Lui & Lei

Nadia


di singlebsx58roma
23.01.2024    |    2.352    |    1 8.0
"Prendemmo il pacco ti accompagnai a casa tua e di corsa mi recai verso la mia..."
Tutto iniziò e tutto finì in quel caldo fine primavera ed inizio estate del 1978.
Il calore pesante del piombo, di chi si era tatuato nel cervello che “lo stato si abbatte e non si cambia” era stato sostituito dal dolce tepore del sole.
Stravaccati come lucertole al sole sul “muretto”, luogo d’aggregazione nelle periferie urbane negli anni ’70, i discorsi del gruppo avevano preso un’altra piega. La musica e le battute finali sul campionato di calcio avevano preso il sopravvento sulle discussioni politiche.
Io ero timido, non bello. Tu non bellissima, ma sicuramente molto piacente, con il tuo naso un po’ aquilino, quel poco che non guasta, con quei begli occhi scuri. E poi…. eri più grande di me, eri indipendente, emancipata, vivevi da sola, ed all’ epoca queste erano qualità che davano un valore aggiunto alla persona e la facevano vedere sotto un’altra luce.
Non so cosa trovasti in me. Mi chiedesti di accompagnarti a prendere un pacco alla posta ed io acconsentii con piacere.
Durante il tragitto mi chiedesti “senti perché non vai a prendere qualche disco e vieni a cena da me?”.
Non ero così scaltro e furbo da capire che avevi già pianificato, ma i miei ormoni erano sobillati dal tuo charme, “Va bene, il tempo di farmi una doccia e vengo. Posso portare qualcosa?” “Ho già tutto, la tua presenza e della buona musica è sufficiente”.
Prendemmo il pacco ti accompagnai a casa tua e di corsa mi recai verso la mia.
Scelsi con cura la musica da portare. Arrivai che eri alle prese con gli ultimi manicaretti con i quali avremmo deliziato i nostri palati.
Poi, prima di accomodarci al desco, ti andasti a fare una veloce doccia. Tornasti fasciata da una leggera tunica di cotone lievemente trasparente che lasciava intravedere le tue forme, e la tua nudità velata cominciò a spronare la mia fantasia.
I tuoi piccoli seni, le tue sinuose forme che terminavano in un bellissimo mandolino, quel piccolo e curato triangolo di foresta amazzonica sul tuo inguine, alimentavano il mio desiderio di te.
Poi come un pescatore di tonni, cominciasti a tirare le maglie della rete per chiudermi nella camera della morte.
E mai morte fu più bella e dolce di quella che tu mi propinasti.
Tra un boccone ed un altro cominciasti a sedurmi con le tue domande sulla musica sottolineate dai tuoi maliziosi sguardi, mentre con la mano di tanto in tanto ti carezzavi il seno.
Finché lasciammo le posate e le bocche smisero di parlare.
A quel punto furono i nostri occhi che cominciarono a parlare. E quando gli occhi parlano dicono molto di più delle parole.
Trasportati dalla carrozza dei sensi le nostre dita cominciarono ad esplorarci e le labbra a toccarsi.
Erano sguardi, erano aromi rilasciati dai nostri corpi, lingue che si cercarono, si scontrarono, si avvinghiarono, erano delicate carezze di dita che esploravano e si intrufolavano, che come un filo di Arianna ci conducevano nel “Giardino dell’Amore”.
Ci ritrovammo, quasi senza accorgerci, con i nostri corpi ignudi, carne contro carne.
Mi prendesti per mano e mi portasti nella tua camera da letto. Lì abbandonai il mio corpo e con l’aiuto delle tue arti magiche percorsi “Le strade senza nome che portano all’amore” come recitava una vecchia canzone di alcuni anni prima.
Furono tanti i “Si” e gli “Ancora” che sovrastarono quel lungo “blues” che usciva dallo stereo, quando con la mia lingua consumavo i tuoi seni, le tue natiche, il tuo clitoride.
Per ben due volte varcasti le porte del paradiso, finché la terza volta vi entrammo trionfanti insieme. E mi sentii finalmente uomo.
Non durò molto la nostra relazione. Non ho mai capito perché dopo tre settimane sparisti.
Il bisogno di te, del tuo corpo, della tua mente, della tua voce, di averti vicino, erano diventati quasi un’ossessione.
Forse fu questa, la causa della tua sparizione? Soffrii molto per la tua scomparsa, ma ti sono sempre stato grato per quanto mi hai dato ed insegnato.
Fu da quel nostro primo incontro che capii che per un uomo l’importante non è il numero dei rapporti, ma la qualità. Una qualità che non si può misurare, perché le sensazioni e le emozioni non hanno misura, ma la loro grandezza risiede nel momento in cui le vivi.
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