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Lui & Lei

Intesa preliminare 3


di Membro VIP di Annunci69.it geniodirazza
29.09.2023    |    2.578    |    1 8.5
"Non volevo arrendermi ed ho continuato a sognare l’amore che il ‘mio’ principe mi aveva dato per anni; però era subentrato l’ordine, la regolarità, i limiti,..."
L’imprevedibile sviluppo del mio incontro con la vecchia amica del cuore, con le convinzioni di cui eravamo state portatrici e che ora si ritorcevano tutte contro di me, si rivelò più devastante di come avessi mai immaginato; letteralmente lacerata tra impegni incalzanti di lavoro; insoddisfatta e insaziabile inseguitrice di un sogno d’amore di cui solo io ero convinta; madre di una ragazza che cresceva ma di cui mi ero occupata più niente che poco, ero alla canna del gas.
La risposta immediata, frutto della mia solita tignosa arroganza, fu il rifiuto aprioristico e categorico di tutto quello che mi rimandasse alla vita passata e alle vicende che avevano segnato, in sostanza, il mio fallimento; i bersagli più immediati e vicini furono naturalmente Ersilia e Vico, il mio ex marito che vedevo responsabili più di ogni altro degli errori che costellavano le mie scelte, lui innanzitutto che con la sua mitezza esasperava i giudizi negativi contro di me.
La ritorsione che mi venne in mente immediata fu allontanarlo dalla figlia tanto amata e coccolata; riuscii a tenerli lontani a lungo, inventandomi le scuse più cervellotiche per fargli saltare le domeniche in cui doveva tenere con se la figlia e trascinando con me la ragazza in alcuni viaggi che facevo con l’amante del momento, incurante delle emozioni che poteva provare vedendo sostituire il padre adorato con uno sconosciuto in cui cercavo inutilmente l’amore che Vico mi aveva dato per dieci anni.
Completamente all’oscuro delle motivazioni di una ragazza cresciuta letteralmente in braccio a suo padre, non mi accorgevo che presto aveva imparato a ingannarmi e avrei scoperto col tempo che, con la scusa di andare a studiare dalle amiche, specialmente quando avevo in casa un ospite da lei indesiderato, si era abituata a frequentare la casa del padre ed aveva legato con Maria, la nuova moglie di lui, e specialmente con Stefano, il bambino che lei definiva ‘suo fratello e non fratellastro’.
Scivolarono così ancora tre anni; io non trovavo pace, mia figlia soffriva assai più di quanto io potessi immaginare e del mio ex marito ormai avevo perso finanche le tracce; anche Ersilia e Riccardo sembravano dispersi nelle nebbie dei ricordi; mi ritrovai senza un passato ad inseguire l’illusione di un amore che rinverdisse i fasti di quel che avevo vissuto da adolescente, con quello che sarebbe stato per dieci anni mio marito.
Anna aveva festeggiato il suo quattordicesimo compleanno; per un attimo mi venne fatto di considerare che alla sua età avevo avuto i primi approcci con il sesso; mi augurai che a lei non fosse capitata la stessa esperienza, visti anche gli sviluppi della mia personale vicenda; qualcuno mi fece osservare che quasi sempre le madri non conoscono le figlie; con l’immutata tigna di sempre, lo mandai al diavolo ed affermai convinta che Anna, erede di suo padre, era più posata e riflessiva di me.
La particolare coincidenza riaprì una ferita mai guarita e fui presa di nuovo dalla smania di chiedere al mio ex marito di concedermi qualche ora dell’amore di cui lo sapevo capace, eventualmente anche insieme alle altre amanti di cui forse ancora si circondava, considerato che era un quarantenne in piena forma, professore emerito di letteratura all’università e scrittore, di un certo successo, di romanzi molto apprezzati specialmente dalle donne.
Il problema che mi si poneva era contattarlo senza dare la sensazione di essere io a piegarmi a lui; già lo avevo fatto con esiti disastrosi e non volevo ripetere l’esperienza; l’unico percorso utile mi sembrò chiedere a sua figlia di telefonargli per incontrarci a definire i modi di rispettare l’impegno alla condivisione dell’affidamento; lo sguardo che mi fece mia figlia fu degno di un poema che raccontasse tutto il suo disprezzo; ma ormai più in basso di così non potevo cadere.
Come era facile prevedere, Vico non respinse l’invito di Anna e le indicò la nostra vecchia abitazione come luogo ideale per incontrarci e parlare in serenità; con la solita perfidia, le feci domandare se sarebbe stato solo; capì che ero io a suggerire e mi rispose polemicamente che lui non dava alla figlia i pessimi esempi che sua madre non le risparmiava; Anna fece una faccia contrita con cui mi testimoniava la vergogna per la richiesta fatta e per la mia perfidia.
Quando fummo nella nostra vecchia casa, Anna venne travolta dall’ondata dei ricordi che a quegli ambienti la legavano; appena avviai la serie di accuse che mi ero preparata contro il mio ex marito, per colpevolizzarlo di tutte le mie responsabilità, scattò come una belva ferita.
“Mamma, sono stufa dei tuoi squallidi tentativi di scaricarti la coscienza attribuendo agli altri colpe che sono solo tue. Adesso io devo fare chiarezza; ti prego di tacere nel modo più assoluto ... Non ti azzardare a contestare; sei andata oltre ogni limite ed è il momento di dirti quello che meriti; in questa casa, in queste stanze io ho vissuto gli anni migliori della mia vita, perché mio padre si prendeva cura di me come di un gioiello prezioso.
Da quando hai imposto la tua presunzione di superiorità, le nostre vite sono state un inferno; il dato di fatto più evidente è che manchi assolutamente di empatia; forse non conosci neppure il significato della parola; tu non ti preoccupi affatto delle conseguenze che hanno sugli altri le tue azioni; nel tuo egoismo perfido e ottuso, conta solo quello che pensi, provi e decidi tu; di quello che le tue scelte provocano agli altri non te ne frega niente.
Invece io rivivo ancora terrorizzata una notte di sei anni fa, quando arrivasti sparata dall’incontro col tuo amante e dicesti di colpo a tuo marito che da mesi ti eri innamorata di un altro e che saresti andata via; non ti sei curata nemmeno per errore del sangue che versavano le coltellate che infliggevi a mio padre; non sai come ti ho odiato, in quel momento; il tuo ‘grande amore’ era quel George col quale hai vissuto qualche mese; mi convincesti a chiamarlo ‘papà George’.
Non hai mai preso in considerazione il dolore che davi a mio padre ogni volta che usavo quell’espressione; sono stata l’arma inconscia e stupida della tua perfidia, del tuo terrorismo, della tua capacità di torturare; non te ne fregava niente né di me né di tuo marito, quello che continui a chiamare perfidamente ‘il grande amore’; sono stata sempre ingenua e stupida e l’ho fatto soffrire anch’io, per colpa tua; adesso la smetti o divento feroce e scappo io, stavolta.
Dovrei proprio scappare; anzi, dovevo farlo quando mi sentivo dire a scuola, alle spalle, che ero la ‘figlia della puttana’ o ‘la figlia del cornuto’, perché mio padre è stato sempre, in questi sei anni, il tuo cornuto, l’imbecille da umiliare con tutti gli amanti di cui non sei mai soddisfatta; mamma, tu non sai quanto si può soffrire quando tua madre ti scarica dagli amici perché deve passare la notte con l’amante di turno; tu non puoi soffrire perché non hai capacità di empatia.
Sono sei anni che perfidamente fai anche l’impossibile per impedire a mio padre di avermi regolarmente con se per un giorno; sei arrivata così in basso che mi hai obbligata a chiamarlo io, perché non hai il coraggio di condividere le scelte; sei una vigliacca, mamma, e scarichi sugli altri le colpe che sono solo tue. Ne ho abbastanza di te e dei tuoi capricci; devi crescere.”
“No, cara Anna, non ci sto; tuo padre ti ha davvero coccolata, accudita e curata per i primi otto anni della tua vita; ma poi si è scatenato ed è diventato peggio di me!”
“Proprio per questo mi fai schifo; stai ancora cercando di scaricare parte della colpa su un innocente; le amanti di mio padre riguardano lui e sua moglie; non interessano te e neppure me; non sono orgogliosa, oggi, di mio padre; ma stiamo parlando di rapporti empatici e tu mi fai vomitare ogni volta che mi lasci a casa degli amici perché hai un amante nuovo o quando mi costringi a viaggiare con te e mi lasci in una camera d’albergo perché nell’altra ci siete tu e il tuo amante.
Sono sei anni che cambi maschio più facilmente e rapidamente di come cambi le mutande; come credi che possa vivere una ragazza di quattordici anni questo tuo saltellare da un letto all’altro, da un George all’altro? Vuoi che te lo ripeta? Non tieni in nessun conto i sentimenti degli altri; sei egocentrica, perfida e sanguinaria; per te sono la bambola da lasciare sul divano mentre vai a farti sbattere.”
“Una ragazza di quattordici anni a queste cose nemmeno ci pensa ... “
“Senti, stronza! Adesso perdo il rispetto ed uso anche il turpiloquio; ti ho sentito io dire a Nicoletta, la puttana complice delle tue nefandezze, che hai conosciuto il sesso a quattordici anni; sei una stronza ipocrita e menti davanti ad un testimone che potrebbe smentirti se non fosse troppo tenero con te!”
“Anna, perché non fai un bel respiro e non ti calmi un momento? Mi pare che gli animi siano esacerbati inutilmente ... “
“Senti, paparino; io ti ho sempre adorato e non smetto adesso; ma non credere che ti abbia perdonato lo scempio che stai facendo dell’amore infinito che per te prova Maria, tua moglie; tu credi di avere a che fare con la stupida donnicciola schiava del maschio dominante; non hai capito niente; Maria non è Roberta; potrebbe portarsi a letto chi vuole e sarebbe autorizzata dagli accordi che avete fatto; sa tutto delle tue amanti e non fa sesso perché non è nelle sue corde; almeno questo lo capisci, adesso?
Me ne ha parlato, sai, perché tua moglie è molto più comunicativa della tua ex ed è per me la madre che non ho mai avuto. Mamma, per caso ricordi dove eri quando ho avuto il menarca? Non puoi perché eri da qualche parte in Europa con un amante nuovo di cui ti proclamavi innamoratissima; risultavi irraggiungibile al telefonino; sai, papà, chiamai Maria quando vidi il sangue; ero un tantino spaventata, anche se ero stata avvertita, proprio da tua moglie.
Fu lei che pagò il tassì che mi portò a casa tua; fu lei a comprare gli assorbenti e ad insegnarmi ad usarli; lei fece tutto quello che una madre affettuosa fa per una figlia amata; lei è la madre di mio fratello, è tua moglie; è la mia madre putativa e si comporta da tale; ricordi il casino che facesti per il conto che ti arrivò da un negozio di intimo di cui non avevi alba? Era stata Maria a comprarmi il primo reggiseno, il primo slip, il bikini, il tanga e il perizoma.
Mi ha parlato molto da madre, e mi ha suggerito di parlare ancora con lei, prima di concedermi ad un maschio; non vorrei che nascesse un figlio come è capitato a voi, per ignoranza di metodi contraccettivi ... State zitti, imbroglioni; lo so che sono figlia di un gesto d‘amore, ma anche dell’ignoranza di due imbecilli che non usavano preservativi; mamma, io non ho ancora fatto sesso e penso che non lo farò tanto presto; ma, perdonami, chiederò a Maria, prima di muovermi; tu sei la meno consigliabile come consulente sessuale, visto con quale leggerezza ti concedi ai maschi.”
“Hai finito di buttarmi la croce addosso? Sei stata brutale e cinica, forse come merito; ma ti è passato mai per la testa che, se sono così, è stato per un banale errore iniziale? Mi sono lasciata andare al sesso da ragazzina, è vero, ma come tutte le ragazze sognavo il principe azzurro; e lo trovai anche; è diventato mio marito e tuo padre; ma la realtà vince sempre; mi accorsi alla fine che la quotidianità svuota di romanticismo i sogni.
Non volevo arrendermi ed ho continuato a sognare l’amore che il ‘mio’ principe mi aveva dato per anni; però era subentrato l’ordine, la regolarità, i limiti, la quotidianità, anche una figlia che non sapevo gestirmi; ho continuato a sperare, e continuo anche adesso a sognare che troverò quelle ore d’amore, spero col ‘mio’ principe di sempre; mi ero illusa anche, con l’amica del cuore, di stabilire un rapporto di totale libertà e di chiarezza con mio marito.
Non seppi coniugare lealtà e libertà e sono andata fuori dalle righe; adesso so che per me conta sopratutto la libertà, anche dagli obblighi verso mia figlia; forse è colpa, ma sono fatta così; voglio amore ma nessun legame neanche con te; se ti sta bene, fatti affidare a tuo padre e adottare da sua moglie; ho perso tutto, anche te; sono colpevole ma ormai vado per i quaranta e posso solo continuare a sognare, anche senza speranza.
Vico, è di questo che avrei dovuto e voluto parlare; ma, come nostra figlia ha diagnosticato egregiamente, mi manca lo strumento dell’empatia e non sono in grado di chiedere; conosco solo un uomo capace di darmi l’amore che cerco e che sa capire quello che non so dire; te la senti di concedermi qualche ora d’amore, quando sia possibile senza offendere tua moglie, ma avvertendola prima; vuoi provare a recuperare con me la serenità, provvisoria, di momenti, che ero abituata ad avere da te?”
“Roberta, sono state dette molte cose, qualcuna molto grave e tutte da tenere in conto; Anna non ha sferzato solo te, oggi; mi ha detto brutalmente che mi sto comportando da caprone con una moglie che non lo merita; io so tenere conto degli altri; adesso parliamo con Maria e le chiedo innanzitutto se vuole farsi carico della mia figlia più grande, insieme al fratellino; se accetta di lasciarmi dare talvolta l’amore alla mia ex, allora si può fare; prima però devo farmi perdonare e parlarle.”
“Papà, Maria aspetta solo una telefonata in cui l’avvisi che io mi trasferisco da te, da voi; si sente già mia madre in amore e non rifiuterà; vuole bene anche a mamma, di cui ha colto in pieno il dramma vero; solo lei ho sentito parlare con lucidità di questa strana follia; chiamala, spiegati e avvertila; poi, se decidete di amarvi per qualche ora, io vado a casa tua in tassì e ti aspetto per la cena con tua moglie e con mio fratello.”
Non serve una lunga trattativa con Maria, ho la sensazione, mentre parla al telefono con Vico, che lei e nostra figlia abbiano già concordato tutto, tanto semplici e lineari appaiono le soluzioni che propone Anna e che lei si limita a confermare assicurando al marito che gli accordi valgono al di là dell’identità delle sue amanti; gli chiede solo di lasciare intatto l’amore coniugale; per il resto, le va tutto bene, affidamento della figlia e scopate con la ex, con la speranza che resti unica amante fissa.
Chiamiamo un tassì e Anna ci lascia soli nell’appartamento dove per dieci anni abbiamo scopato con gioia; appena chiusa la porta alle spalle di nostra figlia, Vico mi avvolge in un caldissimo abbraccio, uno di quelli dei quali avevo rimpianto per anni la dolcezza e che mi fa immediatamente illanguidire; sento di colare dalla figa come se scoprissi l’amore per la prima volta; intanto, comincia a spogliarmi con molto garbo ed eleganza; rivolge le carezze al seno, particolarmente ai capezzoli che ho grossi come fragole.
Mi fa provare un’infinita serie di brividi stringendoli tra le dita, leccandoli amorosamente e succhiando come se si allattasse; fremo in tutto il corpo e quasi urlo quando sento la sua mano infilarsi sotto la gonna, raggiungere il perizoma, spostarsi di lato e inserire un dito in figa; il titillamento sapiente che fa del clitoride mi provoca continui piccoli orgasmi e, finalmente, sento di godere come avevo sperato che fosse in quella mia strana ‘avventura’.
Mi abbassa la gonna e la fa scivolare alle caviglie, la scalcio via e comincio a spogliare anche lui; quando lo denudo e mi appare davanti agli occhi il cazzo veramente imponente, non resisto alla tentazione di sedermi sul bordo del letto, di avvicinarlo davanti a me e di leccare dalla punta la sua mazza enorme; la percorro su tutta la superficie, dal basso in alto, dai peli del pube alla punta; arrivata in cima, spalanco la bocca e mi sforzo di farla entrare; è una goduria continua sentire la consistenza serica della cappella sulle labbra, prima, e sulla lingua poi.
Continuo a leccare il cazzo sforzandomi quanto posso di manovrarlo, nella bocca ingombra da un arnese tanto notevole, per leccare la cappella e intanto farlo scivolare all’interno, verso la gola, finché un conato di vomito m’impedisce di prenderne oltre; comincia a scoparmi in bocca come fosse in figa e mi godo tutti i fremiti che la mazza mi provoca; mi ferma di colpo, perché sta per sborrare; lo sfila e soffro come un bambino a cui viene tolto un dolce desiderato da tempo.
Mi spinge sul letto e mi sposta verso il centro, si abbassa sul mio ventre e mi lecca accuratamente, dall’ombelico in giù, finché arriva alla figa ed entra decisamente con la lingua che ben conosco, larga, spessa, che mi procura godurie più di un cazzo; urlo più volte orgasmi mai provati e godo infinitamente; infila in figa due dita, artiglia col resto della mano il clitoride e lo tormenta; le mie urla si fanno più alte e frequenti; sto godendo come non mai; si solleva dal mio ventre e scivola sul mio corpo, mi sento letteralmente invasa da lui e mi rannicchio ricavando piacere in ogni fibra.
Sento che manovra con le mani tra i nostri corpi e appoggia delicatamente la cappella enorme all’imbocco della figa; comincia a spingere con forza e continuità e avverto che la mazza m’invade il canale vaginale; mi sento come squarciare ed ho la sensazione di essere sverginata per la seconda volta; ormai non faccio che urlare orgasmi e, a ogni penetrazione successiva, il piacere si moltiplica; quando la punta urta la cervice dell’utero, avverto un dolore leggero che il piacere intenso sommerge.
Comincia la sua prima monta e mi sento veramente penetrare fino al cuore, aprire fino al cervello e inondare tutta dal piacere; mi chiede se può sborrare dentro, lo rassicuro e mi scarica nell’utero una fiumana di sborra; a ogni spruzzo del cazzo, la figa risponde con un orgasmo spaziale; alla fine si adagia per un attimo su di me, lascia che il cazzo si riduca e mi scivola a fianco.
Corro in bagno a lavarmi, mentre lui ronfa delicatamente; quando torno sul letto, mi chiede di camminare lentamente quasi godendosi la visione del mio corpo nudo che, anni dopo, ancora gli appare bellissimo; mi stendo al suo fianco, ma poco dopo mi monta a cavalcioni e appoggia la mazza alla bocca; apro le labbra, lo lascio entrare e comincio a succhiare con intensità; recupera in tempi rapidi e il cazzo diventa grosso come ero abituata a vederlo; me lo spalma sul viso, scende sulle tette e mi accarezza con quello i capezzoli.
Poi lo poggia tra i seni, li prende tra le mani e li stringe intorno all’asta, avviando una spagnola meravigliosa; poiché la punta arriva alle labbra, il percorso termina nella mia bocca e unisco la fellatio alla spagnola; prima di avere un nuovo orgasmo, mi ferma e mi fa girare carponi sul letto, viene dietro di me e comincia a leccare con la lingua meravigliosa dal coccige al clitoride, attraversando tutto l’ano e il perineo; ogni tanto, infila la lingua nel culo e mi fa godere.
Si solleva sulle ginocchia, appoggia il cazzo alla figa e spinge la mazza in profondità; ancora una volta mi sento aprire in due e il godimento raggiunge l’apice; cavalca per qualche minuto ascoltando le mie urla di piacere; poi esce, si allontana per un attimo, va in bagno e torna con una boccettina; capisco che ha preso del lubrificante e che sta per penetrarmi analmente; la libidine ha ormai rotto l’argine e mi apro le natiche per favorirlo.
Fa scivolare del liquido fresco, ne infila una parte nel canale rettale inserendo uno, poi due poi tre dita; quando si rende conto che la via è praticabile, accosta la cappella al buco e spinge con il garbo a cui mi aveva abituata negli anni; la mazza sprofonda nel retto travolgendo tutto e mi spacca; urlo un poco per una fitta improvvisa; ma la libidine manda indietro anche il dolore; quando sento il ventre picchiare sulle natiche e i testicoli sbattere sulla vulva, capisco che mi ha penetrato fino in fondo e mi lascio andare a un orgasmo anale poche volte provato.
Mi monta così, selvaggiamente, non so per quanto tempo; poi si ferma e si adagia, per riprendere subito dopo in bocca, in figa, in culo, dovunque; mi sento sbattuta e violentata da tutte le parti; solo per un attimo, in una fase di resipiscenza, mi viene da riflettere che inutilmente ho cercato quelle emozioni in tutti gli amanti che si sono alternati nella mia esperienza e nel mio corpo; ma per tutto il pomeriggio non faccio che recuperare concretamente i nostri modi di fare l’amore; scopiamo in ogni modo, in tutte le aperture, con tutto il godimento che sa dare a se stesso e scatenare in me con mia grande soddisfazione.
Smettiamo quando si avvicina l’ora di cena, lui ha promesso di essere con sua figlia; chiama la moglie e la avverte che sta rientrando; gli chiede se sarò della partita; le faccio comunicare che quella sera non posso, ma volentieri potrei pranzare il sabato con loro; Vico ha fissato una presentazione; rimandiamo a domenica e prometto a tutti e due che cercherò di essere con Maria amica come ero stata per anni con Ersilia; sento gli urli di gioia di Anna, perché è in vivavoce.
Prima di rassegnarci a chiudere la partita, almeno per quella sera, chiedo al mio ex se troverà per me altri momenti d’amore come quello; non ha problemi e, chiarita la situazione con la moglie, non ci saranno difficoltà; decido di portare l’asticella ancora più in alto e gli domando se sarebbe possibile pensare a un letto a tre piazze, lui con le due mogli.
“Roberta, per quello che so, Maria ha fatto anche questa esperienza e, per come evolvono i rapporti, credo che non avrebbe difficoltà; io ci sto, forse perché vi amo tutte e due, con precise differenze; parliamone con Maria e, se ci sta anche lei, ci vuole poco ad organizzarci una serata al calor bianco con due Erinni affamate di amore e di sesso e con un Satiro capace ancora di amare insieme due mogli tanto diverse e i figli di due madri.”
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