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Gay & Bisex

Mai addormentarsi nel tram


di bisexlover
20.04.2020    |    16.305    |    18 9.7
"Ho sempre avuto un’indole da zoccola, amavo stuzzicare gli uomini, avevo sempre voglia e ogni volta ce ne fosse la possibilità mi concedevo senza problemi..."
Era un bel giorno di primavera e in città faceva già un caldo esagerato durante le ore di punta. Le lezioni in università stavano volgendo al termine e presto sarebbe arrivata la sessione esami; inutile dirlo: caldo, stanchezza e libido, come sempre, si alternavano e insieme davano il ritmo alle giornate primaverili.
Quel giorno con i compagni dell’Università decidemmo di fare un aperitivo dopo le lezioni e siccome era venerdì, già sapevamo che ci saremmo sbronzati fino a notte fonda. Così, arrivato al termine della giornata, ormai ubriaco e stanco, mi misi alla fermata ad aspettare il tram, il quale con 25-30 minuti mi avrebbe accompagnato a casa. Erano le 2.00 di notte e la città stava già riposando avvolta da un dolce venticello primaverile e per le vie del centro regnava la quiete assoluta. Tutta questa pace, mi avrebbe portato ad addormentarmi sulla panchina della fermata se non fosse arrivato il tram all’istante. Fortunatamente era vuoto e potevo sedermi dove volevo, visto che durante il giorno a momenti non si riesce ad entrare talmente tanta gente. Perciò decisi di sedermi su un sedile a pochi passi dal conducente, non si sa mai, fosse salito qualche pazzo o malintenzionato. Mi misi le cuffiette, sperando che la musica mi tenesse sveglio e iniziai a farmi trasportare. Intanto il conducente saltava le fermate poiché non c’era nessuno ad aspettare. Con un po’ di fortuna sarei arrivato a casa di lì a una decina di minuti,
se... non mi fossi addormentato profondamente.
Come temevo, mi ritrovai ad essere svegliato dal conducente stesso, non so quanto tempo dopo, all’ultima fermata di quella corsa. In preda al panico, ma sempre in stato di ebbrezza e di confusione, gli chiesi dove fossimo. Vedevo tutto sfocato e sdoppiato e mi sembrava di essere all’interno di una centrifuga. Non potevo tornare a casa a piedi e soprattutto da solo, cosa avrei fatto?
L’autista mi sembrava piuttosto gentile e paziente, a differenza di molti altri, ma era anche palese che volesse solo tornarsene a casa. Non potevo chiedergli di darmi un passaggio; mi vergognavo un po’, nonostante la mia faccia tosta. Allora misi su un mini teatrino da ragazzino ubriaco in cui mi lamentavo di quanto stupido fossi stato ad essermi addormentato nel tram e aver, dunque, mancato la mia fermata. L’autista, sembrava molto comprensivo, ma aveva fretta di chiudere quel tram e mettersi in marcia verso casa sua. Tra l’altro, quando lo misi a fuoco meglio, mi resi conto che non era niente male. Era un tipico padre di famiglia, di età compresa tra i 45 e i 50 anni, alto quanto basta, brizzolato, carnagione scura e occhi chiari. Indossava la divisa della società di trasporti per la quale lavorava, ma si era tolto la giacca, sicuramente per il caldo della giornata; così, dalla camicia sbottonata potevo intravedere la peluria brizzolata tipica della sua età e, spostando lo sguardo un po’ più in basso, riuscivo a osservare la sua bella pancetta contenuta dalla cintura. Nonostante i pantaloni lunghi che indossava, era chiaro che avesse due belle gambe massicce e pelose ma ciò che attirò maggiormente la mia attenzione fu ciò che stava in mezzo. Aveva la forma di un salsicciotto e lo teneva spostato verso destra, sembrava bello spesso e lungo. Si accorse immediatamente che lo stavo osservando in maniera troppo evidente, infatti mi invitò nuovamente a scendere dal tram. Accolsi la sua gentile richiesta e scesi insieme a lui.
Ho sempre avuto un’indole da zoccola, amavo stuzzicare gli uomini, avevo sempre voglia e ogni volta ce ne fosse la possibilità mi concedevo senza problemi. Adoravo l’idea di far indurire cazzi grazie al mio bel corpo longilineo e, ovviamente, grazie alle mie capacità nell’usarlo. Quando trovavo un bel cazzo, oltre a quelli che già avevo, non me lo facevo ripetere due volte e lo prendevo. Siccome venivo contattato spesso da uomini sposati, mi facevo venire a prendere sotto casa e andavamo ad appartarci da qualche parte. Una bella succhiata, sborravano e se ne andavano belli contenti. A me andava bene così.
Effettivamente quella notte ero arrapato, come sempre. Sarà stato per l’alcol, sarà stato per il manzo che avevo davanti, ma proprio non mi controllai: iniziai a fare il casca morto con il conducente. Farfugliando cose a caso e fingendomi un po’ più ubriaco di quel che fossi, mi avvicinavo a lui e con la scusa di appoggiarmi a qualcosa di stabile, lo toccavo.
Si vedeva che era un brav’uomo, non mi avrebbe lasciato lì da solo, stava cercando di aiutarmi e nel frattempo mi teneva sorretto in piedi con l’ausilio delle sue belle braccia massicce. Io continuavo a cadergli addosso di proposito, finché ad un certo punto mi fiondai con la testa sulla peluria del suo petto. Affondai il naso in quella boscaglia di peli profumati di uomo adulto e inspirai profondamente per catturare ogni singola particella di quell’odore. L’uomo si immobilizzo e con uno scatto di braccia mi allontanò dal suo petto. “Che fai?” Disse un po’ imbarazzato.
Io, che non mi arrendevo di fronte a niente, cercai di placarlo e tranquillizzarlo.
“Ti stavo solo annusando” gli risposi.
“E perché dovresti annusarmi? Sentiamo” sembrava essersi messo sulla difensiva.
“Beh perché mi piaceva il tuo profumo, quale usi?” Gli dissi, con la mia faccia tosta.
“Ragazzino, cosa vuoi da me?” Cominciava a stufarsi.
“Vorrei vedere il tuo pisello” contestai.
Silenzio per un paio di secondi.
“Scusami?” Disse.
“Hai capito bene. Prima l’ho intravisto dai tuoi pantaloni, mi sembra grosso. Posso vederlo?” E intanto mi stavo riavvicinando.
L’uomo era senza parole, ma col suo sguardo stava cercando di celare un accenno a curiosità. Colsi l’occasione e provai ad avanzare una mano verso la sua patta. Egli non parlava, mi guardava e basta. A questo punto non mi sarei mai fermato. Arrivai, dunque, a sfiorargli i pantaloni; prima delicatamente con la punta delle dita e successivamente con il palmo della mano iniziai a tastare l’arnese.
L’uomo iniziò a guardarsi intorno, spostando il volto a destra e a sinistra, come a voler assicurarsi che nel piazzale non ci fossero occhi indiscreti.
Era fatta, era mio.
“Tu sei sempre così sfacciato?” Mi chiese.
“Solo con chi mi piace” la mia risposta arrivò subito.
“Ho più del doppio dei tuoi anni, sicuramente te ne sarai accorto. Come penso ti sarai accorto della fede che porto al dito.” Disse mentre io continuavo a massaggiargli lentamente l’uccello da sopra i pantaloni.
“Sì, me ne sono accorto. Ma non ti devi preoccupare, io non ti conosco e tu non conosci me. Probabilmente non ci vedremo mai più. E poi, mi sembra che il tuo amichetto stia apprezzando, visto che lo sento crescere” gli risposi.
“Cosa vuoi fare?” Mi chiese.
“Posso succhiartelo?”
“Non me lo sono mai fatto succhiare da un maschio, ma visto che siamo qua...”
Troia come sono mi sarei inginocchiato all’istante e avrei iniziato a lavorare di bocca, ma lui mi fermò e disse “andiamo dentro il tram, almeno non diamo nell’occhio”.
Un tram ancora mi mancava nella lista dei luoghi in cui avevo fatto zozzerie. Così una volta saliti, non mi controllai più e, da vero affamato di cazzo, gli sbottonai subito la cerniera dei pantaloni. Portai il naso sulle sue mutande e iniziai ad annusarlo. Profumava di uomo maturo, di uomo lavoratore, di uomo virile. Quell’odore mi inebriava e mi annebbiava la coscienza. Gli sfilai anche le mutande ed ecco che uscì fuori una grossa sorpresa. Un bel cazzo maturo lungo almeno 19 centimetri e spesso come una bottiglia di birra. La cappella era ricoperta dal prepuzio e lungo l’asta si incrociavano le vene. Le palle erano spaventosamente enormi, sicuramente piene di delizioso latte caldo che non aspettava altro che uscire. La folta peluria nera circondava questo spettacolo della natura e lo rendeva ancora più eccitante, ancora più uomo.
Come mi misi quell’arnese in bocca, l’uomo iniziò a mugolare di piacere; e più succhiavo, più gemeva. Ero io a dare ritmo al suo piacere. Un po’ mi staccavo, un po’ riprendevo a succhiare. Di tanto in tanto annusavo la peluria per poi scendere alle palle, che stimolavo con la lingua. Sembrava che nessuno gli avesse mai leccato le palle, visto che ogni volta lanciava un urlo di piacere. Le mie mani, intanto, esploravano la sua pancia, le sue gambe, i suoi polpacci e i suoi glutei; sembrava che stessero suonando uno strumento musicale.
Quell’uomo mi faceva impazzire, era proprio il mio tipo; avrei continuato così fino all’alba.
Ad un certo punto mi disse “ora girati, voglio vedere il tuo buchetto”. Mi colse impreparato, a dire il vero, ma fui piacevolmente sorpreso dalla sua richiesta e mi girai dandogli la schiena. Mi abbassò le mutandine e iniziò a palparmi le chiappe con quelle mani enormi da conducente con esperienza. “Che culo da troia” diceva. E intanto lo schiaffeggiava.
Il suo dito iniziò a esplorare le mie zone più intime e lo bloccai. Gli dissi che preferivo succhiare e basta.
“Ho esaudito la tua richiesta di vedere il mio uccello. Me l’hai addirittura succhiato. Adesso lasciami curiosare un po’ a me” disse.
“Va bene” fu la mia risposta.
“Voglio provare ad appoggiare il cazzo sul tuo buchino. Posso?” Mi chiese. Lo lasciai fare. Iniziò a strofinare la punta della sua cappella sul mio buco, inumidendo del suo seme e provocandomi un forte brivido lungo la schiena. Lentamente iniziò a spingere un po’ di più, fino ad aprirmi pian piano. Ero in estasi. Improvvisamente lo volevo dentro, anche se quell’uomo non l’avevo mai visto prima.
Senza dirci una parola, entrambi ci capimmo al volo. Tirò fuori dalla tasca il suo portafogli e dal portafogli un preservativo. Se lo mise e spinse nuovamente il suo cazzo contro di me, ma dato lo spessore dell’arnese e dato il mio buchino stretto, faticò ad entrare. Allora si sputò su una mano e iniziò a lubrificarmi con la sua saliva, prima con uno e poi con due dita. Finché non fui pronto ad accoglierlo dentro di me. Con un colpo ben dato mi aprì e si fece strada dentro di me. Lanciai un urlo di dolore e persi leggermente l’equilibrio, proiettandomi in avanti. Con il suo braccio mi afferrò all’istante e mi tenne stretto a lui. Ero tra le sue braccia, mi stava reggendo e stava entrando sempre di più dentro di me. Sentivo il suo respiro affannato sul mio collo, mentre pian piano iniziava a scoparmi in maniera decisa.
Dopo qualche minuto il dolore si trasformò in piacere. Mentre io imparavo in fretta ad attutire i colpi che mi scagliava dentro, lui aumentava la velocità. Entrambi stavamo combattendo una battaglia stupenda l’uno contro l’altro, una battaglia di piacere, da cui entrambi saremmo usciti soddisfatti. Non smetteva di scoparmi con tutte le sue forze, mi mise a novanta contro il finestrino, poi mi prese in braccio e poi cambiò di nuovo posizione, finché con un lamento di godimento non sborrò copiosamente inondando di sperma il preservativo. I primi schizzi furono talmente violenti che riuscii a sentire il suo uccello pulsare e dilatarmi l’ano.
Dopo un attimo di pausa, lentamente uscì dalla mia carne, e insieme ci rendemmo conto di quanto avesse sborrato. Il preservativo era colmo di bianco liquido intenso. Ci guardammo sorridendo, contenti di quello che era appena successo e intanto osservando dal finestrino assistemmo ai primi raggi di sole che spuntavano nel cielo.
Continuo tuttora a coltivare quest’amicizia con Paolo, che nacque quella notte.
Ogni tanto, quando capita, ci ritagliamo dei momenti per noi. Nella massima complicità e nel massimo rispetto.
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