Viaggio nell’anatomia maschile

Aveva l’odore dell’estate addosso, specialmente negli angoli più intimi e segreti del suo corpo. Tra la folta peluria del pube il mio naso si faceva strada per assaporare ogni particella di quella fragranza maschile. La mia bocca sembrava essere alla disperata ricerca di carne, la sua. Il primissimo contatto tra le mie labbra e il suo frutto del piacere provocò una reazione chimica tale da darmi un formicolio lungo tutto il corpo. Sapeva di orgasmo, sapeva di erotismo, sapeva di intimità.
Timidamente, ma con fervore, si faceva strada dentro le mie fauci quel membro. Sembrava essere troppo massiccio per trovare un completo riparo nella mia bocca ardente, eppure la forza della natura lo permise: giunse a destinazione all’altezza delle mie tonsille, solleticandole un po’.
Il mio spirito da esploratore, intanto, mi spingeva verso altri orizzonti, verso un’altra selva oscura e quasi inesplorata; così mi trovai a tastare l’irsuto buchino che nel frattempo si era inumidito per via della passione e dell’estate. Gemiti di piacere facevano da colonna sonora, accompagnando ritmicamente il movimento della mia bocca sul suo pene che era talmente grande da sembrare una montagna invalicabile. Una roccia umida di umori su cui continuavo a scivolare senza voler smettere. La cappella arrossata tremava, come a voler comunicare l’imminente fuoriuscita di seme. L’asta massiccia e venosa era interamente inzuppata della mia saliva, la quale nel frattempo si era fatta strada lungo lo scroto, fino ad arrivare a bagnare ancor di più l’orifizio.
Vi era un ingente flusso di saliva mista a secrezione pre-orgasmica, che, insieme all’ardore, aveva disteso e prolungato la sacca dei testicoli ancor di più. Ora sembravano più sensibili, più vulnerabili. Si esibivano fieri e virili richiamando la mia attenzione. Li tastai con gusto assaporandone ogni centimetro, lasciando che la peluria carezzasse la superficie della mia lingua. Intanto mi facevo strada più a sud, dove l’odore di uomo diventava sempre più intenso.
Dove io diventavo sempre più devoto e sottomesso.
La mia lingua ora seguiva il ruscello di saliva che giungeva proprio lì, sino all’ano. Si contorceva e divincolava lui, quasi a voler evadere da quel piacere estremo, nonostante la sua mano premesse con forza sulla mia nuca.
Quando, sfinito, mollò la presa potei finalmente staccarmi e ammirare quel panorama: i suoi piedi enormi, sostenuti dalle sue stesse mani, stavano all’altezza della testa, così che le natiche completamente divaricate esibivano il buco contornato di peli neri completamente inzuppati di saliva. Il suo ventre faceva su e giù, spinto dal respiro affannato. Era stravolto dal godimento.
Fu proprio in quel momento che l’attività orale riprese con vigore, ma questa volta sul membro.
Le pulsazioni dell’organo si facevano più violente, sino ad aumentarne le dimensioni, sino a creare un attrito più intenso contro le pareti della mia bocca. Tremava lui, cercando di trattenere gli spasmi. Le gambe, che intanto io non smettevo di massaggiare, si irrigidirono, i glutei pelosi si fecero di marmo e un urlo animalesco accompagnò improvvisamente un’eruzione interminabile di lava bianca e bollente che inondò le mie fauci insinuandosi nelle tonsille e poi sempre più giù. Era come bere da una fonte eterna, poiché più ne inghiottivo e più ne usciva. Ero sazio oramai di quel latte paterno, ma al contempo soddisfatto.