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tradimenti

il mio palazzo 1


di spanio220
14.12.2022    |    419    |    0 8.7
"Lei allora iniziò una serie di strette col cul su quello che aveva ben saldo dietro non permettendomi di uscire anche se l’erezione stava calando..."
Un paio di mesi fa, al termine di un’altra seduta consolatoria con Serena, che ormai aveva perso quella sua aria mesta che la faceva chiamare Tristina, mentre eravamo sdraiati sul letto di casa sua a coccolarci un po’, se ne uscì dicendomi che forse aveva commesso un errore, nel senso che aveva fatto capire ad altre inquiline del palazzo che la sua vita era cambiata grazie a me. Subito mi agitai un po’, in quel palazzo vivevo da una trentina d’anni e ci tenevo che non trapelasse niente, soprattutto perché in quel palazzo non abitavo da solo, alla fin fine ero sposato. Con un sorriso innocente mi disse di stare tranquillo, che in quel palazzo ne erano successe e ne succedevano ancora di cose. Incuriosito iniziai a chiedere più dettagli e lì fu un fiume in piena, ce ne era per parecchie, essendo lei un po’più grandicella delle nuove arrivate, molte di loro si confidavano con lei ed uscì fuori che il mio palazzo non era un insieme di appartamenti, ma un vero e proprio casino, non si capiva come facessero quelle signore ad assumere quell’aria da santarelline sentendo i racconti di Serena, ed essere così scatenate in privato e neanche tanto. L’unica di cui non mi parlò fu mia moglie, forse onde evitare che ci rimanessi male, ma noi siamo abbastanza liberi nei nostri comportamenti, ovviamente la discrezione non deve mancare. Mi raccontò anche che la prendevano in giro perché lei riservava le sue gioie per il marito che tutte sapevano valere ben poco. Da quando era iniziate la nostra relazione le sue amiche se ne erano accorte quasi subito, visto il cambiamento che aveva avuto. E lei aveva pensato bene di indicare chi fosse l’autore di tale trasformazione, vabbè ormai il danno era fatto e non potevo farci nulla. Quando incontravo una delle signore il mio comportamento non cambiava, tenevo loro la porta dell’ascensore aperta, le facevo passare per prime, le aiutavo se avevano più buste della spesa, insomma tutte le cose che si fanno normalmente quando si incontrano delle signore. C’è da premettere che il nostro palazzo si trova vicinissimo a due grandi strutture ospedaliere, una pubblica e l’altra convenzionata, quindi da noi gli operatori della sanità a tutti i livelli abbondano. Una mattina rientrando da una delle mie chilometriche passeggiate incontrai una signora che faceva l’infermiera che stava rientrando. Le tenni la porta aperta, la lascia passare poi salii anch’io e chiusi le porte dietro di noi. Non chiesi neanche il piano, sapevo che abita lo stesso piano di Serena, mentre stavamo salendo udii nettamente la frase “ basta un bel bastone e cade l’ultimo bastione”. Con aria da idiota chiesi “Scusa, non ho capito” “No scusami è una frase di una poesia che deve imparare mia figlia. Tu piutTOSTO (rimarcando sulla finale della parola) che fai tutto il giorno solo soletto, non ti annoi?” ed io di rimando “Ho parecchi interessi, esco, cammino, faccio foto, quando incontro belle persone chiedo loro se posso fare una foto con loro come soggetti, qualcuno rifiuta altri invece sono gratificati, poi quando spiego che io preferisco fotografare i luoghi con soggetti umani, altrimenti sembra una cartolina, sicuramente riuscita peggio di quelle in vendita, accettano volentieri ed alle volte, se c’è un bar nelle vicinanze finisce che ci prendiamo un caffè ed iniziamo a parlare del più e del meno. Non immagini quanta gente si senta sola e non parla con nessuno. Per regola non ci scambiamo i numeri di telefono, come due treni che si incontrano nella notte (questa frase fa sempre il suo effetto)” “E me non mi fotograferesti?” “Elena, ma tu sei una bellissima donna, fotografarti anche davanti ad un muro bianco renderebbe quel muro un’opera d’arte” “Hai la macchinetta con te?” “Sempre!” “Dai allora, vieni da me e fammi ‘sto servizio” “Adesso?” “Si non perdiamo questa occasione, a casa non c’è nessuno, tu hai la tua macchinetta, io non ho niente da fare, ho staccato adesso dal turno ed un po’ di tempo per me lo merito”. Detto fatto, arrivati al suo piano scendemmo ed entrammo a casa sua. “Vuoi un caffè?” “Volentieri, sono goloso di caffè” ed iniziai a fare foto di Elena che faceva il caffè, lo versava e lo bevevo con me “Belle, ma è come se mancasse qualcosa” mi disse dopo aver visto le foto, “aspetta un attimo, vado di là e torno”. Nell’attesa accesi una sigaretta, sapendo che anche Elena fumava e mi guardavo attorno, non ero mai entrato in casa di nessuno, se non di mia zia, nel palazzo,mi incuriosiva come ognuno avesse modificato l’interno dell’alloggio. “Eccomi qui, non ci ho messo tanto” Si era raccolti i capelli in uno chignon che le lasciva scoperto tutto il viso, veramente apprezzabile, ma soprattutto ora indossava un kimono di seta rosso che arrivava appena sotto le natiche “che dici con questo colore verranno meglio le foto?” così dicendo fece una piroetta e il bordo si alzò quel tanto che bastava a far vedere che sotto non indossava niente. “Eh credo proprio di si, con la luce che c’è poi, però non vorrei che le foto apparissero troppo piene di sole, non si vedrebbe quanto sei bella, che dici tiro un po’ giù la serranda, tanto per creare le giuste ombre?” neanche feci in tempo a finire la frase che lei già stava armeggiando con il telecomando per abbassare la tapparella “Così basta?” ad un mio cenno di assenso fermò la discesa. Ora c’era una penombra che lasciava in chiaro tutto quello che c’era da vedere, ma dal palazzo di fronte avrebbero dovuto avere un periscopio per vedere all’interno. Inizia a fare qualche scatto qua e là ed Elena continuava a muoversi per la stanza, finché arrivò sul divano di fronte ma. Si sedette ed il kimono fece il suo dovere, ossia si alzò un altro po’ lasciando scoperto tutto quello che c’era sotto l’ombelico. Che spettacolo, una fighetta tutta ben curata con una strisciolina di peluria solamente al centro ed un piccolo elefante tatuato dalla parte destra. A questo punto la mia erezione non si poteva più nascondere, sarà poi che d’estate a me piace girare con i bermuda, ma senza mutande, però non volevo neanche buttarmi su di lei come un affamato di sesso. Colpo di genio “Sai ti si vede il tatuaggio, non sapevo ne avessi uno” la spiazzai, rimase un attimo sbigottita dalla mia immobilità e poi “Vabbè a questo punto tanto vale calare tutte le carte. Serena mi ha detto che da quando ti ha incontrato la sua vita è cambiata, ha detto che ci sai fare per davvero, e a questo punto sono curiosa, voglio vedere se è vero” così dicendo si alzò dal divano e avvicinandosi sciolse la cinta del kimono, mostrandosi in tutta la sua magnificenza. Non molto alta, con un corpo perfetto, due seni neanche tanto piccoli, una seconda abbondante, con i capezzoli a punta al centro di un’aureola appena più scura della pelle bianchissima, un vitino stretto ed un paio di gambe magre ma muscolose, scattanti. Arrivata vicino a me mi stampo un bacio sulle labbra al quale risposi immediatamente andando con la mia lingua a cercare dentro la sua bocca ed iniziai così seduto a palpare tutto quel ben di Dio. Mi impossessai dei suoi seni ed iniziai un massaggio su tutta la coppa per poi stringere i capezzoli fino a pizzicarli, visto che gradiva il trattamento intensificai i palpeggiamenti e mi avvicinai con la bocca a succhiare quei capezzoli che ormai sporgevano come due chiodi dal muro, lei intanto con la mano armeggiava con la cintura dei pantaloni allo scopo di far passare la mano e constare dal vivo quello che aveva visto tramite la stoffa dei pantaloni. Appena riuscì a far passare la mano iniziò un su e giù continuo, una sega con i controfiocchi al punto che dovetti fermarla altrimenti mi sarei sciolto lì nella sua mano, invece avevo tutte altre intenzioni. La staccai da me e la misi sdraiata sul divano, e sapendo che quello è il mio piatto forte iniziai a leccare e succhiare quella fighetta, prima un po’ di passaggi sulle grandi labbra, un dito dentro e sentii il bagnaticcio dei suoi umori, poi allargando le labbra della vagina arrivai al bottoncino segreto. Lì iniziai a dare il meglio di me, un po’ succhiavo, un po’ leccavo e ogni tanto un piccolo morso su questo bottoncino rosa intenso che si stava allungando. L’apoteosi fu quando iniziai a leccarle anche il buco del culo, dopo un po’ di solletico iniziale ci prese proprio gusto e più leccavo più mi spingeva l’ano verso la bocca al punto che la lingua quasi entrava da sola, si vedeva bene che quel sentiero era già stato percorso al punto che quando inserii il medio ci fu un sospiro di sollievo. Ad un certo punto inziò ad agitarsi tutta, a tremare e a battere le mani sul divano, finchè zampillò un getto vischioso per una decina di centimetri, stava avendo un orgasmo con squirt. Quando una donna squarta con te è il massimo, ti senti in paradiso, ora puoi pensare a te. Lei finito che ebbe questa emissione, si rannicchiò in posizione fetale respirando affannosamente e con gli occhi chiusi. Dopo qualche istante si girò e mi disse “Grazie è stato magnifico, ma ora voglio sdebitarmi, non mi piace avere debiti” “Non è un problema, io invece preferisco i crediti che posso riscuotere a piacere, tanto tu sei una che paga i debiti” Detto fatto mi tirò già i bermuda e vedendosi di fronte un cazzo di tutto rispetto iniziò piano piano a leccarlo dalla cappella alla base e dalle palle alla punta, poi dopo averlo insalivato tutto se lo infilò in bocca ed iniziò a frullare con la lingua soprattutto sullo spacco, infine iniziò a fare su e giù con le labbra che strisciavano tutto. Dopo un po’ di questo trattamento, quando stavo per esplodere mi strinse forte le palle, quasi a farmi male, anzi un po’ male me lo fece, si fermò e mi saltò a cavalcioni, giusto il tempo di puntarlo sulle grandi labbra e giù tutto insieme dentro fino in fondo per poi risalire e riscendere di nuovo, con le dita intanto mi titillava i capezzoli divertendosi a tirare i peli che li circondano, quando capì che stavo per venire, altra stretta alle palle, e stavolta fece parecchio male, sarà che erano diventate più sensibili nel frattempo. Devi finire nel culo, lì voglio che schizzi” e si girò mettendosi a quattro zampe. Appena ripreso dal dolore, mi alzai e la girai con la faccia verso la spalliera ed il culo verso di me, allargai le natiche e puntai la cappella sul suo orifizio anale. Era bagnatissimo degli umori che le erano usciti, un po’ per piacere ed un po’ per volermi vendicare spinsi tutto insieme il cazzo in quel culetto sodo, inutile dire che non incontrai nessuna resistenza, arrivai fino in fondo senza trovare ostacoli. Iniziai a spingere e ritirarmi sempre più veloce, volevo sborrare in quel culetto stretto, ma comodo, una ventina di pompate e iniziai a schizzare “Non ti fermare, continua” mi disse quasi rantolando ed io continuai a spingere e ritirare fin quando non ce la feci più e mi fermai con il pisello piantato dentro di lei. Lei allora iniziò una serie di strette col cul su quello che aveva ben saldo dietro non permettendomi di uscire anche se l’erezione stava calando. Qualche minuto e l’erezione era svanita del tutto. “per finire in bellezza ora ci vorrebbe una bella pisciate nel mio culo” Rimasi basito da una simile richiesta alla prima rombata, altre me lo avevano permesso, ma dopo varie insistenze e con dopo un po’ di volte che scopavamo, alla prima mai. Con un po’ di fatica iniziai a far uscire l’urina, prima lentamente poi sempre più forte, alla fine era una fontana che zampillava, finito che ebbi di svuotarmi la vescica, mentr lo stavo tirando fuori, fece altre due o tre volte il movimento con i muscoli dell’ano per stringere la cappella, lo estrassi bello pulito e asciutto. Lei dopo pochi istanti si alzò e camminando a chiappe strette si diresse verso il bagno dove la segii, a questo punto non c’erano più taboo tra noi, e mentre lei si scaricava di quello che le avevo deposto nell’intestino mi diedi una sciacquatine al pisello. Mentre lei poi procedeva a sciacquarsi recuperai la macchinetta fotografica e le scattai alcune foto “Ora si, che non manca più niente” Fumandoci poi una sigaretta seduti le chiesi “Ma come sapevi di Serena?” “Siamo un gruppetto nel palazzo che ci vediamo ogni tanto per un caffè, due chiacchiere e i discorsi anche se iniziano da cose futili, finiscono sempre sul sesso e Serena ultimamente era troppo allegra, l’abbiamo messa alle stretta ed ha confessato tutto: Sentendo i suoi racconti ci siamo guardate ed abbiamo deciso che dovevamo verificare se quest’uomo fosse proprio cosi super come dice lei, in fondo non ha molta esperienza, io sono la prima” “Scusami ma che macchinetta del caffè preparate?” “Quella gigante, quindi preparati” Si alzò per accompagnarmi alla porta “Poi mandami le foto”

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