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Prime Esperienze

La lezione privata


di Zindo
10.05.2025    |    1.648    |    3 9.6
"Io sono io, così come sono e me ne frega poco se mi chiamano donna con le palle o donna viziata o transgender, sono tutte etichette che non esprimono me..."
PREMESSA
Mi chiamo Silvana. Ho superato i quarant'anni ma non ho ancora raggiunto i cinquanta.
Come si evince già dal nome sono donna; almeno anagraficamente, fisicamente e sessualmente sono donna: donna eterosessuale. Mentalmente no, o lo sono in parte. Per esempio sull'attenzione che metto nel curare il mio corpo ed il mio look direi che sono molto donna, per tutto il resto lo sono meno. Alcuni dicono di me che ho un "bel caratterino" in senso ironico visto che in realtà qualcuno intende dire che ho un carattere tosto, altri che sono un poco stronza. Il fatto è che ci sono nata già con questa indole. Nei miei sogni da bambina infatti non c'erano la maternità, la dedizione ad un uomo o alla casa o ad una famiglia, ma la carriera, il viaggiare, l'autonomia.
Pare però che queste mie caratteristiche non interessino molto i lettori di questo sito, perciò vado all'aspetto che li dovrebbe interessare di più, cioè al mio modo di pensare e di vivere la mia sessualità.
Fin dai miei ricordi più remoti, cioè fin dagli anni infantili,sono stata attratta dagli uomini ed ho avuto da sempre una predilezione per quelli alti, robusti ma non grassi, mori e con i denti bianchissimi.
Quando nei primi anni dell'adolescenza qualcuno mi parlò della prostituzione, spiegandomi bene in cosa consiste, mi fece subito ribrezzo, non per la pratica in sé quanto perché si esercita a pagamento.
Nel corso della vita non ho cambiato idea: continuo a disapprovare chi paga e/o si fa pagare per prestazioni sessuali.
Non si ritenga però che io penso l'esatto contrario, ovvero non si pensi che io ammetta il sesso solo a coronamento di un rapporto sentimentale. Caso mai è l'esatto contrario.
Mi spiego meglio: lasciando i sentimenti nel prestigioso ruolo che a loro competono e apprezzando chi concretizza questi sentimenti anche con rapporti sessuali, fermiamoci a parlare solo di pratiche sessuali, con o senza sentimenti.
Non avendo io molta esperienza dei primi, parlerei più volentieri dei secondi, ovvero del fare sesso per mero piacere psico-fisico.
Agli uomini questo è concesso da sempre. Non solo gli si riconosce la qualifica di cacciatore che lo autorizza a provarci con chiunque lui abbia voglia, ma se si dà da fare guadagna in immagine, gli si conferiscono titoli meritori di dongiovanni, macho, sciupa-femmine, eccetera.
Alla donna no.
La donna deve essere animale in attesa di predatore, non può, o meglio non potrebbe cacciare ma deve , anzi dovrebbe, essere cacciata. Se esce dal suo ruolo viene classificata sfacciata; se poi lo fa ed ottiene risultati concreti come minimo viene definita troia, o zoccola se non addirittura puttana, anche se a differenza delle puttane fa sesso per piacere e non per denaro.
Ecco: è questo uno di quei punti cardine in cui io non mi sento culturalmente donna. Mentalmente sono portata a cacciare io le mie prede (i miei uomini prede) e come in genere fanno gli uomini con le donne, sono io a voler far sesso con loro , quando voglio e finché voglio io.
Sono poco femminile anche nel volermi dedicare da sempre alla carriera e neanche mi ha sfiorato l'idea di farmi una famiglia,
Un uomo che fa le mie stesse scelte ed ha successo, viene chiamato scapolo d'oro, io vengo chiamata zitella.
Non mi tange minimamente. La libertà val bene un appellativo.
Solo perché anagraficamente e fisicamente sono stata etichettata "donna", ho dovuto fare questa premessa. Un uomo può raccontare una sua avventura, ad una donna nessuno lo impedisce, ma se lo fa, come io sto per fare, deve aspettarsi di essere etichettata anche come "zoccola".
Io non mi sento zoccola, mi sento libera.
Libera e, tanto per completare il quadro, ho avuto successo nella vita, facendo un lavoro importante con un ruolo di prestigio e guadagno bene, molto bene.
Potrei dire che non ho bisogno di niente e di nessuno?
Potrei ma mentirei!
Io ho bisogno di uomini, di maschi, di cazzi.
Non è che me li faccio mancare, anzi! E' che non mi va si essere chiamata né zitella come se non avessi trovato uno straccio di uomo che mi volesse, né zoccola come se dessi la mia figa a chiunque me la chieda. Io sono io, così come sono e me ne frega poco se mi chiamano donna con le palle o donna viziata o transgender, sono tutte etichette che non esprimono me stessa.
Vuoi sapere chi e come sono?
Ti racconto la mia prima esperienza. Giudicami tu.
Ciao . Silvana

LA MIA PRIMA VOLTA
Lo ammetto, anzi lo dico con fierezza: madre natura mi ha fatto proprio bene, Ammetto di esser da sempre una gran figa.
La sono oggi, la ero a sedici anni, anzi anche da prima se anche prima molti ragazzi mi ronzavano attorno come vespe sugli acini d'uva matura.
Proprio per questo eccesso di ragazzetti corteggiatori ero arrivata vergine a sedici anni. Non volevo accondiscendere alle loro richieste, volevo essere io a scegliere.
Tra i tanti, un paio che mi piacevano davvero c'erano pure ma le loro insistenze mi facevano sentire una preda da cacciare, a me questo dava già fastidio, così anche con quei due non era successo nulla.
Io però dentro di me ardevo di desiderio, sia per i naturali istinti e sia perché tra coetanee qualcuna che aveva già fatto esperienza raccontava particolari per me eccitanti.
Come tutte le ragazze anche io ho avuto interessi, curiosità e voglie sessuali sin da ragazzina, ma come quasi tutte le ragazze della mia epoca ero arrivata già ai diciassette anni senza avere alcuna esperienza concreta ma solo fantasie e qualche scambio di sguardi con miei coetanei. Eppure erano tanti quelli che mi corteggiavano, tra i quali i due che ho già detto che mi piacevano ma più che farmi sentire donna, mi avevano fatta sentire "preda" da sbranare, suscitando in me più paura che desiderio. Eppure il desiderio, non di loro ma di sesso, in me c'era ed era grande.
Poi venne l'anno in cui frequentavo quello che attualmente si chiama il quarto anno del liceo classico, ma ai tempi in cui io lo frequentavo io, era il secondo anno, poiché i primi due erano il cosiddetto "ginnasio". Una insegnante ebbe un infortunio e al suo posto, per un paio di settimane, venne un giovanissimo supplente, laureato da poco, forse senza alcuna esperienza precedente come insegnante. Era il mio tipo: fisico atletico, carnagione abbronzata, capelli nerissimi, denti bianchissimi. Un gran figo. Appena lo vidi pensai: "questo è quello giusto. Se ci prova a lui dico di si"
Non ci provò ovviamente. Oggi capisco che nella sua posizione non avrebbe potuto compromettersi "arrecando molestie" ad una sua giovane allieva. All'epoca invece il suo non interesse alla mia femminilità gli fece accumulare punti a suo favore e fece crescere in me il desiderio sempre più prepotente di avere un rapporto sessuale e di averlo con lui. Non sapevo ancora come ma ero già certa che se non ci provava lui ci avrei provato io.
Lui non ci provò, nella sua posizione non poteva.
Per poco non mi venne un colpo quando disse che non sarebbe più venuto, il suo periodo di supplenza era finito, dal giorno dopo sarebbe rientrata la prof titolare.
Come se avessi studiato prima un piano, subito misi in pratica l'idea che mi era venuta all'istante. Non agii proprio subito ma al finire dell'ora, quando già stava lasciando l'aula. gli corsi dietro, lo afferrai addirittura per un braccio e gli dissi "Professore, per favore, mi dica come posso rintracciarla, Ho bisogno di lei"
"Bisogno di me?"
"Sì, sono una frana nella sua materia ed avrei bisogno di ripetizioni, Ora che non insegna più qui penso che me le potrebbe dare lei. che finalmente spiega le cose nel modo che io capisco. Mi dia il suo numero di telefono, la chiamo quando lei vuole e le spiego meglio tutto"
Lo vidi leggermente imbarazzato ma poi, abbastanza velocemente, lui scrisse un numero su un foglietto di carta e me lo diede dicendomi " Non di mattino però, non mi troveresti"
"Tranquillo prof. Al mattino io pure sono impegnata, vengo a scuola" e felice come una pasqua a fatica mi trattenni dal dargli un bacio.
All'epoca i telefonini c'erano già ma non erano così diffusi come oggi, di certo non tra noi giovanissimi. Per chiamarlo ho dovuto aspettare non solo il pomeriggio ma anche di restare da sola in casa e poter usare il telefono fisso di famiglia, Praticamente quasi a sera.
Non ricordo particolare emozione per la telefonata in se stessa anche se fremevo tutta ma solo al pensiero che stavo organizzando il mio primo rapporto sessuale, con un uomo che rispondeva esattamente alle mie aspettative. Fremevo di desiderio non di titubanze.
Cadde nella trappola, credendo che davvero volessi delle ripetizioni da lui ma la telefonata non mi portò oltre il fissare un appuntamento per la prima lezione. Quando mi disse che abitava in famiglia mi sentii leggermente spiazzata ma subito corsi ai ripari dicendogli: "Se a lei non disturba molto, potrebbe venire lei a casa mia domani pomeriggio. Sa, domani i miei vanno fuori e non possono accompagnarmi loro. Dovrei usare i mezzi pubblici, e con quelli non so se riuscirei a rispettare l'orario. Magari per questa prima lezione,... se lei potesse...".
Non accettò questa soluzione appena la proposi, ma fini con l'accettarla ed allora sì che fui certa di arrivare al tanto desiderato momento fatale. I miei davvero dovevano assentarsi. Di questo ero certa.
Da quel momento il tempo sembrò rallentare, procedeva lentamente, entrai davvero in agitazione cominciando a pensare al cosa mettermi, come farmi trovare, cosa dirgli per non farlo spaventare e scappare, come io avevo fatto fuggire da me tutti gli scagnozzetti che con me ci avevano provato.
Il giorno dopo all'ora fissata per l'incontro, non avevo ancora deciso nulla di preciso, ero nelle fregole perché ormai volevo, fortemente volevo fare la mia prima scopata, farla quel giorno stesso, con quell'uomo che stava per arrivare, ignaro del dono che io ed il suo destino stavamo per fargli.

" Ndleen..'ndlan"; risuonò nella casa il suono del campanello,
Corsi ad aprire così come mi trovavo, cioè oltre l'indecente aspetto che avevo pensato. Infatti mentre la vertiginosa minigonna l'avevo messa volontariamente, la camicetta non avevo previsto di tenerla sbottonata, ma era così perché pensando a lui che arrivava mi ero messa ad accarezzare da sola le mie tette, al punto che avevo i capezzoli già ben turgidi e anche la fighetta un poco umida perché me la ero anche toccata un poco.
Il professorino sbarrò gli occhi, arretrò di un passo e chiese: "Ho sbagliato ora o casa?"
Lo tirai letteralmente dentro per un braccio e piazzandomi davanti a lui, ad un niente di distanza, tanto da sfiorargli il petto con i seni, con voce eccitata gli dissi dandogli per la prima volta del tu "Sei al posto giusto nel momento giusto".
Vidi i lineamenti del suo volto contrarsi, quasi fosse più spaventato che sorpreso, tentò di arretrare ma io avevo già richiusa la porta e lui ci era finito di spalle ed io subito mi ero appiccicata a lui, stringendomi a peso morto al suo corpo.
Quasi balbettando chiese. "Se è uno scherzo dimmelo. Ci sono altri in casa? Magari altri tuoi compagni per farmi uno scherzo di pessimo gusto,,,"
Provai a zittirlo tentando di tappargli la bocca con la mia bocca, ma non avevo mai baciato e, se ci ripenso mi viene da ridere ora per allora, visto che allora finii con il dargli una botta sui denti con i miei denti, facendogli male al labbro superiore.
Mentre lui si toccava la parte dove gli avevo fatto male, con il dorso della mano, io, senza distanziarmi di un millimetro gli dissi: "Per te io sono di pessimo gusto? Questo per te è di pessimo gusto?" e non solo oscillai un poco col bacino per far strisciare il mio ventre sul suo, ma accertando con quel movimento la piacevole consistenza del suo attributo, glielo ho palpeggiato da sopra i calzoni.
"Siamo qui per la lezione" mi disse
ed io "Allora insegnami. Io ho tutto da imparare"
"La lezione di italiano" precisò
"In italiano me la cavo già. E' del come si fa all'amore che non so niente e su questa materia tu devi insegnarmi ed io voglio esercitarmi"
"Stai buona con quella mano e non premermi con quelle tette se no mi scordo che sei una ragazzina..!"
"Ragazzina a chi? ( e lì la sparai grossa) ah già perché tu pensi che se frequento solo il secondo anno io ho diciassette o diciotto anni soltanto. Magari...Si vede che non sai quante classi ho ripetuto e quanti anni ho davvero"
Non penso che abbia creduto alle mie parole ma che probabilmente i miei palpeggiamenti lo avevano eccitato troppo ormai per saper resistere ulteriormente alla tentazione e gli fece probabilmente comodo fingere di credermi e, svincolandosi da me con un gesto agile e pieno di vigore maschile, riuscì a far invertire le nostre posizioni. Fui io a ritrovarmi spalle al muro e lui a premere il suo corpo sul mio. Disse qualcosa come "Beh, allora se le cose stanno così.." e non concluse la frase. tappò lui la bocca a me, ma non nella maniera goffa che avevo azzardato io: lui bussò con la lingua sulle mie labbra che si schiusero. La sua lingua finì nella mia bocca, incontrò la mia lingua e si mise a danzare con essa in una serie di deliziosi tentativi di aggrovigliamenti, mentre le sue mani si intrufolavano tra le mie cosce ed il suo pene premeva sul mio ventre.
Sospese di baciarmi per bisbigliare "fermami o ti scopo davvero"
"Non vedo l'ora di farlo davvero"
Pensavo alla penetrazione del suo sesso nel mio, era quello che desideravo, invece lui sembrò non avere tanta fretta come me e pur lavorando abilmente con la mano che aveva infilato sotto le mie mutandine, si attardò a sbaciucchiarmi, con linguate e finti morsi labiali su tutto il collo prima, i seni dopo e solo dopo molto lavorar di bocca sui miei capezzoli scese ancora più in basso, all'ombelico e poi si accovacciò davanti a me, e mi baciò il ventre.
Dapprima da sopra gli slippini, poi abbassò quel ridottissimo indumento, mi indusse a muovere le gambe per sfilarmelo e poi a divaricarle e, con mia grande sorpresa (perché ero proprio una inesperta principiante), mi fece sentire i brividi di piacere quando con la sua lingua andò a picchiettare sulla mia fighetta e poi ad intrufolarsi in essa, a spennellarla, a dare dei piccoli risucchi. Persi la testa e quasi l'implorai: "Scopami, scopami. Voglio il cazzo".
Si alzò e fissandomi negli occhi, con uno sguardo carico di bramosia sussurrò "Non credi sia meglio farlo da coricati? Ce l'hai un letto?"
Lo presi per mano per condurlo (forse trascinarlo) in camera mia e mentre io mi gettavo sul letto, lui prese a spogliarsi celermente. Lo imitai spogliandomi anche io, ma da sdraiata e sotto il suo sguardo libidinoso. Del resto anche io fui come calamitata nel vedere per la prima volta un cazzo, Era molto più bello ma anche molto più grande e "minaccioso" di quanto avessi mai immaginato. Non potei guardarlo a lungo perché in pochi attimi e mi fu addosso. Solo allora ebbi paura e gli dissi "Fa piano, è la mia prima volta". Lui disse un divertito "Dovrei crederti? Mi sembri più esperta di me per come corrispondi".
Non avevo né tempo né voglia di dirgli che la mia non era esperienza ma troppo desiderio da troppo tempo accumulato. Non fu l'esperienza infatti a farmi divaricare le gambe ma il desiderio. Volevo, fortemente volevo diventare una vera adulta, togliendomi finalmente quel marchio della cosiddetta verginità e provare finalmente il tanto decantato e desiderato sesso.
Quando sentii il contatto di quel randello tanto desiderato sull'imboccatura della mia vulva ebbi un brivido di piacere, una ulteriore esplosione di desiderio. Un attimo dopo, appena il mio prof diede una spinta cambiò tutto; arrivarono, concentrati in un unica cosa, dolore, paura e ripensamento. vidi il nero più totale, mi sentii ferita nella mia parte più intima, come "graffiata". Il tutto per un solo attimo, ma che attimo terribile!
Subito dopo "il coso" entrato in me squarciandomi, scivolò piacevolmente ancora più in profondità, il suo scorrere e ritrarsi lentamente mi sembrò come un piacevole massaggio lenitivo sulla parte dolorante,
Lui fu dolcissimo nel suo sapiente modo di procedere a ritmo gradualmente crescente, senza impennate, quasi come a far nascere in me, manciata di secondi dopo manciata di secondi, il desiderio di un qualcosa di più per darmelo un attimo dopo, Fu paziente e sapiente nel farmi scordare il dolore provato e portarmi fino al piacere.
Mi dispiace dover però dire che quella prima volta non raggiunsi l'orgasmo. Non fu colpa di Andrea (così si chiamava il professorino) ma forse proprio del dolore iniziale che mi aveva spiazzata. Del resto io non conoscevo ancora l'orgasmo e quel che provai mi sembrò comunque il piacere. Piacere di sentir schizzare il caldo sconosciuto liquido biancastro sul ventre dal mio professorino che s'era improvvisamente irrigidito e si era ritratto all'indietro.
Non so da cosa se ne accorse, ma guardandosi il pisello, disse sorpreso."Ma davvero sei vergine?"
Sorrisi e gli dissi "Si lo ero, ora non più. grazie"
"Grazie a te" disse riabbassandosi col suo corpo sul mio per elargirmi un indimenticabile bacio.
No. non fu colpa sua se non raggiunsi l'orgasmo quella prima volta. Lo so per certo poiché in seguito, dopo alcuni anni, l'ho rivisto ed abbiamo avuto un altro incontro e quella volta altro che se mi ha mandata in estasi. Questa però è un'altra storia. Se avrò tempo e voglia ve la racconterò un'altra volta.
Ciao. Silvana.
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