Prime Esperienze
stessa ora, stesso parco

28.02.2017 |
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"Passo la mano tra gli addominali, ben tesi, sento che reagiscono alle mie sollecitazioni..."
E' l'alba.Come ogni mattina mi alzo presto per fare un po' di running prima di tuffarmi nell'ennesima, monotona giornata lavorativa.
Faccio una leggera colazione, poi mi libero degli indumenti sudati della notte, figli dei miei sogni maschili.
Apro la doccia, attendo che sia bella calda, cospargo il mio corpo di doccia schiuma passandomi le mani ad occhi chiusi: cerco di capire se il tanto esercizio per scolpire i miei muscoli comincia a dare i suoi frutti.
Passo la mano tra gli addominali, ben tesi, sento che reagiscono alle mie sollecitazioni.
Afferro i miei glutei, mi compiaccio di tanta rotondità, mai avuta in passato.
La mano afferra il mio membro: da quando dedico più tempo al mio corpo anch'esso è più tonico, più vivace. Sembra chiedermi qualcosa, ma i ritmi incalzanti richiedono solo una veloce sega strozzata, tanto per vivacizzarlo.
Risciacquo tutto il mio corpo dalla schiuma.
Mi infilo veloce l'accappatoio e via. Sono pronto.
Indosso i boxer, pant attillati e una tshirt per la corsa. Al braccio lo smartphone con le cuffiette.
Scendo di casa con passo tranquillo per riscaldarmi tanto per arrivare al Parco.
Comincio la mia corsetta come da tabella, assorto come sempre nelle musiche di Morricone.
Improvvisamente avanti a me appare lei, minuta, capelli raccolti mori, lunga treccia, spalle ben definite, canottierina gialla.
Porta delle pants corte, cortissime, non attillate, che lasciano intravvedere i suoi glutei, sodi, armoniosi, nel pieno della sua gioventù.
Non ha più di vent'anni, un bel bocconcino veramente.
Mi sento rinvigorito, anche se sono a più di metà del mio percorso.
Accellero il passo, affannoso di comprendere come sia anche di viso.
Oramai mi avvicino: mi sembra di essere appena partito, il fiato non è mai stato così buono, le gambe girano da sole, attratte da quel culetto abbronzato davanti a me.
Continuo a correre al suo passo, ho rallentato appositamente il ritmo, un po' sfalsato rispetto a lei.
La semi curva mi aiuta: scorgo il suo viso, è proprio carina, un nasino piccolo, armonioso, nonostante lo sforzo, il collo bello lungo. I seni sono piccoli, commisurati al corpo.
Sono le sette di mattino, il sole ancora basso sull'orizzonte, comincia ad illuminare le nostre sagome, il sudore sul corpo la rende ancora più eccitante.
Finge di non vedermi, anche se con la coda dell'occhio già due tre volte si è girata a voltarsi.
Decido di affiancarla e la saluto con il capo. Lei mi sorride e spiazzandomi mi dice “Ce ne hai messo a farti coraggio!”, cominciando a passeggiare.
Le sorrido, le stringo la mano e ci presentiamo, Stefania il suo splendido nome. Capisco che la ragazza sa il fatto suo, non è certo una sprovveduta.
Parliamo del più e del meno in ben che non si dica: la invito a sederci su una panchina all'ombra del boschetto.
Io mi siedo con i piedi sulla panchina e la guardo: lei difronte a me, aria sbarazzina sorridente, il sole che passa tra i rami basso le illumina la fronte.
Lo sguardo si fa sempre più intenso, di intesa, mentre anche il mio pene percepisce le vibrazioni di positive, e comincia a scalpitare. Stefania se ne accorge, si toglie la canottierina e ho la conferma alle mie sensazioni: i seni sono sì piccoli, ma sodi, belli, i capezzoli pronti per essere accarezzati dalle mie mani.
Per la seconda volta appoggia la sua mano sul mio corpo: ma questa volta la allunga sulle mie gambe, e sale, sale..
La fanciulla non si ferma più, si china: sfodera il mio membro, lo sega a due mani con destrezza.
Si avvicina con la bocca, osserva la cappella pulsante, vi allunga la lingua: lo lecca tutt'attorno.
Continua a roteare la lingua, scorrendo ora tutta la mia vena pulsante: è grossa, grossissima.
Lei risale e lo prende ora tutto in bocca, scorrendo più e più volte.
Lo mordicchia, la troia, guardandomi divertita: sono alla sua mercè.
Mi attacco alla panchina con entrambe le mani, tanto è il piacere: il mio sguardo rivolto al cielo.
Ho la forza di reagire, le afferro il capo.
La prendo per mano e la porto dietro la panchina, coperti dalla chioma di un grosso faggio.
Le sfilo i pantaloncini, rimane davanti a me con dei brasiliani sbarazzini color fucsia.
Mi eccita la ragazzina! Le sposto il brasiliano abbassandoli un pò, e le infilo le dita, dapprima soffermandomi sul clitoride, con pizzichii ripetuti, per poi infilarle tre dita dentro aumentando man mano la frequenza.
E' sempre più bagnata, le contrazioni sempre più continue, i sospiri sempre più affannosi, mentre continua a segarmi lentamente strattonandomelo ogni tanto.
Decido che è ora, entro dentro come un treno, alzandola con la schiena contro il tronco dell'albero.
La tengo alzata con le mie energiche spinte. Lei si cinge a me con le unghie, sempre più forte, sempre più dolorosamente.
Non ci sono baci: solo sesso, sesso selvaggio.
Il silenzio tutt'attorno, solo il rumore dei nostri membri e il cinguettio degli uccelli attorno a noi.
Il silenzio viene rotto da un urlo, un urlo di piacere.
Le sue unghie come arpioni segnano per sempre il mio corpo.
La mia calda linfa scorre nel suo corpo indelebilmente.
Sfiniti ci stacchiamo, felici per questo allenamento non previsto. Ci ricomponiamo.
Ci salutiamo, le vite noiose e monotone ci aspettano. Già si è fatto tardi.
A domani Stefania, stessa ora, stesso Parco.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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