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Una donna di Pari Livello mi Tiene Testa


di Membro VIP di Annunci69.it LucasFromParis
10.10.2018    |    4.978    |    5 8.8
"Anzi, respinse con fermezza il tentativo che feci..."
Pari livello
Prima parte: La scossa (elettrica)
Avvertii la sua presenza ancor prima di vederla. Stava in piedi dietro di noi. Ci fissava con curiosità, domandandosi di certo ciò che poteva stare dietro la situazione di un insolito terzetto. Insolito tanto quando la presenza di una donna sola in un luogo così elegante. Elegante ma equivoco. Si si trovavano generalmente coppie di ogni età, assieme a una pletora di uomini soli. Non avevo mai amato gli uomini soli in questi locali e mai avrei voluto vivere questa esperienza. Alcuni erano bai ragazzi, ben tenuti. Molti altri trasandati. La nudità del luogo impediva ad abiti eleganti di celare le pance gonfie e le spalle ingobbite. In realtà ciò che mi aveva sempre disturbato era il loro atteggiamento, il loro sguardo. Si aggiravano simili a cani randagi magri ed affamanti. Seguivano speranzosi qualunque coppia si apprestasse a divertirsi sperando di essere ammessi al banchetto. O almeno che ricevere qualche briciola. Il loro modo goffo di approcciarsi tradiva insicurezza. Il timore di aver speso invano la forte somma che veniva loro richiesta per entrare si rivelava in ogni loro gesto. Pochi sapevano come porsi: questi li ammettevo volentieri nei miei giochi. Mi trovavo infatti alla reception di una nota sauna libertina. Non da solo. Mi trovavo lì in una insolita compagnia: una donna, e un uomo. La nostra presenza aveva un motivo ben preciso. Eravamo lì per far vivere a lei una esperienza intensa e forte.
S era lì: bionda, un viso al contempo dolce e delicato eppur peccaminoso. Una gonna lunga e un top che lasciavano intravvedere un corpo generoso e tonico. Mi voltai una, due, tre volte. Prima in modo apparentemente casuale, e poi via via più sfacciato. Lei non distolse mai lo sguardo. Quello sguardo che esprimeva curiosità e malizia. Sentii subito che stava passando una corrente intensa; ero certo di non sbagliarmi. Ma non volevo che fretta e ingordigia, i due peccati mortali di ogni giocatore, mi inducessero a fare mosse sbagliate. Il gioco del desiderio fra sconosciuti ha regole precise. Celare il più possibile il proprio desiderio è il modo più sicuro di suscitarlo nella donna. L’attesa è la chiave. Ma non è sempre facile per un maschio, pressato dall’ancestrale e primordiale bisogno della monta
Erano accadute molte cose interessanti nelle 2 ore precedenti. La signora (la chiameremo T in onore del suo luogo di origine) che ci accompagnava era giunta in treno. Il marito stava in ufficio, apparentemente impegnato nel suo lavoro quotidiano, attendeva con ansia i suoi messaggi, le sue foto i suoi video. Il marito era un vero cuck. L’aveva affidata la mio compagno di avventura, M, che a sua volta mi aveva coinvolto nella fantasia. Non era una scopata normale. Neppure un trio. Era molto di più, la realizzazione di una fantasia. La fantasia apparteneva alla coppia e noi ne eravamo i consapevoli strumenti. Per esserlo occorreva che gli uomini non fossero volgari torelli. Ma uomini estremamente e mentalmente sofisticati. Uomini per cui il piacere della testa venisse prima, assai prima, di quello fisico. Uomini in grado di sciogliere tutte le riserve e i timori della donna. E non siamo molti. Ci conosciamo fra noi; quando cerchiamo un complice di quel tipo non possiamo commettere alcun errore.
T era bella ed elegante, divisa fra la voglia e il pudore. Fra la lussuria e la timidezza. Salirono tutti e due nella mia automobile. L’imbarazzo iniziale era palpabile. Mentre M ed io, pur non essendoci mai visti di persona, avvertimmo subito di appartenere alla stessa razza. Eravamo simili. Eravamo uguali. Diversi nella nostra individualità. Eppure uguali. T però si sciolse velocemente: il mio amico conosceva alla perfezione l’arte di mettere a proprio agio una donna e io gli davo manforte chiacchierando in modo rilassato. Partirono i primi messaggi al marito lontano. Gli annunciammo il modo in cui T avrebbe racimolato i soldi necessari a pagare l’ingresso. Il modo più osceno. Più vergognoso. Si sarebbe offerta per soldi. Chissà se lui ebbe davvero il dubbio che fosse vero, che avremmo potuto arrivare al punto di far prostituire per strada la sua rispettabile moglie come l’ultima delle puttane da marciapiede. Non lo saprò mai. Questo fece scattare anche in T il desiderio. La vidi cambiare espressione. E dopo il casello iniziarono i giochi. Prima si cambiò di fronte a noi, sul sedile posteriore. Di certo non fummo i soli a gustare lo spettacolo dei suoi seni improvvisamente nudi. Volgari camionisti di certo apprezzarono. La sua lunga discesa verso gli inferi della depravazione era iniziata. Sembrava ora quasi ansiosa di gettarvici. Fummo di certo gli unici a osservare dallo specchietto la sua figa, che espose su nostra richiesta scostando il perizoma e allargando oscenamente le gambe. Era certamente già umida. Le grandi labbra luccicavano.
Iniziammo il gioco in una strada isolata. In realtà l’unico “cliente” sarei stato io. T, ferma al ciglio della strada mi attendeva ancheggiando mentre il nostro complice filmava. Finsi di esitare, di negoziare (così prevedeva lo scenario) mentre lei esponeva i seni chinata sul finestrino. Poi la caricai. Dovevo essere credibile nel mio ruolo e subito le ordinai di alzare il vestito per ammirare le sue cosce invitanti, accarezzandole. Poco dopo il regista riprese il suo culo nudo dal finestrino. Lo tormentavo con le mani, divaricandole ed esponendo il suo ano alla telecamera mentre la sua testa oscillava sul mio grembo. Era chinata di lato e la obbligavo ad affondare fino in gola. Senza delicatezza né rispetto. Era una puttana, l’avrei trattata come una puttana. Le piacque subito. Non ebbe dubbi né esitazioni, come se avesse sempre voluto vivere anche quella parte nascosta di sé stessa. Era di certo orgogliosa di aver saputo superare subito i suoi tabù da signora bene (quale in realtà era) per succhiare un perfetto sconosciuto senza fare una piega
La seconda tappa prevedeva la SPA. Ed è li che avvenne l’incontro con colei che avrei più tardi saputo si chiamava Viola (o così voleva farsi chiamare; in questo mondo quasi tutti usano nomi d’arte). Ci togliemmo i vestiti negli spogliatoi. Anche Viola era lì. Di nuovo evitai la volgarità e mi impedii di fissarla mentre, dopo essersi completamente denudata, indossava una vestaglietta nera che esaltava il suo seno e 2 ciabatte con la zeppa. Avevo sempre amato il momento dello spogliatoio. Perché era lì che improvvisamente si passava senza neppure rendersene conto, dall’altra parte dello specchio. Niente spogliatoi divisi. Uomini e donne assieme si toglievano tutto. E si poteva volare con la fantasia, immaginare quei corpi mentre godevano Sapendo che forse li si sarebbe davvero visti. Ci avviammo con T mostrandole il luogo. Elegante, discreto. Grandi vasche invitavano al relax fra le mille bolle dell’idromassaggio, il buffet era ricco e fornito. Io però continuavo a giocare a distanza con Viola. Guardandola senza mai seguirla. Incrociando ancora e ancora il suo sguardo. Dilatando all’infinito il tempo prima di andare da lei. Sarebbe successo e lo sapevamo entrambi. Ma perché affrettarsi? Si distese sola su uno dei lettini. Io la fissavo dall’alto (le vasche si trovavano a un livello più alto del vasto open space).
Quando davvero non ne potei più scesi e mi sedetti al suo fianco. Cosa avevo da perdere? Avevo la certezza che mi avrebbe risposto. Fu così. Lei era una grande osservatrice, ci aveva notati subito (forse mi illusi che avesse notato me). Si domandava cosa facesse lì quel bizzarro trio e mi espose la sua interpretazione. Pensava che io e T fossimo colleghi (dato il mio abbigliamento; in effetti arrivavo dall’ufficio in completo e cravatta). Ma quando le raccontai come stessero davvero le cose il suo sguardo brillò di malizia. “Questo è molto meglio di quanto avessi immaginato”. Mi spiegò a sua volta cosa facesse lì sola. Aveva un complice e ci veniva spesso con lui. Ma quando lo desiderava anche sola. Amava guardare, amava vedere la passione delle coppie. Talvolta partecipava, talvolta no. Non era chiaramente in cerca di una scopata (che avrebbe potuto trovare ovunque). Mi raccontò anche altre cose personali di sé. Io ne ero affascinato come un uccello davanti a un serpente. Non toglievo lo sguardo; non dalla sua fessura che pure era esposta. Neppure dal suo seno sfacciatamente prorompente. Ma dai suoi occhi. Il lampo di perversione che vi aleggiava era irresistibile e contrastava singolarmente con la dolcezza e l’eleganza dei suoi tratti. T e il mio amico uscirono dall’acqua e si avviarono ai piani superiori. Ai piano del peccato. Ai piani della trasgressione. Resistetti ancora una volta all’impulso di chiedere a Viola di seguirci. Sapevo che l’equilibrio era delicato. Una mossa sbagliata, una sola, ed avrei rotto l’incanto. Mi alzai salutandola. Senza averle rivolto un solo invito sessuale che pure il luogo avrebbe reso lecito. In quel luogo i codici sociali non esistevano più. Restavano quelli della classe, dell’educazione e del desiderio
Raggiunsi quindi i 2 che si erano chiusi in una stanza: tutt’intorno sbarre di metallo consentivano ai numerosi presenti di godersi lo spettacolo. E che spettacolo! T aveva perso definitivamente i freni inibitorii. Nuda, si contorceva con la testa di M fra le cosce. I suoi sospiri si tramutavano rapidamente in rantoli. I rantoli in piccole grida di estasi. Il mio lato dominante prese allora il sopravvento; ero stato informato che la signora era di natura sottomessa. Ma in ogni caso mi era bastato incrociare il suo sguardo quando ci presentammo per capirlo. Senza ombra di dubbio. Iniziai a ficcarglielo in bocca con studiata cattiveria. La incitavo a parlare, ad ammettere di fronte a tutti il suo essere troia, mentre la lingua del mio amico aveva lasciato posto a un robusto cazzo che sparì rapidamente in lei. Dopo poco alzai lo sguardo, lasciandolo scorrere sulla piccola folla che si assiepava alle sbarre. Si godevano uno spettacolo eccitante e insolito perfino per quel luogo.
Viola era lì. Era lì per noi. Era lì per me. Respinse con decisione qualche goffo approccio da parte dei singoli presenti. Iniziò a masturbarsi sfacciatamente. Prima in piedi. Poi alzo la gamba per esporsi completamente a noi. Di tanto in tanto si accucciava con le cosce aperte. Era magnetica e i nostri sguardi non si scollavano. Semplicemente non riuscivo a staccarmi. Avvinto. Catturato. Prigioniero. Invitai T a toccarle il seno attraverso le sbarre. Quanto me le sfiorai le dita. Solo le dita. Il mio piacere andava dal mio cazzo immerso nella bocca avida di T, risaliva al cervello e poi lungo il braccio fino alle dita. Da lì lungo il braccio di Viola fino alla sua figa tormentata dalle dita. Era di una intensità spaventosa. Come se stessimo scopando con il cervello.
Io lo speravo; me lo aspettavo se devo essere sincero. Ma non feci alcun tentativo di invitarla a unirsi a noi. Lo fece spontaneamente quando lo decise lei ed entrò nella stanza a osservare. Il mio amico capì subito e non la disturbò. Era arrivato il mio turno di scopare T. Misi brutalmente le sue caviglie sulle mie spalle per aprirla bene. Colpi secchi risuonarono. Secchi e duri. Viola si mise dietro di me. Avvertii il suo seno sulla mia schiena, la sua bocca sulle spalle e la nuca. Le sue dita circondarono ad anello il mio cazzo che scorreva. Poi mi accarezzarono i coglioni. Infine la sua bocca su palle e buco mi mandarono in estasi pura. Raramente avevo provato sensazioni così forti. M aveva preso possesso della bocca di T e di nuovo la stavamo possedendo in contemporanea. Ma lei voleva di più. Suo marito voleva di più. Era il momento di profanarla ulteriormente. La invitai a mettersi a 4 zampe come una cagna (usai queste parole, ad alta voce, di fronte a tutti). Invitai Viola a godersi lo spettacolo ed allargare le chiappe di T. Non attendeva certo le mie indicazioni. Lo fece, la sua saliva colò sull’ano di T, ancora chiuso. La teneva divaricata per esporla. Con il viso a pochi cm vide il mio cazzo entrare lentamente, faticosamente. Inesorabilmente. Fino alla fine. Prima la cappella che dovette superare una resistenza flebile quanto vana. Poi di colpo cedette. Sprofondai. Infine la mano di Viola masturbò sapientemente T, procurandole un violento orgasmo tanto fisico che mentale. Avvertivo le dita di Viola ancora sfiorarmi ovunque. Avrei voluto anche il suo dito dentro; non osai chiedere. Ci ricomponemmo per una pausa. Poche frasi e Viola si allontanò. Misteriosa come era venuta.

Parte Seconda: La Violenza
Era il momento di fare una pausa. La bellezza del luogo risiedeva anche nel fatto di consentire sia la trasgressione che il relax. Alternare momenti di estasi a pause. Il eravamo peraltro affamati tutti e 3. T era ormai conquistata dal luogo e travolta dalle emozioni che aveva vissuto. Ci mettemmo quindi a chiacchierare amabilmente e mangiammo. M però ricordava bene l’imperativo di far partecipare il cuck alle nostre emozioni. Nei locali libertini era ovviamente proibito riprendere o filmare. Ma gli spogliatoi sembravano una zona franca dal divieto. O perlomeno questa fu l’interpretazione che il regista ne diede. T si sedette sulle panche. Mentre M riprendeva avvicinai nuovamente il cazzo al suo viso. Era ancora mezzo rilassato, ma voglioso di riprendersi. Il calore della bocca di M produsse l’atteso miracolo. Dopo pochi istanti era un palo di carne rigido che invadeva le sue labbra di nuovo. Vedevo bene il lavoro della lingua, e avvertivo il fondo della sua gola mentre di tanto in tanto mi spingevo al limite. La telecamera era li a pochi centimetri e riprendeva tutto. Poi scambiammo i posti. Iniziai io a riprendere, mentre M godeva di quella deliziosa, morbida e proibita carezza. Un suo gesto con la mano, destinato a chi avrebbe ricevuto quel nuovo video, era inequivocabile: cornuto. Felice di esserlo. Felice di vedere la sua moglie così troia.
T e M avevano prenotato un massaggio di coppia. Li attenevano due massaggiatori in una saletta riservata. Io avrei aspettato fuori. Nell’ampio salone centrale. Andai a bancone, suonai il campanello. Si materializzò all’improvviso alle mie spalle, come una fantasma. Era bionda. Era bella. Era naturalmente Viola. Il cuore mi diceva che c’era ancora dell’altro in serbo per me quel pomeriggio incandescente. Attendemmo i nostri caffè, poi ci sedemmo fianco a fianco sui divanetti. L’incendio riprese subito, come braci accese da un vento improvviso. C’eravamo solo lei ed io. Avevo scordato tutto. Era decisa a giocare con me, mi sentivo mentalmente sfidato. Come se volesse capire di che pasta fossi fatto. La sfida mi stava letteralmente inebriando. Non mi spaventava affatto. La adoravo quella sfida. Ed ero pronto a raccoglierla. Forse a vincerla. Non mi lusingò mai in modo banale. Anzi, respinse con fermezza il tentativo che feci. Commisi forse l’unica debolezza dell’intera giornata. Le chiesi un contatto per poterla rivedere. Educatamente e con stile; ma lo chiesi. Lei mi spiegò chiaramente in suo modo di intendere il gioco. Nessun profilo, nessun sito, nessun appuntamento. Solo la magia di situazioni che si potevano creare o meno. E non potei non ammirare la sottigliezza del ragionamento. Non potei non accettarlo
Mi disse di aver notato il mio atteggiamento dominatore. Poi affermò “però mi sono accorta che ti sei contenuto. Lei era abbastanza timida all’inizio e tu hai dovuto dosare la tua naturale propensione alla dominazione”. Mi aveva letto dentro. In un lampo aveva capito tutto. O perlomeno tanto. Questa consapevolezza mi entrò letteralmente nel cervello come un lampo. Lei sapeva. Mi stava invitando ad andare oltre. Era il momento di giocare il tutto per tutto; Viola aveva il massaggio subito dopo i miei amici, e in seguito sarebbe partita. Ora o mai più. La guardai sornione: “con una donna come te pensi che potrei essere più violento?” Usai di proposito quella parola per destabilizzarla. Ma lei non batté ciglio. “Una come te potrei prenderla per i capelli con forza per farle capire chi comanda”. Alle parole seguirono i fatti. La mia mano scorreva lentamente lungo la sua nuca. Senza preavviso strinsi i suoi capelli obbligandola ad alzare il capo. Un sospiro represso fu la sua unica reazione. Non ci vidi più letteralmente. Iniziammo a baciarci furiosamente. Alternavo prese ai capelli e piccoli schiaffetti. Passavo i polpastrelli lungo le sue labbra forzandone l’ingresso. La sua lingua guizzava intorno a quelle dita che prendevano possesso della sua bocca. Ma non si ribellava. Continuava a sfidarmi.
La obbligai ad alzarsi prendendola sempre per i capelli. Sicuramente tutti erano allibiti. Nessuno intervenne. La portai di sopra, in una altra stanza con ci chiudemmo. La consueta fauna non tardò ad arrivare, guardare, sperare in un invito da parte mia che però non venne. Quel momento, lo sapevamo entrambi era breve e sarebbe stato solo nostro. La obbligai a inginocchiarsi per usare la sua bocca. Ancora una volta alternavo velocità e profondità del rapporto orale. Ancora una volta risuonò quel rumore gutturale che tanto amavo. La stavo letteralmente soffocando, per poi lasciarle brevi attimi di tregua. Ero deciso a montarla. La rovesciai bocconi e iniziai a passare la lingua sul suo ano e la sua fessura, toccando e accarezzando. Stavo per posare il cazzo sul suo buco per prenderla brutalmente. Stavo. Tutto cambiò senza preavviso. Mi spiazzò completamente. Mi destabilizzò come poche volte nella mia vita. Lei aveva deciso di non essere penetrata, dopo avermi fatto pensare il contrario. Forse era premeditato. Forse un capriccio improvviso. Ma l’eleganza del suo corpo nascondeva una forza insospettabile. Si divincolò. Si ribellò. Combatté. Si chiuse. Non potevo andare oltre senza superare un limite di violenza che non volevo superare. La vera abilità, ritengo, non sta nell’usare la forza. Qualunque uomo ne è capace. Quel che conta è la sensibilità nel comprendere dove e come fermarsi. Non esiste una legge universale. Ogni donna è diversa e non te lo dirà prima. Anzi, spesso ignora lei stessa dove stia il suo limite. Ma se ascolti i mille segnali, quasi impercettibili eppure presenti, che manda il suo corpo, non ti sbagli mai Mi fermai sconfitto e mi accasciai. La guardavo sorridendo ma perplesso. Prese lei il comando. Naturalmente. Improvvisamente e imperiosamente. Viola mi stava sopra e dominava. Furono le sue mani e la sua bocca a portarmi all’orgasmo in poco. Mentre al contempo mi serrava la gola e toccava a me sentire la carezza dei suoi schiaffetti leggeri
Lanciai una ultima sfida: “così non sento nulla, tesoro”. Lo dissi ad alta voce, tutti gli spettatori lo udirono chiaramente. L’orgasmo arrivò mentre il viso iniziava a bruciare perché gli schiaffi a quel punto diventarono serissimi. Tutto si chetò improvvisamente come dopo un temporale estivo. Grandine e lampi lasciarono il posto al raggio di sole dei nostri sorrisi. Le sussurrai: “ok, ammetto, hai vinto tu.”. La risposta si scolpì nel mio cervello come una sentenza inappellabile: “no, sei un mio pari livello”.


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