labbra sembravano petali di “Janet’s pride”….
Imboccai la tangenziale per rincasare. Non sapevo ancora di aver contratto il “virus”. Ed il virus si presentò quella stessa notte. Come poggiai la testa sul cuscino e chiusi le palpebre, mi si presentò il viso sorridente di Anna. Quegli occhioni neri profondi, e quelle labbra che mi chiamavano “sono Bocca di Rosa, sono Bocca di Rosa….”
Ma perché cazzo faceva la puttana? Mi chiesi più volte. Con la bellezza che possedeva aveva non solo il pugnale, ma anche la spada, la pistola, il fucile, dalla parte del manico. Avrebbe potuto avere il mondo ai suoi piedi. La sua immagine accompagnata da questa domanda era diventata un tarlo, la punta di un cacciavite che si era conficcato nella carne e mi torturava.
Cominciai a girarmi e rigirarmi nel letto, invidiando mia moglie che dormiva tranquilla, finché al mattino Morfeo pietoso, si prese cura di me.
Ma il virus del desiderio era ormai dentro di me. Nei giorni seguenti cominciò a manifestarsi anche in ufficio. Bastava che mi rilassassi e chiudessi gli occhi un attimo per far si che sul monitor della mente comparisse il viso di Anna.
Ritornai dopo qualche giorno sul viale “dell’amore profano”.
“Ciao, posso offrirti qualcosa dal paninaro?” dissi dopo aver abbassato il finestrino. Lei rimase un attimo sbigottita, poi riconoscendomi “Ah sei tu? Ciao, va bene andiamo”.
Arrivammo dal paninaro, prendemmo le bevande ed andammo in macchina. Avevo davanti a me la dea dell’amore, la sacerdotessa del sesso.
Tutto di lei era da ammirare. Dai capelli, agli occhi, dalle labbra, alle orecchie, dal collo, al seno, dalle cosce, alle ginocchia, alla punta dei piedi. E poi quella pelle brunita, come fosse abbronzata.
In quel momento avrei voluto annientare quanto ci circondava per ritrovarci su di una nuvola.
Anche quella sera parlammo un po’, discorsi meno banali del primo incontro, discorsi più profondi da cui vennero fuori i propri “io”, le nostre identità interiori.
Un velo di tristezza calò sul suo viso. La scoperta della sua identità sessuale, l’essere nata in un corpo sbagliato, la scelta dapprima sofferta di accettarsi, e poi di battersi per essere se stessa. La non accettazione della famiglia e della società. La decisione di lasciare il sud America e venire in Italia. La dura realtà della prostituzione come unica chance per vivere.
“Meno male che ogni tanto incontro qualche persona simpatica come te” disse infine sorridendo per chiudere il discorso.
La riaccompagnai e salutandoci mi dette un bacio…..un innocente bacio sulla guancia, ma fu un bacio vero, profondo, intenso. Lo percepii distintamente mentre con la mano mi carezzava l’altra guancia.
Ormai ero un suo prigioniero, non avevo più scampo, il virus cominciava a dilaniarmi.
Vedevo il suo viso dappertutto, non solo sul monitor del PC in ufficio, ma nei cartelloni pubblicitari per le strade, in televisione, e…. durante la notte veniva a svegliarmi con la sua bocca sorridente.
E poi….. avevo solo sentito la parola “trans”, non l’avevo mai vista. Vederla ora, racchiudere in un corpo di carne ed ossa, le due essenze quella femminile e quella maschile, mi aveva messo addosso una curiosità superiore a quella dei neonati.
Erano passati più di 25 anni dalle esperienze omo con Vittorio durante il militare. Tornato a vita civile, conobbi quella che poi diventò mia moglie e ripresi la vita etero.
Tornai dopo qualche giorno sul viale dell’amore profano. Fu contenta di rivedermi, ed ancor più quando le dissi che avrei pagato anche più della sua tariffa per “fare l’amore con lei”, ma non per scoparla dietro quegli squallidi anfratti cespugliosi lungo la strada.
Casa sua od un hotel avrebbero dovuto accogliere le nostre anime ed i nostri corpi. Lei non batté ciglio e dandomi il suo l’indirizzo ed il numero telefonico mi disse “Se vuoi fare l’amore con me non mi devi pagare, basta qualche pastarella, e magari del Vin Santo che mi piace molto”.
Cinque rose rosse, un vassoio di pastarelle e una bottiglia di Vin Santo fecero illuminare il suo viso quando, qualche giorno dopo, mi presentai un pomeriggio a casa sua ed ella venne ad aprire.
“Che gentleman! grazie” disse sorridendo, “E’ un misero omaggio alla tua immensa bellezza” fu la prima risposta che mi venne in mente.
Mi fece accomodare mettendomi a mio agio.
“Cosa vuoi bere?” mi chiese mentre mi faceva accomodare sul divano. “Quello che tu vuoi” fu la mia risposta.
“Beh visto che hai portato il Vin Santo e le pastarelle direi di aprirlo subito”.
“Apri il vassoio delle pastarelle” disse mentre ella prendeva l’apribottiglia.
Ci accomodammo sul divano, uno accanto all’altra, prendemmo i bicchieri per brindare alla nostra salute. I visi erano vicinissimi, uno di fronte l’altra, gli occhi si guardavano profondamente. In quel momento era il silenzio che parlava per noi.
Poi trovammo il contatto delle labbra. Si appiccicarono, le bocche si spalancarono e infine la sua vera intimità mi donò quando le lingue si cercarono furiosamente. Si scontrarono, si avvolsero, si staccarono, di nuovo si ripresero.
Non so quanto tempo passammo a baciarci.
La musica in sottofondo, il bicchiere di Vin Santo, fecero da passe-partout per introdurci nel regno dei sensi. E mai regno fu più bello di quello in cui lei mi introdusse.
Mani esperte pian piano mi denudarono, mi accarezzarono. Ero pronto a scoprire e accettare la sorpresa tra le sue gambe.
Il fuoco della passione ci stava divorando avvolgendoci tra le sue fiamme. Io dentro di lei, lei dentro di me. Non c’era distinzione, c’era solo rispetto, dedizione, passione. Furono carezze e baci. Dolore e piacere. Eravamo un solo corpo, una sola anima.
Infine fu liberazione, che partendo dalla base della spina dorsale si concluse esplodendo nelle nostre teste.
Esausti ci accasciammo sul letto.
Grazie Bocca di Rosa.

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