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Sara, la ragazza di mio cugino - Capitolo 4


di 36degrees
25.08.2017    |    24.689    |    5 8.2
"Mi fermai per un momento ad osservare le sue lunghe e bianche gambe; non aveva poi tutti i torti nell’essersi definita una puledra..."
Sara mi inviò un messaggio martedì mattina in cui mi confermava che dal giorno successivo i suoi genitori e suo fratello sarebbero partiti per qualche giorno di vacanza al mare e lei sarebbe rimasta a casa tutta sola.
Ci accordammo quindi per vederci giovedì.
Giovedì mattina mi recai in stazione a prendere il treno; sarei andato da lei in macchina ma sfortunatamente in quei giorni aveva un problema all'accensione.
Dopo circa tre quarti d'ora di viaggio arrivai a destinazione.
Sara mi aspettava in stazione bellissima come al solito.
Indossava un paio di jeans aderenti, degli stivaletti neri e una magliettina blu che le lasciava interamente scoperte le braccia.
Appena mi vide mi saltò al collo e mi baciò sulla bocca come fosse una ragazza che attendeva il suo fidanzato da molto tempo.
"Come è andato il viaggio?", mi chiese.
"Bene, non è stato poi un lungo viaggio...nemmeno un'ora", le risposi sorridendo.
"Anche se sono dovuto stare praticamente tutto il tempo in piedi", dissi ancora.
"Andiamo, ti porto a vedere casa mia e poi decidiamo cosa fare...sono una decina di minuti a piedi da qui", disse tutta sorridente prendendomi per mano.
Durante il tragitto verso casa notai che molte persone si giravano a guardarla, giovani e anziani senza distinzione, specialmente per via dei pantaloni aderenti che mettevano volutamente in risalto le sue lunghe gambe e il suo culetto sodo.
Arrivammo a casa sua, una piccola villetta a schiera, esternamente molto carina.
Entrati in casa mi fece accomodare sul divano del salotto e mi chiese se volessi qualcosa da bere.
Dissi che avevi gradito un bicchiere d'acqua e lei, per tutta risposta, mi servì un bicchiere d'acqua e un bicchierino di quello che sembrava essere liquore alla liquirizia.
"Sei mio ospite, non aspettarti che ti offra solo dell'acqua", disse sorridendo.
"Assaggia questo, è fatto in casa...lo ha preparato mia mamma qualche giorno fa", disse ancora.
Ringraziai e presi in mano il bicchierino nonostante non fosse nemmeno mezzogiorno e ovviamente non avessi ancora pranzato.
"Dì la verità, vuoi farmi ubriacare prima ancora di pranzo?", dissi scherzando.
"Se non ti va o non ti piace lascialo pure lì", replicò lei.
"Scherzavo, lo bevo volentieri...prendine un bicchiere anche tu", le dissi.
Lei rispose che non le piaceva molto bere, lo faceva raramente in occasioni particolari.
Le dissi quindi che a me non piaceva il fatto di bere da solo e che quella era un'occasione abbastanza speciale così lei si convinse a rovesciarsi a sua volta un bicchierino di liquore. Dopo aver brindato prese posto sulla poltrona sedendosi di fronte a me e sorseggiammo il nostro liquore.
Per cercare di togliermi dall'imbarazzo nei minuti successivi dissi un paio di cose stupide su quanto fosse bella la casa.
"Appoggia pure i piedi sul tavolino se vuoi", disse Sara interrompendo uno dei miei inutili discorsi facendo cenno ad un tavolino di vetro posto di fronte a me.
"Non mi permetterei mai" risposi io. "Non è educazione", dissi ancora.
"Mettiti comodo e non ti preoccupare...sei un ospite speciale e ti devo trattare come tale...come un re", disse ancora lei sorridendo.
Appoggiai i piedi sul tavolino che separava me e Sara. Lo feci soltanto perché sembrava non aspettasse altro.
"Devi essere stanco dopo il viaggio in treno...tutto il tempo in piedi, povero", disse Sara slacciandomi le stringhe delle scarpe e sfilandomele. "Lascia che ti faccia un massaggio".
Mi sfilò quindi le calze e cominciò a massaggiarmi delicatamente un piede.
"Sei brava", le dissi guardandola negli occhi. Lo era davvero.
"Già da piccolina mio papà mi chiedeva sempre di massaggiargli la schiena o i piedi...sono stata abituata bene a essere sottomessa" disse Sara.
"Cosa c'entra essere sottomessa? Stai semplicemente facendo un massaggio", replicai io.
"Io l'ho sempre vista come una cosa un po' umiliante", rispose Sara continuando a premere sul mio piede.
"Anche se mi è capitato di fare cose di gran lunga più umilianti...", aggiunse cominciando a massaggiarmi l’altro piede.
Il mio cazzo diventava sempre più duro man mano che Sara proseguiva nel massaggio.
"E quale sarebbe la cosa più umiliate in assoluto che hai dovuto fare?", le chiesi.
Rimase un attimo in silenzio prima di rispondere.
"Magari te lo dico dopo, non è questo il momento", disse accennando una risata.
"Se ritieni una cosa umiliante massaggiare i piedi allora perché lo stai facendo?", le chiesi.
"Perché ogni tanto mi piace sentirmi così...", disse a basso tono di voce.
Si alzò quindi dalla poltrona e si inginocchiò davanti a me.
Portò una mano all’altezza della cintura dei miei pantaloni, la slacciò e me li abbassò lentamente; lo stesso fece con i miei boxer finché il mio cazzo eretto non sbucò davanti ai suoi dolci occhi come per magia.
"Ciao...", sussurrò Sara accarezzandone la cappella.
"Non mi avevi detto che oltre a saper fare i massaggi sai anche parlare con i cazzi...", le dissi io.
"Non ci parlo solamente..." , disse ancora sorridendomi.
"E cos'altro fai?", dissi mentre il mio uccello era al massimo dell'erezione.
Sara avvicinò il viso al mio membro e ci strofinò contro il naso.
Il suo respiro caldo sul mio cazzo sarebbe valso un viaggio di centinaia di chilometri, altro che di una sola ora.
Immaginavo che da lì a momenti se lo sarebbe infilato in bocca, invece poco dopo inaspettatamente mi risollevò i boxer facendo sparire il mio cazzo così come era comparso.
"Cosa ti andrebbe per pranzo?", disse alzandosi in piedi.
"Quello che vuoi tu per me va bene", le risposi mentre, sentendomi uno stupido, cercai di risollevarmi dal divano.
"Una pastasciutta ti va? Anche perché so fare solo quella e i dolci", disse ridendo.
"Va benissimo", risposi io risollevandomi i pantaloni e rimettendomi calze e scarpe.
"I dolci sono la cosa che mi viene meglio in assoluto...se vuoi dopo ti faccio assaggiare un pezzo di torta che ho preparato ieri", disse ancora lei.
"Non credo ti vengano meglio dei pompini, puttana" è quello che avrei voluto risponderle; dissi invece che mi avrebbe fatto veramente piacere assaggiare un pezzo della sua fantastica torta.
Sara sembrava contenta, chiunque ci avesse visto in quel momento avrebbe sicuramente pensato che fossimo una coppietta di innamorati.
Ci sedemmo a tavola e cominciammo a mangiare; la pastasciutta non era affatto male, pensai che doveva essere una buona cuoca oltre ad essere una gran troia. Anche la torta era buonissima.
Finito di pranzare uscimmo di casa: Sara mi accompagnò per le vie del centro città facendomi da guida turistica, ci fermammo a mangiare un gelato e sul tardo pomeriggio ci sedemmo su una panchina che dava sul lago.
Ebbi per l'ennesima volta la sensazione che tutto fosse strano. Quello che stava succedendo era davvero incredibile.
Ero seduto su una panchina in riva al lago in compagnia della fidanzata di mio cugino e della sua irrefrenabile voglia di sesso.
Sembrava che su quella panchina entrambi non aspettassimo altro che il tramontare del sole per vedere quello che sarebbe successo quella notte.
Ma cosa sarebbe successo dopo? Come sarebbe proseguito il mio rapporto con Sara? Dove avrei trovato il coraggio di guardare ancora negli occhi mio cugino?
Non avevo una risposta per nessuna di queste domande.
L'unica cosa che sapevo era che ci eravamo spinti troppo oltre per non andare fino in fondo.
Sara mi aveva inviato un video in cui si masturbava, lei stessa aveva preso tra le sue mani il mio membro e lo aveva delicatamente maneggiato, mi aveva fatto sentire il suo respiro sopra di esso...non mi sarei lasciato scappare per nulla al mondo l'opportunità di scoparla.
"Ti va di mangiare fuori stasera?", le dissi mentre eravamo abbracciati sulla panchina.
Lei rispose che le andava bene ma che le sarebbe piaciuto prima andare a casa a cambiarsi.
Le sussurrai nell'orecchio che a mio avviso non ce n'era affatto bisogno in quanto era già fantastica così.
Ne seguì un lungo bacio, le nostre lingue si toccarono mentre la mano di Sara stringeva forte la mia. Per essere una troia devo ammettere che sembrava metterci molto sentimento in quello che stava facendo.
Ci guardammo quindi intensamente negli occhi, dal suo sguardo mi sembrava di riuscire a carpire tutta la voglia di sesso che aveva in corpo.
Sara strinse ancora più forte la sua mano alla mia e si alzò dalla panchina.
"Incamminiamoci verso casa così mi cambio e andiamo a mangiare".
Facemmo la strada rimanendo mano nella mano.
Una volta arrivati a casa Sara mi disse di fare come se fossi a casa mia mentre lei andò a prepararsi.
Decisi di sedermi sul divano e passai il tempo guardando distrattamente la tv.
Distrattamente perché la mia mente era, ovviamente, altrove.
Sara era sotto la doccia, sentivo il rumore dell'acqua che scendeva.
La immaginai passarsi il sapone su tutto il corpo, sul suo bellissimo seno, lungo le gambe e su quella meravigliosa vagina depilata che avevo già visto in video e che tanto bramavo.
Fanculo la cena, avrei voluto spogliarmi e raggiungerla sotto la doccia; le avrei posato una mano sul capo, l’avrei fatta inginocchiare di fronte a me quindi le avrei messo il cazzo in bocca come meritava lasciando che il getto d’acqua continuasse dall’alto a colpirla sui capelli e le gocce d’acqua continuassero imperterrite a rigarle il viso.
Dopo circa quaranta minuti di attesa Sara finalmente si palesò di nuovo di fronte ai miei occhi facendomi ridestare dai miei più sconci pensieri.
Era più bella che mai, indossava un vestitino viola con una fascia nera stretta in vita che le arrivava ben sopra le ginocchia lasciandole quasi interamente scoperte le gambe e delle scarpe col tacco alto.
Fece un giro su se stessa per farsi vedere anche dietro; i lunghi capelli castani le arrivavano fino al sedere.
"Scusa se ci ho messo tanto", disse.
"È valsa la pena aspettare...sei uno splendore", le dissi. Lo sapeva ma sembrò comunque contenta di sentirselo dire.
Per cena ci fermammo a mangiare su un ristorante lungolago dove cenammo a lume di candela come due fidanzatini.
Proprio sul finire della cena il telefono di Sara squillò.
"Stai zitto, mi raccomando", mi disse lei. Capii subito che si trattava di mio cugino Cristiano.
Rimasero al telefono una decina di minuti, lei raccontò che era a cena con un'amica e disse più volte che gli mancava e che non vedeva l'ora di vederlo, di abbracciarlo, di baciarlo, praticamente le stesse cose che non vedeva l'ora di fare di lì a poco con il mio cazzo.
"È un ragazzo d'oro", disse Sara appena ebbe chiuso la conversazione.
"E tu cosa sei?", le dissi io avvicinando il mio volto al suo e passandole un piede sulla gamba.
"Io sono un po' monella" disse timidamente spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Un po' monella? Solo?", dissi per provocarla.
"Dai, finisci il vino e dimmi cos'altro sei", dissi ancora.
Le avvicinai il bicchiere e le rovesciai quanto restava della bottiglia che avevamo ordinato per cercare di toglierle qualche freno inibitorio.
Sara bevve d'un fiato il vino che finì per andarle di traverso, un colpo di tosse le fece scendere alcune gocce lungo il collo.
"Ehi, piano!", le dissi. Lei rideva, prese un tovagliolo per asciugarsi.
"Ingorda...non si manda giù così velocemente…", dissi facendo un’allusione sessuale che lei sembrò non cogliere.
"Comunque...secondo me sei anche un po' t...", le dissi io.
"Timida", disse lei fingendosi ingenua quando in realtà aveva capito benissimo quale fosse il corretto aggettivo a cui stavo pensando.
"Non intendevo quello...ti aiuto con un'altra parola...sei una p..."
"Quello sei tu...un porcellino!", disse ancora lei ridendo.
"Il vino ti fa male", dissi sorridendo a mia volta.
La guardai negli occhi.
"Prova ancora dai...te l'ho già detto una volta...sei una pu..."
"Una puledra!" - disse ridendo.
"No...ci rinuncio” - dissi ridendo a mia volta.
"Dai andiamo...se non lo capisci così sarò costretto a fartelo capire in un'altra maniera...", aggiunsi.
Mi alzai in piedi e le tesi la mano per aiutarla ad alzarsi; pagai il conto e ci avviammo verso casa.
Sara non aveva bevuto nemmeno due bicchieri di vino ma reggere l’alcol non sembrava essere il suo forte.
Non era ubriaca ma certo un po' brilla, aveva gli occhi lucidi e rideva per qualsiasi cosa.
Mi sentivo bene con lei e per un attimo quasi dimenticai che ero lì solamente per fotterla.
A metà strada mi mise le braccia intorno al collo e mi baciò.
Mi passò la lingua sul collo, mi fece sentire nuovamente il suo respiro addosso, l'irrefrenabile voglia di sesso che la pervadeva.
Allungammo il passo fino a casa. Sara aprì la porta ed entrò.
Ne approfittai per posare lo sguardo sul suo meraviglioso culetto nascosto sotto quel vestitino viola. Mi chiesi se fosse stata così puttana da farmelo violare la sera stessa.
Ma il tempo delle domande era finito, adesso era il tempo delle scoperte.
Entrai e mi chiusi la porta alle spalle.
Mi sentivo pronto, il mio cazzo lo era più che mai.
Sara si era già avviata verso la camera; quando ci entrai la trovai già scalza seduta sul letto con le braccia appoggiate dietro la schiena.
Mi fermai per un momento ad osservare le sue lunghe e bianche gambe; non aveva poi tutti i torti nell’essersi definita una puledra.
Anche lei sembrava pronta.
Mi inginocchiai davanti a Sara e avvicinai la testa ai suoi piedini da principessa smaltati di rosso ancora delicatamente profumati dalla doccia di poche ore prima.
"Posso baciarli, mia regina?", chiesi umilmente guardandola negli occhi..

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