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Lui & Lei

La Top Manager: troia insospettabile...


di Membro VIP di Annunci69.it LucasFromParis
12.01.2023    |    5.814    |    2 7.0
"Quel giorno io ero il mezzo attraverso cui lei avrebbe esercitato la sua libertà di disporre del suo corpo..."
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Si dice che uno scrittore la situazione più difficile da descrivere sia quella erotica. Non a caso i grandi scrittori erotici sono molto pochi, e la loro produzione non è, non può essere molto ampia. Quando invece i grandi scrittori di romanzi e narrativa si trovano ad affrontare questi passaggi molto spesso i risultati non sono dello stesso livello rispetto alle altre loro pagine. A me è accaduto spesso di leggere dei passi e di trovarli faticosi, impacciati, finti, artificiali. O francamente ridicoli. I motivi sono essenzialmente due. Il primo: per narrare qualcosa bisogna viverlo in prima persona in modo libero e aperto. Se il nostro rapporto al sesso è bloccato da sensi di colpa e inadeguatezza ben difficilmente sapremo rendere le nostre righe vere e palpitanti. Il secondo è più tecnico, per così dire.
Quello che concretamente accade, visto da fuori, è alla fin fine limitato. Penetrazioni, carezze, baci… come trovare le parole giuste? Come raggiungere un bilanciamento fluido senza scivolare nel volgare fine a sé stesso ed evitare la trappola delle parole logorate e scontate? Mi sono reso immediatamente conto di queste difficoltà quando io stesso ho provato a cimentarmi nei miei racconti. Poi ho trovato la strada, la mia strada.
Il sesso nei miei racconti vuole contemporaneamente essere il centro di gravità e il pretesto per narrare altro.

Se è vero, come io ritengo sia vero, che l’incontro dei corpi sia un mezzo e non un fine; se il sesso è la chiave di accesso più profonda e onesta che possediamo per conoscere noi stessi. Se il contatto intimo con l’altro è strumento per toccare la nostra interiorità. Se tutto questo è vero ecco che nei racconti io ho sempre cercato di lavorare soprattutto sulle emozioni. Sulle mie in primis, perché scrivere è sempre anche un mettersi a nudo. Poi su quelle di coloro che mi hanno di volta in volta accompagnato, nella misura in cui le ho percepite o me le hanno confessate. E’ questo a rendere per me ogni incontro un incontro unico e di conseguenza ogni racconto non essere una semplice ripetizione di atti. Se quindi avete trovato che le descrizioni di sesso puro siano sempre uguali o perlomeno simili, chiedo comprensione. Chiedo di focalizzarvi con me sulle emozioni e sui contesti che ho vissuto e che tento di far vivere meglio che posso. Se i miei racconti hanno un qualche pregio, io credo risieda precisamente lì.

Non è semplicemente la storia di un uomo (o tanti uomini) e una donna (o tante donne) che si spogliano, toccano, penetrano e godono. Questo è maledettamente banale. Dozzinale. Le mie vogliono essere storie di fantasie e di libertà. Di desideri e di timori. Un incrocio sinuoso e armonico di energie che danno vita ogni volta a un’esplosione unica, a un quadro unico e irripetibile. Amo fare il parallelo con il gioco degli scacchi: da centinaia di anni gli avversari si affrontano lungo le stesse sessantaquattro caselle, con lo stesso numero di pedoni e di pezzi. Eppure le combinazione di mosse sono numerose come le stelle del cielo: ogni partita è un unicum. Un capolavoro (o un disastro!) esattamente come le esperienze di sesso e di vita che mi sono accadute e mi accadono. Quelle che racconto.
Ogni contesto e ogni incontro, abbiamo detto, è unico e irripetibile. La Manager non fa eccezione. Ne racconto perché è stato per me particolarmente ricco e intenso. Il ricordo è vivido e caldo in me mentre scrivo.

Il primo dettaglio che mi colpì lo sguardo e l’anima furono le Fiamme; danzavano in modo selvaggio e primordiale nei suoi occhi. Illuminavano il suo viso dall’interno in un modo così violento che mi stupivo del fatto che nessuno lo notasse intorno a noi. Passanti distratti sotto il cielo plumbeo della città. La luci natalizie non si erano ancora accese e nulla riusciva ad attenuare o ingentilire il grigio intorno a noi. Dietro le nostre spalle, la mole imponente della Stazione; accanto il traffico abituale di taxi e automobili private diretti chissà dove. Intorno a me però era foschia indistinta. L’unica cosa che mettevo a fuoco erano le fiamme, riflesso vivido di quello che provava la donna dentro di sé. Sono certo che lei avvertisse le Fiamme; la divoravano dentro la testa e la pancia. Come un rabdomante venivo investito dalle ondate che emanava lei. Un tremore represso, un desiderio latente assieme alla volontà di piacere. Provavo desiderio e tenerezza per quella combinazione di sfacciataggine e timidezza, voglia e paura. Pian piano misi a fuoco la donna di fronte a me. Notai il sorriso, notai il portamento. Notai l’eleganza. Si muoveva irrequieta con una sorta di contenuta febbrilità. Mi scruto a sua volta e il suo sorriso si allargò. “Sei meglio che in foto”. In quella frase c’era una sorta di approvazione definitiva. Ma anche un paradossale sollievo. La sconosciuta infatti ben difficilmente si sarebbe potuta tirare indietro arrivati a quel punto. Il nostro incontro era sì un suo desiderio, eppure mediato dagli “ordini” che aveva ricevuto.

Quella che avevo di fronte a me era una donna elegante e curata, ben truccata. Chi non avesse saputo leggere nei suoi occhi avrebbe visto solamente una professionista di alto livello, come se ne incontrano spesso nella grande città. Competente, solida, glaciale quando le circostanze lo richiedono. Una di quelle professioniste che indossano una corazza di protezione, invisibile ma inscalfibile. Una di quelle che sanno mantenere le distanze, che sanno respingere in modo gelido un complimento o un gesto di familiarità maschile inopportune. Una manager, una dirigente, un capo. Ne abbiamo tutti incrociate nella nostra vita durante pompose riunioni in cui tutti si fingono seri e. Mentre parlavano forse ci siamo persi nei nostri pensieri peccaminosi e abbiamo provato a immaginare cosa si celasse dietro quell’apparenza glaciale. Quel giorno stavo per prendermi una sorta di rivincita su quelle donne che avevo conosciuto e alle quali non avevo potuto dedicare altro che le mie fantasie. Questa volta avrei avuto il privilegio di scoprire il loro segreto. Attraverso la Manager avrei infine conosciuto quelle donne. Attraverso di lei le avrei scopate. Tutte.

Mi attendeva nella hall dell’albergo, come convenuto. Si era già occupata del check-in e la prima cosa che mi domandò fu: “tu fumi? Non fumo da questa mattina perché non sapevo se ti desse fastidio…”. Alla mia risposta affermativa uscimmo sul piazzale antistante. Non facevamo che guardarci negli occhi, con la consapevolezza che ci trovavamo entrambi sul bordo dell’abisso, l’abisso di sesso e trasgressione che ci avrebbe di lì a poco inghiottiti e travolti. Ma non avevo fretta, mi gustavo ogni istante di quella conoscenza assaporandolo goccia a goccia. Volevo continuare ad avvertire le vibrazioni invisibili del suo corpo, farle mie, entrare in risonanza con esse affinché i nostri cuori battessero all’unisono. Fu naturale quindi accomodarci nell’elegante ma anonimo bar dell’albergo, a un tavolino discreto. Che scena paradossale! Chiunque passasse non avrebbe che potuto pensare a una riunione di affari. Per quale altro motivo infatti quell’uomo elegante nel suo completo scuro e quella donna impeccabile nel suo vestito dal taglio perfetto e sui suoi tacchi avrebbero potuto trovarsi lì a quell’orario diurno? Un cliente e il suo professionista di riferimento? Due manager intenti a discutere strategie aziendali? Due avvocati a gettare le basi di chissà quale accordo legale?

Eppure. Eppure chi si fosse soffermato anche solamente un istante avrebbe colto qualcosa di incongruo. I due non apparivano amici di lunga data; ma sorridevano e si seducevano a vicenda in modo sottile. I corpi erano un po’ troppo protesi uno verso l’altro nel linguaggio muto ma sincero dei corpi. I sorrisi un filo troppo ambigui L’incontro era stato concordato e deciso solo poche ore prima, nella serata. A quanto pare, bontà sua!, avevo rapidamente scalzato gli altri pretendenti avevo per così dire “vinto” la gara. La scelta però, contrariamente a quel che si potrebbe immaginare, non era stata interamente sua. La Manager infatti era molte cose: era mamma, era moglie, era professionista. Ma era anche Schiava. Segretamente schiava di un padrone che le aveva imposto di selezionare un uomo per incontrarlo in quel luogo. Imposto nel modo di un padrone attento ed empatico, attento a conciliare le sue fantasie con i desideri inconfessabili della sua slave. Le regole mi erano state spiegate chiaramente la sera prima. Lei avrebbe ripreso tutto e inviato al suo padrone. Non c’erano promesse per me. Sarei stato semplicemente il partner prescelto per quella esperienza. Lei lo faceva per LUI. Almeno questo è quello che cercava di dire a sé stessa.

La sua storia, come mi accennò, era molto banale. Sposata, una bella famiglia agiata. L’immagine della soddisfazione borghese. Della riuscita agli occhi del mondo che per molti sembra essere il traguardo di una vita intera. Ma dietro quella facciata, io mi domando, quante menzogne, quanti compromessi e quanta ipocrisia? Anche per lei, come per molti, il rapporto coniugale si era lentamente sfilacciato e logorato. Nella prigione imposta della monogamia le passioni più violente, posto che ci siano state (non è affatto scontato) si affievoliscono. Si inizia a quasi impercettibilmente a dare l’altro per scontato. Nella quotidianità della routine e dei problemi non ci si seduce più. Non ci si guarda più. Infine, non ci si vede più. La Manager a un certo punto si era ribellata, in un sussulto di vitalità. Si era però dimostrata molto più consapevole e coraggiosa di molti. Lei stava bene con il marito, non voleva e nel contempo temeva le violenti scosse che avrebbe comportato una rottura di quel contratto matrimoniale “finché morte non vi separi”. Aveva quindi proposto al marito una qualche forma di apertura sessuale ad altri: scambismo, coppia aperta, triangoli… Ma è un paradosso beffardo che molti di noi hanno sperimentato nella loro vita; mariti che lo propongono alle proprie mogli e mogli che lo propongono ai mariti. Nell’uno come nell’altro caso ricevono un rifiuto totale. Spesso anche assortito di disprezzo e giudizio. Ma cosa pensiamo succeda se il nostro partner manifesta un suo bisogno, ha il coraggio di esporsi e di mostrarsi, e noi semplicemente non ne teniamo conto? Cosa potrà accadere? Semplice: il nostro partner troverà un altro modo (ovvero altre persone) con cui soddisfare il proprio bisogno. Oppure si reprimerà, si comprimerà, imploderà su se stesso in un grumo impastato di rabbia e frustrazione. Tertium non datur, questo mi ha insegnato la vita.

La Manager aveva ormai varcato la Linea d’Ombra; non sarebbe più tornata indietro nonostante sensi di colpa e sofferenza. Non poteva rinunciare a quella libertà perché non poteva rinunciare a sé stessa. Non poteva uccidere quella parte. Quel giorno io ero il mezzo attraverso cui lei avrebbe esercitato la sua libertà di disporre del suo corpo. Di concederlo a chi voleva lei per goderne. Quando le proposi di alzarci avevo il cuore che batteva forte. Non esitò neppure un istante e ci avviammo disinvoltamente verso gli ascensori. Guardammo assieme i quadranti luminosi sopra le nostre teste: il “cinque” diventò un “quattro” e poi via via uno “zero”. Non appena le anonime porte di metallo si chiusero la baciai, con desiderio, quel desiderio che avevo pregustato. Le sue labbra non attendevano che quello e si schiusero immediatamente per farsi invadere dalla mia lingua. Pochi istanti ancora e fummo nella stanza. La stanza dove avrebbe soddisfatto le richieste del suo padrone e contemporaneamente le sue voglie di godere e di essere goduta. La Manager aveva già lasciato posto alla Troia quando dispose con cura il cellulare in modo che riprendesse ogni scena, ogni momento. Regista e attrice del film a luci rosse che stava per girare. La sua parte segreta e insospettabile a tutti tranne che a me e al suo padrone. Chissà dove la immaginavano i suoi colleghi in quel momento, chissà cosa aveva detto loro di quell’assenza. Lei non avrebbe dovuto trovarsi lì, le bravi mogli non invitano gli sconosciuti in albergo per farsi montare. Eppure quante di loro si masturbano segretamente immaginando e sognando di vivere queste avventure mentre il marito guarda pigramente una partita o un dibattito politico. Sempre che lui stesso non sia passato a trovare una escort o un transessuale a pagamento prima di rientrare a casa e infilarsi prontamente nella doccia.

Tutto era stato predisposto, tutto era pronto per celebrare la cerimonia. Senza esitare si dispose di fronte a me; ancora baci fra noi e iniziai a leccare il suo collo, la delicata area dietro le orecchie. Le mani scesero lungo la sua schiena e presto le strinsero il culo con forza mentre a sua volta lei saggiava le mie spalle e braccia con compiacimento. Non sarei stato né dolce né romantico. Non era quello che voleva. Lei voleva avvertire la forza, la decisone e il desiderio del maschio. Cacciatrice eppure preda. Il suo abito era dotato di una lunga cerniera sul dorso e fu con grande emozione che la aprii. Autoreggenti, perizoma, busto: tutto era curato ed elegante quanto la proprietaria. Le sue mani furono agili a disfarmi il nodo della cravatta che altre volte, con mio divertimento, aveva messo in difficoltà le donne. La Manager sapeva esattamente cosa fare. Bastò una pressione sulle sue spalle per farmi capire. Si accucciò obbediente ai miei piedi e mi accolse nella sua bocca calda. Succhiava il cazzo avidamente: voleva mostrare e dimostrare a me, al suo padrone e soprattutto a sé stessa quando era porca. Lo leccava tutto, dalla punta alle palle, poi risaliva e se lo cacciava in profondità. Colate di saliva colavano da quelle labbra. Le mie mani sulla nuca la obbligavano a ingozzarsi, ma non fece una piega e si lascio violentare la bocca. La cosa evidentemente eccitava lei quanto me perché quando la rovesciai sul letto la trovai già fradicia. Fradicia e sensibilissima. Avvertivo le ondate di piacere che la squassavano sotto la mia bocca e le mie dita. Quando poi impugnai il “magic wand” (avevamo concordato che potessi portare qualche giocattolo) allargò subito le cosce per godere di quelle vibrazioni intense.

Salì sopra di me, l’occhio della telecamera puntato sulla sua schiena la riprese mentre si impalava. Entrai con facilità estrema nella sua figa e la ammirai contorcersi e dimenarsi senza ritegno finché, con una mossa rapida e improvvisa se lo puntò sul buco del culo. Armeggiò un istante; non vedevo nulla sdraiato sotto di lei ma in un istante fui avvolto in una morsa più forte e decisa. La sconosciuta si era infilata il mio cazzo direttamente nel suo culo. E il suo padrone avrebbe visto tutto questo nel film che avrebbe ricevuto! A quel punto il lupo in me prese il sopravvento. Senza alcuna dolcezza la presi e la disposi a quattro zampe come una cagna. Il suo sguardo era adesso puntato verso l’obiettivo, ma lo potevo vedere riflesso allo specchio di fronte a noi. Le fiamme nei suoi occhi erano ormai un incendio, un rogo impetuoso di energia che ci portava con sé. Lei era contemporaneamente in connessione con il suo padrone distante e con me che la stavo possedendo, in un equilibrio magico e sottile. Godeva ancora, gemeva mentre le aprivo il culo a colpi sempre più violenti e aprì immediatamente la bocca per accogliere i miei spruzzi sul viso, sulle labbra e a coprire la sua lingua protesa.
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