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Zio Maurizio e le campagne


di bisexlover
01.07.2025    |    16    |    0 8.0
"Come reagirebbe? Tuttavia non riesco a fermarmi, mi metto il suo alluce in bocca e inizio a spompinarlo, poi passo all’altro e poi do una leccata alla pianta..."
Zio Maurizio era un uomo taciturno, uno di quegli uomini che non devono chiedere mai, che non possono piangere, che non devono mostrare debolezze. La cosiddetta “mascolinità tossica”, come la chiameremmo oggi. Per zio Maurizio non esiste nient’altro al di fuori del lavoro e della famiglia, non uno svago, non una vacanza, solo lunghe giornate passate nei campi sotto il sole cocente del sud Italia. Lo si vede rientrare verso l’ora di cena con la canottiera bianca rigorosamente infilata nei pantaloncini della tuta, i sandali e il cappello di paglia che gli copre gli occhi, pronto a godersi il suo bicchiere di vino e la cena preparata dalla moglie. La campagna gli dà un bel da fare da sempre, sono gli anni 80 e zio Maurizio non ha avuto la possibilità di studiare, dato che bisogna mandare avanti la campagna lasciata in eredità dal nonno. Il duro lavoro e la vita nei campi lo hanno reso un uomo forte, grande e virile. Infatti, zio Maurizio ha le braccia muscolose e le mani enormi piene di calli, la tipica pancetta dell’età che avanza e le gambe di un giocatore di rugby; i pantaloncini della tuta sembrano dover esplodere da un momento all’altro. I capelli sono ormai più grigi che neri, così come la folta peluria del petto che fuoriesce dalla canottiera. Un gigante buono lo definirei: sembra burbero solo all’apparenza, ma è facile notare il suo imbarazzo quando ci si rivolge a lui o semplicemente quando gli si fa un sorriso. Tende a evitare il contatto visivo e mantiene un profilo basso tutto il tempo, sembrando quasi goffo a volte.

Ogni estate passo due settimane in campagna da zio Maurizio e zia Rosa in compagnia dei loro due figli, i miei cugini Federico e Pierluigi, con i quali ho un rapporto fraterno. Siamo sempre stati legati sin da bambini e insieme ci divertiamo un sacco. In campagna non ci si annoia mai, passiamo le giornate ad andare in bici, giocare a palla e a scorrazzare per i campi senza sosta. A volte zia Rosa ci obbliga a dormire il pomeriggio perché non ci sopporta più, ma l’entusiasmo dei 17 anni prevale sempre su tutto il resto. Sono gli anni 80 e non esistono cellulari, tablet, computer, esiste solo il qui e ora. Non si può messaggiare con la ragazza che ti piace, al massimo si può scrivere una lunga lettera che le darai al rientro a scuola o le spedirai una volta rientrato in città. Insomma, sono anni di spensieratezza, di allegria e di connessione vera.

Un pomeriggio, per qualche strana ragione Federico e Pierluigi cadono in un sonno profondo dopo pranzo, d’altronde come biasimarli? Ci sono 30 gradi all’ombra.
Io, invece, non ho per niente sonno e decido di andare a vagare per la campagna con la bici. La zia mi dà il permesso e mi dice di fare attenzione. “Certo zia, che vuoi che succeda? Siamo in aperta campagna” le rispondo.
Quella campagna mi fa sentire libero, il suo odore mi avvolge e mi abbraccia, l’erba mi accarezza le gambe e gli alberi mi proteggono dal sole cocente. Mi sento così vivo, ma così piccolo in confronto a quelle distese immense, ogni volta mi sembra di scoprire un angolino nuovo di campagna. Scendo dalla bici, la appoggio ad un albero e inizio a camminare senza meta. In lontananza, laggiù sotto un albero mi pare di vedere qualcuno sdraiato, “oddio, spero che non stia male” penso. Mi avvicino lentamente quasi nascondendomi tra i ciuffi di erba alta, quasi a voler stare in allerta. Più mi avvicino e più mi rendo conto che quello è zio Maurizio, ma non sembra stare male, anzi.
Con le mani dietro la nuca a sorreggere la testa e la faccia coperta dal suo cappello di paglia, sembra stia riposando. Un momento… zio Maurizio è completamente nudo dalla vita in giù. Un brivido si scatena lungo tutto il corpo, dandomi una scossa elettrica dalla testa ai piedi. Ha le sue nudità completamente esposte, riesco a vedere chiaramente il pisello lungo e largo di zio Maurizio penzolante tra le cosce divaricate. Attorno all’asta, la sua fitta peluria brizzolata pare essere bagnata di un liquido albuminoso denso, così come lo è la peluria della pancia e delle cosce: è evidente che zio Maurizio si stia riposando dopo essersi dato piacere da solo.
Dovrei andare via subito e cancellare quest’immagine dalla mia testa ma rimango fisso a osservare e mi rendo conto che la scena mi sta provocando una sensazione nuova, una sensazione di eccitazione che sento fino in fondo alle viscere. Decido di avvicinarmi con cautela, cercando di non fare rumore. Zio Maurizio dorme, sta russando, e se si svegliasse improvvisamente?
Arrivo in prossimità di dei suoi piedi nudi e li guardo. Sono così belli quei piedoni, così maschili ma così curati, così grossi. Mi abbasso per annusarli, ammetto che avrei voluto annusare i suoi piedi già da tempo. Odorano di maschio lavoratore, un mix tra sudore e bagnoschiuma, inizio a leccarli. Ma sono impazzito? E se si svegliasse e mi beccasse in flagrante a leccargli i piedi? Sarebbe la cosa più raccapricciante di sempre. Come reagirebbe?
Tuttavia non riesco a fermarmi, mi metto il suo alluce in bocca e inizio a spompinarlo, poi passo all’altro e poi do una leccata alla pianta. In questo momento penso “ok, sono frocio allora?”.
Decido di salire fino alle cosce e leccare lo sperma ormai asciutto tra i peli, sto tremando, non solo sto assaggiando il seme di un uomo, ma quell’uomo è mio zio. “Che cosa sto facendo? Perché?” la mia coscienza cerca di fermarmi in qualunque modo, ma io non la ascolto.
Quasi per istinto, la mia bocca si avvicina al membro turgido e gocciolante, allungo timidamente la lingua e raccolgo quella goccia di seme. Non contento, la infilo dentro il prepuzio e assaggio per la prima volta in vita mia un pisello. Sa di sborra mista a piscio. Lo prendo delicatamente tra le dita e scopro il glande lucido e vischioso.
Il russare cessa, mi pietrifico. Lo zio Maurizio è immobile, ma pare essere vigile e cosciente, non si muove, non si toglie il cappello dal viso. Tutto ciò che fa è sollevare una mano, portarla sulla mia nuca e senza dire una parola me la spinge verso il suo cazzo. Sono confuso, ho il cuore a mille e il cazzone di zio Maurizio molle che mi accarezza le tonsille. Mentre mi spinge la testa in giù, la folta peluria attorno al cazzo mi tocca il viso. C’è un silenzio di tomba.
Sento pian piano la sua virilità crescermi in bocca e più cresce, più inizio a pompare; a questo punto il cazzo non mi sta più in bocca, è troppo largo. La mano enorme mi prende per i capelli e mi fa staccare dal cazzo, le gambe divaricate di zio adesso sono sollevate e scoprono il suo buco di culo ricoperto di peli a un palmo dal mio naso. L’odore di quel buco è inebriante ma allo stesso tempo mi disgusta, non faccio in tempo a ragionare che la sua mano già ha spinto con violenza la mia testa verso il buco. L’odore è pungente e mi viene un conato di vomito, ma la sua mano tiene la mia testa intrappolata e non ho alternative, se non leccare. Il silenzio tombale viene spezzato da un suo urlo di piacere quando la mia lingua gli entra nello sfintere, capisco che gli piace e quindi continuo, infondo non è così male. Zio Maurizio pare essere in estasi, talmente tanto che urla “non fermarti cazzo, non fermarti” mentre si trastulla l’uccellone e le sue palle mi sbattono sugli occhi. Improvvisamente mi prende di nuovo per i capelli, mi stacca dal suo sfintere, e ancor prima che possa realizzare quale sia la prossima mossa malata, mi arriva un’ondata di sborra addosso che mi ricopre il viso e i capelli, seguita da un sussulto violento e dei gemiti di piacere.
Sempre senza dire una parola, zio con la sua mano gigante mi prende per la nuca e mi avvicina la testa al suo cazzo già quasi moscio, glielo ripulisco dai residui di sborra rimasti sulla cappella. Proprio quando decido di staccarmi, lui mi tiene con forza attaccato al suo cazzo e comincio a sentire un getto di piscio farsi strada nella mia bocca. Non resisto, mi viene da vomitare, il piscio comincia a zampillare fuori; ma lui con un ceffone in faccia mi obbliga a ingoiare tutto.

Senza dire una parola, tutto sporco di sborra e di piscio mi alzo e me ne vado via correndo. Non avrei potuto immaginare che quell’uomo così taciturno e di vecchio stampo potesse avere delle perversioni così malate.
Non si è mai toccato l’argomento, l’accaduto pare essere caduto nell’oblio, ma io spero ancora che si possa ripetere almeno una volta.
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