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Michela una vita da sottomessa Atto 11


24.06.2025 |
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"Una maschera in lattice da gatta, nera e lucida, mi copre il viso, con aperture che esaltano i miei occhi verdi e la mia bocca dipinta di rosso fuoco, un rossetto che brilla come un faro..."
Il giorno della mia presentazione in società è finalmente arrivato, un momento che segna il culmine della mia trasformazione in schiava perfetta di Daniela. Il mio corpo è un tempio di lussuria, ogni centimetro scolpito per il suo piacere, un’offerta vivente al suo dominio. Sono pronta, il cuore che martella di paura, eccitazione e un orgoglio feroce che mi fa tremare. Indosso tacchi a schiava da 12 cm, il cuoio nero che scricchiola a ogni passo, un mantello nero che sfiora appena la mia schiena, lasciando il mio corpo nudo esposto, gli anelli d’acciaio da 4 cm alle grandi labbra e ai capezzoli che tintinnano a ogni movimento, il plug anale da 10 cm che vibra con un ronzio incessante, un peso che mi dilata il culo, un dolore che si intreccia a un piacere selvaggio. Il tatuaggio “SLAVE” con la diavolessa nuda pulsa dal pube all’ombelico, un marchio che mi rende fiera, un sigillo della mia schiavitù voluta. Una maschera in lattice da gatta, nera e lucida, mi copre il viso, con aperture che esaltano i miei occhi verdi e la mia bocca dipinta di rosso fuoco, un rossetto che brilla come un faro. L’odore del lattice si mescola al mio muschio intimo, un profumo che urla la mia lussuria, il ronzio del plug che accompagna ogni passo, un’esplosione di godimento e vergogna.L’egiziano, il nostro autista fidato, mi passa a prendere alle 9 in punto, il suo taxi che puzza di sudore e benzina, i sedili di cuoio consumati che scricchiolano sotto il mio culo nudo. Daniela e Patrizia sono già a bordo, le loro maschere nere che brillano sotto la luce fioca dell’abitacolo, le loro fiche esposte, i plug più piccoli ma visibili: il verde di Patrizia che spunta orgogliosamente, un simbolo della sua sottomissione. Mi siedo, il mantello che si solleva, il plug blu lampeggiante che vibra, un fastidio che mi dilata le chiappe, la mia fica che gocciola, un liquido caldo che bagna il sedile, un’umiliazione che mi eccita. Daniela mi attacca una catena agli anelli dei capezzoli, pinzette che tirano, un pizzicore costante che mi fa gemere, il guinzaglio teso nelle mani di Patrizia, che mi guarda con un’alterigia che mi brucia, un’espressione che dice: “Io non sono come te, troia.” Il guinzaglio mi tiene in tensione, un’umiliazione che accende la mia fica, schiava del loro dominio. L’egiziano ci fissa nello specchietto, la sua eccitazione evidente, un rigonfiamento nei pantaloni, un respiro pesante che echeggia, gli occhi che divorano il mio corpo nudo, il tatuaggio che spicca, il plug che lampeggia.
Dopo un’ora abbondante, arriviamo alla villa in Brianza, una dimora maestosa su una collina, circondata da un giardino illuminato da torce, il profumo di erba tagliata, cera e fumo che si mescola al mio muschio intimo. La villa è immensa, con pareti di pietra bianca che brillano sotto la luna, finestre alte che riflettono luci colorate—rosse, viola, blu—un’atmosfera di decadenza e potere. La folla, un mare di donne mascherate, si muove tra risate e bicchieri di champagne, l’odore di profumo costoso, sudore e muschio che mi avvolge, il suono di tacchi che ticchettano sul marmo, voci che sussurrano, un’energia selvaggia che mi fa tremare. Daniela, con stivali a mezza coscia, calze nere e stringivita che esalta il suo seno, impugna un frustino sottile, il cuoio nero che brilla, un simbolo del suo comando. Patrizia, vestita da bambina monella con trecce, microgonna scozzese rossa e bianca che copre a malapena le chiappe, calze bianche parigine e una maglietta stretta da bambina, tiene il mio guinzaglio, i suoi tacchi che scricchiolano, il plug verde che spunta dal suo culo, un’esibizione che mi umilia ma mi eccita, anche se la sua aria di superiorità mi fa ribollire.
La padrona di casa, una donna alta con una maschera dorata, ci accoglie con il suo barboncino Max in braccio, il suo abito di seta viola che fruscia, l’odore di lavanda che emana, un profumo che si scontra con il mio muschio. Max abbaia, riconoscendo l’odore della mia fica, e la padrona ride: “Calmati, presto potrai riassaporarla.” Ci offrono champagne, il liquido frizzante che mi pizzica la lingua, un sapore dolce che si mescola al mio muschio. Marta, la ginecologa, si avvicina, vestita da damina dell’800 con uno spacco che rivela la sua fica aperta, l’odore di muschio che mi stordisce. Cinzia, con il suo “spaccaculi” di silicone nero al fianco, si unisce, il suo profumo di rosa che si scontra con il mio. Le donne mi circondano, tirano i miei anelli, osservano il plug blu lampeggiante, sussurrano: “Che troia,” “Guarda che buco rotta in culo,” un’umiliazione che mi fa arrossire, le guance che bruciano sotto la maschera, ma la mia fica che schizza, un piacere perverso che mi consuma, il mio corpo che trema, schiava del loro desiderio.
Dopo un’ora, la padrona di casa annuncia: “È il momento della presentazione della nuova schiava di Daniela!” Mi conduce su un palco al centro del giardino, illuminato da torce, il profumo di cera e fumo che mi soffoca, il suono di un tamburo basso che pulsa come il mio cuore. Una ruota girevole domina la scena, un cerchio di legno nero con cinghie di cuoio, un altare per la mia sottomissione. Patrizia mi toglie il mantello e i sandali, lasciandomi nuda, gli anelli che tintinnano, il plug che vibra, il tatuaggio che brilla sotto la luce delle torce. Mi legano alla ruota, le braccia spalancate, le caviglie divaricate, il corpo flessibile, pronto a piegarsi in avanti o indietro, un’offerta oscena che mi umilia ma accende un fuoco nella mia fica. La padrona dice: “Toglietevi ogni capriccio!” Max abbaia, e la sua padrona lo avvicina alla mia fica, la sua lingua piccola che lecca, un piacere acuto che mi fa gemere: “Siiiiiii!” La mia fica diventa un lago, il plug che vibra al massimo, un ronzio che mi devasta, un orgasmo che mi scuote: “Vengoooo!”
La folla si avvicina, un mare di mani, piedi e insulti. Una donna mi infila un piede in bocca, il cuoio della scarpa che sa di sudore, un’umiliazione che mi fa rabbrividire, ma la mia fica che pulsa. Un’altra, scalza, infila il piede nella mia fica, un 37 che mi dilata, un dolore che si mescola al piacere, un urlo: “Siiiiiii!” Cinzia si avvicina, il suo spaccaculi in mano, e mi strappa il plug, un pop umido che echeggia, un dolore che mi squarcia, un gemito: “Aaaah!” Infila il fallo nel mio culo, un mostro che mi spacca, un dolore che mi fa urlare: “Nooo, mi rompi!” Ma il piacere è più forte, un orgasmo che mi travolge: “Vengoooo!” Un’altra donna mi fista la fica, la sua mano che mi devasta, un liquido che schizza, un altro orgasmo che mi fa tremare. Una mi piscia in bocca, un liquido caldo e amaro che mi brucia la gola, un’umiliazione che mi fa gemere, ma bevo, la mia fica che schizza, un piacere che mi consuma. Poi, una donna mi infila un piede nel culo, le dita che si aprono, un dolore che mi squarcia, mentre un’altra, dopo avermi pisciato in bocca, mi ficca il piede tra le labbra, il sapore di piscio e sudore che mi inonda, un degrado che mi fa urlare: “Siiiiiii!” Daniela usa il frustino, colpendo il mio seno e l’interno della fica spalancata, un pizzicore che mi fa urlare: “Siiiiiii, Padrona!” Ogni colpo, ogni pugno, ogni piede mi porta a orgasmi ripetuti, un’estasi che mi consuma, il mio corpo che crolla, devastato ma vivo.
Nel frattempo, vedo Patrizia, con la sua alterigia che mi ha sempre irritata, attirare l’attenzione di Cinzia. La sua microgonna scozzese è sollevata, il plug verde tolto con un pop che la fa gemere, un suono che echeggia nel giardino. Cinzia, con un sorriso sadico, prende lo spaccaculi, lo stesso fallo che mi ha devastata, e ordina a Patrizia di piegarsi a 90. Patrizia, non abituata a un’invasione così brutale, cerca di protestare, ma Cinzia la spinge giù, il cuoio della sua cintura che scricchiola. Il fallo entra nel suo culo, un urlo straziante che squarcia l’aria: “Nooo, mi uccidi!” Il dolore è insopportabile, il suo corpo che si contorce, il viso che si contrae sotto la maschera, e per un momento perde i sensi, il corpo che si affloscia. Ma Cinzia non si ferma, i colpi incessanti dello spaccaculi che la riportano indietro, un ritmo brutale che la devasta. Patrizia si sveglia urlando, il dolore che si trasforma in piacere, un orgasmo che la scuote: “Siiiiiii, vengo!” Il suo corpo trema, il sudore che le cola, il plug verde che rotola sull’erba, un’umiliazione che la riduce a ciò che ha sempre disprezzato: una troia come me.
Patrizia, distrutta, viene trascinata via, il suo plug reinserito con difficoltà, un gemito che mi fa sorridere, la sua alterigia spezzata. Io, ancora sulla ruota, sono un relitto, la fica e il culo colanti di piscio e liquido, il corpo dolorante ma appagato. Patrizia mi aiuta a scendere, rimettendomi i sandali e il mantello, infilando il plug con brutalità, un dolore che mi fa urlare: “Aaaah!” Il ronzio riprende, il mio culo devastato, il mio corpo un trofeo della mia devozione. L’egiziano ci aspetta, il suo rigonfiamento evidente, i suoi occhi che mi divorano mentre mi siedo, il culo che brucia, la fica esposta, le gambe aperte oscenamente, il tatuaggio che brilla, il plug che lampeggia. Si sega, la mano che si muove frenetica nei pantaloni, il respiro pesante che echeggia, il suo sguardo che mi trafigge, un’umiliazione che mi eccita, la mia fica che gocciola, un ultimo orgasmo che mi fa gemere: “Siiiiiii!” Patrizia, accanto a me, è un disastro, il culo colante, il plug che non resta al suo posto, il dolore che la fa gemere, un’immagine oscena che completa il quadro.
Sono un relitto, ma sono viva, più viva che mai. Le emozioni mi travolgono: un’umiliazione profonda che mi ha spezzata, ma anche un orgoglio feroce che mi fa gonfiare il petto. Sono la troia perfetta di Daniela, una puttana sfondata, marchiata nel fisico e nell’anima. Il tatuaggio pulsa, la diavolessa che sembra danzare, un sigillo che mi inchioda a questa vita. Ogni anello, ogni buco devastato, ogni goccia di piscio che ho bevuto è un trofeo, un passo verso la mia perfezione. La mia fica e il mio culo sono abissi, dilatati oltre ogni limite, incapaci di provare piacere senza un fisting brutale, senza un piede che mi squarcia, senza l’umiliazione che mi definisce. Non sono più una donna normale, non cerco più l’amore o il calore di un uomo: vivo per il degrado, per gli insulti, per il dolore che si trasforma in estasi.
Guardo l’egiziano nello specchietto, la sua mano che si muove, il suo cazzo che schizza nei pantaloni, un grugnito che echeggia, il suo sguardo che mi trafigge, un’umiliazione che mi fa gemere, la mia fica che pulsa, un ultimo orgasmo che mi scuote. Patrizia, accanto a me, è distrutta, il culo colante, il dolore che la fa gemere, un’immagine che mi ricorda che anche lei, con la sua alterigia, è caduta, una troia come me. Daniela mi guarda, il plug che mi esce dal culo devastato, il suo profumo di sandalo che mi soffoca, un sorriso sadico che mi fa tremare, e so che sono sua, per sempre. Le lacrime mi colano sotto la maschera, non di tristezza, ma di realizzazione: sono la sua schiava compiuta, pronta a servire, a essere usata, a brillare come la sua puttana perfetta. Il tatuaggio brilla, il plug vibra, il mio corpo è un altare di lussuria, e io sono fiera, devastata ma fiera, una troia che vive solo per Daniela.
#Damabiancaesib
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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