Annunci69.it è una Community rivolta ad un pubblico adulto e maggiorenne.
Puoi accedere solo se hai più di 18 anni.

SONO MAGGIORENNE ESCI
Racconti Erotici > incesto > Fuoco sotto la coperta, 1
incesto

Fuoco sotto la coperta, 1


di ElegantiInsieme
07.06.2025    |    1.263    |    4 9.7
"Le dita si intrecciarono, calde e tremanti, e senza pensarci, lei gli tirò indietro la mano fino a posarla di nuovo sulla sua coscia..."
L’afa estiva aveva trasformato la città in un forno per sette giorni di fila, un calore che non bruciava solo la pelle, ma si insinuava dentro, sciogliendo barriere, certezze e desideri nascosti. La sera portava un po’ di frescura, ma anche dopo il tramonto l’aria restava densa, come un abbraccio soffocante che faceva emergere istinti e pensieri che nessuno osava confessare.
Giulia si sentiva svuotata, il cuore pesante come se il caldo le avesse rubato non solo l’energia, ma anche la speranza. Con mani che tremavano per la stanchezza, si versò un bicchiere di vino bianco ghiacciato, il freddo del vetro un’illusione di sollievo contro la sua pelle accaldata. Attraversò il corridoio verso il soggiorno, ogni passo un peso, sapendo che alle 22:00 sarebbe iniziato il programma che un tempo univa la famiglia, ma che ora era solo un rituale vuoto, un’eco di ciò che erano stati.
Vittorio era già sprofondato nella sua poltrona, il corpo appesantito da anni di trascuratezza, un’ombra dell’uomo che aveva amato. Stringeva la quarta lattina di birra, gli occhi fissi sul grande schermo, persi in una nebbia che non aveva nulla a che fare con la stanchezza del lavoro. Le birre erano diventate il suo rifugio, un modo per spegnere i nervi, ma anche per allontanarsi da lei, da loro. Giulia lo guardava e vedeva un estraneo, un uomo che aveva smesso di vederla, di desiderarla, lasciandola sola in un matrimonio che si sgretolava come sabbia tra le dita.
Sul divanetto, un po’ in disparte, c’era Paolo, il loro figlio diciannovenne. Studente universitario, era tornato a casa per l’estate, portando con sé la vitalità della giovinezza. Si era tolto le scarpe, i piedi appoggiati sul tavolino con la noncuranza di chi non ha ancora conosciuto il peso del tempo. Con i capelli biondi corti e il viso scolpito, somigliava a Vittorio da giovane, ma il suo corpo, forgiato dal lavoro fisico e dall’energia inesauribile, era un promemoria di ciò che il padre aveva perso. In lui bruciava una forza che sembrava quasi pericolosa, un fuoco che Giulia non poteva ignorare.
Entrando nel soggiorno, fu colpita dal freddo improvviso. Vittorio aveva abbassato il termostato al minimo, e l’aria condizionata soffiava un vento gelido, un contrasto brutale con l’afa che aveva tormentato la giornata. Quella mattina, per combattere il caldo, aveva scelto un abito di cotone leggero, senza maniche, che le sfiorava le cosce e lasciava scoperte le spalle. Ora, però, il freddo le mordeva la pelle, facendole venire la pelle d’oca, un brivido che sembrava amplificare la sua fragilità, il senso di essere esposta, vulnerabile.
I suoi occhi azzurri, pieni di un dolore che non confessava mai, si posarono su Paolo e Vittorio. Due mondi opposti: il figlio, pieno di vita, e il marito, consumato dall’indifferenza. Giulia si aggrappava alla sua bellezza con una dedizione quasi disperata. A quasi quarant’anni, il suo corpo conservava le curve sinuose della giovinezza, i lunghi capelli castano chiaro che le cadevano sulle spalle come un’armatura di seta. Ma dentro, si sentiva spezzata, come se ogni giorno perdesse un pezzo di sé, schiacciata dal peso di un amore che si stava spegnendo.
“Paolo, togli i piedi dal tavolo,” disse, la voce dolce ma incrinata, un tentativo di ristabilire un ordine che le sfuggiva in ogni altro aspetto della vita.
Paolo obbedì con un sorriso lento, quasi ribelle. “Scusa, mamma,” mormorò, i piedi che scivolavano a terra, ma nei suoi occhi c’era una luce, un calore che la fece vacillare.
Stava per sedersi all’altro capo del divanetto quando Vittorio, senza nemmeno alzare lo sguardo dallo schermo, parlò, la voce appesantita dalla birra. “Giulia, non sederti lì. Ho rovesciato della birra, è ancora bagnato.” Le parole caddero come pietre, fredde, indifferenti.
Un nodo le strinse la gola. Annusò il cuscino, l’odore acre della birra che le ricordava quanto poco Vittorio si curasse di lei, della casa, di tutto ciò che un tempo avevano condiviso. Avrebbe voluto sistemarlo, come faceva con ogni cosa, ma si fermò. Amava prendersi cura della casa, ma era una battaglia persa contro l’apatia del marito. Solo Paolo, con i suoi modi da adolescente e il cuore generoso, le dava un po’ di sollievo, offrendosi di aiutarla quando poteva.
“Vieni qui, mamma,” disse Paolo, la voce calda, battendo una mano sul posto accanto a lui. “C’è spazio.” Si spostò contro il bracciolo, i muscoli tesi sotto la pelle, lasciandole appena abbastanza posto.
Giulia si sedette, il cuore che batteva un po’ troppo forte. Sistemò un cuscino per proteggere il vestito dalla parte bagnata, ma quando la sua coscia sfiorò quella di Paolo, il calore e la durezza del suo corpo la colpirono come un’onda. Era acciaio vivo, un contrasto bruciante con il freddo della stanza. Paolo sentì lo stesso fuoco, il contatto con la pelle fresca e morbida della madre che gli accendeva un brivido proibito, un pensiero che lo fece arrossire e che cercò di soffocare.
La serie tv, intitolata "True Detective", era iniziata su Sky, riempiendo la stanza con le sue immagini. La sua storia, un intreccio di crimine e passione, era diventata il loro rituale settimanale, ma per Giulia era anche uno specchio crudele, un ricordo di ciò che aveva perso.
Guardò Vittorio, e il dolore le strinse il petto. Le sue birre erano un muro che li separava. Non le importava che bevesse per rilassarsi, ma ora era troppo, e quando spegneva la TV era spesso ubriaco, lontano, incapace di toccarla, di desiderarla. La loro intimità era un ricordo lontano, e l’afa di quei giorni non faceva che amplificare la sua solitudine, un desiderio che le bruciava dentro, inconfessabile, insopportabile.
Paolo, accanto a lei, era un tumulto di emozioni. La vicinanza della madre, il calore del suo corpo, lo sconvolgeva in un modo che lo spaventava. L’estate lo aveva lasciato solo, il lavoro lo consumava, e la sua energia repressa pulsava come un cuore pronto a esplodere. Il contatto con la gamba di sua madre era un fuoco che non riusciva a spegnere, un pensiero che lo tormentava.
Il freddo della stanza divenne insostenibile. “Vittorio,” disse Giulia, la voce rotta da un dolore che cercava di nascondere, “è gelido qui. Spegni il condizionatore.”
“Tesoro, a me sta bene,” rispose lui, gli occhi incollati allo schermo, la voce distante. “È quel vestito leggero. Tieni.” Prese una coperta all’uncinetto e la lanciò verso di loro, un gesto così freddo che le spezzò il cuore.
Paolo scosse la testa, il volto contratto dalla rabbia verso il padre. “Ci penso io, mamma,” disse, alzandosi per spegnere il condizionatore. Quando tornò, si sedette ancora più vicino, i loro corpi quasi fusi sul piccolo divanetto. “Vuoi la coperta?” chiese, la voce bassa, il cuore che batteva forte.
“Certo,” sussurrò Giulia, stendendo la coperta sulle loro gambe. La stanza si stava scaldando, ma sotto quella coperta si sentiva viva, avvolta in un’intimità che la spaventava e la consolava al tempo stesso.
Sullo schermo, Michelle Monaghan, l’attrice protagonista, tornava al suo appartamento, versandosi un bourbon con ghiaccio. Paolo, guardandola, disse con un sorriso: “Sai, mamma, ti somiglia. Non trovi, papà?”
Vittorio, perso nella sua foschia, borbottò: “Forse somigliava a tua madre anni fa.” Non alzò gli occhi, indifferente, come se lei non esistesse.
Paolo si chinò verso l’orecchio di Giulia, il suo respiro caldo contro la sua pelle. “Papà non sta ascoltando. Ma sai, penso che tu sia più bella di lei.”
Le parole di Paolo furono un balsamo sul suo cuore ferito. Gli posò una mano sulla coscia, colpita dal calore e dalla forza che emanava, un’ancora in un mare di dolore. La mano rimase lì, sotto la coperta, un gesto che accese una scintilla in entrambi. Paolo sentì il cuore martellare, un brivido che lo attraversava come una corrente.
Sullo schermo, il detective interpretato da Matthew McConaughey si avvicinò a Michelle con uno sguardo carico di desiderio. In un attimo, la prese per mano e la trascinò verso il bordo della cucina, dove la passione esplose senza freni. I loro corpi si intrecciarono in una danza ardente, ogni movimento raccontava un’intimità profonda e travolgente.
Giulia osservava il sesso che si svolgeva sullo schermo della TV con una punta d'invidia. Vittorio e io facevamo cose del genere, pensò tra sé e sé. Ma era passato così tanto tempo. Vittorio non sembrava essere molto interessato al sesso, ultimamente, e nelle poche occasioni in cui mostrava interesse, l'alcol comprometteva la sua capacità di continuare, o addirittura di avere un'erezione.
Nella serie, Michelle Monaghan si era abbandonata alle braccia forti e muscolose di suo marito. Giulia rabbrividì un po' al pensiero di essere abbracciata e presa in quel modo. L'uomo con Michelle era alto e biondo, e aveva muscoli snelli ma pronunciati, come suo figlio Paolo, pensò.
La stanza si riscaldò rapidamente con l'aria condizionata spenta. Probabilmente la coperta non era più necessaria, ma Giulia si sentiva comoda sdraiata sotto di essa con Paolo, quindi la tenne addosso. La coperta restava, un rifugio per le loro emozioni. La mano di Paolo, ora sulla coscia di Giulia, era un peso che bruciava, un contatto che sembrava gridare tutto ciò che non potevano dire. Sentiva la sua gamba sfiorare la sua, le dita del piede che delicatamente accarezzavano il suo polpaccio, un contatto lieve ma carico di tensione. Per un istante, un dubbio le attraversò la mente: era forse sbagliato quel desiderio silenzioso? Ma il corpo restò immobile, come incatenato da un bisogno più forte della ragione. Non poteva muoversi, non voleva. Quel momento era sospeso tra il proibito e l’inevitabile, un segreto custodito nel silenzio di quegli sguardi e di quei gesti appena accennati.
All’improvviso Vittorio si alzò, grattandosi la pancia con aria assente. “Vado a prendere un’altra birra,” borbottò. “Volete qualcosa?”
“No,” risposero, le loro voci intrecciate, cariche di un’intensità che lui non poteva capire.
Giulia lo guardò allontanarsi, il cuore straziato dal contrasto tra l’uomo che aveva amato e il ragazzo accanto a lei, pieno di vita, di forza, di un calore che la faceva sentire viva. Paolo, furioso con il padre, pensava a quanto sua madre meritasse di più. Era bellissima, più di chiunque altra, e il suo dolore lo feriva come una lama.
Le loro mani si intrecciarono, un gesto che bruciava come il fuoco dell’estate. Sullo schermo, Michelle si abbandonava alla passione, ma nella stanza l’afa non era solo quella del clima: era un desiderio represso, un’intimità pericolosa, un fuoco che minacciava di consumarli mentre il silenzio tra loro gridava più forte di qualsiasi parola.
Improvvisamente, durante lo show, un colpo di pistola rimbombò fuori campo, squarciando il silenzio. Giulia sussultò, un brivido le corse lungo la schiena, e con un gesto istintivo staccò la mano dalla coscia di Paolo. Ma invece di allontanarsi, afferrò la sua mano con una fermezza dolce e urgente. Le dita si intrecciarono, calde e tremanti, e senza pensarci, lei gli tirò indietro la mano fino a posarla di nuovo sulla sua coscia.
Paolo sentì la pelle di Giulia sotto le sue dita: morbida, fresca, quasi vellutata, un contrasto netto con il calore che gli saliva al petto. La sua mano era posizionata più in alto del previsto, dove il tessuto leggero del prendisole si era sollevato, scoprendo la pelle delicata e leggermente umida di sudore, come se il caldo della stanza e l’adrenalina del momento avessero reso ogni centimetro di pelle più sensibile, più vivo.
Il profumo sottile di Giulia, un mix di fiori e pelle pulita, si mescolava all’aria tesa, e Paolo percepì il battito accelerato del suo cuore sotto la mano, un tamburo segreto che scandiva il ritmo di quell’intimità improvvisa. Non poteva lamentarsi; se a sua madre quel contatto non dava fastidio, allora nemmeno a lui avrebbe dovuto.
Quel gesto, semplice eppure carico di significati nascosti, trasformò l’istante in un momento sospeso, dove paura e desiderio si intrecciavano in un gioco silenzioso di sguardi e sensazioni, lasciando un’eco profonda che nessuno dei due avrebbe dimenticato.
Anche Giulia avvertì il peso della mano di Paolo sulla sua coscia, un contatto deciso che le trasmise un’impressione intensa e palpabile. Sentì la pressione della sua gamba destra premuta con naturalezza contro la sinistra di lui, come se fossero due pezzi di un puzzle che si cercavano in silenzio. Le dita del piede destro sfiorarono lievemente il suo polpaccio, un tocco quasi impercettibile, eppure carico di significato.
Per un attimo, un pensiero le attraversò la mente: forse quel contatto era troppo, troppo ravvicinato, troppo esposto. Ma muoversi o allontanarsi avrebbe inevitabilmente attirato l’attenzione su di loro, rivelando quel segreto sussurrato tra pelle e pelle. Così decise di lasciar correre, di accettare quel silenzioso gioco di confini sfumati, perché a volte il non detto è più potente di ogni parola.
Quell’istante, sospeso tra desiderio e prudenza, divenne un piccolo universo a sé, dove il contatto fisico si trasformava in un linguaggio segreto, un’intimità nascosta sotto lo sguardo attento della realtà circostante.
Vittorio si alzò lentamente, appoggiando una mano sulla pancia che ormai sporgeva oltre la cintura. Con un gesto distratto, si grattò il ventre e borbottò: «Vado a prendermi un’altra birra. Qualcuno vuole qualcosa?»
Giulia e Paolo risposero entrambi di no, senza distogliere lo sguardo.
Lei tornò a fissare il marito con un’espressione di disapprovazione appena velata. La pigrizia e le troppe birre avevano lasciato il segno su quel corpo un tempo muscoloso, trasformandolo in qualcosa di appesantito e stanco. Il contrasto con il figlio, ancora giovane e vigoroso, le colpì come una lama sottile: due generazioni, due mondi così diversi, eppure legati da un filo invisibile.
In quel momento, la stanza sembrò carica di tensione silenziosa, un piccolo squarcio nella quotidianità che rivelava più di quanto le parole potessero dire.
Paolo, da parte sua, era infastidito da suo padre, che sembrava non apprezzare minimamente la mamma. Paolo sapeva che, molti anni prima, si erano fidanzati al liceo e che il padre era stato una stella nella squadra di football, ma era passato tanto tempo. Guardando ora sua madre e suo padre, sembravano un tutt'uno. Papà stava diventando paffuto e con il mento pieno, mentre sua madre sembrava ancora fresca, in forma e carina.
Era più bella di tutte le mamme dei suoi amici, non c'era dubbio.
Dopo che suo padre si era allontanato in cucina a prendere un’altra birra, Paolo guardò la madre con la coda dell’occhio, nascosto sotto la coperta. Solo allora si accorse di quanto il suo seno si sollevasse e si abbassasse delicatamente sotto la coperta a righe all’uncinetto, seguendo il ritmo lento e grazioso del suo respiro.
La mano di lei era ancora stretta nella sua, appoggiata con naturalezza sulla sua coscia. Paolo le strinse la mano con un gesto tenero, aggiungendo un leggero colpetto sulla coscia. Quel semplice movimento fece scivolare la sua mano ancora più in alto, sollevando il sottile tessuto del vestito, rivelando un’intimità sospesa tra pudore e desiderio.
L’aria sembrava farsi più densa, carica di un silenzio eloquente.
“Tuo padre non si sta comportando bene, Paolo,” sussurrò Giulia, la voce rotta, gli occhi lucidi di lacrime trattenute.
“Lo so, mamma,” rispose lui, posando una mano sulla sua, sotto la coperta. “Meriti di più.”
Giulia lottava con la vaga sensazione che la mano di Paolo fosse più in alto sulla sua coscia di quanto avrebbe dovuto essere, ma la sua mano non stava facendo nulla di sbagliato e non c'era nulla di sessuale in ciò, quindi supponeva che andasse bene. Era una bella sensazione. Era stupita di quanto il corpo di Paolo fosse più caldo del suo; era come una fornace. Sotto le coperte si sentiva più al caldo di prima, ma le piaceva ancora il calore del suo corpo e non voleva che la sua mano si muovesse.
Vittorio tornò in soggiorno con non una, ma due birre: una pronta da bere subito e l’altra tenuta di riserva, come fosse un’assicurazione per i momenti di necessità. Giulia lo osservò con un misto di preoccupazione e rassegnazione, sperando che non avesse bisogno di aprire anche la seconda. Aveva già bevuto troppo quella sera.
Con un profondo sospiro, Vittorio si sistemò sulla sedia, aprì la linguetta della lattina e si immerse presto nel suo programma televisivo, come se volesse fuggire da tutto il resto.
Giulia si sistemò sul divano, cercando un attimo di quiete. Ma all’improvviso, qualcosa di grosso e sodo le premette con decisione contro il sedere, un contatto così intenso da farle correre un brivido lungo la schiena. Il calore di quel corpo contro il suo si fece subito palpabile, avvolgente, come un’onda che la travolgeva dolcemente, risvegliando in lei un desiderio nascosto e antico. Il respiro si fece più profondo, il cuore accelerò, mentre l’aria intorno sembrava farsi più densa, carica di una tensione vibrante e irresistibile. Era il pene di suo figlio. Non era eretto, ma non era nemmeno completamente flaccido. Era... qualcosa a metà strada. Non si aspettava di sentirlo, e non si aspettava che fosse così... grande.
Non sapeva cosa fare. Dopo un attimo di indecisione, Giulia decise di rimanere dov'era. Girò persino il suo sedere sodo avanti e indietro per trovare la parte accomodante su cui sistemarsi per il resto dello spettacolo.
Il contatto con il sedere di sua madre mandò una potente scossa elettrica dritta nel pene di Paolo.
Giulia e Paolo cercarono di concentrarsi sul programma televisivo, ma entrambi avevano difficoltà. Paolo era completamente concentrato sulla sensazione del suo membro sulle chiappe della madre. Lottò contro quella sensazione. “Non avresti dovuto pensare a tua madre in quel modo”, pensò. Ma non poté farne a meno. La spalla scoperta di sua madre era davanti a lui, a pochi centimetri di distanza, che spuntava da sotto le coperte. Vide una sottile spallina del reggiseno, rosa, notò, che spuntava dal lato della spalla del suo top senza maniche.
La tensione della scena sullo schermo si rifletteva nella stanza, ma Giulia sentiva solo il corpo di Paolo premuto contro il suo, caldo e solido. Quando sobbalzò per la paura, le sue mani afferrarono le sue cosce con forza, come cercando un’ancora. Il contatto era bruciante, il respiro di lui caldo sul suo collo, il profumo che le invadeva i sensi. Quel gesto improvviso li avvicinò ancora di più, trasformando la paura in un’intimità carica, densa, quasi palpabile.
Anche Paolo non sapeva cosa pensare. Apparentemente, senza che avesse fatto nulla per riuscirci, le sue mani erano appoggiate sulle cosce fresche e morbide di sua madre; l'orlo del suo vestitino corto era ovviamente più sollevato di prima, e le sue mani erano proprio sul bordo. Cercò di controllare i suoi pensieri, dopotutto, era sua madre, ma non poté fare a meno di pensare che le sue dita dovevano essere rimaste a non più di pochi centimetri dalle mutandine della madre, sotto il vestito.
Paolo aveva già posato le mani sulle gambe di una ragazza, ma non aveva mai provato una sensazione simile. Ma questa era sua madre. Le sue mani si sarebbero comportate bene. Dovevano farlo, pensò.
Paolo allargò le dita, come se avessero bisogno di allungarsi per bene dopo essere rimasti fermi. L'effetto fu quello di circondare la coscia della mamma con la mano e di tirarle su un po' l'orlo del vestito. Senza pensare a quello che stava facendo, le strinse delicatamente le cosce con ogni mano tesa.
Per Giulia era una sensazione migliore del miglior massaggio, e istintivamente mosse le cosce, spingendole contro le dita forti di Paolo. Il movimento fece scivolare le sue dita appena sotto il suo vestito. Rimasero entrambi immobili come sotto la coperta. Giulia era contenta che la coperta la coprisse, perché non voleva che Vittorio vedesse dove le mani di Paolo la tenevano. D'altra parte, probabilmente era troppo ubriaco per accorgersene.
Non sapeva cosa fare. Pensò che avrebbe dovuto obiettare, magari con un sussurro, o magari spingendo indietro le mani di Paolo. Ma non era sicura di riuscirci. Le sue mani erano così grandi e così forti, e le premevano pesanti e implacabili contro le cosce. E pensò che sarebbe stato peggio richiamare l'attenzione su ciò che stava accadendo. Dopotutto, non era successo niente di grave. Dire qualcosa sarebbe stato imbarazzante.
Per Giulia era importante fare la cosa giusta. Ma non era sicura di quale fosse la cosa giusta da fare. In più, c'era una vocina dentro di lei, dolce e appena udibile, ma sempre più intensa, che le diceva che le mani ferme e forti di Paolo sulle sue cosce erano perfette.
Paolo cominciò a sentire caldo sotto la coperta, con la mamma avvolta nel suo grembo. Di solito, avrebbe tolto la coperta. Ma con il papà a pochi metri di distanza, non c'era modo che riuscisse a tenere le mani sulle gambe della mamma in quel modo, senza la coperta. Valeva la pena di scaldarle un po' per tenerle dove erano.
Paolo mosse il corpo come se volesse mettersi più comodo contro il sedere della mamma e, mentre lo faceva, la sua mano risalì sulla coscia della mamma di alcuni centimetri.
Ora Paolo era certo che il suo pollice sfiorasse appena il bordo delle mutandine di lei, e sapeva che anche mamma ne era consapevole. Nonostante non fosse un esperto nel leggere i pensieri delle donne, quella volta si trovava in un’incertezza profonda: non riusciva a capire cosa stesse passando nella sua mente. Lei non aveva fatto nulla per incoraggiarlo, ma neppure lo aveva respinto. Quel silenzio sospeso, carico di possibilità, lo lasciava in bilico tra il desiderio e il dubbio, in un gioco sottile di sguardi e sensazioni non dette.
La sua mano si sentiva bene lì. Decise di lasciarla lì un minuto e vedere cosa succedeva.
Lo spettacolo continuò. Papà sembrava appena sveglio. Non si era voltato né aveva detto nulla a Giulia o Paolo per più di dieci minuti.
Giulia si rese conto, all'improvviso, di essere eccitata. Tutto il suo corpo era teso e vivo. Era eccitata dalla sensazione di suo figlio contro di lei. Era sbagliato, no? Eppure non avevano fatto niente di davvero inappropriato. Le mani di Paolo erano nascoste sotto la coperta all'uncinetto. Con le mani nascoste alla vista, lei poteva guardare il programma televisivo e lasciarsi cullare da quell’eccitazione che non provava da tempo, fingendo che nulla stesse accadendo. Ma la verità era un’altra: qualcosa stava succedendo, e le piaceva. La sensazione delle mani di Paolo su di lei era un brivido sottile, un richiamo che la faceva vibrare. Si chiedeva se anche lui provasse lo stesso, cosa sentisse, cosa stesse pensando. Credeva di essere abile a leggere gli uomini, ma con Paolo quella chiarezza le sfuggiva.
Le sue mani erano posate vicino alle mutandine, in un luogo dove non avrebbero dovuto essere, eppure rimanevano immobili, sospese tra il desiderio e il silenzio. Non facevano nulla, e proprio per questo il loro semplice contatto sembrava carico di un’intensità inespressa, un invito muto che lasciava spazio a mille domande e a un’attesa carica di tensione.
E se gli avesse mandato un segnale? Solo uno piccolo. Qualcosa di appena percettibile. Cosa avrebbe fatto? Come avrebbe reagito? Si chiese.
Si dimenò contro di lui. Notò che il suo cazzo era più grande di prima. Quando ebbe finito di dimenarsi, le sue gambe erano più divaricate di prima.
Paolo reagì immediatamente, muovendo il suo corpo insieme al suo per mantenere un'apparenza di innocenza. La sua mano risalì lungo la sua coscia finché il pollice non toccò il bordo delle sue mutandine. Lì si fermò di nuovo.
Il lato delle sue mutandine era solo un piccolo cordino. Oh mamma, pensò Paolo. Non aveva idea che la sua mamma dall'aspetto innocente indossasse mutandine così minuscole.
Quasi senza rendersi conto di quello che stava facendo, Giulia mosse il fianco destro verso la mano di Paolo. Solo un pochino.
Era un invito. Lei lo sapeva, e lui lo sapeva, e non c'erano dubbi.
Il suo pene le cresceva sotto il sedere. Anche lei lo sentiva, e le piaceva. In risposta, spinse il sedere contro di esso, solo un po'.
Con un rapido movimento, le infilò la mano destra sotto il vestito e gliela posò sulla pancia. Sollevò la mano sinistra finché il laccetto delle mutandine non fu tra il pollice e l'indice. Infilò un dito sotto il laccetto e lo schioccò leggermente contro l'osso dell'anca.
Sotto la coperta stava diventando molto caldo. Ma né Giulia né Paolo se ne preoccupavano e nessuno dei due aveva intenzione di togliersela.

CONTINUA
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Voto dei Lettori:
9.7
Ti è piaciuto??? SI NO

Commenti per Fuoco sotto la coperta, 1:

Altri Racconti Erotici in incesto:




® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni