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I 1 - MAMMA, DAMMI UNA MANO!


di Aleppe
06.08.2017    |    59.729    |    2 8.4
"Non passò molto tempo affinchè il mio cazzo cominciasse a spruzzare come una fontana..."
In quel periodo due ossessioni rimbombavano nella mia testa di ventenne: la mancanza di fica e la mancanza di soldi. Per la prima, non è che non trovassi ragazze, quanto che quelle erano sempre restie a soddisfare i miei desideri e estremamente noiose. L’ultima, ad esempio, aveva dichiarato: “Avrò un rapporto anale solo con la persona che mi vorrà sposare”, affemazione a seguito della quale era stata mandata seduta stante affanculo. Quella dei soldi invece era una mancanza cronica, legata alla mia condizione di studente mantenuto dalla famiglia.
Mentre rimuginavo su questi temi, mia madre uscì dal bagno indossando solo due asciugamani: uno in testa, per i capelli, e l’altro avvolto attorno al corpo, come di consueto quando si concedeva una doccia. In pochi secondi il mio uccello si rizzò e mi sorpresi così a guardarla non più con gli occhi del bambino quanto con quelli di un adulto che guarda una bella signora matura. Del resto, in rete esistevano tonnellate di materiale pornografico dedicato non solo alle famose MILF, ma anche ad atti incestuosi. Decisi allora che avrei dovuto provare anch’io quell’esperienza e cominciai ad elaborare il mio piano.

Nei giorni seguenti, passavo molto tempo chiuso nella mia stanza o in bagno ed uscivo sempre con la testa bassa, le occhiaie e una manifesta aria di stanchezza. Mia madre, preoccupata, mi poneva le solite domande “Cosa ti succede?” “C’è qualcosa che non va?” alle quali ovviamente rispondevo in maniera del tutto evasiva. La mossa successiva fu quella di lasciare uno spiraglio della porta della stanza aperta e fare qualche rumore. Come previsto, mia madre si avvicino alla porta per guardare senza essere vista, ed io misi in mostra il mio magnifico cazzo masturbandolo prepotentemente. Dopo quella scena, la sera stessa lei ruppe gli indugi: “Carlo,” mi apostrofò, “non sarebbe meglio che tu ti trovassi una ragazza piuttosto di ridurti in queste condizioni?”. “Mamma”, risposi chinado la testa e con qualche luccicone agli occhi, “non è che io non riesca a trovare delle ragazze, solo che nessuna di loro mi soddisfa. Sono troppo ingenue, abituate a discutere di argomenti futili come i vestiti o il ragazzo delle loro amiche, mentra a me piacerebbe una donna matura in grado di capirmi. Così ho lasciato perdere ed ho preso a masturbarmi. Col tempo però, ogni sega dura sempe di più ed adesso mi serve almeno un’ora di esercizio manuale prima di venire! Di questo passo, trascorrerò interi pomeriggi a toccarmelo … ti prego aiutami!” “Certo che ti aiuto, ma cosa posso fare?” mi domandò lei dispiaciuta per il racconto. “Non so …” aggiunsi, seguito da un minuto di silenzio durante il quale entrambi rimanemmo a testa china pensando a come risolvere il problema. Soluzione che invero avevo già architettato, ed infatti trascorso quel tempo aggiunsi: “E se tu mi aiutassi a toccarmelo?” “Cosa?”, rispose lei strabuzzando gli occhi come se non avesse capito bene. “Voglio dire, magari sentendo la tua, che è comunque la mano di una donna, il mio pene si risveglia e riesco a finire prima.” “Non se ne parla neppure, sono tua madre e non posso fare queste cose.” “Hai ragione, scusami. Fai come se non ti avessi detto niente.” Risposi alzandomi e dirigendomi verso camera mia con la chiara intenzione di chiudermi dentro per un paio d’ore. “Aspetta”, disse lei con un sospiro, “… non fare così, forse possiamo trovare un’altra soluzione.”, “Sì, certo, certo …” annuii aprendo la porta della camera senza voltarmi. Richiusi la porta e mi misi seduto sul letto.

Adesso si trattava solo di aspettare. Ed infatti un minuto dopo due colpi risuonarono alla porta. “Chi è?”, domandai conoscendo perfettamente la risposta. “Sono la mamma, posso entrare?” “Un attimo”, risposi facendo finta di ricompormi, ma lasciando evidenti tracce di una precedente masturbazione. “Ecco, puoi entrare”. “Ci h ripensato, tutto sommato sei mio figlio ed è mio dovere aiutarti in questo brutto periodo, che certo passerà. Fai quello che devi fare.”. Allungò allora la mano destra verso di me, voltando la testa dall’altra parte per non vedere cosa stava accadendo. Non persi l’occasione, tirai fuori il mio cazzo già duro per il pensiero di quello che stava accadendo, lo avvolsi con la di lei mano e comincia a guidarla in una ricca sega. Reclinatomi sul letto, cominciai ad ansimare e lasciando la presa le dissi “Vai avanti da sola, ti prego …” ed in effetti lei continuò il movimento senza che fosse più necessario il mio aiuto. “Con l’altra mano, accarezzami le palle”, osai domandare e, dopo un’iniziale titubanza, sentì il palmo della mano sinistra che strofinava con sapienza i miei coglioni. Non passò molto tempo affinchè il mio cazzo cominciasse a spruzzare come una fontana. Lasciai che ciò accadesse senza fare alcun azione per frenare la venuta e la sborra ricadde bianca e copiosa sulle mani di mia madre, che, terminato il lavoro, con calma le ritrasse e si diressi in bagno per lavarle.

Il ghiaccio era rotto. Nei giorni seguenti molte volte questa scena si ripetè. Introdussi però qualche piccola modifica, ad esempio cambiando stanza e facendo in modo che mi masturbasse anche in bagno. Fino al giorno che mi presentai in cucina vestito con la sola maglietta, a cazzo completamente sguainato e duro come una lama di Toledo. “Mamma”, dissi. Lei, che da brava massaia indossava il suo grambiule da cucina, si voltò, mi guardò con fare interrogativo, quindi si accorse del mio membro in tiro, e mi rifissò negli occhi come a chiedere “cosa vuoi?”. L’espressione del mio viso diventò allora un misto tra “me lo chiedi pure?” e “per favore, fammela”. “Qui in cucina? Andiamo nella tua stanza.” “Perché? E’ così eccitantte qui …”, allora lei sospirò, si tolse i guanti di gomma che indossava per lavare i piatti, afferrò il mio cazzo e cominciò un magnifico lavoro a due mani. Che culminò pochi minuti dopo nella solita sborrata, con schizzi che sporcarono i mobili e il pavimento. “Oh, scusa … “ dichiarai allora ipocrita, perché di fatto non me ne importava proprio niente e mi piaceva pensando che avrebbe pulito il mio seme. E mentre, con il panno bagnato, si chinava a terra per raccoglierlo, pregustavo già il giorno in cui … ma questa è un’altra storia!
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